Urbino e le città del libro incontra Matteo B. Bianchi: “A volte basta una riga per colpire un editore”

Matteo B. Bianchi a Urbino e le città del libro
di MARTINA MILONE e MARIA CONCETTA DE SIMONE

URBINO – “Sapete quanti Matteo Bianchi esistono? Per distinguermi avevo pensato come nome d’arte Matteo B., ma sembrava da attore porno. Melissa P. me lo ha confermato”. Classe 1966, Matteo B. Bianchi è uno scrittore e autore di programmi di successo come Very Victoria e E poi c’è Cattelan. Al Caffè del Sole, durante il festival “Urbino e le città del libro“, ha tenuto una lezione  dal titolo Esordienti Esilaranti, cosa fare e soprattutto cosa NON fare quando si desidera pubblicare un libro. Un’ora di divertenti aneddoti sulle email che quotidianamente riceve da parte di “scrittori” emergenti che tentano di far pubblicare i loro racconti nella sua rivista letteraria Tina, nata nel 1995.

Tra le email più divertenti c’è quella di Sandrina, classe ’72, impiegata modello che sogna una vita da scrittrice e che a Matteo ha chiesto di realizzare il suo sogno. La sua risposta? “Non sono XFactor, anche se ci lavoro”. E poi, tra chi sostiene di non conoscerlo, come l’autore de “La solitudine dell’idraulico”, e chi di non voler fare lo scrittore, ma di volerci comunque provare, c’è “Lady Lucy”, il romanzo allegato in 12 email, perché troppo lungo, e mai letto da Matteo Bianchi. Molti anche gli aspiranti che imitano le sinossi dei romanzi, ma senza risultati. “Amate i cavalli più che potete”, è il titolo di uno dei testi arrivati via mail, descritto dall’autore con l’improbabile frase: “Insomma, un romanzo dove appaiono spesso cani, spero vi piaccia”.

Poche regole e molti consigli per non farsi sbattere la porta in faccia né farsi ingannare. Bianchi ha iniziato dalla base: scrivere una corretta email di presentazione. Sono molti infatti gli esordienti che, presi dall’immediatezza di un pc, dimenticano di firmare il documento, o quelli che pur di far leggere l’intera “opera” usano font minuscoli o interlinea inesistenti. Ma Bianchi ha sottolineato soprattutto il rischio di cadere nella trappola di alcune piccole case editrici. Il tutto spiegato con una ironica e semplice metafora: “Se scegli di andare con una escort ci vai perché la paghi, poi se mi vieni a raccontare che ti ama, sei un illuso!”. Pagare per farsi pubblicare o essere costretti ad acquistare parte delle copie stampate del proprio libro, ha chiarito lo scrittore, è una vera e propria truffa.

Ma non bisogna demordere. Certo “pubblicare il primo libro con Mondadori è come vincere alla lotteria”, ma sono molte le piccole case editrici che fanno scouting per le più grandi e sono ancora alla ricerca di talenti. Bianchi ha rassicurato gli aspiranti scrittori: esistono anche molte riviste letterarie, online, gratuite e anche social, disposte a scovare gli autori del futuro. Fondamentale, infatti, è il feedback che queste riviste lasciano e la possibilità di confrontarsi con altri novellini.

“Ciò che lascia senza parole è la passività degli esordienti, cioè la convinzione che saranno gli editori a scoprirli senza che loro muovano un dito”, ha sottolineato Bianchi, che paradossalmente ha ottenuto un contratto di pubblicazione prima ancora che il suo libro, Non si può mica fare il bagno con queste troie di onde (Stampa alternativa, 1993), fosse scritto.