il Ducato » corriere della sera http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » corriere della sera http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Raimo e Mastrantonio al festival di Urbino: “Anche nella cultura comandano i potenti” http://ifg.uniurb.it/2014/04/26/ducato-online/raimo-e-mastrantonio-al-festival-di-urbino-anche-nella-cultura-comandano-i-potenti/61956/ http://ifg.uniurb.it/2014/04/26/ducato-online/raimo-e-mastrantonio-al-festival-di-urbino-anche-nella-cultura-comandano-i-potenti/61956/#comments Sat, 26 Apr 2014 11:44:24 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=61956 mastrantonio raimo festival giornalismo culturale 2014URBINO – Per essere attraente l’inserto culturale ha bisogno di un “dibattito sincero”. Che secondo lo scrittore Christian Raimo “è possibile solo quando tutte quante le case editrici avranno voce in capitolo nella grande industria culturale. Oggi invece c’è un oligopolio dove solo le maggiori aziende incidono”. Se le case editrici decidono cosa è cultura e cosa non lo è, anche gli autori più famosi hanno la responsabilità di ciò che scrivono. Insieme al giornalista del Corriere della Sera Luca Mastrantonio, Raimo è stato protagonista della sessione “di cosa dovrebbe occuparsi il giornalismo culturale?” al festival di Urbino.

Christian Raimo, che oltre a essere scrittore è anche autore di numerosi post satirici sul blog Minima et Moralia, dà un esempio di come alcuni autori italiani siano più attenti alla forma piuttosto che al significato di ciò che scrivono. E riprende un articolo di Alessandro Baricco ‘Il mio viaggio a Macondo dove si balla con Gabo’  dove l’autore torinese ricorda i luoghi autentici che hanno ispirato Gabriel Garcia Marquez. “In questo pezzo Baricco usa metafore spiazzanti che in realtà nascondono poca sostanza. Ad esempio quando scrive: ‘è scivolato via silenziosamente come una figurina da un album calciatori’, oppure ancora ‘è come se Proust fosse morto facendo sci nautico’, usa metafore brutte oltre che prive di contenuto”.

Durante il dialogo tra lo scrittore e il giornalista sono emerse riflessioni teoriche sul giornalismo culturale e sui problemi  che questo deve affrontare per colpa della crisi. Una crisi non solo economica ma anche formativa. Infatti secondo Raimo “fare giornalismo culturale significa educare il lettore. Deve esserci un rapporto di tipo pedagogico perché uno dei pochi momenti in cui si fa cultura nel nostro Paese è proprio quando si legge. Uno studio di Save the Children ha dimostrato che in Italia nel 2013 più di 200.000 persone non hanno mail letto un libro né sono mai stati al cinema né hanno mai navigato su internet. Inoltre  l’Italia ha il più alto tasso di video dipendenza in Europa”.

L’89,7 per cento degli italiani, infatti, ha dichiarato di informarsi solo tramite la tv mentre il restante lo fa comprando il giornale. Ma questi tra il 2010 e il 2012 hanno avuto un calo del 7 per cento soprattutto nella fascia adolescenziale. “I giornali oggi sono dei ‘taxi writer’ per gli scrittori –  dice Mastrantonio – cioè sono solo mezzi da utilizzare per arrivare alla notorietà. Non si è ancora trovato il modo di fare business con la cultura”.

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Severgnini: “Divertire e appassionare, innovando. Così si racconta la cultura” http://ifg.uniurb.it/2014/04/25/ducato-online/severgnini-raccontare-la-cultura-con-generosita-divertendo-e-innovando/61926/ http://ifg.uniurb.it/2014/04/25/ducato-online/severgnini-raccontare-la-cultura-con-generosita-divertendo-e-innovando/61926/#comments Fri, 25 Apr 2014 21:18:12 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=61926 VIDEO Vietato essere arroganti, oscuri e vanitosi. Beppe Severgnini, giornalista del Corriere della Sera,alla seconda edizione del festival del giornalismo culturale, ha parlato dei vizi e delle virtù dell'universo della "terza pagina", auspicando che i giovani possano adeguarsi a proporre nuove narrazioni
VIDEO La fisarmonica di Simone Zanchini ]]>
URBINO – Brevità, chiarezza, passione e generosità. Sono le virtù che un buon giornalista culturale deve avere, combattendo sempre l’oscurità, l’arroganza e la vanità. “L’arroganza è un pericolo. Se il pubblico non capisce la colpa è nostra. Dobbiamo appassionare”. Beppe Severgnini, giornalista del Corriere della Sera e saggista, che ha tenuto la lectio magistralis di apertura del festival del giornalismo culturale di Urbino. “Non una lectio magistralis, al massimo una lectio, non sono un maestro o un insegnante – ha però precisato Severgnini – anzi, ancora meglio, un ragionamento pubblico”. Un ragionamento che si è concentrato sulla nuova narrativa, in cui “tutti sono protagonisti dei propri racconti tramite i social network e i nuovi media. Siamo noi stessi gli avversari del giornalismo culturale. O riusciamo a trovare qualcosa di altrettanto interessante della vita delle persone o altrimenti abbiamo perso”, spiega ancora Severgnini.

L’editorialista del Corriere ha parlato anche del suo ruolo: “Io non sono un giornalista culturale, ma mi occupo di questi temi, forse per questo leggo un libro con passione, perché poi non devo fare recensioni – racconta Severgnini – io sono uno sconfinatore professionale, qualunque cosa mi dicano di fare io decido di andare oltre”.

