il Ducato » africa http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » africa http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Network di giornalisti di inchiesta svela gli affari della mafia che investe in Africa http://ifg.uniurb.it/2015/04/19/ducato-online/network-di-giornalisti-di-inchiesta-svela-gli-affari-della-mafia-che-investe-in-africa/71097/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/19/ducato-online/network-di-giornalisti-di-inchiesta-svela-gli-affari-della-mafia-che-investe-in-africa/71097/#comments Sun, 19 Apr 2015 11:04:22 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71097 Screenshot-2015-04-19-11.58PERUGIA – La linea della palma, la penetrazione della mafia nel territorio italiano – diceva Sciascia – si va spostando poco a poco ma di continuo verso il nord Italia. Ma quella linea si è spostata anche verso sud, ha attraversato il deserto del Sahara ed è arrivata fino in Sudafrica. Lo ha messo in luce un’inchiesta internazionale, condotta da un network di giornalisti investigativi, seguendo le tracce di diamanti e soldi che lascia muovendo i suoi affari verso l’Africa, e che ha portato a scoprire un giro di denaro, terre e uomini nascosto ma non per questo trascurabile.

L’idea non nasce a Palermo o a Tunisi, ma in un pomeriggio a Londra. Un gruppo di freelance italiani, membri dell’International reporting project Italy e specialisti del giornalismo investigativo, partendo da due righe di un rapporto della Direzione nazionale antimafia sulla criminalità in Tunisia cominciano a cercare casi d’infiltrazione mafiosa nel continente. Le autorità italiane stimano un giro d’affari per 26 miliardi di dollari ma per il gruppo di giornalisti quella cifra non è che la “superficie del potere economico della mafia in Africa”.

Insieme a Stefano Gurciullo, direttore di quattrogatti.info, provano a capire quanto la mafia incassi dai mercati illeciti. Si concentrano su due piste, una in Kenya e l’altra in Sudafrica ma l’indagine interessa 13 paesi. L’inchiesta si chiama “Mafia in Africa”. La pista sudafricana li porta sulle tracce di Vito Palazzolo, il cassiere della mafia originario di Terrasini, implicato in una varietà di affari notevole, e del meccanismo con cui ricicla capitali.

I dati da elaborare sono molti e l’inchiesta finirà con l’impegnare dieci giornalisti investigativi da sei diversi Paesi, un data journalist e un data scientist, tre editori e altre figure per controllare qualità e precisione del lavoro svolto. Ad affiancare l’Irpi c’è l’African network of centers for investigative reporting. Il network africano fornirà le prime fonti sul posto da cui partire per il lavoro d’inchiesta. “Per noi il fatto che ci siano una serie di partner transnazionali con cui potersi scambiare informazioni e notizie è fondamentale. Senza non potremmo fare il lavoro che facciamo”, spiega Cecilia Anesi di Irpi.

Il team si divide in due squadre, una segue la pista delle infiltrazioni in Kenya ma i contatti trovati in prima persona sul posto, senza una mediazione locale, li hanno portati su un binario morto. In Sud Africa l’accesso ai documenti si è rivelato più semplice che in Kenya.

Accedere a documenti di indagine e avere a che fare con la burocrazia per esempio in Sudafrica non è facile per un giornalista straniero. Lo stesso si può dire per l’Italia. La collaborazione tra le varie realtà del network permette di superare questo tipo di ostacoli: “Quando un giornalista straniero ha bisogno di alcuni documenti da una procura italiana – spiega Cecilia – noi gli facciamo da intermediari. Immaginate quanto possa essere difficile per chi non parla la lingua ottenere qualcosa qui”.

Per questo ad Irpi sono particolarmente fieri di essere i primi in Italia a proporre un modello di giornalismo investigativo che prende a esempio quello anglosassone. Collaborazione con altre testate, verifica scrupolosa delle fonti, lasciare a chiunque sia coinvolto nell’inchiesta la possibilità di esprimere il suo punto di vista.

