Le
storie
Curare il corpo solo con le mani si può
Alessia
non è stata molto fortunata: a 17 anni un grave incidente,
l'anno dopo una malattia la costringe a letto per parecchio
tempo. Poi un intervento per una cistite ovarica e poco dopo
un intervento per eliminare l'ernia che le si era formata
in seguito a tutti i problemi avuti fino ad allora. Un
intervento che deve ripetere a distanza di pochi mesi, per
una "toilette chirurgica" dice il professore che
l'ha operata.
Di fatto Alessia Pizzuti, romana di 26 anni, dopo il secondo
intervento non ha risolto i suoi problemi che anzi sono aumentati.
La terapia manuale le ha cambiato la vita.
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storia
Rimanere
paralizzata e soffrire per 11 anni il mal di schiena. Questa
la storia di Emilia Vaccaro, 51enne di Ostia.
Il motivo? Due ernie di cui una espulsa. Unica soluzione,
l'intervento, ma una collega del marito le passa l'indirizzo
di un fisioterapista che fa una terapia diversa.
La signora Vaccaro va, ma il fisioterapista la manda da un
neurologo.
Il professore però chiama il fisioterapista e gli propone:
"invece di operarla perché non proviamo con la
terapia?".
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Alessia: "L'intervento
si poteva evitare"
"Sai
qual è la cosa più antipatica?", chiede
Alessia Pizzuti, 26 anni e un sorriso smagliante. "Essere
giovane ed avere un corpo con i problemi di una persona anziana".
Lei sui suoi tanti problemi che ha dovuto affrontare ora ci
scherza. Con coraggio anche perché finalmente, dopo
tanto tempo, riesce a camminare senza provare continui dolori
e a stare in piedi da sola
"Quando
avevo solo 17 anni, sono stata investita - racconta la ragazza
- e l'anno successivo per una malattia allo stomaco sono rimasta
a letto per parecchio tempo. Quando poi ho cercato di alzarmi
dal letto non ci riuscivo". Le vengono prescritte delle
lastre e subito si nota uno schiacciamento delle vertebre
L4-L5 e una scoliosi a livello lombare."Mi consigliarono
il nuoto e la ginnastica posturale, ma nulla - racconta Alessia
- il dolore alla gamba sinistra continuava. Lascio il pattinaggio,
gli sci, l'equitazione, ma nulla, anzi la gamba addirittura
mi cedeva".
I
genitori della ragazza allora decidono per una visita specialistica
nel reparto di neurologia di una grande ospedale romano. "Ci
dissero che se non mi operavo subito avrei potuto perdere
l'uso della gamba e che sicuramente non avrei potuto avere
bambini per le complicazioni. Con i miei genitori abbiamo
detto subito di sì, per non perdere tempo, tanta era
la paura per quello che poteva accadermi".
Così
Alessia viene operata, solo pochi mesi dopo un altro intervento
che la ragazza aveva dovuto subire per una cisti ovarica.
Ma all'ospedale le dicono di stare tranquilla che non ci sarebbero
stati problemi.A maggio del 2000 Alessia viene operata. L'intervento,
dice il professore che l'ha operata - è perfettamente
riuscito, ma Alessia, dopo 5 giorni sviene. Dopo 10 giorni
non riesce ad alzarsi.
"Mi
dicevano che ero mollacciona - racconta lei - ma la verità
è che io sentivo ancora dei dolori insopportabili".
Le fanno una Tac e il radiologo le confessa "non ti hanno
tolto tutto". L'ernia non era stata asportata completamente
e da qui i dolori. La operano di nuovo, a luglio dello stesso
anno per una "toeletta chirurgica", dicono, come
se fosse solo una ritocco per motivi estetici. Nuova anestesia
totale, tanti altri antifiammatori. Ma Alessia esce dall'ospedale
provata, senza che nessuno le indichi un programma di riabilitazione."Anche
dopo l'intervento continuavo a zoppicare - dice con un pizzico
di rabbia - non riuscivo a camminare dritta, a soli 24 anni!"
Dopo
mesi di disperazione le segnalano un fisioterapista in gamba.
Lei non crede più a nessun tipo di intervento, ma va
lo stesso alla prima visita e poi alle terapie. "In sei
mesi ho ottenuto quello che non sono riuscita ad ottenere
con due interventi. Riesco a dormire, a camminare da sola.
Ed ora ripenso a quello che mi disse il radiologo dell'ospedale:
l'intervento si poteva evitare". Specie, forse per una
ragazza così giovane.
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Emilia:
"Ora sto bene e non mi sono dovuta operare"
"Ancora
me lo ricordo quel matrimonio del 18 agosto di 11 anni fa:
fu quando mi bloccai e da allora ho patito le pene dell'inferno".
Parla con serenità Emilia Vaccaro, 51 anni, di Ostia.
Dalla sua voce pacata non traspaiono le sofferenze per i forti
dolori alla schiena che accompagnarono quel trauma."Il
giorno dopo la cerimonia - ricorda - rimasi completamente
paralizzata. Una cosa incredibile: non riuscivo a muovere
nemmeno la lingua. Tutto bloccato, tutto. Mi dovevano addirittura
imboccare e farmi bere con una cannuccia". Il marito
allora chiama l'autoambulanza e fa trasportare la signora
all'ospedale. Ma lì, dopo due iniezioni di un potente
antidolorifico, spediscono a casa la signora, con la raccomandazione
di non fare alcuno sforzo."E quale sforzo potevo fare?",
dice ancora la signora Vaccaro.
Era
estate, il medico le dice di aspettare tanto d'agosto è
difficile fare gli accertamenti. Ma Emilia insiste e trova
il modo di farsi prescrivere la risonanza magnetica. E ciò
che viene fuori non è affatto piacevole: due ernie,
una espulsa. C'è poco da fare: la soluzione è
l'intervento.Una collega del marito le dà un'idea:
perché non prova ad andare dal suo fisioterapista che
è tanto bravo? Sembra l'ennesimo pellegrinaggio della
speranza, ma Emilia ci prova.
Il
fisioterapista guarda le lastre, la risonanza magnetica e
le dice: "Non so se trattarla: in questa situazione è
meglio che vada dal neurologo".Emilia va dal neurologo
che è titubante. Poi le chiede il nome del fisioterapista
che l'ha mandata da lui, prende il telefono e lo chiama per
fargli una proposta: "Che ne dici se proviamo a curare
la signora con la terapia invece di operarla?"."Da
due anni sono in cura - precisa la signora - e non mi sono
più bloccata. Certo, adesso non mi "ammalo"
più con le pulizie di casa, mi riguardo, ma la cosa
più importante è che mi posso muovere e senza
dolori. E soprattutto non mi sono dovuta operare".
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