Laurenzi agli studenti Ifg: “Se il mestiere non vi diverte, cambiate strada”

Il direttore Giancarlo Laurenzi durante il seminario all'Ifg
di GIOVANNI BRUSCIA

URBINO – Dirigere un quotidiano, anche se a livello locale, è un compito impegnativo. Lo ha spiegato Giancarlo Laurenzi, direttore del Corriere Adriatico, ai praticanti dell’istituto per la formazione al giornalismo di Urbino: “Voi avete scelto un mestiere bellissimo, non date retta a chi vi dice che è un mestiere finito”. Ma il motore di tutto rimane la motivazione e la passione, perchè “se vi accorgerete di non divertirvi più, allora il consiglio che vi do è quello di fermarvi, e se potete, di cambiare strada”.

Purtroppo spesso però ai giornalisti non viene riconosciuto un giusto merito e, secondo Laurenzi, “i giornalisti sono una categoria molto meno compromessa di quello che invece si vuole far passare”. Per poi rivolgere loro un consiglio: “Non dovete mai piegarvi, nemmeno se vi sembra che vi convenga”. E a chi chiede quale sia la risposta alla crisi dei giornali cartacei ai tempi del web imperante dice: “Alla fine la lealtà e la pulizia dell’informazione sono i fattori chiave del successo. I giornali di carta, anche nei tempi in cui il web la fa da padrone, sono ancora la cosa migliore che questo Paese può offrire. Sono come una ‘droga’, ve ne innamorate e non ne uscite più”.

La carriera e l’arrivo al Corriere Adriatico

Il direttore ha raccontato la sua esperienza, fatta di anni di lavoro a livello nazionale, e di come tutto è iniziato: “Il mio primo stage l’ho fatto nel 1990 a Roma a Il Tempo, e subito dopo mi proposero un contratto di 6 mesi. In quel periodo mi mandarono anche a Rio de Janeiro per seguire i mondiali di pallavolo con la nazionale che allora era guidata da Julio Velasco (commissario tecnico della generazione dei fenomeni) e che io intervistai per primo. Ma il grande cambiamento è avvenuto a Torino a La Stampa, dove ero inviato di esteri e ho potuto girare il mondo. Dall’aprile 2016 si è aperta una nuova pagina, anche se in un ambito totalmente diverso ma non per questo meno stimolante”.

La direzione del Corriere Adriatico è la prima vera e grande esperienza a livello locale. Quando sono arrivato c’era un grande problema, avevamo due giornali (Il Corriere Adriatico e Il Messaggero, ndr) dello stesso editore (il gruppo Caltagirone, ndr) che si facevano la guerra tra loro”.

Laurenzi non ha nascosto il suo timore quando l’editore gli ha comunicato l’intenzione di cambiare il formato del giornale per passare al tabloid. “Avevo solo 2 mesi di tempo per fare questo cambiamento, io non ero d’accordo e il primo giorno è successo qualcosa di impensabile: abbiamo venduto un 88% di copie in più rispetto a prima”.

Curioso l’aneddoto collegato alla verifica sul campo delle vendite del giornale: “Mi sono bardato con k-way e felpa e mi sono appostato dietro all’edicola di Piazza Roma in centro ad Ancona per vedere in faccia chi acquistava il giornale. Addirittura qualcuno si è insospettito e ha chiamato i carabinieri che mi hanno identificato e non mi credevano quando ho detto loro chi ero”.

Il ruolo del direttore e le scelte

Sbaglia chi crede che il merito del boom di vendite sia del direttore, continua Laurenzi. “Il successo dipende dalla redazione: lì ho trovato gente anche di 54 anni.  Se ho un merito, allora è quello di averli fatti tornare dei ragazzini pieni di entusiasmo. Perché il vero leader è quello che sta in fondo quando ci sono i meriti e sta davanti quando invece ci sono delle colpe. E il buon giornale è quello che ha tutte le notizie che hanno gli altri più una”.

Un grande insegnamento che il direttore dello storico quotidiano regionale si porta dietro dai tempi di Torino si deve a Giulio Anselmi, per anni alla guida de La Stampa: “Lui diceva sempre: ‘qui si può scrivere quello che si vuole, noi non abbiamo paura dei potenti perché i potenti siamo noi’. Gli unici limiti che metto alla pubblicazione delle notizie sono quelli imposti dalla legge italiana”, sottolinea l’ex direttore di Leggo. Per poi rivelare che anche un direttore può ancora imparare molto dopo anni di lavoro nelle redazioni: “Se c’è una cosa che ho capito a 52 anni dirigendo un quotidiano locale è che quello che può sembrare banale invece ha molta importanza”.

I problemi del giornale, della professione e le scuole

Laurenzi ha poi illustrato lo scenario che si trova a guidare ogni giorno. La redazione del quotidiano con sede centrale ad Ancona ha 29 redattori dislocati nelle 5 redazioni marchigiane: Ancona, Macerata, Ascoli Piceno, Fermo e Pesaro. Proprio questa è stata una delle scommesse che il nuovo direttore è riuscito a vincere: “A Pesaro molti non sapevano nemmeno che avessimo una redazione e da quel momento ho deciso di rivedere l’organizzazione individuando un nuovo responsabile e questa scelta mi ha dato ragione: abbiamo avuto un incremento del 102% delle copie vendute”.

Tra poche settimane, il 6 luglio, sarà trascorso un anno dalla “fusione” con Il Messaggero (i due giornali ora vengono venduti insieme, ndr). Alla domanda se questo abbia comportato cambiamenti importanti il numero uno del giornale marchigiano ha sottolineato: “Abbiamo avuto un incremento medio del 30%, ma posso dire che siamo il più grande fenomeno editoriale italiano nell’ultimo anno”. E anche la politica cerca di influenzare la linea editoriale senza però riuscirci. “Prima da questo punto di vista eravamo carenti, ora invece dobbiamo stare attenti anche quando scriviamo una semplice notizia breve”.

Sul piano pratico sono molti i difetti e i problemi che un direttore deve cercare di risolvere. A partire da come evitare che vengano pubblicati dei refusi: “Purtroppo si tratta di un problema difficile da risolvere, ‘sanguino’ quando li vedo. Il fatto è che pur di tagliare dei costi si cerca di risparmiare il più possibile e i primi a farne le spese sono i correttori di bozze. Ormai il giornalista non solo scrive l’articolo, ma deve anche controllare che non ci siano errori, ma spesso è difficile vederli tutti e finiscono in pagina”.

Infine, gli è stato chiesto un parere sulle scuole di giornalismo. Cosa consiglierebbe a un ragazzo che decide di intraprendere questa professione? Meglio frequentare un istituto per la formazione o apprendere il lavoro sul campo facendo la ‘gavetta’? Questa la risposta: ” All’inizio della mia carriera le scuole non esistevano ma oggi garantiscono preparazione, qualità e professionalità. Sono un modo pulito e serio per accedere alla professione”.

Per poi chiudere con un incitamento: “Qualunque cosa accada, non mollate mai e seguite il vostro cuore”.