Accumulati i dati bisogna però passarli al setaccio, lasciare indietro le scorie e verificare l’attendibilità di quel che s’intende pubblicare. Editor e direttori fanno un lavoro di controllo per evitare i rischi di denuncia che sempre accompagnano questo tipo di lavoro. Lavorare in un network dà un vantaggio: i controlli sono maggiori e le informazioni sono valutate da esperti di più settori. Avvocati, informatici e altre figure.

Una volta svolto un fact-cheking completo bisogna fare un passaggio ulteriore prima di pubblicare. Calcolare i rischi che un lavoro può portare a sé e alla propria redazione. “Per ogni storia che si sta seguendo va fatta una valutazione a priori del rischio e dei soggetti a cui potresti pestare i piedi”. A partire da questa valutazione si stabiliscono anche le misure a cui attenersi per rendere il proprio lavoro sicuro per sé e per le proprie fonti. E le precauzioni da adottare per rendere i propri dati e informazioni impenetrabili attraverso la crittografia. “Chi tratta di mafia – continua Cecilia Anesi – sa bene che per quanto sia un’organizzazione potente non si correrà il rischio di venire intercettati per mano sua. Invece in Sudafrica è molto più facile. Chiunque infatti può noleggiare una security farm con la quale può intercettarti”.

Inchieste di questo tipo richiedono impegno e mesi di lavoro. Per questo Irpi sul suo sito dichiara di finanziarsi in modo alternativo “proponendo progetti a charities, cioè a enti benefici, e a primarie fondazioni internazionali, europee o americane, che hanno a cuore il futuro del giornalismo investigativo e nei loro statuti prevedano di sostenerlo”.

Per ogni inchiesta si parte da zero. Non c’è una regola fissa e ogni lavoro richiede una chiave da proporre al pubblico. Scrivendo per un network internazionale bisogna far sì che le storie siano interessanti per il pubblico americano come per quello tedesco, che hanno sensibilità diverse. “Noi siamo giornalisti come gli altri, dobbiamo vendere le nostre storie –dice Lorenzo Bagnoli, altro membro di Irpi- e renderle interessanti e comprensibili per tutti è la nostra sfida. Sulla mafia in Africa siamo appena all’inizio”.

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Ogunlesi (Africa Report): “Una Al Jazeera africana contro i pregiudizi occidentali” http://ifg.uniurb.it/2015/04/15/ducato-online/una-al-jazeera-africana-per-combattere-i-pregiudizi-delloccidente/70680/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/15/ducato-online/una-al-jazeera-africana-per-combattere-i-pregiudizi-delloccidente/70680/#comments Wed, 15 Apr 2015 19:04:38 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=70680 anna_tolu_2

Toli Ogunlesi, giornalista di Africa Report

PERUGIA – Un continente, 54 stati, tante lingue e differenze enormi tra una regione e un’altra. Ma per giornali e tv occidentali – e non da oggi – è tutto un unico grande Paese. Le sfumature si perdono. I lettori non conoscono l’Africa e per questo i media si sentono legittimati a dire quasi qualsiasi cosa. “Raccontare l’Africa senza stereotipi è una sfida per i giornalisti occidentali, ma anche in Africa dobbiamo sviluppare i media locali e renderli una fonte affidabile per le testate occidentali. In Africa ci informiamo sui siti della Bbc e della Cnn anche per sapere cosa succede a casa nostra e questo è un problema”, spiega Tolu Ogunlesi, giornalista nigeriano di Africa Report e corrispondente per il New York Times e il Financial Times.

Tolu ha parlato al Ducato a margine del convegno“L’Africa rappresentata nei media occidentali: errori, approssimazioni, omissioni” che si è svolto al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia il 15 aprile. “Bisogna trovare nuovi modi di comunicare l’Africa – ha spiegato Tolu – è importante raccontare le storie locali da una prospettiva africana, lontana dai luoghi comuni”.

