il Ducato » crisi giornali http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » crisi giornali http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Prepensionamenti e contratti di solidarietà: Rcs e Sole 24 Ore stringono la cinghia http://ifg.uniurb.it/2014/02/04/ducato-online/prepensionamenti-e-contratti-di-solidarieta-rcs-e-sole-24-ore-stringono-la-cinghia/56254/ http://ifg.uniurb.it/2014/02/04/ducato-online/prepensionamenti-e-contratti-di-solidarieta-rcs-e-sole-24-ore-stringono-la-cinghia/56254/#comments Tue, 04 Feb 2014 10:07:39 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=56254 LEGGI Crisi Rcs, dieci periodici a rischio La sfida dei Cdr per salvare 800 posti di lavoro]]> sole24ore-sito-258x258

Una cura da cavallo per il Sole 24 Ore e i periodici del gruppo Rcs nel periodo più nero del lavoro giornalistico in Italia. Per rimettere in sesto i bilanci, l’editore del quotidiano economico ha concluso un accordo venerdì scorso con il Comitato di Redazione, in attesa di ratifica da parte dell’assemblea di redazione, che prolunga lo stato di crisi fino al 2016.

In questo periodo di passione i contratti di solidarietà saranno rinnovati con un taglio del 14% dell’orario di lavoro: in pratica, i redattori passeranno a casa tre giorni al mese.

Meno tempo in ufficio, ma anche meno soldi in busta paga: la riduzione dello stipendio è però solo del 5%, perché la diminuzione dell’orario viene compensata al 60% dall’Inpgi (l’ente previdenziale dei giornalisti) e al 10% dallo Stato. Il punto più controverso riguarda i pensionamenti anticipati che, secondo l’accordo, dovrebbero riguardare 38-40 giornalisti in età avanzata, ovvero le firme che hanno fatto la storia recente del giornale milanese.

Per i redattori del quotidiano di Confindustria l’alternativa al congedo è la “retrocessione” del contratto, da tempo indeterminato a collaborazione fissa, con un taglio salariale del 30-50%. A chi sceglierà di rimanere, senza più gradi sulle spalline, l’azienda fornirà un telefono cellulare e un computer portatile, in modo da poter lavorare da casa.

Nel Cdr è stato il forte dissenso all’accordo di Antonella Olivieri, veterana della redazione finanziaria, che ha sottolineato l’illegittimità dei prepensionamenti obbligatori e il rischio di “perdere l’anima e la storia “ del Sole 24 Ore. “L’editore sbaglia due volte – aggiunge Olivieri – una prima volta liberandosi di persone altamente capaci e poi per gli incentivi che riconosce. Trattenere i redattori in servizio costerebbe di meno”.

L’accordo deve però ancora passare il voto dell’assemblea di redazione, convocata mercoledì 5 febbraio. Tra i votanti c’è anche Dino Pesole, altra firma autorevole del Sole, che sospende il giudizio sull’accordo in attesa di conoscerne i contenuti: “Scegliere strade dolorose è sempre difficile – dichiara il giornalista – dalle informazioni che circolano, il piano sembra una decisione che prova a far fronte alla situazione di difficoltà del giornale, sperando che sia sufficiente”.

Tira aria pesante anche all’interno del gruppo Rcs, alle prese da un anno con un piano di risanamento che comporta 600 esuberi in Italia (200 sono giornalisti), sfociato nella chiusura e nella messa in vendita di alcune testate del comparto periodici.
L’ultimo a cadere è stato il settimanale economico Il Mondo, la cui chiusura è stata ufficializzata lo scorso 16 gennaio: la redazione conta 13 giornalisti, che ora vedono come prospettiva più ottimistica l’accorpamento della loro testata nell’inserto CorriereEconomia.

Lo scorso 23 gennaio l’editore ha presentato un piano che ridisegna il futuro dei suoi periodici con 23 esuberi, una decina di prepensionamenti e contratti di solidarietà per 65 redattori, compresi quelli già in cassa integrazione. La decurtazione dello stipendio, anche in questo caso con interventi dell’Inpgi e dello Stato, arriva fino al 9%. Una soluzione che, secondo l’editore, comporterà risparmi per 2-3 milioni di euro, e che vede l’introduzione delle Uor (Unità organizzative redazionali), piccoli gruppi tematici di redattori in esubero che forniranno contenuti ai due quotidiani Rcs (Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport) e ai sei periodici ancora in attività (Io Donna, Living, Style, Amica, Dove e Oggi).

Un piano che non piace ai lavoratori. Le redazioni del gruppo Rcs sono da una settimana in stato d’agitazione. Lunedì scorso il sito di Oggi non è stato aggiornato per mezza giornata. La redazione del periodico, riunita in assemblea permanente, non si lascia neanche passare le telefonate. I giornalisti di Oggi hanno chiesto all’azienda un chiarimento non solo sul piano di risanamento, ma anche sulle voci di vendita o di chiusura del cartaceo, con accorpamento del sito come “canale gossip del Corriere della Sera”.