Nel pomeriggio Severgnini ha anche presentato il suo ultimo libro a Urbino La vita è un viaggio, nel quale elenca venti parole chiave. Di queste Severgnini ne ha citate alcune, secondo lui fondamentali per il giornalismo culturale e per le nuove generazioni – sempre al centro del suo discorso – nel suo intervento al festival: ispirazione, incoraggiamento e paura. Proprio la paura, secondo Severgnini, è fondamentale per i giovani: “Chi non ha paura, non parte mai. La paura è benedetta. Se li difendiamo troppo dalla paura commettiamo un errore gravissimo, confonderanno il porto per il mare”.

I ragazzi sono spesso al centro del ragionamento di Severgnini: “Gli insegnanti devono diventare un punto di riferimento e di incoraggiamento. Va fatto con gli strumenti della cultura ma non solo. Come dicono gli americani, la gente ha bisogno di essere incoraggiata. Non puoi soltanto dare ordini e bisogna pagare i ragazzi che lavorano”.

Altro capitolo affrontato dall’editorialista del Corriere della Sera è quello dei social network: “Twitter è un decespugliatore mentale, un filo intermentale. Bisogna passarlo poco, come il filo interdentale che usi solo una volta la sera, ma con quel poco si puliscono ‘i dentini del cervello’. Certo, se ci si limita a questo mancherà altro, ma è comunque utile come strumento, serve anche per mettersi al centro della narrazione”.

L’ultimo riferimento del suo discorso Severgnini lo dedica ancora alla narrazione, questa volta quella collettiva: “I cinesi e gli indiani sono felici non perché vivono meglio di noi, ma perché sanno che i figli staranno meglio di noi. In Italia questa narrazione si è interrotta, noi non sappiamo se i nostri figli staranno meglio di noi”.

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Edizione straordinaria: sono scomparse le notizie dalle prime pagine dei quotidiani http://ifg.uniurb.it/2014/02/19/ducato-online/edizione-straordinaria-sono-scomparse-le-notizie-dalle-prime-pagine-dei-quotidiani/57300/ http://ifg.uniurb.it/2014/02/19/ducato-online/edizione-straordinaria-sono-scomparse-le-notizie-dalle-prime-pagine-dei-quotidiani/57300/#comments Wed, 19 Feb 2014 10:23:44 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=57300 Analisi, commenti, approfondimenti, inchieste, opinioni politiche, previsioni economiche: se si apre un quotidiano nazionale (ma anche internazionale) si trova tutto questo (e anche di più). Ma le hard news, le notizie vere, quelle che una volta gli “strilloni” divulgavano agli angoli delle strade e facevano correre i cittadini a comprare il giornale, dove sono finite? Dall’altra parte dell’oceano atlantico la scomparsa delle notizie dalle prime pagine dei quotidiani è una questione molto dibattuta.

Proprio qualche settimana fa la public editor del New York Times,  Maragaret Sullivan, su segnalazione dei lettori, aveva “scoperto” che tra i sette titoli principali del suo giornale solo uno si poteva considerare hard news e aveva polemizzato col suo stesso giornale.

Ma esiste in Italia un problema di questo tipo? “I ritmi dell’informazione non sono più compatibili con la carta stampata – spiega Paolo Mancini docente di Sociologia della Comunicazione all’università di Perugia – già nel 2006 Travaglio aveva scritto un libro intitolato La scomparsa dei fatti. In Italia i giornali, ma anche i telegiornali, sono abituati a dare spazio alle dichiarazioni, si raccontano opinioni non fatti. I giornali sono costretti a fornire commenti e analisi perché le notizie le danno altre fonti”.

Noi abbiamo deciso di fare la stessa verifica fatta dalla Sullivan su 6 quotidiani italiani in tre giorni scelti in modo casuale:

Le analisi e gli approfondimenti hanno più del 50% dello spazio in prima pagina e le notizie sono difficili da isolare. Accanto al racconto della notizia infatti c’è sempre qualcos’altro e le cose si fanno ancora più chiare se si analizzano le prime pagine dopo un evento politico rilevante, come il vertice tra Renzi e Letta del 12 febbraio e il probabile avvicendamento tra i due alla guida del governo.

Ecco alcuni titoli:

– Pacco di coalizione (Marco Travaglio editoriale)
IL FATTO QUOTIDIANO

– La partita di Matteo (analisi di Claudio Tito)
LA REPUBBLICA

– Lo scontro fra due velocità (analisi di Mario Calabresi)
LA STAMPA

– Giochi pericolosi (analisi di Ernesto Galli della Loggia)
CORRIERE DELLA SERA

– Il retroscena: la notte del leader, conta da evitare ma stacco la spina
IL MESSAGGERO

– Enrico e Matteo, divorzio con sgambetti
IL MESSAGGERO

– Il grande imbalsamatore (cucù di Veneziani su Renzi)
IL GIORNALE

– Attento Matteo fare flop è facile (di Vittorio Feltri)
IL GIORNALE

Sono tutti esempi di notizia-analisi: la notizia c’è, ma si dà per scontato che il lettore già la sappia perché la televisione, la radio, i siti di informazione o i social network l’hanno già data prima. Così si passa direttamente allo step successivo, quello dell’approfondimento. Stessa cosa succede ai giornali il giorno successivo, quando le indiscrezioni sulla staffetta Renzi-Letta sono diventate una realtà.

