Partecipate, Urbino uscirà da Convention Bureau: ha più amministratori che dipendenti

Il sito della società Convention bureau Terre ducali
di STEFANO GALEOTTI

URBINO – Il comune di Urbino dovrà cedere una delle sue cinque partecipazioni per effetto della riforma Madia della pubblica amministrazione. Si tratta di quella nella Convention Bureau Terre Ducali, società che si occupa dello sviluppo del turismo d’affari e che possiede anche un ufficio di rappresentanza a Taipei. Il Comune ha una piccola quota (1,21%) che l’anno scorso ha cercato di vendere senza trovare acquirenti. Non rischia invece la chiusura la Urbino Servizi, società controllata al 100% dal Comune che si occupa tra le altre cose anche della gestione delle Ztl. Rimarranno attive anche le partecipazioni in Megas.Net, società che gestisce la distribuzione di gas e acqua, e Ami (socia di Adriabus nel trasporto urbano).

Il testo unico in materia, entrato in vigore il 23 settembre 2016, impone a Comuni e Province di liberarsi delle partecipazioni in quelle società che hanno meno dipendenti che amministratori o che hanno un fatturato medio inferiore ai 500.000 euro negli ultimi tre anni. Requisiti che inchiodano la Convention Bureau, che al 31 dicembre 2015 contava un solo dipendente a fronte di 5 amministratori e un fatturato medio di 493.361 euro.

Oltre a controllare interamente la Urbino Servizi (fatturato di 4 milioni nell’ultimo triennio), il Comune possiede il 42% di Ami (22 milioni di fatturato medio). La quota di partecipazione più importante in assoluto è quella in Megas.Net (6 milioni di euro, il 18% del totale), società che fattura 2 milioni con un utile di 800.000 euro. È solo dell’1,5 % invece la quota del comune di Urbino in Marche Multiservizi, partecipata con sede a Pesaro che si occupa di rifiuti ed energia e fattura 117 milioni.

Il comune ha tempo fino al 30 giugno per individuare le partecipate che non rientrano nei nuovi parametri. La scadenza era inizialmente fissata al 23 marzo, ma la sentenza della Corte Costituzionale dello scorso novembre ha imposto l’intesa e non più il parere degli enti locali su alcuni decreti “correttivi”, facendo slittare il termine.