Tanto
cuore poco business
Un amore per il tennis durato 12 anni. Un
legame infranto quando ha conosciuto lui, il surf. E poi tanto sci
e wakeboard.
Federico Atzeri, 32 anni, ingegnere, è nato con lo sport
nel dna. Ma ha anche un'altra grande passione: viaggiare.
A casa sua, a Cagliari, dentro un tavolino a vetri, custodisce un'insolita
collezione: le coperte distribuite dalle compagnie aeree ai passeggeri
delle tratte intercontinentali. Ne ha una trentina, souvenir dei
numerosi viaggi fatti in giro per il mondo a caccia di onde. Dall'Australia,
alla Costarica, all'Indonesia. La sua passione per "gli spostamenti"
si riflette anche nello screensaver del suo computer
portatile: una finestra sul traffico nei cieli della Star alliance,
la più importante alleanza tra compagnie aeree a livello
mondiale.
Sulla prima tavola da surf è salito agli inizi degli anni
‘90, quando ancora nessuno scommetteva che si potesse praticare
seriamente. “I primi anni – dice –molti ci consideravano
deficienti, compresi i miei genitori che non facevano altro che
dirmi quanto ero ridicolo. Invece penso che sia una cosa che non
può non piacerti. Se lo provi non smetti più. Sfidare
la natura in quel modo è un’emozione fortissima. Molti
non capiscono il fascino di stare in acqua anche d’inverno,
a temperature che toccano i 4, 5 gradi.”
Federico ama il surf ma non lo considera uno stile di vita.
“Non faccio molte cose che sono considerate tipiche per un
surfista, come andare in skateboard, vestire in un certo modo o
avere determinati atteggiamenti. Può capitare che lo faccia,
ma quando ne ho voglia, non perché è una filosofia
in cui credo”. Secondo Federico oggi il surf è diventata
una moda come tante altre, un business, ed egoisticamente lo preferiva
quando era uno sport meno conosciuto. Ma dal punto di vista qualitativo,
soprattutto per facilità nel reperire le attrezzature, il
fatto che sia cresciuto è un bene.
La competitività è uno degli aspetti di questo sport
che lo stimola maggiormente. Intesa non solo come sfida personale
che spinge ogni volta a porsi nuovi obiettivi, ma anche come desiderio
di dimostrare agli altri la propria bravura. “Soprattutto
all’inizio – dice - mi premeva diventare bravo per essere
considerato tra i migliori. Il divertimento va di pari passo con
l’esperienza, acquisti capacità e sicurezza. Secondo
me è uno sport fortemente individuale, il gruppo è
una cornice utile quando sei piccolo. E’ sicuramente bello
fare surf con gli amici, ma le emozioni sono personali”.
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