– Dentro la crisi: 4 approfondimenti ( Matteo ai suoi “no ai brindisi qui si rischia” L’esecutivo che spaccò il centrodestraVecchi alleati e nuovi patti per la svolta– Domenica già possibile l’incarico)
CORRIERE DELLA SERA

– Renzi si nomina premier (Il Pd licenzia Letta che si dimette. Nasce il governo del segretario. La nuova era politica parte col trucco. E riserverà colpi di scena)
IL GIORNALE

– “Ambizione smisurata” ma Renzi quanto dura?
IL FATTO QUOTIDIANO

– La forza di un gesto e le sue incognite (L’analisi di Carlo Fusi)
IL MESSAGGERO

– L’eterna anomalia italiana (di Cesare Marinetti)
LA STAMPA

– L’azzardo dell’acrobata (di Ezio Mauro)
LA REPUBBLICA

Nei quotidiani apertamente schierati come Il Fatto Quotidiano e Il Giornale la ricerca della notizia è una partita persa in partenza, o comunque molto difficile da giocare perché anche quando le notizie ci sono stanno talmente nascoste dietro l’editoriale del direttore, o il pezzo analitico di qualche firma illustre che sono quasi impossibili da vedere. Ma in realtà “tutti i giornali per non morire devono spostarsi sull’approfondimento e l’analisi – spiega il professor Mancini – anche quelli meno schierati come il Corriere della Sera. Poi il lettore sceglie in base ai suoi gusti ma sa già quello che troverà”. Come dire che la notizia sul giornale c’è ma deve essere condita da qualcos’altro che piaccia agli utenti (notizia e analisi della notizia, approfondimento sulla notizia stessa o commento illustre sempre restando nei “pressi” della notizia).

Questa “commistione di genere”, tratto caratteristico del giornalismo italiano, ha radici profonde: “Il modello mediterraneo, ripreso dal giornalismo in Italia, è un tipo di giornalismo indirizzato a pochi educati che fornisce approfondimenti, commenti e interpretazione dei fatti. Non è per tutti, è nato per essere elitario” spiega il professore.

Tornando alla polemica scoppiata di recente tra i lettori del New York Times, viene da chiedersi perché i cittadini americani si siano lamentati mentre in Italia la prassi è accettata e ben digerita. Probabilmente c’è anche il fatto che in Italia non c’è nessuno con cui potersi lamentare e che faccia solamente l’interesse dell’utente perché il “garante del lettore”, la Margaret Sullivan nostrana, non esiste. Ma più importante, il lettore anglosassone è abituato a un tipo di giornalismo freddo e molto più rigido del nostro (la famosa regola delle 5 W, la base del giornalismo anglosassone: who, what, when, where, why). Solo fatti, niente opinioni. Mentre “in Italia il giornalismo è sempre stato giornalismo d’opinione, qui il pubblico è sofisticato e vuole approfondimenti. Basti guardare Repubblica -  conclude Paolo Mancini – è un giornale nato per dare opinioni, non notizie”.

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La primavera delle pagine culturali per fare rinascere il nostro Paese http://ifg.uniurb.it/2013/05/05/ducato-online/la-primavera-delle-pagine-culturali-per-fare-rinascere-il-nostro-paese/45495/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/05/ducato-online/la-primavera-delle-pagine-culturali-per-fare-rinascere-il-nostro-paese/45495/#comments Sun, 05 May 2013 13:44:10 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=45495 URBINO – Le parole di Piero Dorfles risuonano tra le pareti spesse della sala Raffaello nel palazzo del Legato Albani: le pagine del giornalismo culturale italiano suscitano dibattiti vuoti, sfociano nel divismo e nel personalismo, da informative sono diventate promozionali. Insomma sono autoreferenziali. In prima fila ad ascoltarlo e a prendere appunti Armando Massarenti dal 1986 al domenicale de Il Sole 24 Ore e Luca Mastrantonio della redazione de La Lettura, l’inserto culturale del Corriere della Sera. Poche ore dopo i due insieme a Roberto Danese dell’Università degli Studi di Urbino e a Christian Raimo, scrittore, discutono della primavera degli inserti culturali del Paese. Ma sarà veramente una primavera, un nuovo rinascere o piuttosto è un cambio di vesti, un ammodernamento ai tempi del 2.0?


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Crisi Rcs, la sfida dei Cdr per salvare 800 posti di lavoro http://ifg.uniurb.it/2013/03/18/ducato-online/crisi-rcs-la-sfida-dei-cdr-per-salvare-800-posti-di-lavoro/38878/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/18/ducato-online/crisi-rcs-la-sfida-dei-cdr-per-salvare-800-posti-di-lavoro/38878/#comments Mon, 18 Mar 2013 13:58:40 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=38878 SCHEDA Recoletos, un autogol da 1,1 mld]]>

“Care lettrici e cari lettori, il giornale che state leggendo oggi è in edicola grazie al senso di responsabilità mostrato dai giornalisti del Corriere della Sera in forza degli avvenimenti eccezionali accaduti ieri”
(Comunicato sindacale del Cdr Corriere della Sera)

corriereseraEra l’11 febbraio, nelle redazioni dei quotidiani e dei periodici del gruppo Rcs probabilmente l’atmosfera era tesa. L’amministratore delegato Pietro Scott Jovane, insieme al capo del personale, aveva annunciato al Comitato aziendale europeo (Cae) il piano per lo sviluppo 2013-2015, che prevede anche l’esubero di 800 dipendenti, di cui 600 in Italia (tra questi 200 sono giornalisti), la vendita o la chiusura di 10 periodici e il trasloco del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport dalla storica sede di via Solferino.

