Ballando sulle mine

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I confini invisibili
 

 

la frontiera
l'imam e il parroco
il nemico
un'altra verità

una memoria lacerata

 

Un bambino: molti di loro, nati nei campi profughi, vedono Kolibe oggi per la prima voltaLe cicatrici più evidenti della guerra sono i confini che si incontrano a ogni metro. Quello vero è a 7 chilometri da qui, lungo la Sava, che separa Bosnia e Croazia. Quella frontiera segna l’enorme distanza tra le vite di Aldin e Franjo, due ragazzi di Kolibe che hanno la stessa età.
Non c’è vero confine, invece, tra la metà cattolica e quella musulmana del paese: ma resta una linea invisibile che per qualcuno è difficile superare. L’imam e il parroco sono la voce di questi due mondi, una diversità di pensiero e di vedute che si riconosce già nel disegno urbano. L’unica cosa su cui in paese sono tutti d'accordo è la visione dei serbi: il nemico. Però nel giardino dei Pejcic, l’unica famiglia serba rientrata a Kolibe, si ritrovano musulmani e cattolici a bere il caffè. E a casa loro si può ascoltare un’altra verità.
Altra linea di demarcazione molto netta è quella tra i giovani e i vecchi, che sembrano separati da un abisso nel modo stesso di concepire la vita e la tranquillità. Ma ascoltando tutte le voci e le storie si delineano altre distinzioni, così marcate da essere veri confini invisibili, segni di una memoria lacerata.

 

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