Pesaro-Urbino è la seconda provincia delle Marche per voucher venduti. E quella in cui crescono di più

Un esempio di voucherUn esempio di voucher
di ANTONELLA MAUTONE

URBINO – La provincia di Pesaro-Urbino è la seconda nelle Marche per quantità di voucher venduti, superata solo da Ancona. Di più: la nostra provincia è quella in cui nel 2016 la vendita di voucher è cresciuta maggiormente, con un +33,4% rispetto al +27,4%  della regione Marche.

I dati Inps (forniti al Ducato dalla Cgil Marche) mostrano come nel 2016 siano stati venduti in tutta la regione ben 6.039.783 di voucher, di cui 1.491.889 nella provincia, un quarto del totale. Dal 2014 si è avuta una crescita esponenziale dei numeri, con il 96% in più di voucher venduti nelle Marche e addirittura il 116,7% in più nella provincia di Pesaro–Urbino.

Riguardo alle casistiche, nella provincia di Pesaro-Urbino nel 2016 c’è stato un calo evidente nell’uso dei voucher nell’attività agricola e nei lavori domestici mentre un aumento netto si è registrato per i settori del giardinaggio e nel turismo. La provincia segue il trend regionale ad eccezione del settore dei servizi, che cala sul territorio ma aumenta nelle Marche.

Voucher, popolazione e disoccupazione

Nella nostra regione com’ è il rapporto della vendita dei voucher rispetto alla popolazione e al numero di disoccupati? Nel 2016 nelle Marche abbiamo avuto, su una popolazione di 1.543.752 un rapporto di 3,91 voucher per ogni abitante e circa 82 voucher per ogni disoccupato. Riguardo ai dati della provincia di Pesaro-Urbino su una popolazione di 361.561 abbiamo 4,12 voucher ogni abitante e circa 74 per ogni disoccupato.

Il profilo del ‘voucherista’ marchigiano

Per scoprire qual è l’identikit del ‘voucherista’ marchigiano dobbiamo riferirci ai dati del 2015,  non avendo a disposizione altri dati più recenti. Le donne rappresentavano la maggioranza: 34.000 lavoratrici pari al 54% del totale, un dato in linea con la popolazione generale nella quale ci sono più donne che uomini.

L’età media si è abbassata da quando sono comparsi i voucher: se all’inizio (nel 2003) i percettori avevano un’età media di 65 anni, nel 2015 il 40% ha meno di 30 anni, il 21% ha un’età tra i 30 e i 39 anni, mentre solo il 9,7% ha più di 60 anni.

“Erano soprattutto persone ancora in età lavorativa – si legge nel rapporto Cgil Marche – con una posizione contributiva aperta, alimentata anche da prestazione di sostegno al reddito come il sussidio di disoccupazione: sono il 56,2% del totale. I pensionati erano solo 6.669, pari al 10,4% del totale”.

Erano invece 14.447, il 22,5%, i disoccupati di lunga durata, che in passato avevano avuto una storia lavorativa ma che nel 2015 avevano percepito solo voucher. Infine sono 6.950 (pari al 10,8%) quelli che sono pagati unicamente con i voucher.

Mediamente, nel 2015, ogni percettore di voucher ha riscosso 64 voucher l’anno, per un reddito netto medio di 480 euro, in linea con la media nazionale.

Verso il referendum

Questi sono i giorni della polemica politica legata ai voucher. Da una parte la Cgil ha proposto un referendum per abolirli previsto per il 28 maggio. Dall’altra il Governo, che per evitare un voto che può avere conseguenze politiche come quello del 4 dicembre, pensa ad un decreto legge che limiti l’uso dei voucher all’ambito familiare-domestico, azzerandoli per aziende e imprese.

Se il governo optasse davvero per un decreto, si scatenerebbe una corsa contro il tempo per farlo approvare da Camera e Senato e convertirlo in legge, cancellando così il referendum.

Susanna Camusso, leader della Cgil, appoggiata dai bersaniani di Mdp, da Sinistra Italiana e dal Movimento 5 stelle, insiste perché la consultazione si  svolga insieme alle elezioni amministrative primaverili, per “risparmiare 300 milioni di euro”. Questa mossa inoltre le garantirebbe un’affluenza maggiore, necessaria per raggiungere il quorum.

L’Italia dei voucher

In Italia i voucher sono stati introdotti con la legge Biagi del 2003 (decreto legge n. 276), ed inizialmente erano previsti solo per remunerare i lavoretti stagionali o occasionali. Allora ne furono venduti solo mezzo milione e ad usufruirne furono effettivamente solo 25mila persone, e l’età media, è utile sottolinearlo, era di 60 anni. Con il governo Monti è stata eliminata “l’occasionalità” del loro uso, l’età media si è abbassata ai 36 anni ed è aumentata la percentuale di donne.

Il valore dei voucher è pari a 10 euro, dei quali 2,50 vanno direttamente ad Inps e Inail. Come sottolinea la Cgil nel suo rapporto 2016 “non si riesce ad ottenere la cifra sufficiente per arrivare all’ accredito minimo di un mese di contribuzione, per i quali è necessario versare 168,44 euro di contributi (pari a circa 130 voucher). Il voucherista si può considerare come l’ultimo tra gli ultimi, in quanto svantaggiato rispetto alle altre categorie  per il recepimento delle pensioni (pari a  208, 35 euro) e per le altre  tutele previdenziali. Non ha diritto o ottiene solo dopo moltissimi anni la pensione di invalidità,  il congedo obbligatorio di maternità, e il  congedo parentale”.