L’avvenimento eccezionale, invece, era l’annuncio di Papa Benedetto XVI di voler interrompere il suo pontificato. Interessi contrastanti: da un lato il diritto di protestare per la tutela del proprio posto di lavoro; dall’altro il dovere di comunicare ai fedeli e non di tutto il mondo il perché di quel gesto storico. Ha vinto il senso del dovere e il Corriere della Sera, come le altre redazioni giornalistiche, ha iniziato un periodo di intenso lavoro per raccontare tutte le tappe di quell’evento, raro nella storia, che ha portato all’elezione del nuovo pontefice, Papa Francesco. Non è solo “il senso di responsabilità” della professione giornalistica ma anche e soprattutto la voglia intrinseca del giornalista di far parte della storia, anche quando avrebbe tutto il diritto di spegnere il computer e incrociare le braccia.

“Un attacco inaudito e inaccettabile da parte dei vertici di questa azienda (…). Una decisione gravissima che, se applicata fino in fondo, sfregerebbe irrimediabilmente l’identità del Corriere e delle altre testate del gruppo”
(Comunicato sindacale del Cdr Corriere della Sera)

La prossima tappa sarà il Consiglio di amministrazione del 27 marzo in cui, insieme all’assemblea dei soci, verrà delineato l’aspetto finanziario a supporto del piano per lo sviluppo 2013-2015, vale a dire chiarire quanto gli azionisti del patto sindacale saranno disposti a investire nel piano industriale di Jovane. E sembra essere proprio questo l’aspetto più delicato della vicenda Rcs. Il gruppo ha attualmente un indebitamento pari a circa 880 milioni di euro in scadenza tra ottobre e novembre prossimi: che significa otto mesi di tempo per decidere sulla ricostituzione del capitale.

Nel frattempo sta assumendo grande importanza il ruolo svolto all’interno delle redazioni dai rispettivi Comitati di redazione delle divisioni quotidiani e periodici. Dalla settimana scorsa hanno aperto dei tavoli negoziali con i dirigenti e si muovono su due fronti, con richieste in parte differenti, ma con un unico obiettivo: studiare e proporre progetti che favoriscano maggiori ricavi editoriali.

“La crisi del gruppo Rcs – spiega al Ducato Giuseppe Sarcina, membro del Cdr del Corriere della Sera – è una crisi in cui si intrecciano diverse componenti: di mercato, strutturale e finanziaria”. La componente di mercato è la crisi economica che ha portato i ricavi pubblicitari del gruppo, sia del Corriere che della Gazzetta che delle altre testate, in forte diminuzione.

Poi c’è la componente strutturale e cioè la trasformazione tecnologica che spinge i giovani a non leggere più i giornali e a spostarsi su nuove piattaforme: “Da gennaio l’Ads (Accertamento diffusione stampa) ha iniziato a contare anche le nostre copie diffuse sull’iPad ma è chiaro che l’online non dà gli stessi ricavi editoriali della carta, anzi per il momento ne dà zero, perché in Italia ancora nessuno ha sperimentato delle formule tipo il paywall o altri sistemi per far pagare ai lettori le copie digitali”.

Infine c’è la componente finanziaria: “E questo – continua Sarcina – è un problema specifico del gruppo Rcs, subentrato nel 2007 con l’acquisizione del gruppo editoriale spagnolo Recoletos, proprietario del primo quotidiano economico Expansion e il primo quotidiano sportivo Marca». L’intento era quello di creare “insieme a El Mundo, nel quale Rcs era già presente (dal 1999) con una quota, un polo di attività in Spagna che, però, è andato malissimo sia da un punto di vista dei risultati editoriali sia da un punto di vista finanziario”.

SCHEDA Un acquisto (sbagliato) da 1,1 miliardi

Un’operazione rischiosa e poco trasparente effettuata – stando all‘inchiesta che lo stesso Cdr del Corriere ha fatto e pubblicato come comunicato sindacale sul giornale – a prezzi di mercato più alti rispetto ai parametri dell’epoca (l’Rcs ha speso per la Recoletos 1,1 miliardi di euro) e all’ombra di intrecci d’interesse tra compratori e venditori. Uno specchietto per le allodole che “ha trasformando la Rizzoli da impresa sana e senza debiti – nel 2006, prima dell’acquisizione Recoletos, l’Rcs MediaGroup registrava un’utile netto di 219 milioni – a un’impresa molto indebitata (…) che pesa sulla gestione di oggi e ipoteca il futuro del gruppo”.

A questo punto ciò che il Cdr della sezione quotidiani si aspetta dal prossimo Cda di fine marzo è: un immediato aumento di capitale da parte degli azionisti e nuovi progetti editoriali per incrementare i ricavi dal digitale. Riguardo al primo aspetto ancora Sarcina spiega: “A ottobre sembrava che 400 milioni sarebbero potuti bastare, ma con l’aggravarsi della crisi riteniamo che servano almeno 700-800 milioni. Probabilmente ha ragione chi dice che sarà un aumento di capitale in due riprese, una subito di 400 milioni e una più avanti di 200-250 milioni”.

Ma la ricapitalizzazione da sola non basta. “Il problema fondamentale – continua Sarcina – è quello di trovare progetti per aumentare i ricavi. Se non si rompe l’incantesimo di Internet o del digitale a pagamento si può tagliare tutto quello che si vuole, ma nel giro di due o tre anni ci si ritrova allo stesso punto”.

Il piano industriale dell’ad Jovane prevede di far convergere carta e digitale, passando entro il 2015 a ottenere dalla carta il 75% dei ricavi totali del gruppo e dal digitale il 25% (oggi sono rispettivamente l’86% e il 14%).

