“Bestiario suburbano” e memoria. Le opere di Alessandrini e Pignotti in mostra a Palazzo Ducale

di LORENZO CIPOLLA

URBINO – Il trauma del terremoto fa cambiare punto di vista anche su un luogo ritenuto sicuro e protettivo, la casa. Con le scosse si aprono crepe nei muri che portano alla luce le brutture fino a quel momento nascoste costringendo chi non ce l’ha più a muoversi e spostarsi per trovare una nuova sistemazione.

In una della sale dei sotterranei di Palazzo Ducale, dove è in corso da sei settimane la mostra annuale “Spazio K” , il cui tema è il viaggio, sono esposte le opere di Nicola Alessandrini, disegnatore di Macerata e di Giorgio Pignotti, pittore di Ascoli Piceno.

Al centro della stanza l’installazione in cui sono esposte le opere di Alessandrini riproduce proprio una casa, in cui si aprono passaggi scomodi e s’intravedono scorci delle opere dell’artista.

Le rappresentazioni di Alessandrini riproducono, in un modo provocatorio e a tratti volontariamente disturbante, elementi della vita quotidiana e dalla cronaca, ripresi da una sorta di bestiario suburbano  – disegni a grafite su carta di topi, corpi umani con teste di pesce e pesci dai denti aguzzi su corpi umani e altre forme anatomiche in corso di mutazione, animali destinati al mattatoio, interiora che fuoriescono dai corpi  –  che il disegnatore ‘scava’ per raggiungere l’interno. È lo sforzo di tramutare l’idea di un oggetto, un attrito con cui l’artista si deve confrontare ogni volta che crea.

L’attrito è uno dei due elementi che il disegnatore di Macerata ritiene hanno in comune la creazione artistica e l’esperienza del viaggio, che è il tema annuale dell’esposizione: “Ho cercato di pensare il viaggio nei limiti che ha insiti: l’attrito e la barriera”.

Muoversi o anche solo trovare il giusto angolo per scattare una fotografia all’interno dell’installazione è difficile. È qui che si sperimenta il senso del limite che impongono le barriere che impediscono di vedere e muoversi: non per niente la struttura è chiamata “Casa delle migrazioni” e rimanda agli ostacoli che incontra chi è costretto a emigrare dal proprio paese.

Le opere di Pignotti sono due tele poggiate alle pareti, una a destra e una a sinistra, e delle installazioni in legno di pioppo a fare da cornice. Corpi nudi su sfondi naturali ma lo stacco tra gli uomini e le donne e anche tra i soggetti e l’ambiente che li circonda non sono sempre netti e definiti. Con questo il pittore vuole mostrare quanto siano legati ciò che si trova in primo piano e ciò che è in secondo, come il corpo e il ricordo.

L’artista ascolano dà la sua interpretazione del tema della mostra: “Il viaggio è inteso come emanazione di qualcosa che si stacca e viaggia per essere fruita, in questo caso non la fruizione dell’opera ma di ciò che l’osservatore riesce a cogliere” e lo fa attingendo ai suoi ricordi personali.

La memoria, il ricordo e le suggestioni che hanno sulle persone sono il parallelismo di Pignotti tra la creazione artistica e il viaggio. I ricordi si stratificano nella memoria e trovano corrispondenza nei vari livelli di pittura. Sulla superficie emerge ciò che si è sedimentato dentro l’artista che attinge dal suo pozzo dei ricordi tramite le suggestioni che questi hanno lasciato dentro di lui e le comunica all’esterno, agli occhi di chi guarda.

“Le installazioni e l’uso delle superfici di pioppo mi sono venute in mente dopo che ho fatto degli interventi in una zona archeologica del maceratese in cui c’erano resti funerari” spiega Pignotti. “Erano frammenti che raccontavano scene di vita vissuta, c’erano dei bassorilievi e allora per legare il mio lavoro al luogo ho scelto questa formula”.