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Che teste di legno, quei personaggi!

“Usiamo questo vecchio confessionale. Visto che è a fin di bene, certamente Dio non se la prenderà”.
Il primo palco Mario Magonio l’ha tirato fuori da lì, in un lontano inverno del ‘46, mentre accompagnava il figlio Alberto nella chiesa delle Vigne. Il parroco, don Francesco Urbano, era alle prese con uno spettacolo di marionette. Mario decise di collaborare con lui. I volti delle maschere li intagliò nei tappi della Val Gardena. Il legno lo prese dal confessionale, gli abiti li fece cucire dalle parrocchiane. Baciccia, Barudda, Pipia, la Teixinin. Sono nati così i personaggi che hanno appassionato intere generazioni di genovesi.
Dodici anni dopo entrarono a far parte dell’allestimento alcune preziose statuine di legno scolpite nel '600 da Anton Maria Maragliano. Appartenevano alla collezione della famiglia Taviani e non sarebbero potute finire in mani migliori. Dall’estro del burattinaio nacquero altri personaggi: il duca di Gorgonzola, Tommy, la principessa Lisetta, il mago Lumacone.
Tutte caricature popolari, sintesi di opposti, personaggi di una Genova che non c’è più. Baciccia della Radiccia (il cognome l’ha aggiunto Mario, “Un cognome che sa di nobiltà”, dice), è il classico pescatore della Foce spontaneo e amante delle ciucche, impegnato a combattere i prepotenti e a ratellare (cioè a litigare) con la moglie Teixinin. Entrambi vivono in un mondo non diverso dal nostro quanto a vizi, governato dal signorotto di turno, il re di Vallescura o il duca di Gorgonzola. Nella galleria degli antieroi stanno invece la strega Malerba, il diavolo, il brigante Falamocca. O gente come Pipìa, il contadino della vecchia Albaro astuto, maldicente e pettegolo.
Vivaci improvvisazioni a partire da un canovaccio più o meno fisso. Battibecchi, ratelle a sfondo morale.
Sono questo le commedie di Mario Magonio: “Ero stato invitato a fare uno spettacolo per l’Epifania. Volevo rappresentare una storia commovente, Il principe spazzacamino. Montai il teatro e tutti gli effetti scenici. Ma quando vidi che gli spettatori erano bambini sulle carrozzelle cambiai la commedia, improvvisando una storia tutta da ridere”.
Il che vuol dire partecipazione e coinvolgimento emotivo da parte del pubblico, con la possibilità di recitare a soggetto, in base all’aria che tira in sala, come nell’antica commedia dell’arte. Forse anche per questo La Principessa cieca ha superato le mille rappresentazioni. Non meno fortunate le altre commedie, La scimmia stregata, Il pozzo incantato, Baciccia nel paese dei pipistrelli, La botte del diavolo e La vera storia della scoperta dell’America, commissionata per le celebrazioni colombiane del ’92, con un riadattamento per il piccolo schermo.

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Ifg Urbino - aprile 2004