Riguardo la questione degli 800 esuberi l’azienda ha escluso che si tratti di licenziamenti, anche se non ha chiarito se pensa a prepensionamenti o ad altro. Aspetto delicato che riflette l’incertezza della situazione politica nazionale, perché gli ammortizzatori sociali, previsti in stato di crisi secondo la legge fondamentale dell’editoria n. 416 del 1981, dal 2009 sono a carico dello Stato che mette a disposizione un Fondo statale per i prepensionamenti dei giornalisti, con un budget di 20 milioni di euro l’anno. Ma al momento la Fnsi (Federazione Nazionale Stampa Italiana) ha invitato i Cdr delle diverse redazioni a non firmare nessun tipo di accordo, perché pare che i soldi siano finiti.

Di altra natura è la questione cessione periodici. Sono 10 le testate del gruppo Rcs su cui l’amministratore delegato Jovane sta valutando l’ipotesi di vendita o chiusura: A, Brava Casa, Astra, Max, Ok Salute, l’Europeo, Visto, Novella 2000, Yacht & Sail e il polo dell’enigmistica. Anche qui c’è stata, ovviamente, una dura reazione del Cdr della divisione periodici che, definendo antisindacale il comportamento assunto dall’azienda, ha chiesto e ottenuto l’apertura di tavoli negoziali con l’ad Jovane per evitare la vendita.

“La cessione – spiega al Ducato Marco Persico, membro del Cdr Periodici – è antisindacale perché viola gli accordi presi, con l’attivazione dello stato di crisi, tra azienda e Cdr”. Accordi che furono siglati in seguito al fallimentare tentativo di vendita che Rcs mise in atto nel 2010  per otto testate, tra cui quattro (Astra, Max, Ok Salute e Novella 2000) rimesse in discussione anche adesso. All’epoca l’amministratore delegato era Antonello Perricone e fu con lui che la delegazione sindacale siglò gli accordi per l’attivazione dello stato di crisi, in vigore dal 20 gennaio 2012 al 15 febbraio 2014, come impulso ad un piano di riorganizzazione alternativo alle dismissioni.

Negli incontri di questi ultimi giorni, “l’azienda – afferma Persico – ha confermato l’intenzione di verificare la possibilità di vendere le 10 testate, ma si è detta disponibile a esaminare ogni proposta alternativa alla cessione. Noi pensiamo che la fase vada affrontata in un altro modo, senza mettere a rischio il valore di un patrimonio professionale enorme con operazioni di vendita dall’orizzonte discutibile. Parliamo sempre di 10 testate che costituiscono il 18-20% del fatturato dell’azienda e impiegano oltre 100 giornalisti”.

Le trattative ufficiali tra azienda e Comitati di redazione riprenderanno solo dopo il consiglio di amministrazione del 27 marzo. Giuseppe Sarcina ha confermato la possibilità di uno sciopero qualora le aspettative di una ricapitalizzazione da parte degli azionisti venissero disattese, mentre Marco Persico spera che dai tavoli negoziali di questa settimana si possa arrivare ad una soluzione più equilibrata. Abbiamo anche provato a contattare Pietro Scott Jovane, ma l’azienda in questa fase non rilascia dichiarazioni.

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Corriere della Sera e Sole 24 ore premiati al ‘Pulitzer’ per l’infografica http://ifg.uniurb.it/2013/03/18/ducato-online/corriere-della-sera-e-sole-24-ore-premiati-al-pulitzer-per-linfografica/39079/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/18/ducato-online/corriere-della-sera-e-sole-24-ore-premiati-al-pulitzer-per-linfografica/39079/#comments Mon, 18 Mar 2013 13:29:32 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=39079 C’è anche un pizzico di giornalismo italiano tra le infografiche premiate all’International Infograpichs Awards, a fianco di giganti dell’informazione mondiale come New York Times, National Geographic e Washington Post.

‘La Lettura’, il supplemento domenicale del Corriere della Sera, e ‘Rane’, la sezione culturale di IL, Intelligence in Lifestyle, il magazine de Il Sole 24 Ore, hanno ottenuto infatti tre piazzamenti all’edizione 2013 del Malofiej Infographics Awards, il riconoscimento di visual journalism più importante al mondo, considerato il “Pulitzer dell’infografica’.

Nella categoria Portfolio la medaglia d’argento è stata assegnata alle ‘visualizzazioni dati’ a cura del DensityDesign Lab del Politecnico di Milano, pubblicate su La Lettura. Medaglie di bronzo per l’intero portfolio di lavori del 2012 pubblicati sul supplemento del Corriere e per le infografiche di Rane.

Secondo Paolo Ciuccarelli, direttore scientifico del laboratorio di ricerca DensityDesign del politecnico di Milano, il segreto per un’infografica di successo è il giusto equilibrio tra la ricchezza e la completezza dei dati e la velocità di lettura. “Sembra un paradosso ma la chiave è proprio questa. Rendere comprensibili al massimo per il lettore un gran numero di dati, senza dimenticarsi dell’estetica e del ruolo che riveste in questo campo”.

Le infografiche di “La Lettura” si occupano prevalentemente di temi culturali, di arte, fotografia e letteratura. Avevano già vinto la medaglia d’argento nel 2012. “Vincere anche quest’anno è una conferma per il nostro lavoro, il nostro team e per il Politecnico – continua Ciuccarelli – da quando è nata La Lettura, il Corriere della Sera è presente ai primi posti degli International Awards.”