Quali sono gli errori più comuni che i media occidentali fanno quando parlano di Africa?
In occidente giornali e tv spesso partono dai una determinata idea che hanno dell’Africa e che vogliono raccontare al loro pubblico. Quando sono sul posto i giornalisti cercano conferme a queste idee e raccolgono testimonianze che possano supportarle. Spesso evidenziano cose che non sono rilevanti agli occhi degli africani. Per esempio, appena è stato eletto il nuovo presidente della Nigeria, Goodluck Jonathan molti media occidentali hanno dato risalto soltanto alle sue intenzioni di combattere Boko Haram anziché analizzare l’evento da un punto di vista politico e spiegare i motivi che hanno portato alla sua vittoria.

Quando si parla della divisione religiosa in Nigeria si presenta il paese come spaccato in due: musulmani a nord e cristiani a sud. Ma la realtà è più complessa, spesso ci sono questioni più gravi e profonde all’interno della stessa comunità religiosa, tra etnie diverse.

Altre volte vengono omesse delle informazioni importanti: recentemente l’inglese ha sostituito il francese come lingua ufficiale del Ruanda perché il paese voleva lasciarsi alle spalle il passato coloniale. Di questo in Europa non se ne è parlato.

Come sono coperti dai media africani i grandi eventi nell’occidente?
Imprecisioni ed errori non esistono solo nella stampa occidentale, anche noi cadiamo in stereotipi e luoghi comuni per spiegare realtà diverse dalla nostra. L’Italia viene collegata ai problemi di mafia, gli Stati Uniti a quelli di criminalità. Ma in realtà i media africani non parlano tanto dell’occidente, la maggior parte dei giornali e delle tv non hanno fondi per mandare inviati all’estero. Sarebbe bello se ci fosse una tv nigeriana a seguire le elezioni americane, ma oggi chi si vuole informare sui grandi eventi dell’occidente li segue su internet o direttamente sulla Cnn e la Bbc.

Il linguaggio usato dai media occidentali parlando di Africa è corretto?
Il linguaggio è un altro elemento che contribuisce a creare informazione imprecisa sulle realtà africane. In alcune testate occidentali spesso emergono discorsi quasi coloniali e paternalisti. Si parla di cosa andrebbe fatto in Africa, ma non vengono intervistate persone sul posto. Ho letto diversi articoli sulla diffusione dell’Ebola in Liberia in cui non veniva riportata alcuna testimonianza. Per migliorare l’informazione in occidente un primo passo sarebbe lo sviluppo dei media locali in Africa.

Cosa manca ai media locali africani per ottenere la stessa visibilità e influenza che hanno i grandi media internazionali?
Mancano inanzitutto soldi. Bisogna trovare i fondi e investire nello sviluppo tecnologico dei media e nella formazione dei giornalisti. Solo in questa maniera si può produrre un’informazione che possa competere con quella dei grandi media stranieri e ottenere credibilità. Ma, per far sì che i paesi occidentali si interessino a ciò che succede in Africa è necessario che gli stati si sviluppino economicamente. La speranza è che i media locali africani possano produrre informazioni sempre più approfondite e accurate e avere un giorno la stessa influenza dei grandi media internazionali. Creare un punto di vista africano per un pubblico africano e internazionale.

Ci sarà un Al Jazeera africana?
Sì, ci vorrà tempo, ma come insegna l’esperienza mediorientale un canale come Al Jazeera offrirebbe al mondo e all’Africa una prospettiva nuova e lontana dai luoghi comuni.

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Giobbe Covatta agli studenti di Urbino: “Uso la risata per far pensare, ma non sono un politico” http://ifg.uniurb.it/2015/03/05/ducato-online/giobbe-covatta-agli-studenti-di-urbino-uso-la-risata-per-far-pensare-ma-non-sono-un-politico/67298/ http://ifg.uniurb.it/2015/03/05/ducato-online/giobbe-covatta-agli-studenti-di-urbino-uso-la-risata-per-far-pensare-ma-non-sono-un-politico/67298/#comments Thu, 05 Mar 2015 14:26:15 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=67298 6° (sei gradi) sul cambiamento climatico]]> covatta-ridottaURBINO – Giobbe Covatta non si sente un esperto di comunicazione, anzi. “Io di mestiere faccio il comico”, si schermisce, come se decenni a riempire teatri non valessero nulla. Un gioco iniziato così, di fronte agli studenti dell’università “Carlo Bo”. Il dibattito, dal titolo “La cultura del teatro, il teatro della cultura”, è stato organizzato  dalle Politiche Giovanili del Comune e moderato dalla Direttrice del dipartimento di comunicazione Lella Mazzoli. Una chiacchierata fra l’attore, la docente e i ragazzi.

