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I luoghi /Rocca Calascio: la storia
Un borgo dimenticato per mezzo secolo


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>>Rocca Calascio: la storia
Un disegno del castello di Rocca Calascio
Un disegno del castello di Rocca Calascio
 
Multimedia
- La storia animata e interattiva
di Rocca Calascio
(file in formato Macromedia Flash; se non hai il programma, clicca sul logo)

Nel 1957, gli ultimi abitanti di Rocca Calascio abbandonarono definitivamente il borgo: sembrava la fine di una storia durata millenni (guarda il filmato interattivo). I primi segni di insediamenti umani nella zona di Rocca Calascio risalgono infatti a 80000 anni fa, al tempo dell’uomo di Neanderthal, quando un gruppo di cacciatori si stabilì nelle caverne dei Grottoni di Calascio (670 m). E’ solo nell’età del bronzo, però, che Rocca Calascio diventa un rifugio stabile per una comunità pastorale. Evidentemente, “le terre alte” di Rocca Calascio si dimostrano adatte al pascolo.

Per la sua posizione elevata (1460 m), il borgo si dimostra adatto alla difesa. Già in epoca romana, il sito dell’attuale castello ospitava un posto di vedetta, dal quale era possibile controllare una vasta fetta di territorio. Un vero e proprio nucleo urbano nasce però dopo la fine dell’impero romano: per sfuggire alle scorrerie dei barbari, gli abitanti dell’Appennino centrale si rifugiano sulle alture, dando vita a piccoli centri urbani, tra i quali, per l’appunto, Rocca Calascio. E’ nella Corografia Storica degli Abruzzi dell’Antinori (volume XXXVIII, pag.215 del manoscritto esistente nell’Archivio provinciale dell’Aquila) che si ha la prima notizia su Rocca Calascio: nel documento, il borgo viene ricordato come una delle cinque terre della Baronia dei Carapelle.

Nel 1380 si ha la prima citazione, tra quelle a noi pervenute, della Torre di Rocca Calascio (guarda la galleria fotografica), la cui costruzione risale però intorno all’anno Mille: a quel tempo era probabilmente solo un torrione di avvistamento isolato. Nel 1480, al torrione centrale sono aggiunte le quattro torri laterali; nello stesso periodo, Rocca Calascio è dotata di un muro di cinta ed è completamente riscostruita dopo il devastante terremoto del 1461. Le realizzazioni sono da attribuire ad Antonio Piccolomini, genero e nipote di Pio II, che aveva ottenuto la contea (della quale faceva parte Rocca Calascio) dal re Ferdinando I D’Aragona. I secoli successivi furono caratterizzati da un notevole sviluppo del borgo. Secondo una numerazione manoscritta contenuta nell’archivio di Napoli, nel 1663 vivevano a Rocca Calascio 495 abitanti. Alla fine del XVIII secolo, però, non ne rimanevano che un centinaio.

un francobollo con l'effigie del castello di Rocca Calascio
Il francobollo con il castello di Rocca Calascio

In quei secoli, i territori di Rocca Calascio passarono di famiglia in famiglia. La baronia Piccolomini vendette i possedimenti ai Medici, i quali però si disinteressarono alla sorte di terre così lontane da Firenze. Nel 1753, con la morte di Anna Maria Luisa, l’ultima della famiglia, il territorio di Rocca Calascio passò al re di Napoli, Carlo III di Borbone. Nel 1703, un altro terremoto rase al suolo il Castello e le case: fuorono ricostruite solo quelle nella parte inferiore, ma molti abitanti lasciarono il paese. Fu l’inizio di un declino che dalla fine del XIX secolo divenne inarrestabile. Nel 1830, a Rocca Calascio c’erano solo 121 abitanti; nel 1911, solo 67. Nel 1957, gli ultimi abitanti abbandonarono il borgo, che nei quarant’anni successivi è rimasto completamente disabitato. Finché, nel 1994, una giovane coppia di romani ha trovato nel paese più alto dell’Appennino centrale il proprio paradiso. Forse, l'inizio della rinascita di Rocca Calascio.

 

 


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Tesina multimediale realizzata da Germano Antonucci - Ifg Urbino
Aprile 2002