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Diffamazione 2.0, come difendersi nell’era del giornalismo digitale

L'avvocato e blogger Fulvio Sarzana

L’avvocato e blogger Fulvio Sarzana

PERUGIA – Tra querele per diffamazione e richieste di risarcimenti fare giornalismo è sempre più rischioso. Ma i maggiori pericoli riguardano la categoria dei freelance.

Una volta querelati per diffamazione i giornalisti sono esposti a diversi livelli di rischio a seconda del contratto che hanno firmato con la testata. Chi è assunto è responsabile per ciò che scrive insieme al direttore e l’editore, mentre “i collaboratori sono totalmente abbandonati a loro stessi”, spiega l’avvocato e blogger Fulvio Sarzana, esperto di diritto dell’informazione. Sarzana, insieme a Bruno Saetta, avvocato civilista di Napoli ha tenuto il seminario “Libertà di espressione 2.0″, al Festival internazionale del giornalismo di Perugia.

Il DDL diffamazione. Non è bastata la richiesta fatta all’Italia dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di intervenire sulle sanzioni eccessive in cui può incorrere chi “esercita una professione essenziale per l’esercizio della democrazia – queste le parole di Bruno Saetta – Il testo del disegno di legge sulla diffamazione prevede sì la cancellazione del carcere, ma non risolve la questione. Le pene pecuniarie sostitutive possono arrivare fino a 10.000 euro. Si rischia un automatismo pericoloso che non risponde a un criterio di proporzionalità tra sanzione economica e stipendi, soprattutto per i freelance”.

Assunti vs collaboratori. La differenza più importante tra professionisti assunti dalle testate e collaboratori è la tutela concessa dal contratto giornalistico: in caso di risarcimento danni il professionista è responsabile insieme al direttore della testata e all’editore. Nella maggior parte dei casi, anzi, un’assicurazione copre la somma da pagare stabilita dal giudice. Un tema fondamentale, mentre il disegno di legge è in discussione alla Camera dei Deputati, dopo l’approvazione avvenuta lo scorso ottobre in Senato. Il testo, infatti, acuisce le pene pecuniarie in caso di richiesta di risarcimento dei danni che potranno arrivare fino a 10.000 euro anche per i contenuti presenti sul web. Nell’era del giornalismo digitale, quindi, i rischi sono molteplici e hanno diverse sfumature. Per questo è importante conoscere adeguati strumenti di difesa.

I consigli di Sarzana. “I freelance, per proteggersi, possono fare solo due cose – afferma Sarzana – prestare grande attenzione a ciò che scrivono e registrare sempre le interviste che fanno”. Per dimostrare l’efficacia di questo suggerimento, Sarzana cita il caso di un giornalista tutt’altro che free lance: “In un articolo pubblicato il 28 marzo scorso Massimo Russo, direttore di Wired, anticipava le dimissioni di Alessandra Poggiani, direttrice di Agid (Agenzia per l’Italia Digitale, ndr), con una lunga intervista. Nel pezzo, Russo riportava anche delle pesanti dichiarazioni della Poggiani, che si scagliava contro il governo Renzi. Dopo la pubblicazione l’ex direttrice di Agid ha preso le distanze da ciò che era riportato nell’articolo con un post su Facebook. Sapete come Russo ha fermato le sue polemiche? Dichiarando di avere registrato ogni cosa, per altro con il benestare dell’intervistata”.

Registrazione sì o no? Registrare una testata giornalistica online ha aspetti sia positivi che negativi. Il maggiore vantaggio è che i contenuti pubblicati non possono essere sottoposti a sequestro preventivo, una regola introdotta dall’equiparazione con le testate cartacee. Lo svantaggio è che, in caso di querela per diffamazione, si rischia di incorrere nell’aggravante prevista per l’utilizzo del mezzo stampa. Allora come scegliere se registrare o meno la propria testata online? Sarzana fuga ogni dubbio: “Una volta mi capitò di difendere un blogger accusato di diffamazione per aver riportato testualmente un’inchiesta sul caso ‘Why not’ di due giornalisti dell’Espresso. Un magistrato in servizio a Catanzaro denunciò tutti e tre al tribunale di Roma per aver leso la sua reputazione. Gli autori dell’articolo furono assolti con formula piena mentre il blogger, giudicato in un processo parallelo, fu condannato, in primo grado, a un anno di carcere”. Un esempio semplice, ma significativo, per dimostrare come, alla prova dei fatti, le differenze di trattamento tra testate registrate e non registrate siano ancora evidenti.

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