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“Uno ‘spesso’ basta per una querela”: i rischi di un mestiere pericoloso

di e    -    Pubblicato il 15/03/2013                 
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Carlo Melzi d’Eril e Carlo Magnani alla presentazione del libro “Le regole dei giornalisti”

URBINO – Diffamazione, legge sulla privacy, limiti della satira politica: ogni giorno il giornalista si avventura in una giungla di termini dal significato incerto. Come orientarsi? Ma soprattutto, come affrontare un mestiere dietro al quale sono in agguato continui ostacoli? A soccorrere la categoria il libro Le regole dei giornalisti. Istruzioni per un mestiere pericoloso, scritto da Caterina Malavenda, Carlo Melzi d’Eril (per la trasparenza: è anche docente alla Scuola di giornalismo di Urbino) e Giulio Enea Vigevano. Tre esperti in diritto dell’informazione e della comunicazione spiegano in poco più di 150 pagine le grandi questioni giuridiche legate alla professione.

L’avvocato Melzi d’Eril giovedì 14 marzo ha raccontato l’intento di questa guida alla Montefeltro libri di Urbino. A introdurlo il professor Carlo Magnani, docente di Diritto costituzionale all’Università di Urbino (per la trasparenza: anche lui docente all’Ifg).

“Le regole che il giornalista deve seguire sono talmente tante, complicate e farraginose che rischiano, se interpretate male, di comprimere il loro vero significato”, così l’avvocato Melzi d’Eril tratteggia la situazione attuale dell’informazione. “Abbiamo scritto questo libro perché bisognava segnalare qualche pericolo”.

Ascolta l’audiointervista a Carlo Melzi D’Eril


Internet
“L’informazione online ha sicuramente caratteristiche sue proprie. Senza però una disciplina ad hoc”, così si legge nel capitolo dedicato al web, scritto proprio da Melzi d’Eril. “Uno dei tanti luoghi comuni – interviene l’avvocato – è che Internet sia una prateria senza regole. Falso! Se diffamo una persona su un blog commetto il reato di diffamazione, così come se pubblico una foto oscena, se non rispetto la privacy, se rendo pubblico un segreto di Stato. Ma c’è una disuguaglianza di trattamento tra il mezzo stampa e il mezzo Internet: per il primo sono previste pene detentive, per il secondo no”.

Carlo Melzi D’Eril

L’articolo 57
L’avvento di Internet, secondo Melzi d’Eril, offre l’occasione di ripensare l’articolo 57 del codice penale, il reato di omesso controllo da parte del direttore di una testata. La velocità, l’autonomia del mezzo hanno reso impossibile al direttore di una testata online controllare ogni pubblicazione. “Non è più esigibile un simile controllo da parte sua, come non è più pensabile che un direttore di una testata cartacea nazionale si metta ogni sera a ricontrollare tutte le pubblicazioni, regionali e non, per vedere se sono stati commessi reati”.

L’articolo 57, dunque, secondo Melzi D’Eril deve essere adattato alla realtà dell’informazione di oggi, più inafferrabile che in altri tempi storici.

I processi penali
Far causa a un giornalista costa pochissimo. “Basterebbero dei piccoli correttivi per evitare alle redazioni sfilze di querele”. Roberto Damiani, da anni giornalista per Il Resto del Carlino, integra l’intervento di Melzi d’Eril. Una lunga carriera e 30 querele alle spalle, una per aver scritto “spesso in carcere” invece di “tre volte in carcere” rendono bene l’idea di quanto sia rischioso fare il giornalista. Damiani lamenta la situazione di oggi: “Una volta entrato nel mestiere il giornalista non si informa più sulle norme che potrebbero tutelarlo e per non sbagliare si autocensura”.

Rinunciare a fare il giornalista per paura delle conseguenze significherebbe tradire la libertà di informare e il diritto per le persone di essere informate. Tante regole e insidie, tra le quali però è possibile orientarsi: “È questo lo scopo del nostro lavoro – si legge nella prefazione del libro – perché se anche un solo giornalista rinuncia a fare il suo mestiere, anche una volta, per il timore di finire in questo tritacarne, è una ferita per la democrazia”.

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