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LA
SALITA AL MONTE
Le bancarelle di immaginette sacre sono già aperte, ai
piedi del santuario. Padre Pio e Madre Teresa di Calcutta occhieggiano
sotto gli ombrelloni assieme a rosari di legno e di madreperla,
ma su montagnole di ceri giallognoli di ogni forma, troneggia
lei, Santa Rosalia. E sotto il suo sguardo placido, i tamil di
Palermo arrivano in cima al monte che ospita il suo santuario.
Indù, in fuga dal loro paese bruciato dalla guerra civile,
sono il nuovo popolo dei suoi devoti. Ogni domenica si muovono
da casa che è ancora buio. Salgono a piedi lungo la strada
panoramica per venire a pregare. Sotto i loro occhi, il porto
di Palermo ancora deserto e silenzioso.
Arrivano da soli oppure a gruppetti. Alcuni portano la famiglia,
moglie e figli. Fanno la strada lentamente, in silenzio compito,
ascoltando i primi uccelli del mattino. Fanno gli ultimi chilometri
sotto il sole. Poi percorrono l'ultimo tratto, qualche centinaio
di gradini, sulle ginocchia, spesso impacciati da lunghi vestiti
colorati. Neanche lì un solo lamento. Le camicie grondano
sudore e le gambe si arrossano, ma loro sanno dove vogliono arrivare.
Un tempo a scalare la montagna che sormonta la città,
ad arrampicarsi a piedi per portare chi un braccio d'oro, chi
l'ancora di una nave salvata dalla tempesta, erano i palermitani.
Le loro ascese al monte avevano un altro sapore: a cominciare
dall'espressione patita sul volto se per caso facevano i gradini
a piedi nudi. Ma i palermitani oggi dormono alle falde della montagna,
mentre la nuova generazione di fedeli arriva a testimoniare fede
e gratitudine alla Santuzza che mille grazie concede e mille miracoli
compie. |