“Io esperto di comunicazione? Non so neanche usare il computer…” esordisce il comico. “E allora che cosa ci fai con una borsa portacomputer?” chiede divertita Lella Mazzoli. “Vuoi vedere che ci tengo qui dentro? Guarda!”.  Tira fuori un corposo manoscritto e lo presenta al pubblico: “Questo è il mio nuovo spettacolo e l’ho interamente scritto a mano. Si chiama Viva l’Afrìca – lo legge con l’accento sulla i – ma forse il titolo così non si può tenere”, scherza fra le risate dell’aula piena, divertita dalla sua bravura nel catturare in un semplice dettaglio il contrasto tra la cultura digitale e il passato analogico. “Io se devo mandare un’email chiedo aiuto a mia figlia”.

“Io sono un comico e il mio primo obiettivo è far ridere – spiega Covatta – il pubblico paga il biglietto e vuole questo da me. Poi se riesco anche a stimolare una curiosità, se le persone tornando a casa cercano su internet se quello che ho detto è vero, è una doppia soddisfazione”. E’ questo il significato: uno spettacolo che intrattiene e riesce allo stesso tempo veicolare un messaggio. L’impegno sociale del resto fa parte da anni della carriera dell’attore, che viaggia di frequente in Africa per contribuire a progetti di sviluppo, come la costruzione di acquedotti e scuole elementari.

Anche lo spettacolo teatrale che sta portando ora in tournée, e che ha fatto tappa a Cagli, è incentrato su un tema di attualità. Si intitola 6° (sei gradi) e fa ridere e riflettere insieme su una delle grandi sfide del nostro tempo, il cambiamento climatico. “Ma lo spettacolo non è un comizio – chiarisce l’attore – il comico storicamente, fin dai tempi dei giullari, aveva un ruolo sociale: denunciare le magagne, pur facendo ridere. Il problema è quando il comico vuole diventare un re, o quando il re diventa un comico”. Impossibile non notare un riferimento alla politica italiana, dove il confine fra spettacolo e comizio è stato valicato da entrambe le parti.

Anche se non sa usare il computer, un esperto di comunicazione Covatta deve esserlo per forza: anni di teatro, cinema, televisione lo testimoniano, per non parlare dei libri che ha pubblicato, best-seller da milioni di copie. Il segreto forse sta tutto nella voglia di raccontare, come nelle decine di documentari girati nel continente africano: “Mi aggiro per questo pianeta cercando di raccontare quello che vedo – spiega – non tecnicamente, ma da un punto di vista sentimentale e emotivo. A volte mi è riuscito bene, a volte no: male che vada, mi sono fatto un viaggio in Africa”.

