URBINO- C’è da spostare una domus in via Santa Chiara. E’ l’antica casa di età repubblicana ritrovata tre anni fa tra palazzo Gherardi e il convento di Santa Chiara, durante lo scavo per la creazione di un sistema di drenaggio della acqua nel versante sud-est del centro storico. I lavori, iniziati nel 2009, sono fermi dal 2010 proprio a causa del ritrovamento. Ma ora sembra esserci una soluzione. Anche se i tempi per riaprire il cantiere saranno certamente lunghi.
Grazie allo scavo archeologico realizzato nell’area subito dopo il ritrovamento sono venuti alla luce due frammenti di mosaico racchiusi tra tre pareti, testimonianza dell’esistenza di un’antica domus romana. “Si tratta di ritrovamenti di interesse storico che meritano di essere tutelati e valorizzati come testimonianza del passato della città di Urbino”, ha spiegato Maria Gloria Cerquetti, funzionario territoriale della Soprintendenza archeologica.
“Lo scavo comunale – continua Cerquetti – continuerà sotto la nostra supervisione perché potrebbero essere trovati altri reperti. È poco probabile che in passato una domus sia sorta sola, lontana da un centro abitato: potrebbe esserci molto altro”. Per cercare di riavviare i lavori nelle scorse settimane il Comune di Urbino ha inoltrato alla direzione regionale della Soprintendenza un progetto che prevede lo smantellamento della domus e la sua ricostruzione in un’altra parte del cantiere, più in alto rispetto allo scavo.
Grazie a questo spostamento i reperti sarebbero comunque integrati nella struttura finale in modo da valorizzarla e renderla visibile al pubblico, come in un museo a cielo aperto. “Ho inoltrato – ha commentato il soprintendente ai Beni archeologici delle Marche, Mario Pagano – la proposta del comune alla direzione regionale, dopo il mio parere positivo. La domus andrebbe smontata per permettere di continuare lo scavo e poi ricostruita in una parte più alta, riuscendo così anche a far interagire conservazione e innovazione”.
Se non si sposta la domus, infatti, non potranno riprendere gli scavi che hanno ricevuto un finanziamento di due milioni di euro dal Ministero dell’ambiente (di cui una buona parte è oggi ancora disponibile). In sostanza, la domus, lo studio e l’osservazione della zona hanno fatto slittare i lavori per la creazione di un sistema di drenaggio per le acque (abbondanti nella zona da secoli, come testimoniato anche dai rilievi di Leonardo da Vinci nel 1502) e, parallelamente, per la realizzazione di un primo scavo per l’installazione di scale mobili a collegamento dai parcheggi previsti nella zona dell’ex fornace Volponi.
“La zona non è soggetta a vincolo archeologico – spiega Pagano – ma è stata ferma per la necessità di redigere un progetto comune tra gli uffici tecnici e la Soprintendenza: dopo l’approvazione del progetto comunale, i due architetti dovranno lavorare insieme per elaborare un piano che tenga conto dei finanziamenti disponibili, delle reciproche esigenze e dei tempi”.
Nonostante gli orizzonti di risoluzione, un altro problema che il comune dovrà affrontare riguarderà la ditta incaricata dei lavori. Nel 2009, il piano di risanamento fu appaltato alla ditta parmense Cospe Srl. Dopo pochi mesi dall’inizio dei lavori, la Soprintendenza dispose lo scavo archeologico per capire cosa fosse stato e i lavori furono sospesi. Nel 2011, la ditta che aveva l’appalto è fallita a causa della crisi dell’edilizia lasciando il cantiere scoperto e allungando di fatto i tempi per la ripresa dei lavori: “Dopo il via libera – spiega l’architetto Mara Mandolini, responsabile del progetto e dell’ufficio progettazione del Comune di Urbino – la sovrintendenza dovrà affidare a una ditta lo smontaggio delle strutture presenti. Una volta liberata l’area sarà possibile avviare un nuovo appalto, anche se attualmente non si può fare una previsione certa per l’inizio di nuovi lavori. Generalmente i tempi per la pubblicazione del bando e i tempi tecnici di verifica dei requisiti di una ditta e contratto sono di circa tre mesi”.
La direzione regionale della Soprintendenza, a oggi, sembra quindi pronta a dare il via libera al progetto di smontaggio e assemblaggio: sarebbero destinati alla domus di Santa Chiara almeno 30.000 euro del fondo normalmente indirizzato all amanutenzione per i beni artistici.