Immigrati di prima generazione: Joe Liberatore al banco
della frutta, Charles LaLima nella panetteria di famiglia,
i macellai del Calabria Pork Store con le perfette repliche
di salumi, capicolli e soppressate, Mario Borgatti che sfoggia
la sua pasta fresca, lasagne e ravioli fatti a mano. Scordateveli.
Little
Italy non conserva più gelosamente le sue reliquie
italiane, il sobborgo ambasciata dei prodotti tipici del
Paese ha cambiato pelle. Al posto dell'Alto Knights Social
Club o dei disinvolti tagliolini all'uovo, ad assediare
il crocevia fra Canal e Mott St, a pochi passi dai 46mila
metri quadrati di Ground Zero, ci sono tofu a prezzi truffaldini,
rane vive che sguazzano nelle botti, cesti con granchi viscidi,
fuochi d'artificio col cappuccio a testa di dragone e borsette
ricamate.
A parte Mulberry St, cuore pulsante del quartiere, Little
Italy, ormai, è tutta Cina.
Un ringraziamento speciale a Stefano Vaccara, direttore
di Oggi7 e critico puntuale del sistema giornalistico italiano;
a Monica e Sascia che New York ha saputo unire nell'amore,
nel lavoro e nella passione per tutto ciò che è
"off"; a Federico Solmi e al suo Papa re del vizio
e del peccato, alle foto inviatemi rigorosamente tra le
tre e le quattro di notte; alle famiglie italoamericane
(ops, it-aliene!) che mi hanno lasciato curiosare nei loro
negozi; a tutti quelli che con me si sono sciolti e si sono
regalati ma che, per meri motivi di spazio e coerenza, non
sono finiti nell'inchiesta: tornerò, tornerete.
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Little Italy
L'Italia non
funziona + Niente valigia di cartone
L'Impero del
male + BigAppleCircus
La Sirenetta
a Broadway
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servizio di Filippo
Brunamonti
credits Alinari, America Oggi, Luca Brunamonti,
Flickr, Il Foglio, Fumagalli Fansclub, Meridiani, Big Apple Circus
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