E’ un dato innegabile che sempre più spesso, nella cultura e nell’informazione contemporanea, il semplice testo perde rilevanza di fronte a foto e produzioni complesse, come le infografiche, che mixano testo, immagini, colori e dati. I lettori possono avere con un colpo d’occhio la visione d’insieme, l’analisi di una situazione, il corso e l’andamento di un fenomeno. E anche il mondo dei social network sta virando verso questa direzione. Solo qualche giorno fa Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, ha spiegato come all’immagine e alla fotografia verrà dato sempre più spazio nella News Feed del social, quella che lui stesso ha definito il “miglior giornale personalizzato” di tutti i tempi.

L’altra medaglia di bronzo italiana è stata vinta da Le Rane, sezione culturale di Il, Intelligence in Lifestyle, il magazine de Il Sole 24 Ore che si era già aggiudicato negli anni passati più di una decina di medaglie all’International Infographics Awards.
“Rane”, ispirandosi a riviste futuriste, tenta di creare un linguaggio più moderno attraverso infografiche , ‘visual storytelling’ e un particolare aspetto tipografico. Francesco Franchi, direttore creativo di IL, spiega come questa sia “una maniera nuova di raccontare le storie, un’alternativa al testo. Le infografiche permettono di tradurre vere e proprie storie in dati utilizzando un linguaggio diverso. La sfida per il futuro è quella di renderle disponibili per ogni tipo di tablet o smartphone”.

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Crisi Rcs, l’acquisto (sbagliato) del gruppo Recoletos http://ifg.uniurb.it/2013/03/18/ducato-online/crisi-rcs-lacquisto-sbagliato-del-gruppo-recoletos/38896/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/18/ducato-online/crisi-rcs-lacquisto-sbagliato-del-gruppo-recoletos/38896/#comments Mon, 18 Mar 2013 10:34:35 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=38896 [continua a leggere]]]>

L’acquisto del gruppo editoriale spagnolo Recoletos è la causa della grande crisi che ha investito il gruppo Rcs, almeno secondo le ricostruzioni effettuate dai giornalisti e dal Comitato di redazione del Corriere della seraQuella decisione ha causato l’indebitamento dell’azienda, che oggi ammonta a 880 milioni di euro.

Il Cdr e la redazione del Corriere hanno messo sotto la lente d’ingrandimento quell’acquisto, facendo una vera e propria inchiesta pubblicata poi sul giornale stesso, sotto forma di comunicati sindacale. Un’operazione, si legge, iniziata nel 2006 sotto l’ombra di intrecci di interessi tra azionisti del gruppo Rcs e venditori, una mancata trasparenza che è costata all’azienda una multa di 200mila euro da parte della Consob.

Ma facciamo un passo indietro, sempre seguendo l’analisi del Corriere.  Nel 2006 l’Rcs MediaGroup era una società in attivo con un utile netto pari a 219 milioni di euro e un indebitamento vicino allo zero. Il gruppo editoriale Recoletos invece, presente in Spagna con importanti testate tra cui il primo quotidiano economico Expansiòn e il primo quotidiano sportivo Marca, nel 2006 aveva un patrimonio netto di 35 milioni di euro e debiti per 272 milioni. Controllata dall’inglese Pearson, casa editrice del Financial Times, viene venduta prima alla finanziaria Retos Cartera che ne compra, per 743 milioni di euro, il 79% delle quote. Già in questo primo passaggio di consegne si registra un sovrapprezzo del 19% rispetto al reale valore di mercato del gruppo spagnolo. Un sovrapprezzo che cresce ulteriormente quando entra in gioco il gruppo Rcs che acquista il 100% delle quote di Recoletos per 1,1 miliardi di euro, ma con un perimetro aziendale ridotto perché non entra in possesso della testata free press Què!

L’operazione di acquisizione viene portata a termine nell’aprile del 2007, nonostante due mesi prima la Deutsche Bank ne avesse rilevato i rischi: “Deboli investimenti pubblicitari, aumento dei costi del lavoro e sovrapprezzo nell’operazione di acquisizione e fusione”. E nonostante la disapprovazione dell’allora amministratore delegato Vittorio Colao che si dimise lasciando il posto a Antonello Perricone.

Quello che segue è storia, con due stati di crisi varati nei quattro anni successivi all’acquisizione Recoletos e una grave situazione attuale in cui al forte indebitamento si uniscono le perdite dovute alla diminuzione dei ricavi pubblicitari. Un momento difficile per il gruppo Rcs dove un ruolo fondamentale è giocato dell’attuale amministratore delegato Pietro Scott Jovane, a lui il compito di ottenere un notevole aumento di capitale dai soci azionisti, rinegoziare un debito elevatissimo e fronteggiare la reale crisi industriale.

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Diffusione stampa, ora conta anche il digitale: il Sole primo su tablet e pc http://ifg.uniurb.it/2013/03/14/ducato-online/diffusione-stampa-ora-conta-anche-il-digitale-il-sole-primo-su-tablet-e-pc/38379/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/14/ducato-online/diffusione-stampa-ora-conta-anche-il-digitale-il-sole-primo-su-tablet-e-pc/38379/#comments Thu, 14 Mar 2013 11:43:20 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=38379 Il digitale entra nel conteggio delle vendite e della diffusione dei giornali. E anche se non hanno ancora la forza di rivoluzionare la classifica, le copie acquistate via internet fanno comunque sentire il loro peso. Nelle statistiche sulla diffusione dei quotidiani nazionali, che vedono da sempre sul podio il Corriere della Sera, la Repubblica e l’edizione del lunedì della Gazzetta dello Sport, è Sole24Ore che stacca tutti per copie digitali diffuse su pc, smartphone e tablet.

