il Ducato » Al-Jazeera http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » Al-Jazeera http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Arabo, cinese, francese e inglese. Radio1 ‘parla’ tutte le lingue del mondo http://ifg.uniurb.it/2015/01/21/ducato-online/radio1-parla-anche-arabo-e-cinese/63006/ http://ifg.uniurb.it/2015/01/21/ducato-online/radio1-parla-anche-arabo-e-cinese/63006/#comments Wed, 21 Jan 2015 10:44:29 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=63006 Paolo Salerno, conduttore Voci del Mattino

Paolo Salerno, conduttore Voci del Mattino

URBINO – Le voci del mondo si aggiungono alle Voci del Mattino. Dal 19 gennaio i sommari dei tg internazionali sono entrati nella programmazione regolare di Radio1 Rai, dopo due settimane di sperimentazione. Aperture in cinese, arabo, inglese e francese riproposte e tradotte in studio dai giornalisti della trasmissione Voci del Mattino, l’appuntamento con le rassegne stampa italiane e internazionali.

Dalle 7.36 alle 8 l’ascoltatore radio può sintonizzarsi per conoscere i temi caldi trattati dai media esteri. Grazie a questa novità si “possono scoprire notizie che non trovano spazio sui media italiani”. A raccontarlo a Il Ducato è Paolo Salerno, che conduce  il programma tutti i giorni fino al venerdì.

Per portare nelle case degli italiani notizie dal mondo ancora inedite, in redazione si inizia a lavorare alle 4.40 del mattino selezionando i file audio dei tg internazionali. Le registrazioni vengono poi tradotte e affiancate dai testi in italiano letti in studio dal giornalista.

I microfoni si accendono alle 6.05, con l’attualità internazionale, seguita alle 6.39 dalle notizie dall’Italia. Le aperture dei telegiornali stranieri vengono inserite nella terza parte del programma, alle 7.36, e le testate scelte cambiano ogni giorno in base all’interesse delle notizie. Per l’universo arabo si possono ascoltare al-Mayadeen, al-Alam, al-Arabiya e al-Jazeera. Per la Cina, Voci del Mattino propone l’apertura del tg del canale 13 della Cctv. Ci sono poi Russia Today e Abc (Australia). Non mancano network europei e statunitensi. Il lavoro della redazione porta ad avere una “fotografia in movimento” dei fatti, come la definisce Paolo Salerno. Quelle selezionate sono fonti “molto utili” e servono a far capire come uno stesso fatto venga analizzato da altri Paesi e culture, da Canberra a San Francisco.

La scaletta si intreccia ai fusi orari. Dall’America arriva l’ultimo tg disponibile. Il notiziario cinese è della sera precedente ed è accompagnato da una traduzione scritta in francese. La redazione deve quindi rendere tutto in italiano.

Alla rassegna dei telegiornali stranieri si lavora in squadra: “Insieme a me, ci sono un assistente, il regista, e due collaboratrici che si occupano, rispettivamente, dei tg in lingua anglofona e di quelli arabi” spiega il conduttore. Lui stesso pensa alla conversione di alcuni dei file audio in testo italiano. Il risultato finale è una rassegna in lingua straniera: qualche secondo di lancio dell’audio originale e subito la traduzione del conduttore. Ecco un esempio tratto dalla puntata del 19 gennaio:

Gli ascoltatori stanno reagendo bene alla proposta. “Anche se è troppo presto per fare una valutazione di questo genere – dice Paolo Salerno – l’accoglienza sembra positiva, almeno a giudicare dalla crescita del seguito della pagina Facebook della trasmissione“.

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La propaganda di RT sfonda il miliardo. Sempre pù tv orientali conquistano gli Usa http://ifg.uniurb.it/2013/06/05/ducato-online/la-propaganda-di-rt-sfonda-il-miliardo-sempre-pu-tv-orientali-conquistano-gli-usa/49804/ http://ifg.uniurb.it/2013/06/05/ducato-online/la-propaganda-di-rt-sfonda-il-miliardo-sempre-pu-tv-orientali-conquistano-gli-usa/49804/#comments Wed, 05 Jun 2013 08:49:49 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=49804 La televisione satellitare Russia Today, trasmessa in quattro lingue, in cento paesi del mondo di sei continenti, è il primo canale di notizie al mondo ad aver raggiunto un miliardo di visualizzazioni su Youtube.