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“Twogether” in mostra Italia e Uganda unite negli occhi dei bambini http://ifg.uniurb.it/2011/05/20/ducato-online/twogether-italia-e-uganda-unite-negli-occhi-dei-bambini/9132/ http://ifg.uniurb.it/2011/05/20/ducato-online/twogether-italia-e-uganda-unite-negli-occhi-dei-bambini/9132/#comments Fri, 20 May 2011 14:50:12 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=9132 Sullo stesso argomento: ]]> http://ifg.uniurb.it/2011/05/20/ducato-online/twogether-italia-e-uganda-unite-negli-occhi-dei-bambini/9132/feed/ 0 “Walking Africa” la campagna per il Nobel a tutte le donne africane http://ifg.uniurb.it/2011/05/13/ducato-notizie-informazione/un-nobel-per-tutte-le-donne-africane-parte-da-urbino-la-campagna-walking-africa/8753/ http://ifg.uniurb.it/2011/05/13/ducato-notizie-informazione/un-nobel-per-tutte-le-donne-africane-parte-da-urbino-la-campagna-walking-africa/8753/#comments Fri, 13 May 2011 08:41:00 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=8753 URBINO – Sono alla base, il motore economico della società. Dall’organizzazione famigliare al lavoro nei campi. Nonostante questo il loro ruolo è ancora marginale nel decidere e programmare il futuro della loro terra: l’Africa. Con il convegno “Educare una donna per cambiare un villaggio” parte da Urbino “Walking Africa”,  la campagna promossa da ChiAma l’Africa, associazione che propone l’assegnazione del Nobel per la pace 2011 alle donne africane (Noppaw). L’incontro questa mattina all’Università di Urbino.

Helene Yinda, teologa camerunense, sottolinea l’importanza di questa proposta e del ruolo della religione per la crescita dell’Africa.

Qual è il significato di questa candidatura?
“Innanzi tutto non è una campagna per l’attribuzione del Nobel ad una singola persona o a una associazione, ma una sorta di Nobel collettivo”.

E’ una proposta un po’ atipica…
“Lo sappiamo, ma l’obiettivo è far conoscere il protagonismo delle donne nella vita e nella società africane e far sì che loro stesse prendano consapevolezza della loro importanza all’interno della società. Il significato del convegno “educare una donna per educare un villaggio”è proprio questo: promuovere e mostrare le loro capacità nell’ambito economico, sociale e politico, ma anche risvegliare le loro coscienze e creare luoghi dove possano comunicare e condividere”.

Possono essere le donne il motore per la crescita dell’Africa?
“Le donne fanno molto per mettere all’Africa di crescere. Influenzano gran parte delle decisioni nella vita quotidiana, sono la base della società nonostante molte di loro non siano istruite. Alcune di loro hanno ruoli importanti nel potere economico e tirano avanti le loro famiglie pur non avendo avuto accesso alla scuola primaria”.

Qual è il loro ruolo dal punto di vista culturale?
“Le donne hanno un ruolo centrale nella denuncia di tutte le pratiche culturali che non permettono loro di gioire della loro umanità. Parlo per esempio delle mutilazioni dei genitali femminili, della poligamia”.

Che ruolo può avere la religione nella crescita del continente africano?
“L’Africa è un continente molto religioso e pieno di spiritualità. La teologia e la religione si riflettono nella vita di tutti i giorni, e abbracciano tutti i problemi della società. Entrambe possono essere la base per la creazione di una società più umana non solo in africa, ma in tutto il mondo”.

La candidatura delle donne africane al Nobel per la pace 2011 è stata formalizzata nel novembre del 2009 e fra i firmatari ci sono personaggi di spicco della politica, come il presidente della Camera Gianfranco Fini e l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, e dello spettacolo: fra loro Caterina Caselli, Gianna NanniniI Pooh, Clarissa Burt e Amii Stewart . Il ministro degli Esteri Franco Frattini presenterà la candidatura al Parlamento europeo di Bruxelles il prossimo 23 maggio, nell’occasuione Amii Stewart canterà “Walking Africa”, inno della campagna Noppaw.

(m.c.)

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AFRICA – MEDICI IN FUGA http://ifg.uniurb.it/2006/01/13/speciali/2004-2006/africa-medici-in-fuga/1421/ http://ifg.uniurb.it/2006/01/13/speciali/2004-2006/africa-medici-in-fuga/1421/#comments Fri, 13 Jan 2006 19:32:23 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=1421 La fuga dei cervelli non è soltanto un problema italiano. Affligge, anzi, un intero continente: l’Africa. Da qui decine di migliaia di professionisti partono per il proprio percorso formativo verso il ricco Occidente. E qui, spesso, rimangono. Per l’Africa intera una perdita secca di sapere, di persone, di denaro: l’ennesima piaga che l’allontana dal futuro

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