Le mille pieghe di una notizia: Sgarallino racconta la sfida di Origami

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di DANIELE ERLER

URBINO – Una cinquantina di graphic novel – storie illustrate e a fumetti – tratte da Origami saranno in mostra durante il Festival del giornalismo culturale venerdì a Pesaro, sabato e domenica a Fano. È l’occasione per conoscere un modo diverso dalla tradizione per fare giornalismo.

Origami è l’inserto del giovedì de la Stampa. È un lenzuolo di carta che si apre in più pieghe, in ogni spazio si scopre un contorno diverso della stessa storia.

“Scegliamo ogni settimana un argomento – spiega Cynthia Sgarallino, art director del quotidiano torinese – Lo affrontiamo attraverso tre livelli di comunicazione. C’è la parola scritta con articoli, interviste e riletture. Ci sono le graphic novel che permettono un altro approccio alla stessa storia. E poi c’è un terzo livello: il poster dove stanno le infografiche”. Le immagini e le illustrazioni hanno la stessa dignità dei testi, anzi aggiungono spesso qualcosa in più al racconto.

Come è nato Origami?
È il fratello italiano di Le Un, un settimanale francese diretto da Éric Fottorino, ex caporedattore di Le Monde. Lo abbiamo visto e ci è piaciuto, in Italia non c’era niente del genere. Nell’epoca del digitale abbiamo voluto andare controtendenza e fare un prodotto di carta, innovativo e divertente da scoprire. Dal primo numero, uscito nel novembre del 2015, abbiamo fatto una scommessa: Origami è completamente senza pubblicità. E poi ci lavorano i giovani: un gruppo di disegnatori appena usciti dalle scuole che si sta ampliando sempre di più. La testata, che indica insieme la scelta di puntare sulla carta e le pieghe che caratterizzano l’inserto, è disegnata da Matteo Pericoli.

Come mai le graphic novel nei giornali, quando ci sono, sono negli inserti e non rientrano nello sfoglio accanto alle altre notizie?
Ci sarà sempre qualcuno che sosterrà che un articolo ha più valore di una graphic novel. Io la penso diversamente. In Italia abbiamo il complesso della bella scrittura: sin dalle scuole elementari ci insegnano che scrivere bene è più importante che saper disegnare, eppure siamo un Paese dalla grande tradizione visiva. Il problema poi è come vengono costruiti i giornali: le graphic novel non ci stanno perché si pensa che occupino lo spazio di qualcosa che viene percepito come più importante. Per questi contenuti Origami è il posto giusto. Ma è comunque un prodotto di nicchia.

E quindi come affronta il suo lavoro da art director a la Stampa?
La mia battaglia da anni è di rosicchiare gli spazi per inserire disegni e illustrazioni. Non ci riesco spesso, ma quando lo faccio… beh, poi quasi tutti si accorgono che in fondo avevo ragione, che la notizia può essere raccontata meglio così. Di solito è però un riconoscimento che mi fanno solo quando vedono il lavoro finito: è difficile convincere i colleghi prima. I giornali si fanno da anni allo stesso modo, cambiare le cose è un’impresa.