Secondo i dati di Ads – Accertamento Diffusione Stampa – pubblicati ieri, a gennaio 2013 il Sole24Ore ha venuto più di 46.000 versioni digitali del proprio quotidiano, più del Corriere e Repubblica, che rimangono comunque in testa per diffusione totale (cartacea più digitale).

Il Sole, grazie alla tecnologia, scala quindi la classifica scavalcando la Gazzetta dello Sport e la Stampa. L’edizione digitale, secondo il nuovo regolamento di Ads del 20 dicembre 2012, è “una replica esatta e non riformattata dell’edizione cartacea in tutte le sue pagine, pubblicità inclusa” e deve essere “distribuita elettronicamente come unità inscindibile ed esclusiva”. Requisito per il conteggio è anche il prezzo: la copia di un’edizione digitale deve avere un costo non inferiore al 30% rispetto al prezzo della versione cartacea. L’Ads distingue inoltre la vendita di copie digitali singole, quelle “multiple” (offerte in stock) e quelle “abbinate”, cioè vendute insieme all’edizione cartacea. Il Corriere della Sera detiene il primato per quanto riguarda le copie digitali vendute in forma singola: 40.616. Subito sotto la Repubblica con 40.207. Più in basso, la Gazzetta dello Sport, con 14.525.

Diffusione cartacea Copie digitali singole Copie digitali multiple+ abbinate Totale copie digitali Diffusione cartacea+ digitale
Corriere della sera 411.400 40.612 5.004 45.616 457.016
Repubblica 360.522 40.207 5.789 45.996 406.519
Gazzetta dello sport (lunedì) 261.872 14.525 1.024 15.549 277.420
La Stampa 234.856 6.920 0 6.920 241.776
Sole 24 Ore 233.997 9.621 36.569 46.190 280.187

Il Sole24Ore vende meno di 10.000 copie singole, ma con le oltre 36.000 copie in abbinamento con il cartaceo e in offerta che guadagna il primato e diventa il primo quotidiano a diffusione digitale. Seconda la Repubblica e terzo il Corriere. La Stampa vende meno di 7.000 copie digitali singole, e nessuna multipla o in abbinamento. Stampa e Gazzetta scendono così anche nella classifica della diffusione totale: se in quella cartacea (che considera vendite, abbonamenti e omaggi) erano in quarta e terza posizione, con il conteggio del digitale si ritrovano più in basso di un posto. Nella lista completa dei 65 quotidiani, sono solo cinque quelli che non vendono nessuna edizione digitale: Avvenire, il Giornale, Italia Oggi, la Gazzetta di Parma e l’edizione del sabato del Quotidiano di Sicilia (che però, nell’edizione normale, si distingue per la vendita di 1 copia digitale).

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‘Colonna destra’ e ‘boxini morbosi’ ai giornali sul web non basteranno più http://ifg.uniurb.it/2013/03/13/ducato-online/colonna-destra-e-boxini-morbosi-ai-giornali-sul-web-non-basteranno-piu/38125/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/13/ducato-online/colonna-destra-e-boxini-morbosi-ai-giornali-sul-web-non-basteranno-piu/38125/#comments Tue, 12 Mar 2013 23:00:09 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=38125 L’ultimo tatuaggio di Rihanna, il figlio della Fico che non si sa se sia pure figlio di Balotelli, un anno di look di Kate Middleton tra abiti Zara e Alexander McQueen. Sì, insomma, questo è il tipo di notizie che compongono la cosidetta ‘colonna destra‘ (che a volte occupa anche altri spazi della pagina) dei siti web delle principali testate giornalistiche italiane.

E, volente o nolente, ognuno di noi almeno una volta nella vita ha cliccato su uno di quei boxini, o perché attratto dal carattere di eccezionalità dei video e delle fotogallerie di quella sezione della pagina o semplicemente per puro svago. Eppure per i più sensibili al tema dell’informazione quella colonna è motivo di disturbo: il gossip, il soft-porn, le papere calcistiche e le notizie strane-ma-vere sviliscono il giornalismo doc, in cambio di qualche click in più sulla pagina del giornale.

E’ questa una delle tesi, che compongono l’e-book sul giornalismo digitale italiano di Alessandro Gazoia, più noto agli internauti come il blogger Jumpinshark, collaboratore dell’inserto culturale di Pubblico, Orwell.

Il web e l’arte della manutenzione della notizia, edito da Minimum Fax, analizza nel dettaglio il fenomeno dei contenuti leggeri della colonna di destra delle testate giornalistiche online, conosciuta anche come “boxino morboso“: concessioni che il giornalismo generalista di qualità farebbe al web per ottenere in cambio un numero maggiore di pagine viste e di conseguenza migliori inserzioni pubblicitarie.

Niente di condannabile in sé, a patto che sia controbilanciato da un’informazione seria e di qualità. L’e-book di Gazoia scava nel profondo dell’anomalia italiana rispetto al panorama straniero: emerge un giornalismo online subordinato alla tirannia della carta stampata e per questo non in grado di sorreggersi autonomamente, contrariamente a quanto avviene all’estero, dove testate come il Guardian o il New York Times hanno saputo rimodellare il web ex novo, conferendogli una propria autorevolezza e rispettabilità. Ma il futuro del giornalismo in byte, in un momento di crisi dell’editoria come quello che stiamo vivendo, impone dei cambiamenti che ristabiliranno il modo di fare notizia sul web.