RT aprì il suo account su YouTube nel 2007. Il canale, che mostrò il celebre filmato della caduta del meteorite di Chelyabinsk il 15 febbraio 2013, in soli sei anni ha caricato su YouTube più di 19.000 video che hanno registrato più di 6 milioni di commenti. Inoltre, il canale russo vanta una grandissima notorietà, soprattutto in Inghilterra, seconda solo alla Bbc e a Sky. La Broadcasters’ audience research board, la fonte ufficiale di dati in Inghilterra sull’audience televisiva, ha stimato che nella seconda metà del 2012 ben due milioni e mezzo di inglesi guardavano questo canale.

“Russia Today – dice Cristina Carpinelli, membro del comitato scientifico di International Problems Study Center – dal punto di vista tecnico è un canale ineccepibile e il loro modo di costruire le notizie è ottimo. Ma, per quanto riguarda i contenuti, possiamo definirla una televisione di Stato: Nel 2008, quando ci fu lo scontro russo-georgiano, Russia Today raccontò una versione dei fatti completamente opposta a quella narrata dai blogger”.

Questo gigantesco network, finanziato dal Cremlino, ha più volte criticato l’operato del governo americano, ha ospitato nel passato una trasmissione di Julian Assange, The world tomorrow e il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah. “ L’obiettivo – dice Cristina Carpellini – del canale è fare propaganda politica ed economica in funzione del governo di Putin”.

La notorietà sempre maggiore di questa rete le ha permesso di crescere, di acquisire importanza e di incrementare gli introiti finanziari che hanno fatto gola a molti giornalisti, anche occidentali. È proprio di mercoledì scorso la notizia che il famoso giornalista americano Larry King, quasi 80 anni, 56 anni di carriera nel giornalismo americano e all’attivo più di cinquantamila interviste, sarà il conduttore un nuovo talk show dal titolo Larry King now.

Clicca qui per vedere il video incorporato.

Mentre i grandi network occidentali, come Bbc e Cnn, tagliano il budget e sono costretti a chiudere le redazioni estere, troppo costose, le tv satellitari come Rt, Al-Jazeera, rete panaraba finanziata dal Qatar, e Cctv, televisione nazionale della Repubblica popolare cinese, prendono piede sul territorio americano, scardinando i network occidentali più importanti al mondo e spodestandoli dal ruolo di arbitri incontrastati dell’informazione.

“Queste reti – dice Wolfgang Achtner, giornalista televisivo e corrispondente in Italia per testate d’oltreoceano come la Cnn, la Abc News e Press Tv – rappresentano per i corrispondenti e i tecnici una fonte importantissima di lavoro. I media americani non ce la fanno più a coprire tutte le notizie, i tagli economici hanno portato alla chiusura degli uffici di corrispondenza ma in questo modo si sta uccidendo il prodotto giornalistico”.

L’accusa più frequente che viene mossa alle televisioni satellitari è quella di essere dei meri portavoce del potere, comunicatori faziosi e politicizzati. “In realtà – dice Achtner - non è così. È ovvio che queste tv trasmettono un modo differente di vedere i fatti. Siamo abituati ad avere una visione americo-centrica ed euro-centrica, quindi guardare con una lente diversa la realtà può creare dei problemi a qualcuno. Credo che se davvero queste reti fossero di propaganda nessuno le guarderebbe anzi, sarebbero immediatamente screditate”.

Al-Jazeera, a gennaio, ha fatto un balzo in avanti nel mercato via cavo e, dopo l’arabo e l’inglese, ha deciso di acquistare lo spazio che prima apparteneva a Current tv, la televisione di Al Gore, inaugurando l’apertura di un network di informazione negli Stati Uniti. “Al-Jazeera America è nata teoricamente – dice Azzurra Meringolo, giornalista freelance e redattrice di Arab media Report – come un’avventura di business, visto il numero di utenti che vedevano in streaming Al-Jazeera English. Si è deciso così di raggiungere via cavo un numero maggiore di utenti. Secondo me, però, dietro c’è una mossa diplomatica: attraverso la tv si riposiziona il Qatar in un’ottica di tipo internazionale”.

Infine la China Central Television (Cctv) che, per non essere da meno, ha inaugurato una sede a Washington di 3400 metri quadrati. “In poco meno di cinque mesi, – afferma Cecilia Attanasio Ghezzi, caporedattrice di China Files – Cctv America ha assunto 65 persone. E non si tratta di personale qualunque. Con stipendi in alcuni casi anche il 20 per cento più alti della media, si è assicurata professionalità con esperienza maturata in testate quali Al-Jazeera, Fox News e Bbc. Secondo i dati della stessa Cctv, l’emittente di stato trasmette in 120 paesi raggiungendo un’utenza di cento milioni di spettatori”.