Lo sfondo delle due vicende, Sole 24 Ore e Rcs, è un settore che dal 2009 a oggi ha perso il 13% di occupazione, ovvero 2.200 posti di lavoro svaniti nel nulla. A tirare le somme è Andrea Camporese, presidente nazionale dell’Inpgi, durante un convegno di Quarto Potere avvenuto sabato scorso a Milano. “Nel primo mese del 2014 – ha dichiarato Camporese – i posti di lavoro persi sono stati 200. Dal 2009, il ricorso agli ammortizzatori sociali è aumentato del 230%”.

Unica strada per uscire dalla crisi dell’editoria, per il presidente dell’Inpgi, è l’adozione di un contratto di lavoro che mantenga “equità inter-generazionale, che includa i giovani. Un sistema che protegga non solo il presente, ma che sia sostenibile anche per il futuro”.

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L’edicola e lo “slow journalism”: la doppia sfida di pagina99 http://ifg.uniurb.it/2014/01/29/ducato-online/ledicola-e-lo-slow-journalism-la-doppia-sfida-di-pagina99/55963/ http://ifg.uniurb.it/2014/01/29/ducato-online/ledicola-e-lo-slow-journalism-la-doppia-sfida-di-pagina99/55963/#comments Wed, 29 Jan 2014 12:29:11 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=55963 Come Jack Kerouak, iniziare a raccontare la propria avventura o giudicare la qualità di un libro dalla novantanovesima pagina. In questo caso, arrivare al novantanovesimo giorno di vita di una nuova impresa editoriale per sapere se ha avuto successo.

Ma non bisognerà aspettare maggio per capire cosa rende la nuova testata pagina99 diversa dagli altri esperimenti editoriali lanciati finora. Avrà un’uscita cartacea quotidiana dal martedì al venerdì. Promuoverà un giornalismo lento, di qualità e di approfondimento e punterà, almeno in partenza, su un pubblico di nicchia. In edicola così come in rete. 

Per il momento si tratta di una sfida editoriale su più fronti, ma soprattutto su un terreno scivoloso come quello del giornalismo cartaceo in un periodo di generale crisi dei giornali: pagina99 sbarcherà in edicola l’11 febbraio. Il laboratorio virtuale è online, seppure ancora in versione beta, già da un paio di giorni.

“Siamo consapevoli di essere parte di una grande prova  – spiega Roberta Carlini, direttore della testata assieme a Emanuele Bevilacqua e Jacopo Barigazzi – ma partiamo dal presupposto che i lettori stiano abbandonando i giornali soprattutto perché vogliono un giornalismo diverso. Vogliamo cambiare l’informazione, riflettere su cosa chiedono le persone,  cosa ha stancato e cosa è addirittura inutile e costoso trattare”.

L’edizione cartacea, in 16 pagine,  sarà in edicola al costo di 1,50 euro non avrà una grande tiratura: l’intenzione, infatti, non è quella di competere con i grandi colossi dell’editoria ma di dare un’alternativa valida a chi chiede e desidera un cambiamento. Nel fine settimana ci sarà poi l’edizione di approfondimento di 56  pagine al costo di 3 euro. Il piano industriale si baserà sull’equilibrio tra pubblicità e vendita.

Roberta sottolinea che non tutta la stampa italiana è in crisi, basti pensare a Il Fatto Quotidiano e a Internazionale: “Bisogna iniziare da un pubblico di nicchia, quello che chiede un  giornalismo di qualità e approfondimento. Abbiamo aperto un blog su Tumblr per chiedere ai lettori cosa volessero da un nuovo giornale. Un’interazione che continueremo a nutrire attraverso i social network e una vasta community collegata al sito”.

Due le risposte: affidabilità e correttezza. Che si traducono in verifica puntuale delle notizie, nel controllo incrociato e nel largo spazio dedicato al data journalism.

Per avere un’idea dell’impostazione editoriale basta affacciarsi in rete e dare uno sguardo alla versione beta del sito. Il punto di osservazione è legato all’economia e al lavoro “non intesi come scienze precise e spesso indecifrabili ma come modi di guardare e interpretare la realtà”, spiega Roberta Carlini. “Mentre in passato i lettori acquistavano i giornali per decidere da che parte stare, oggi vogliono crearsi un personale punto di vista. Per farlo, hanno bisogno di chi gli fornisca con chiarezza e affidabilità dati e informazioni sulla realtà. Uscendo dal vittimismo e dal sensazionalismo per lasciare spazio ai fatti”.

