Un paradiso come prigione
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L'isola
 
 
 
Dossier multimediale
realizzato da

Cristina Colli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A spasso per l'agricola

Sbarcati al porticciolo di Gorgona, bisogna salire, arrampicarsi sulle colline per arrivare in cima. E lì, superato un ampio arco, si entra nell'agricola. E' la "fattoria di Gorgona" dove i detenuti, retribuiti, lavorano con gli animali e fanno un percorso di farm therapy.

Colpo d'occhio sull'entrata dell'agricola

L'agricola è un villaggio rurale vero e proprio. Ci sono le stalle, i recinti, i pollai, gli ovili, i trattori che trasportano i bidoni del latte, il macello, il caseificio, gli orti. Ci sono i rumori silenziosi, il disordine ordinato e gli odori delle fattorie. I detenuti allevatori e agricoltori lavorano nell'agricola insieme al veterinario (Marco Verdone) che dal 1989, una volta alla settimana, raggiunge l'isola per fare il punto della situazione. Dà consigli e riceve informazioni dai detenuti stessi sulla salute degli animali. Perché sono loro i conoscitori più attenti delle bestie, quelli che ci trascorrono più tempo. Li accudiscono, danno loro da mangiare, puliscono le stalle, li portano in giro sull'isola, li assistono quando si ammalano e quando partoriscono.

Come in ogni villaggio, non mancano le "case" dei lavoratori. I detenuti che si occupano della fattoria vivono in "libertà" e hanno quindi piccole abitazioni senza sbarre, vicino alle stalle e agli orti. Nella fattoria di Gorgona vengono allevati centinaia di animali domestici. Ci sono una quarantina tra mucche e tori e altrettanti maiali, sei-sette cavalli e tre asinelli sardi, un centinaio di pecore e capre e un migliaio tra galline, polli e faraone. In un luogo un po' più appartato ci sono circa quaranta conigli, l'unica specie che nella fattoria vive in gabbia. L'isola ospita anche quindici "famiglie" di api, produttrici di un miele eccellente. E' stato da poco costruito in mare anche un impianto di acquicoltura dove vengono allevate alcune orate.

Nella fattoria, con gli animali, i detenuti fanno un percorso lavorativo e rieducativo definito farm- therapy (terapia con gli animali della fattoria) o, più precisamente, "animal-assisted activities" (attività svolte con l'aiuto degli animali). "Allevare animali e coltivare piante è una preziosa opportunità - spiega Marco Verdone, il veterinario - per chi deve trascorrere un periodo di reclusione. Avere un essere vivente da accudire aiuta a guardare oltre e a trovare motivazioni per andare avanti". E su questo concordano tutte le persone che lavorano con i detenuti sull'isola, il parroco e il criminologo, ad esempio.

Gli orti e uno degli asini ereditati da Pianosa

Nell'agricola si è deciso di produrre all'insegna della qualità e per questo si punta innanzitutto a offrire una buona qualità della vita agli animali da cui si ricavano gli alimenti. Le bestie devono potersi muovere liberamente, vivere in gruppo (se sono animali sociali) e essere trattati con rispetto. Ovviamente è curata al massimo anche la loro alimentazione. Vengono acquistati prodotti base come il mais, l'orzo, la crusca e la soia, e poi i detenuti nel mulino miscelano gli elementi nelle giuste proporzioni, a seconda delle specie, ottenendo così i mangimi. Gli animali sono curati con farmaci non tossici: dal 1993 Verdone ha introdotto l'omeopatia. Come in una vera fattoria anche nell'agricola si produce. Latte, formaggi, carne, uova, miele vengono venduti sull'isola, in un circuito interno.

L'organizzazione del lavoro è di tipo rigidamente piramidale. Ogni gruppo di animali è affidato a uno o più detenuti, che rispondono alla guardia e poi si sale fino ad arrivare al direttore. Nell'agricola, vicino al macello, c'è l'ufficio delle guardie. Gli agenti addetti a questa parte della prigione, a certi orari, si spostano e girano nella fattoria per controllare, contare i detenuti, portare loro le cose che servono e aiutarli nel lavoro. "Si tratta di un'azienda - dice il veterinario - in cui però non esiste il proprietario. Chi lavora non gode dei diretti benefici economici dell'allevamento e non sempre, essendo un sistema carcerario, riceve le gratificazioni e i riconoscimenti morali per i buoni risultati del proprio lavoro".

L'agricola funziona come una vera fattoria, ma chi ci lavora (detenuti e no) racconta di scontrarsi spesso con la rigidità della burocrazia carceraria. Si tratta sempre di una prigione, non bisogna dimenticarselo. "Le esigenze degli animali, per esempio, vengono spesso dopo i problemi interni di tipo organizzativo - spiega Verdone - e chi ha a che fare di più con gli animali e li conosce meglio (il detenuto) ha un limitato potere decisionale e d'intervento". E così i detenuti raccontano che, per esempio, il fieno a volte manca per giorni. Loro avvisano quando sta per finire, ma capita che - per qualche lentezza burocratica o per semplice dimenticanza - non venga ordinato; oppure che il mare impedisca di portarlo.

 

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Pubblicazione: maggio 2002