Marche, in arrivo 4,5 milioni per il dissesto idrogeologico, Ucchielli: “Meglio pochi che niente”

di MAURO TORRESI

URBINO – Per sistemare fiumi e terreni franosi, da Regione Marche e Consorzio di Bonifica sono in arrivo quattro milioni e mezzo di euro. Ma rischiano di essere poca cosa, se si guarda al problema del dissesto idrogeologico nel complesso. Lo sostiene Palmiro Ucchielli, consigliere della Provincia di Pesaro e Urbino con delega al dissesto e sindaco di Vallefoglia. “Meglio pochi che niente – commenta Ucchielli riferendosi ai nuovi finanziamenti – sono soldi utili, ma per questa questione ne servono tanti. Vedremo come utilizzarli”.

La Regione ha già annunciato che destinerà un milione e mezzo di euro di fondi da ripartire tra nove unioni montane marchigiane per la “sistemazione idraulica e forestale”. Si tratta di interventi che servono a “rinaturalizzare” i corsi d’acqua, tramite la creazione di boschetti, la sistemazione delle rive, la demolizione di opere dannose o inutili e altre azioni che migliorino l’habitat per i pesci. Per quanto riguarda i terreni, tra i lavori da fare ci sono la sistemazione dei versanti in frana e il consolidamento delle pendici. Nel territorio di Pesaro e Urbino ne beneficeranno le Unioni del Montefeltro (100mila euro), dell’Alto e Medio Metauro (180mila euro) e del Catria-Nerone (195mila euro)”.

“Si tratta di risorse importanti ripartite dopo un’attenta analisi delle priorità degli interventi segnalati”, ha dichiarato nei giorni scorsi l’assessore regionale all’ambiente, Angelo Sciapichetti. Così, nell’area dell’Alto e Medio Metauro, di cui Urbino fa parte, si lavorerà in due Comuni. A Trasanni, frazione della città ducale, sarà ripulito il fosso Sabatini e messe in sicurezza le sponde. Totale: 110mila euro. A Borgo Pace, con 70mila euro, saranno messe a posto le sponde del torrente Auro, vicino alla strada comunale per Parchiule. I lavori saranno affidati entro il 31 ottobre 2016. A questo vanno aggiunti altri 150mila euro per il torrente Meta, sempre a Borgo Pace, che la Regione ha sbloccato con un altro decreto.

Come in tutta Italia, anche a Urbino a ogni forte maltempo c’è il rischio di frane e allagamenti. Non è passato nemmeno un anno da quando il fiume Foglia uscì dagli argini nelle frazioni di Miniera e Ca’ Gallo, allagando abitazioni e attività commerciali. A questo si aggiungono le frane, che possono anche bloccare le strade. Nel febbraio 2015 il terreno venne giù in più punti della città. E per far tornare tutto alla normalità, si può aspettare anche un anno, come nel caso della frana di Canavaccio.

Il Consorzio di Bonifica delle Marche a inizio dicembre ha annunciato tre milioni per l’entroterra marchigiano, da destinare alla manutenzione dei fiumi minori. Il denaro proviene dai “contributi di bonifica” versati in due anni dai proprietari di beni immobili come terreni e capannoni industriali o artigianali. “Sono già stati destinati – annuncia Claudio Netti, presidente del Consorzio – e le opere saranno realizzate fra cinque o sei mesi, in coordinamento con la Regione”. Ma l’assegnazione e l’erogazione dei fondi arriveranno solo dopo che gli enti locali interessati trasmetteranno al Consorzio delle schede in cui proporranno le aree da sistemare. I documenti arriveranno entro due o tre mesi, come spiega Netti, poi sarà presa una decisione su quali lavori fare.

Giovedì 14 gennaio Consorzio e Regione sono stati ricevuti a Roma dal ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti e hanno chiesto finanziamenti per il territorio. Bisogna “passare dal tappabuchi emergenziale ad azioni preventive per riportare equilibrio tra uomo e natura”, afferma Netti.

“Prevenire è meglio che curare”, si dice sempre. E su questo sono tutti d’accordo. “Del dissesto si devono occupare tutti: Stato, regioni, province e comuni – dice Palmiro Ucchielli – ma anche i cittadini. Loro devono impegnarsi nella manutenzione delle aree private. Quando c’erano i contadini, la cura del suolo era quasi perfetta. Lo Stato deve mettere più risorse, perché le misure sono ancora insufficienti”. E più si previene, dicono gli esperti, meno si spende a lungo termine. Costa meno mettere in sicurezza prima che farlo a disastro avvenuto.