L'integrazione
si consuma a tavola
Phuong
è vietnamita, ma nel suo negozio di alimentari vende cibo
filippino, arabo, brasiliano e messicano.
Sugli scaffali del negozio, affacciato su piazza Vittorio, c'è mezzo
mondo impacchettato e, tanto per non fare confusione, Lee si è scelta
come commesso un signore pakistano.
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L'ingresso
dell'alimentari vietnamita
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Ad
avere pazienza ci si può avventurare come un turista tra le pietanze esposte,
trovando un po' di tutto. C'è il ketchup alla banana, le patatine al
sapore di gambero o il matè, una bevanda brasiliana simile al tè. Ma
il vero piatto forte della casa è un altro. "Qui - racconta Lee - vengono moltissimi
filippini a comprare i loro prodotti tipici. Soprattutto la cosiddetta
pasta filippina, che amano molto. E' un po' come quella italiana, ma cuoce
in tre minuti". Lee ha questa sua attività ormai da una quindicina d'anni. Ha
sposato un italiano è, come si dice, perfettamente integrata. Ma i primi tempi
se li ricorda bene.
"La gente mi diceva: sei venuta qui a rubarci il lavoro! Ma
io non ho mai rubato niente a nessuno. Il senso del lavoro e della dignità li
ho radicati dentro. Vengo da un Paese povero, dove c'era la guerra. Siamo scappati
dal Vietnam perché là, praticamente, morivamo di fame. Mio fratello era già qui
in Italia e io, appena ho potuto, l'ho raggiunto. Ho fatto la scuola
americana, ho preso il diploma e dopo ho aperto il negozio". "Ho
deciso di stabilirmi qui all'Esquilino perché - prosegue - già vent'anni fa questo
era il quartiere degli stranieri. Importo il cibo dall'estero e lo rivendo a chi
vive qui, ma non vuole rinunciare ai sapori di casa propria". Il principio è ineccepibile.
Poi capita che a curiosare tra i prodotto esposti vengano anche tanti italiani,
o gli africani che abitano nel quartiere. Ogni sapore, ogni spezia è un
biglietto da viaggio per un posto lontano. |