LE CANZONI

La storia di Stella Rossa
I cantori del "201 Volante"
La Resistenza a Macerata
Fotogalleria
Guida alla rete

Nunzia Cavarischia: la partigiana bambina

Un nome inciso su di un mitra, quello di Stella Rossa. Nunzia Cavarischia scoprì solo di recente che i suoi compagni le avevano segretamente assegnato questo soprannome. E ancora non se lo sa spiegare: “Forse perché mia madre aveva cucito due stelle rosse sui miei guanti, certo è che non li mettevo quasi mai per paura dei tedeschi”.

Dopo anni trascorsi a Genova, insieme al marito, tornò sul finire degli anni ’80 nel maceratese. Nel 1997 Nunzia iniziò a frequentare l'Associazione nazionale partigiani (Anpi) di Tolentino e lì riabbracciò altri partigiani del "201 Volante", il suo gruppo. In uno di questi incontri scoprì di essere per i suoi compagni “Stella Rossa”. Uno di loro, Enzo, aveva addirittura bulinato quel soprannome sul fucile: “Quando gli chiesi come mai aveva scritto Stella Rossa sul mitra mi disse che era innamorato di me, ma aveva paura di dirmelo perché mio padre (partigiano anche lui del "201 Volante") lo avrebbe ucciso! Capirai io agli uomini neanche ci pensavo”.

Nunzia Cavarischia è nata a Roma il 23 febbraio 1929, nel quartiere Testaccio, un quartiere popolare della Capitale. Unica figlia di Giovanni, operaio e Elena Tiburzi, entrambi di origini maceratesi.

Il padre era un comunista dichiarato e la sua fede politica gli costò, durante il fascismo, il posto di lavoro. In quel tempo era la mamma che provvedeva al sostentamento della famiglia, facendo lavoretti di sartoria in casa. Nonostante le scarse finanze, Giovanni fece frequentare a Nunzia le migliori scuole della città: dopo le elementari al Testaccio, la piccola “Stella Rossa”, scolara modello, si iscrisse a guerra finita al Ginnasio Ennio Quierino Visconti, uno dei più antichi della città.

Ma i problemi del padre col fascismo lo convinsero a mandare per precauzione sua figlia a vivere dai parenti, ad Acquacanina, dove era nato. Giovanni la raggiunse più tardi, con la moglie.

Non furono giorni difficili per Nunzia, abituata com’era a passare le estati nel maceratese: trascorreva giornate intere nei campi di grano con gli amichetti o a cavalcare, sua grande passione.

Ad Acquacanina, Giovanni si avvicinò al gruppo partigiano “201 Volante”, chiamato così “perché non stava mai fermo”, spiega Nunzia.

Al comando del gruppo, il siciliano Emanuele Lena, soprannominato "Acciaio". Alto, imponente, sempre con indosso un lungo impermeabile bianco: una leggenda tra i monti maceratesi. Secondo alcune testimonianze, non sempre visto di buon occhio dal Comitato provinciale di Liberazione Nazionale (che alle azioni di Lena, preferiva il contenimento dell'avanzata nazi-fascista), Acciaio era sicuramente stimato dai suoi per il suo carisma e per il suo coraggio.

Tra Acciaio e Giovanni si istaurò subito un forte rapporto di fratellanza e amicizia, tanto che Acciaio era spesso a pranzo o a cena in casa Cavarischia. “Un giorno - ricorda Nunzia - Acciaio venne e mi chiese se me la sentivo di portare una lettera per lui. Ero emozionatissima”. La storia di “Stella rossa” era cominciata.

Nunzia era il postino del “201 Volante”: in bicicletta, percorreva chilometri consegnando buste e pacchi per coordinare le azioni da svolgere. “Una volta ad un posto di blocco dei tedeschi mi fermano. Pensavo di essere spacciata - ricorda - I militari invece si misero a fare i cascamorti. Mi riempivano di complimenti e di sguardi: mi sono subito tranquillizzata, che stupidi gli uomini!”.

Ma la nascita di Stella Rossa è legata soprattutto a un tedesco di nome Erich.

Durante uno scontro con i partigiani un nazista ferito riuscì a scappare gettandosi nel fiume Chienti. Tutti i gruppi della zona furono avvertiti: il tedesco ferito doveva essere catturato. Anche Nunzia fu mandata a chiedere notizie del fuggiasco. In una casa vicino al fiume una signora rispose solo: “Perchè vuoi saperlo?”. Nunzia capì che il militare si era nascosto lì. Si avvicinò alla cascina, entrò in una stanzetta: un soldato ferito era steso su un letto con un mitra ed una pistola sulla sedia accanto. Il tedesco scattò verso le armi, ma accortosi che era una bambina, si coricò di nuovo. Nunzia ricorda così cos’è successo poi: “Non so cos’è stato, forse l’incoscienza dovuta all’età, ma di impulso diedi un calcio alla sedia, la pistola cadde per terra e la presi subito in mano, puntandola verso il tedesco. ‘Sono una partigiana, sei mio prigioniero!’, gridai. Ricordo che mi disse soltanto, in un discreto italiano, ‘Anche i bambini contro di noi adesso’”. Era il 9 giugno del 1944. Tornata all'accampamento con il prigioniero tutti accorsero stupiti: “C’era chi rideva e chi mi prendeva in giro, perché io ero piccolina e lui un gigante. Da quel giorno credo sia nato il soprannome”. Erich restò con il "201 Volante" una settimana, poi fu mandato da Don Nicola, un parroco che teneva alcuni prigionieri. Lì scappò.

Ma il destino della “piccolina” Stella Rossa si rincontrò con il “gigante” Erich sul finire degli anni '90. In un convegno dell'Anpi, per commemorare l'eccidio di Montalto, furono invitati insieme a parteciparvi. Nunzia guardò subito il militare e vi riconobbe Erich. In dono l'ex militare tedesco regalò a Nunzia una foto, l'unica foto che Stella Rossa ha dei suoi anni da partigiana. La dedica di Erich dice: "Devi mettere questa foto sotto vetro, nel più bel posto della tua bellissima casa".