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Urbino, l’università e il rinnovamento all’ombra della crisi

di    -    Pubblicato il 14/06/2013                 

I Torricini

L’ANNO ACCADEMICO è ormai agli sgoccioli. Anche la Redazione del Ducato sta per andare in ferie. O meglio i nostri 31 giornalisti praticanti si apprestano a una nuova esperienza formativa, cioè gli stage nelle aziende editoriali. Nell’ultimo numero del Ducato cartaceo prima della pausa estiva (LEGGI E SFOGLIA), abbiamo scelto un tema quasi obbligato: l’Università. Ovvero il cuore, l’anima della città, snodo fra le grandi reti materiali (le infrastrutture) e quelle immateriali, cioè la produzione e la distribuzione dellaconoscenza. L’Università intesa come sede difunzioni pregiate, come motore in grado d iattivare una circolarità virtuosa fra ricerca, for-mazione, tecnologia, industria e servizi, quali-tà di lavoro e di vita.ù

L’inchiesta del Ducato analizza le diverse sfaccettature di una struttura molto complessa che ha affrontato e sta affrontando difficoltà interne che si aggiungono a una crisi generale e di sistema senza precedenti. Ciò che emerge è un quadro positivo e confortante, pur nella complessità del momento. La statalizzazione ha imposto scelte drastiche che hanno portato innegabili benefici nei conti economici e nella stabilità generale. La riforma statutaria, il superamento delle Facoltà e la creazione delle Scuole, la rifondazione dei Dipartimenti, l’integrazione tra didattica e ricerca e i nuovi assetti di governance possono rappresentare l’occasione per una profonda innovazione culturale.

Paradossalmente è proprio dai momenti di crisi che nascono le premesse migliori per il rilancio e per creare nuove basi di solidità e stabilità. Proprio in questi momenti servono scelte lungimiranti e di lungo periodo. La riorganizzazione di un Ateneo non è un fatto di bottega, ma riguarda tutta la società territoriale. Università e Città hanno bisogno l’una dell’altra nell’ambito di un rinnovato patto per il futuro.

Altro elemento importante è la dimensione. L’isolamento di Urbino è vissuto come un ostacolo e un grosso limite. In realtà lo è, ma al tempo stesso diventa anche una ricchezza. La dimensione della città campus, la mancanza di elementi devianti e di distrazione, la facilità nel trovare concentrazione, le relazioni umane e perfino l’ambiente, l’estetica e la bellezza che trasudano da ogni angolo della città favoriscono lo sviluppo delle eccellenze. Ha ragione ilRettore Pivato: “L’Università ideale è il frutto di una sequenza di sogni progressivi”. A Urbino ci sono tutte le condizioni per valorizzare, stimolare e sviluppare le intelligenze.

Sarà per la lombrosiana “teoria dei luoghi”, secondo la quale “i paesi di collina sono i più adatti per favorire la nascita dei geni”. Oppure la “teoria dei climi”, ipotizzata da Leopardi, secondo la quale le zone di mezzo, dove i venti

del settentrione si mescolano con quelli caldi del meridione, “gli ingegni sogliono essere maggiori e più svegliati e particolarmente più acuti”. Resta il fatto che l’Università di Urbino si è dimostrata efficace e collaudata “incubatrice” di intelligenze che si sono poi espresse lontano da qui.

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