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Nell’hotel delle truppe è alta stagione, ma il rimborso è un’incognita

di    -    Pubblicato il 20/02/2012                 
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di Giorgia Grifoni e Gloria Bagnariol

URBINO – Alle porte di Urbino c’è un hotel la cui stagione, almeno quest’anno, si può definire anomala. Si chiama ‘Tortorina’ ed è sulla strada che collega la città ducale a Colbordolo. Il parcheggio non esiste quasi più, sepolto sotto un metro e mezzo di neve. Gli ospiti devono quindi posteggiare in strada, o sulla rampa che porta all’entrata principale, le ruote avvolte da catene ben ancorate ai lastroni di ghiaccio. Al lato della carreggiata si incontrano ambulanze dell’esercito, fuoristrada della Protezione civile, camionette dei Vigili del fuoco. Tutti qui per l’emergenza neve che ha colpito la città e tutto il territorio circostante. Davanti all’ingresso c’è anche un cingolato. E nonostante la bassa stagione, il Tortorina ha 57 camere tutte occupate.

Gli ospiti, con divise di diversi colori, vanno e vengono, giorno e notte. Per una camera che si libera, al telefono ne prenotano altre tre: c’è chi chiede la chiave alle quattro del mattino, chi rientra per mangiare nel pomeriggio.Quando è troppo tardi per cenare, gli ospiti tornano con un cartone di pizza: sbattendo gli anfibi sullo zerbino, si liberano le scarpe dalla neve e salgono in stanza. Perché più che essere in vacanza, loro sono al lavoro.

“Non ce la facciamo più. Ma che ci vuoi fare? Bisogna essere solidali”. Marco Papi non sapeva che il suo hotel sarebbe diventato il centro logistico di tutti i soccorsi giunti nella città ducale per l’emergenza neve. L’hanno chiamato dalla Provincia quando la situazione cominciava a farsi critica, dopo il primo week-end di nevicate: il manto bianco aveva superato abbondantemente il metro e mezzo e la città aveva bisogno d’aiuto.

“Siamo in bassa stagione – spiega il gestore – e io di solito comincio a lavorare a pieno ritmo solo nel mese di marzo, con le gite scolastiche. Quando dalla Provincia mi hanno chiesto se ero disponibile, ho subito detto di sì. Ma l’hotel si è riempito improvvisamente e ad affrontare tutto il lavoro c’eravamo solo io e mia moglie”. Le squadre di soccorso continuano ad arrivare: militari del Genio, Vigili del fuoco da Roma, Soccorso alpino dalle Marche e dall’Abruzzo.

“Non si sa mai – continua Papi – quando si libererà una camera. Me lo comunicano all’ultimo momento. Poi al telefono mi chiedono se ho disponibilità per altri 10 uomini dei Vigili del fuoco: e io cerco di trovare spazio”. E’ così da dieci giorni. Marco Papi non ha nessun dipendente in questo periodo dell’anno.

“Sono costretto a far lavorare anche la mia famiglia. La scorsa settimana è arrivata questa ragazza: serve al ristorante, al bar e sta anche alla reception”. A sistemare le camere ci pensano lui e la moglie. Al ristorante, alle 22, ci sono tre tavolate: una dei Vigili del Fuoco, una del Soccorso Alpino e una dell’Esercito. Sui tavoli, piatti e bicchieri di plastica: “In questo periodo dell’anno non ho un lavapiatti. E non ho neanche i mezzi per permettermi il personale. L’anno scorso la stagione turistica non è stata proprio delle migliori”.

I rifornimenti arrivano lentamente all’hotel Tortorina. Nonostante si trovi a un km dall’ospedale, la strada è tutta un lastrone di ghiaccio poco uniforme: percorrerla diventa un’impresa.  Per il cibo, si fa quel che si può: “Ci si arrangia – spiega Papi – ma io ci sto rimettendo. Speriamo non mi lascino morire”.

Rispetto alla media degli anni passati, questo febbraio potrebbe aver portato giovamento all’attività di qualcuno. Quello che per gli esercizi della città è stato un ‘nevone’ disastroso, per Marco Papi potrebbe diventare una salvezza: non si sa ancora quando e quanto la Regione rimborserà all’hotel che ha ospitato i soccorsi.  Il proprietario aspetta: e la prende bene. “Nella speranza di venir ricompensati, ci stiamo ammazzando. Ma è meglio morire senza far niente o morire lavorando? Almeno se lavori non te ne accorgi.”

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