Il villaggio nella città

Samsun, un porto del Mar Nero ancorato tra due strade della Berlino turca

 
 
 

Apo e Fatih

La bimba

 

Biliardo oggi o elettricista domani

Apo e Fatih hanno visto la vera Samsun solo sulle vetrine delle agenzie di viaggi tra la Reichenberger e la Manteuffelstr. Non sono ne' turchi ne' tedeschi, non hanno la licenza media, ne' lavoro e neppure la ragazza. E adesso?

La firma di Fatih e l'entrata al cortile del centro Chip. Le altre foto


A qualsiasi ora del mattino del pomeriggio e della sera, davanti al centro giovanile sulla Reichenbergerstr un gruppetto di ragazzi tra i tredici e diciott’anni, dai capelli scuri e gli occhi neri se ne sta lì sulla recinzione dell’aiuola colorata solo dalle lattine di birra vuote, a parlare un mix di tedesco e turco, con una gestualità animosa estranea a qualsiasi altro ragazzo berlinese. Questi ragazzi sono la "terza generazione" studiata dai sociologi, perché, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non sta meglio, né è più integrata della seconda.

Quando visitano le case dei nonni per le vacanze, i parenti rimasti in Turchia chiamano questi ragazzi “deutschlaender”. Ma loro non si sentono esattamente così.
“Io? No, non sono tedesco. Sono un berlinese turco” dice Apo, 17 anni, magro con occhi neri, una maglia da campione di basket, mentre parla fa gran gesti con le mani, ha un aria irrequieta. Per questo, spiega, è stato bocciato più volte alle elementari: “non riesco a stare fermo sulla sedia”. Gli insegnanti gli attribuivano difficoltà di concentrazione, e le assenze, frequenti e non giustificate, peggioravano le cose: è stato bocciato due volte prima di abbandonare la scuola a 15 anni. “Chiaro, i miei mi hanno un po’ stressato, ma poi si sono calmati. Che dovevano fare?”. A casa, come quasi tutti gli altri, anche Apo ha un papà che lavora e mamma casalinga.

“Ma a che serve studiare, tanto poi non trovo un posto” racconta Apo. Di un’intera annata di ragazzi che hanno preso quest’anno il diploma nella scuola professionale del quartiere vicino di Neukoelln, ad esempio, solo uno ha ottenuto un posto da praticante, primo passo verso il mondo del lavoro. Lo conferma il direttore del centro giovanile, Wolfram Englert: “Uno su ottanta”.
Apo indica con la mano l’appartamento dei suoi, nella casa popolare non lontano dal centro giovanile della Reichenberger str. Accanto c’è un panificio turco, che secondo l’insegna vende però “specialità francesi” e il negozio di frutta e verdura “Birkin”, dove tutti i prodotti hanno l’etichetta turca, anche il latte e lo “yogurdu”. Poco più in là un locale dalle vetrine oscurate, dove si può giocare d’azzardo, e un negozio di kebab.

Tra quelle due strade, dove si può anche vivere senza sapere una parola di tedesco, Apo passa gran parte del suo tempo, in gruppo con gli amici. Ogni pomeriggio nel centro giovanile, nel caffè con le pareti spoglie e il pavimento di linoleum grigio, giocano a carte o a biliardo. Oggi invece incontra il suo amico Fatih.
Fatih ha diciotto anni, e il centro giovanile è per lui una seconda casa. Non va spesso in discoteca, non ha la ragazza e non porta vestiti di marca. “Sono tutte cose che costano” taglia corto, visto che lui non ha né soldi né un lavoro. E le chance di ottenere un posto sono quasi nulle. Ha lasciato la scuola due anni fa, alla settima classe di scuola, quello che per noi in Italia è la seconda media. Appartiene assieme ad Apo al 27 per cento degli studenti di origine straniera che non raggiungono il diploma.

Quando ho lasciato la scuola, spiega, voleva solo “trovare un lavoro”. Un’idea più precisa di come dovesse essere la sua professione non l’aveva. “Volevo solo cominciare a portare a casa dei soldi, anche i miei erano d’accordo”. Per ora di stipendio non se ne vede neppure l’ombra. Forse Fatih frequenterà uno dei corsi speciali per imparare un mestiere, messi a disposizione dalla città per permettere a ragazzi come lui di qualificarsi. Intanto ha richiesto la nazionalità tedesca, che dal ‘99 si conferisce a chi è nato in Germania. Amici tedeschi non ne ha, ma, dice, con un passaporto made in Deutschland lo tratteranno meglio.

Anche Apo vuole fare un tentativo. Ha cominciato un corso di un anno, per prendere il diploma di scuola media. Poi dovrebbe frequentare una scuola di formazione professionale, per diventare imbianchino o elettricista. Finora i corsi di questo tipo dell’ufficio di collocamento e le numerose iniziative della Lega turca Berlino e Brandeburgo (TBB), che vanno dall’orientamento al lavoro alla riqualificazione professionale, non hanno variato le statistiche tragiche della disoccupazione e della criminalità giovanile. Ma Apo è ottimista, “il quartiere è come una prigione” dice, e vorrebbe uscirne, anche se, gli amici, dopo i parenti, sono l’unica cosa su cui contare. Innanzitutto bisogna prendere il diploma, racconta. E non è cosa da poco: si tratta di presentare entro la fine dell’anno 16 ricerche su vari argomenti delle principali materie di studio. “Non ci crederete – dice sorridendo, ma facendo roteare occhi e mani - tutte e 16 per iscritto!”

 

 

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