Una legge per salvare la Fano-Urbino, ma sui fondi per il ripristino nessuna certezza

Rotonda di Fermignano
di MARIA CONCETTA DE SIMONE

URBINO – Una grande utopia. Trent’anni dopo la sua chiusura la storia della ferrovia Fano-Urbino non è ancora finita. Una nuova speranza per la vita della linea sta riaffiorando in questi giorni con la norma approvata alla Camera lo scorso 24 gennaio e ora in discussione al Senato. Ma non è ancora chiaro se il ripristino del percorso per unire la città ducale alla costa sia solo una speranza o possa diventare realtà.

Binari interrotti, crolli in gallerie, spese esorbitanti e soldi mancanti, sono queste le uniche certezze che si possono attribuire a quel percorso. Eppure la Fano-Urbino è stata inserita tra le ferrovie oggetto del disegno di legge n°2670 sul ripristino delle linee in disuso a scopo turistico che interessa le tratte di particolare pregio culturale e paesaggistico. Una proposta avanzata dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con quello dei beni culturali e con il Ministro dell’economia e delle finanze, che prevede in sostanza un percorso panoramico da effettuare su vagoni storici. Nulla a che vedere quindi, almeno per ora, con l’uso della ferrovia a fini commerciali e di trasporto pubblico.

L’ultimo viaggio su quei binari risale al 1987 e da allora si sono susseguite molte proposte per evitare lo smantellamento della linea, la vendita ai privati o il riuso della tratta come pista ciclabile. La ferrovia versa in uno stato di degrado e abbandono per tutto il percorso e dalla sua chiusura molte case cantoniere e alloggi dei casellanti sono diventati delle vere e proprie abitazioni. A Fermignano la rotatoria in via Martin Luther King sovrasta l’ex strada ferroviaria e molte delle case costruite in seguito, oltre a essere a ridosso dei binari, hanno giardini o capannoni che interrompono il tracciato. Il passaggio di un qualunque mezzo sembra essere praticamente impossibile. Rimetterla in sesto vorrebbe dire sostituire binari e traversine, ridurre il numero dei passaggi a livello previsti anche a causa della costruzione di abitazioni e infine costruire sovrappassi, sottovie, nuovi stabili e passaggi a livello con sistemi automatici.

Uno studio della società Pegaso ingegneria di Milano, della Sistema Ingegneria di Firenze e dell’associazione ferrovie Valle Metauro aveva stimato una spesa complessiva per la riattivazione della linea di trasporto pubblico di 86 milioni di euro che comprendevano lavori civili, barriere antirumore, lavori su stazioni e fermate, ballast e armamento, variazione di quota dentro Fano, segnalamento, opere di soppressione PL e lavori preliminari.

Il presidente dell’Associazione Ferrovia valle Metauro (Fvm), Carlo Bellagamba, da sempre attiva e schierata per la riapertura della tratta, afferma però che per il lavoro a scopo turistico previsto dalla legge basterebbero circa 30 milioni. “I soldi ci sono, abbiamo finanziamenti statali ed europei, serve la volontà. La riapertura della tratta, seppur solo a scopi turistici, potrebbe essere un inizio per una riapertura definitiva”.

Di parere opposto il consigliere regionale Andrea Biancani del Partito Democratico che si è più volte occupato della questione. “Ben venga la legge ma finché non mettono i soldi non si può fare. Il privato potrebbe entrare nella gestione, ma la sistemazione dell’infrastruttura necessita inevitabilmente di investimenti pubblici”. Biancani inoltre sottolinea che i costi per il riavvio di una ferrovia turistica sono legati a uno standard stabilito dall’Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria. Ciò vuol dire che una linea di questo tipo ha costi minori di quella per il trasporto pendolari, quindi pensare che con la stessa spesa un domani si riesca a riattivare anche il trasporto commerciale e pubblico è un errore.

Ma complicata sembra essere anche la riattivazione a scopo turistico. L’art.11 del disegno di legge prevede che le regioni si occupino della spesa senza chiedere ulteriori fondi alle istituzioni.

Ad aprire un piccolo spiraglio però è il deputato Michele Meta (pd), primo firmatario dell’emendamento che ha inserito nuovamente la tratta Fano Urbino, eliminata con altre dopo la prima seduta alla Camera. “L’articolo 11 è una clausola prevista ai fini dell’approvazione”, spiega,  “nessuno vieta in seguito di inserire delle poste in bilancio per sostenere le regioni nella spesa di rimessa”.