AlmaLaurea, a Urbino laureati più giovani e maggiori chance di lavoro

L'università di Urbino
di MARTINA MILONE

URBINO – L’Università degli studi di Urbino è rosa. Secondo il rapporto 2017 diffuso da AlmaLaurea sul profilo dei laureati in Italia, infatti, i due terzi dei dottori urbinati sono donne. Il dato, nonostante il lieve calo degli ultimi cinque anni, supera la media nazionale, nella quale le dottoresse rappresentano il 59,2 % dei laureati totali.

Alla Carlo Bo, inoltre, diminuisce l’età media dei laureati. Complessivamente, infatti, il 53,8% di loro ha meno di 24 anni e solo il 26,1% ne ha più di 27. Un panorama che è cambiato gradualmente negli ultimi cinque anni. Nel 2011, infatti, i laureati sopra i 27 anni rappresentavano la percentuale maggiore, con il 37,9%. Una crescita di ‘baby-laureati’ che va di pari passo con l’aumento di chi finisce gli studi in corso: il 53,1% nel 2016 rispetto al 43,6% del 2011.

Un risultato conseguente anche a incentivi per non andare fuori corso promossi dall’ateneo urbinate sia con il servizio tutor per gli studenti, sia, come ha sottolineato il prorettore vicario Giorgio Calcagnini, “grazie ad un bando, promosso quest’anno, che premia i cento migliori studenti in corso”. Ma i meriti non sono solo dell’Università. “Immagino ci sia anche una componente esogena agli studi – ha commentato il professor Calcagnini – La vera esigenza dei giovani, oggi, è di non ritardare l’entrata nel mercato del lavoro”.

Riguardo alla provenienza degli studenti, solo il 30% dei dottori è originario della provincia di Pesaro-Urbino, mentre circa il 50% viene da fuori regione. Una tendenza capovolta rispetto agli altri 71 atenei presi in esame dal rapporto. Secondo Almalaurea, infatti, la metà dei laureati italiani studia nella provincia di residenza e solo il 21,8% opta per una regione diversa dalla propria.

Riguardo all’offerta formativa all’estero, nel 2016 sono raddoppiati, rispetto al 2011, i laureati che hanno usufruito del programma Erasmus, mentre sono dimezzati quelli partiti per iniziativa personale.

Sul fronte dei rapporti con il mondo del lavoro, nonostante i tirocini formativi siano cresciuti dell’11% in cinque anni – erano il 61,8% nel 2011 e oggi sono il 72,8% -, pochi studenti arrivano alla laurea con esperienze lavorative pregresse. Circa un laureato su tre, infatti, non ha mai avuto un’occupazione e solo l’11,1% degli studenti ha lavorato durante il percorso di studi.
L’alloro a Urbino premia, però, sul fronte occupazionale. Rispetto alla media nazionale, per la quale il 42,9% dei laureati lavora a un anno dal titolo, la percentuale per l’Ateneo urbinate, arrivando a quota 47,8%.

Una prospettiva buona, nonostante la recente classifica stilata dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, che analizza i 350 migliori dipartimenti degli Atenei italiani, e nella quale la Carlo Bo non compare. “Questi sistemi premiali vanno a favore dei grandi atenei, dove ci sono dipartimenti altamente specializzati – ha spiegato Calcagnini – Da noi, invece, paghiamo lo scotto di una vecchia fusione dipartimentale che ha creato dipartimenti compositi, rispetto ai quali, quando si fanno le valutazioni, è difficile far emergere le eccellenze esistenti rispetto a una specifica materia”.