di Patrizia Senatore
   

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Curare il corpo solo con le mani si può

 

Alessia non è stata molto fortunata: a 17 anni un grave incidente, l'anno dopo una malattia la costringe a letto per parecchio tempo. Poi un intervento per una cistite ovarica e poco dopo un intervento per eliminare l'ernia che le si era formata in seguito a tutti i problemi avuti fino ad allora. Un intervento che deve ripetere a distanza di pochi mesi, per una "toilette chirurgica" dice il professore che l'ha operata.
Di fatto Alessia Pizzuti, romana di 26 anni, dopo il secondo intervento non ha risolto i suoi problemi che anzi sono aumentati. La terapia manuale le ha cambiato la vita.
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Rimanere paralizzata e soffrire per 11 anni il mal di schiena. Questa la storia di Emilia Vaccaro, 51enne di Ostia.
Il motivo? Due ernie di cui una espulsa. Unica soluzione, l'intervento, ma una collega del marito le passa l'indirizzo di un fisioterapista che fa una terapia diversa.
La signora Vaccaro va, ma il fisioterapista la manda da un neurologo.
Il professore però chiama il fisioterapista e gli propone: "invece di operarla perché non proviamo con la terapia?".
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Alessia: "L'intervento si poteva evitare"

"Sai qual è la cosa più antipatica?", chiede Alessia Pizzuti, 26 anni e un sorriso smagliante. "Essere giovane ed avere un corpo con i problemi di una persona anziana". Lei sui suoi tanti problemi che ha dovuto affrontare ora ci scherza. Con coraggio anche perché finalmente, dopo tanto tempo, riesce a camminare senza provare continui dolori e a stare in piedi da sola

"Quando avevo solo 17 anni, sono stata investita - racconta la ragazza - e l'anno successivo per una malattia allo stomaco sono rimasta a letto per parecchio tempo. Quando poi ho cercato di alzarmi dal letto non ci riuscivo". Le vengono prescritte delle lastre e subito si nota uno schiacciamento delle vertebre L4-L5 e una scoliosi a livello lombare."Mi consigliarono il nuoto e la ginnastica posturale, ma nulla - racconta Alessia - il dolore alla gamba sinistra continuava. Lascio il pattinaggio, gli sci, l'equitazione, ma nulla, anzi la gamba addirittura mi cedeva".

I genitori della ragazza allora decidono per una visita specialistica nel reparto di neurologia di una grande ospedale romano. "Ci dissero che se non mi operavo subito avrei potuto perdere l'uso della gamba e che sicuramente non avrei potuto avere bambini per le complicazioni. Con i miei genitori abbiamo detto subito di sì, per non perdere tempo, tanta era la paura per quello che poteva accadermi".

Così Alessia viene operata, solo pochi mesi dopo un altro intervento che la ragazza aveva dovuto subire per una cisti ovarica. Ma all'ospedale le dicono di stare tranquilla che non ci sarebbero stati problemi.A maggio del 2000 Alessia viene operata. L'intervento, dice il professore che l'ha operata - è perfettamente riuscito, ma Alessia, dopo 5 giorni sviene. Dopo 10 giorni non riesce ad alzarsi.

"Mi dicevano che ero mollacciona - racconta lei - ma la verità è che io sentivo ancora dei dolori insopportabili". Le fanno una Tac e il radiologo le confessa "non ti hanno tolto tutto". L'ernia non era stata asportata completamente e da qui i dolori. La operano di nuovo, a luglio dello stesso anno per una "toeletta chirurgica", dicono, come se fosse solo una ritocco per motivi estetici. Nuova anestesia totale, tanti altri antifiammatori. Ma Alessia esce dall'ospedale provata, senza che nessuno le indichi un programma di riabilitazione."Anche dopo l'intervento continuavo a zoppicare - dice con un pizzico di rabbia - non riuscivo a camminare dritta, a soli 24 anni!"

Dopo mesi di disperazione le segnalano un fisioterapista in gamba. Lei non crede più a nessun tipo di intervento, ma va lo stesso alla prima visita e poi alle terapie. "In sei mesi ho ottenuto quello che non sono riuscita ad ottenere con due interventi. Riesco a dormire, a camminare da sola. Ed ora ripenso a quello che mi disse il radiologo dell'ospedale: l'intervento si poteva evitare". Specie, forse per una ragazza così giovane.

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Emilia: "Ora sto bene e non mi sono dovuta operare"

"Ancora me lo ricordo quel matrimonio del 18 agosto di 11 anni fa: fu quando mi bloccai e da allora ho patito le pene dell'inferno". Parla con serenità Emilia Vaccaro, 51 anni, di Ostia. Dalla sua voce pacata non traspaiono le sofferenze per i forti dolori alla schiena che accompagnarono quel trauma."Il giorno dopo la cerimonia - ricorda - rimasi completamente paralizzata. Una cosa incredibile: non riuscivo a muovere nemmeno la lingua. Tutto bloccato, tutto. Mi dovevano addirittura imboccare e farmi bere con una cannuccia". Il marito allora chiama l'autoambulanza e fa trasportare la signora all'ospedale. Ma lì, dopo due iniezioni di un potente antidolorifico, spediscono a casa la signora, con la raccomandazione di non fare alcuno sforzo."E quale sforzo potevo fare?", dice ancora la signora Vaccaro.

Era estate, il medico le dice di aspettare tanto d'agosto è difficile fare gli accertamenti. Ma Emilia insiste e trova il modo di farsi prescrivere la risonanza magnetica. E ciò che viene fuori non è affatto piacevole: due ernie, una espulsa. C'è poco da fare: la soluzione è l'intervento.Una collega del marito le dà un'idea: perché non prova ad andare dal suo fisioterapista che è tanto bravo? Sembra l'ennesimo pellegrinaggio della speranza, ma Emilia ci prova.

Il fisioterapista guarda le lastre, la risonanza magnetica e le dice: "Non so se trattarla: in questa situazione è meglio che vada dal neurologo".Emilia va dal neurologo che è titubante. Poi le chiede il nome del fisioterapista che l'ha mandata da lui, prende il telefono e lo chiama per fargli una proposta: "Che ne dici se proviamo a curare la signora con la terapia invece di operarla?"."Da due anni sono in cura - precisa la signora - e non mi sono più bloccata. Certo, adesso non mi "ammalo" più con le pulizie di casa, mi riguardo, ma la cosa più importante è che mi posso muovere e senza dolori. E soprattutto non mi sono dovuta operare".

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Ultimo aggiornamento aprile 2002. Per contattare l'autore clicca qui.