Qualcuno parla, quindi, di una strategia per acquisire soft power e indirizzare l’opinione pubblica, altri invece motivano le scelte come semplice senso degli affari. “Ognuno – dice Ghezzi – è libero di valutare indipendentemente se questi media fanno o no gli interessi dei governi a cui fanno riferimento. L’idea della Cctv nelle nuove redazioni di Africa e America non è quella di avere una linea stabilita su quelli che in Cina sono chiamati ‘argomenti sensibili‘, ma di valutare caso per caso. In sintesi dichiarano che faranno un giornalismo più libero che in patria”.

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Giornalisti presi di mira in Siria, il Paese “più pericoloso da raccontare” http://ifg.uniurb.it/2013/05/27/ducato-online/giornalisti-presi-di-mira-in-siria-il-paese-piu-pericoloso-da-raccontare/48361/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/27/ducato-online/giornalisti-presi-di-mira-in-siria-il-paese-piu-pericoloso-da-raccontare/48361/#comments Mon, 27 May 2013 07:40:16 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=48361 [continua a leggere]]]> Nel 2010, all’alba del conflitto siriano, il movimento nato contro il dittatore  Bashar al-Assad sembrava l’ultima delle rivoluzioni della primavera araba, ma dopo pochi mesi ha mostrato il suo volto più nascosto: una vera guerra fratricida. Il conflitto siriano è inedito per i media: tutte le fazioni in gioco hanno un forte potere propagandistico e per scoprire la verità serve addentrarsi nei meandri delle città in rivolta. I giornalisti che entrano nel Paese cercano di ridurre al minimo i rischi, ma spesso non basta per restare vivi. Negli ultimi tre anni, in Siria, sono morti 45 giornalisti e ne sono stati imprigionati 14. I dati sono stati diffusi dal Comitato internazionale per la tutela dei giornalisti, che registra costantemente i reporter caduti sul campo e quelli in carcere per motivi legati alla professione

Tra i caduti ci sono il video-operatore di France 2 Gilles Jacquier, il giornalista di Al-Jazeera Mohamed al-Mesalma, la fotoreporter del Japan Press Mika Yamamoto e la giornalista del Sunday Times  Marie Colvin, morta durante l’assedio di Homs. Nel 73% dei casi i giornalisti hanno perso la vita a causa di proiettili vaganti, il 14% in compiti pericolosi e nell’11% dei casi sono stati volontariamente assassinati. In tutti i casi di omicidio i colpevoli non sono stati puniti, in un clima di anarchia quasi totale. Tra i giornalisti uccisi, solo il 14% provengono da fuori il Paese e la maggior parte dei caduti appartiene al mondo arabo. Più della metà lavorava per il Web e il 41% erano freelance.

Marie Colvin, giornalista del Sunday Times uccisa ad Homs nel 2011

Non esistono, invece, dati ufficiali sui giornalisti rapiti, ma si sa che i professionisti scomparsi nel nulla in Siria sono almeno 5 finora.  L’ultimo giornalista italiano di cui si sono perse le tracce é l’inviato della stampa Domenico Quirico, scomparso il 9 aprile scorso nei pressi di Homs. È già capitato in passato che l’esercito regolare arrestasse giornalisti e non diffondesse più loro notizie per mesi, come nel caso dello statunitense James Foley: il  freelance di 39 anni, che collabora con il GlobalPost e l’agenzia France-Presse,  e’ tenuto in ostaggio dai servizi segreti siriani in un centro di detenzione fuori Damasco. La notizia é stata diffusa solo a inizio maggio, dopo sei mesi di prigionia.

Lo stesso Comitato afferma che ad oggi “la Siria è il luogo più pericoloso per i giornalisti”, poiché è il Paese in cui si hanno meno garanzie e in cui si rischia maggiormente di essere uccisi. Il team della freelance Susan Debbous, rapita in Siria lo scorso aprile e rilasciata dopo 10 giorni, aveva una scorta armata, ma neanche questo è bastato a non finire nelle mani dei rapitori.

Anche oggi una giornalista ha perso la vita in Siria.  Si tratta di Yara Abbas, corrispondente di guerra della tv di Stato siriana Al-Ikhbariyah. la giornalista sembra essere stata uccisa dai ribelli mentre si trovava nei pressi della base militare di Dabaa, nella provincia centrale di Homs. In quella zona infuriano gli scontri tra i terroristi islamici di Hezbollah e i ribelli.

 

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