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Corsi di formazione per giornalisti: dal 2016 obbligo anche per i nuovi iscritti

di    -    Pubblicato il 10/03/2015                 
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immagine-copertinaURBINO – Freschi di iscrizione all’albo, i neo giornalisti usciti dalle scuole dell’Ordine o iscritti al registro dei pubblicisti dovranno tornare sui banchi di scuola. Il regolamento pubblicato lo scorso 28 febbraio 2015 sul bollettino ufficiale del ministero della Giustizia parla chiaro: a partire dal 1 gennaio 2016, la formazione professionale continua “diventa obbligo deontologico per tutti i giornalisti in attività”, al contrario delle disposizioni precedenti, che risalgono al 2013, e che prevedevano tale dovere solo per i giornalisti iscritti da più di tre anni.
Così, esattamente come avviene per gli altri albi, professionisti e pubblicisti neoiscritti dovranno attivarsi subito per guadagnare i 60 crediti che la legge Severino del 2012, che regolamenta gli ordini professionali, prescrive debbano essere acquisiti nell’arco di tre anni.

Secondo le norme, l’organizzazione dei corsi di formazione è affidata ai singoli Ordini regionali che devono garantire, nei limiti del possibile, la gratuità dei corsi, in modo particolare per quelli relativi alla deontologia. Nel caso delle Marche, però, su 17 corsi in calendario da qui al 24 giugno 2015, è prevista in 16 casi una quota di 10 euro per spese di segreteria. “Quello marchigiano è un piccolo ordine – spiega Franco Elisei, consigliere nazionale  e componente del comitato tecnico scientifico dell’Ordine – e l’organizzazione ha costi elevati”. D’altra parte, ogni corso conferisce un numero di crediti, che oscilla da 4 a 10, sufficientemente alto da permettere di raggiungere facilmente l’obbiettivo minimo di 15 crediti annuali.
Ordini di regioni con numeri simili di iscritti come quelli di Abruzzo e Umbria forniscono un numero maggiore di appuntamenti gratuiti previsti in calendario, anche se spiccano le eccezioni di corsi come “Tutto l’internet da indossare”, organizzato dall’Ordine umbro,  per cui il costo è di 100 euro.

Ogni Consiglio regionale può poi decidere se affidare la formazione a soggetti privati, accreditati dal Consiglio nazionale, che abbiano una consolidata esperienza nel settore, o organizzarli direttamente. Ma il coinvolgimento di agenzie di formazione private, ha suscitato polemiche fin dal 2013, anno di approvazione del primo regolamento, perché le modalità di individuazione non sarebbero sempre trasparenti, così come la qualità dei corsi erogati, come denunciato da Sergio Rizzo sul Corriere della Sera lo scorso 30 novembre 2014.
Secondo Elisei, le polemiche derivano da due diversi problemi: da una parte le difficoltà organizzative dell’Ordine, che si è trovato a gestire un sistema formativo che deve soddisfare i bisogni di tutti i 120000 iscritti; dall’altra le diffidenze da parte degli stessi giornalisti, in molti casi restii a frequentare i corsi. “In termini organizzativi, un’assenza pesante è quella degli editori – aggiunge Elisei – che dovrebbero essere chiamati in causa nella macchina organizzativa. La qualità dell’informazione dipende anche da loro”.

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