Da dove nasce l’idea di questo e-book?
Ho sempre avuto, come tantissime altre persone, un vivo interesse per l’informazione e da circa due anni seguo con attenzione il dibattito sul giornalismo digitale (gli esperti americani giocano naturalmente un ruolo di rilievo). Qualche mese fa ho pensato che potesse essere utile una panoramica sull’Italia. L’attenzione nei confronti di Repubblica e Corriere è doverosa: da anni sono i quotidiani online più letti e ancora oggi influenzano molto i concorrenti.

E’ mai stato “vittima” dell’attrazione esercitata dalla colonna di destra?
Tutti i giorni, senza vergogna. Anzi i mici hanno iniziato a piacermi molto di più nella realtà dopo averli visti su Internet… Il problema non è il giornalismo leggero e leggerissimo ma la sovraresponsabilizzazione, anche economica, che la “colonna di destra” ha oggi presso alcune tra le testate più autorevoli.

Il boxino morboso raccoglie informazioni di basso profilo che il più delle volte riguardano personaggi pubblici. Qual è il confine tra diritto di cronaca e gossip?
Domandone a cui non so dare una risposta. Direi banalità o farei moralismi di maniera. Non è proprio il caso, anche perché siamo il paese in cui il programma più ferocemente politico del 2011 è stato Kalispera, con l’intervista di Signorini a Ruby.

La colonna di destra è uno spazio delimitato, un’oasi che il lettore conosce e che per questo sceglie consapevolmente. E’ un servizio nei confronti del lettore?
In una bellissima analisi della colonna di destra di Repubblica, lo scrittore Giorgio Vasta smonta al meglio questa idea della divisione rigida; e, pur ammettendo che vi sia l’onesta intenzione, resta da verificare un punto importante: l'”ideologia”, se non i contenuti, della colonna di destra al suo peggio non filtrano mai al centro? Nonostante la disciplina e serietà di una testata, mi pare difficile che non si ceda mai alla fretta, al pressapochismo, alla mancata verifica, al titolo davvero troppo urlato anche nel “giornalismo serio”, quando a pochi pixel di distanza “vale tutto”, sempre.

Qual è il rapporto tra giornalismo online e carta stampata?
Le versioni online delle testate tradizionali cercano d’intercettare il largo pubblico che non compra il cartaceo. Puntano ai lettori dei settimanali di svago e pettegolezzo, ai visitatori dei grandi portali dove domina l’informazione leggera, agli spettatori della tv del pomeriggio e ai giovani attratti dalle curiosità del web. E, di nuovo, questa “vocazione inclusiva” non è un male in sé.

In Italia è possibile un ripensamento totale del giornalismo online – in stile Guardian – svincolato dall’autorità della stampa cartacea?
Questo 2013 sarà molto probabilmente un anno di grandi cambiamenti, anche dolorosi, come dimostrano le vicende del Corriere della Sera. Alcuni giornali, come Il Sole 24 ore, paiono seriamente intenzionati a “ripensare tutto”, accesso gratuito incluso. La colonna di destra rimarrà – e anche il Guardian in un certo senso ce l’ha – però la sua realizzazione e il suo ruolo saranno forse diversi.

Qual è la differenza tra il traino esercitato dal ‘boxino morboso’ e quello dei blog di firme della testata?
I blogger, veri o mascherati (intendo dire che oggi tira molto il giornalista virato in blogger), svolgono prevalentemente un’opera di commento e su alcune testate, a cominciare dal Fatto Quotidiano che non ha propriamente boxini morbosi, la loro importanza è innegabile. Per quando riguarda i numeri: forse oggi in Italia fa più accessi un post intitolato “Beppe non ti alleare” che “il pancione di Belen”.

Le nuove realtà editoriali online (Linkiesta, Il Post, Giornalettismo) presentano la stessa tendenza di Repubblica e Corriere?
Quasi tutti i quotidiani nativi digitali hanno sia un parco blogger che una qualche forma di “colonna di destra”: alcuni sono molto attenti alla qualità dei blogger e a non superare certe soglie nel desiderio di acchiappare i clic, altri meno. Ripeto: non c’è nulla di scandaloso nel post veloce sulla schiacciata spettacolare della Nba, l’importante è, per usare una metafora molto facile e comune, “una dieta informativa bilanciata”.

Quanto il boxino incide veramente sulla popolarità di una testata? E’ una scelta che paga?
Sembra che paghi sempre meno, anche perché la concorrenza è sempre più ampia. Su quanti siti trovi le foto di Nicole Minetti? E c’è qualcuno che dice “no, io le immagini della bellona in costume le guardo solo su Repubblica.it”? Il processo di formazione del gusto – o il suo decadimento  – è un tema delicatissimo. E al solito “la gente vuole quello” è un’affermazione sullo stato delle cose o una profezia che si autoavvera?

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L’annuncio sui giornali: 100 anni di “Habemus Papam” http://ifg.uniurb.it/2013/03/05/ducato-online/lannuncio-sui-giornali-100-anni-di-habemus-papam/37351/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/05/ducato-online/lannuncio-sui-giornali-100-anni-di-habemus-papam/37351/#comments Tue, 05 Mar 2013 12:34:46 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=37351 Da Pio X, il 4 agosto 1903 a Benedetto XVI il 19 aprile 2005. Ecco come i giornali italiani e stranieri hanno dato l’annuncio dell’elezione del Pontefice, nel corso dell’ultimo secolo.

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