Tutto in una redazione di 20 giornalisti – tra i quali alcuni transfughi de Linkiesta e del gruppo Espresso – e numerosi collaboratori impegnati nella realizzazione “multicanale” di pagina99 “per creare un ecosistema in cui carta e web non si sovrappongano e non siano in competizione. Una stessa redazione per diversi media”.

La formula online di pagina99 ha un sapore internazionale. Si ispira al Financial Times per i contenuti e al meglio dell’editoria digitale per quanto riguarda la grafica, a partire dal modello di Newsweek: contributi  multimediali, grafica dinamica  e approfondimento.

Perché internet non vuol dire solo velocità e brevità: “Vogliamo che ci sia molto spazio per l’ampliamento delle tematiche – sottolinea Roberta – con inchieste, reportage, editoriali. Ma soprattutto cercheremo la qualità, a costo di non pubblicare anche i grandi scoop senza averli prima verificati a fondo. Perché i mezzi tecnologici permettono di fare un giornalismo migliore, ma anche di dare tanto spazio a quello peggiore”.

Tra le novità, la possibilità di scegliere il livello di approfondimento degli articoli attraverso una struttura a fisarmonica (i direttori del sito li chiamano “a contesto variabile”  e l’introduzione della forma del “Dibattito”.

“Gli articoli avranno una sorta di divisione modulare in paragrafi: il lettore può scegliere di aprirli o meno a seconda dei propri interessi e delle proprie competenze senza però perdere l’essenzialità della notizia. Contemporaneamente, però, questo ci permette di aprirci al long-form journalism”. Insomma, una soluzione che va incontro a chi ha poco tempo per leggere e a chi, invece ne ha anche troppo.

E poi, uno stop alla polemica urlata dei talk show e ai commenti molesti degli utenti di internet: sarà introdotta la forma del “Dibattito” in cui, scelto un tema, si darà la parola a esperti che sosterranno tesi  contrapposte a patto di portare sul tavolo della discussione dati e argomentazioni valide, verificate e verificabili. Ovviamente, saranno moderati anche i commenti dall’esterno.

“Vogliamo cercare di uscire fuori dal rumore di fondo che permea la rete – conclude Roberta – e siamo consapevoli che ci stiamo lanciando in un’impresa titanica. Ma non abbiamo fretta, procederemo a piccoli passi creando e migliorando il giornale di giorno in giorno e soprattutto accogliendo i consigli dei lettori. Dove arriverà questo giornale? Lo scopriremo solo facendolo”.

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The Long Good Read: la doppia vita della notizia e la rivincita del cartaceo http://ifg.uniurb.it/2013/12/07/ducato-online/the-long-good-read-la-doppia-vita-della-notizia-e-la-rivincita-del-cartaceo/53364/ http://ifg.uniurb.it/2013/12/07/ducato-online/the-long-good-read-la-doppia-vita-della-notizia-e-la-rivincita-del-cartaceo/53364/#comments Sat, 07 Dec 2013 20:41:15 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=53364 The long good read

Digli cosa leggi e ti darà ciò che vuoi. Un giorno non lontano un robot sarà in grado di confezionare un giornale apposta per te, su misura. Questo sistema deve essere ancora brevettato, ma un suo simile è già al lavoro per realizzare, ogni sette giorni, un nuovo numero di The Long Good Read: il meglio del Guardian online ma in versione cartacea

Il settimanale è prodotto in un’ora, da un macchina, che fa quasi tutto il lavoro e da un solo editor ‘in carne e ossa’. Ha 24 pagine, riempite con le notizie più cliccate in rete e la sua tiratura è limitata. Limitatissima: viene distribuito solo nel bar di Londra gestito dalla testata, il Guardian Coffee.

Si tratta di un esperimento editoriale realizzato dal quotidiano britannico in collaborazione con un’azienda che si occupa della produzione di piccoli giornali, The Newspaper Club. Il processo di selezione e impaginazione del periodico è quasi totalmente automatico. Una serie di algoritmi analizza gli oltre 3000 articoli pubblicati nell’arco di una settimana sul sito web del Guardian per selezionarne solo l’1%. La scelta delle notizie viene affidata a Ophan, un programma che consente di sapere chi, quando, dove e soprattutto quanto viene letto un articolo. Parametro decisivo per determinare l’importanza della notizia e inserirla nel settimanale. Una volta individuate, le trenta “top stories” passano  al vaglio dell’editor. I link delle favorite vengono poi inoltrati a una macchina, Arthr. Il robot ideato dal Newspaper Club ha il compito di impaginare le notizie: sperimenta vari layout prima di decidere dove inserire titoli, testo e foto. Anche se a volte sbaglia, l’intervento umano è comunque ridotto al minimo: servono solo pochi secondi per sistemare tutto.

L’esperimento del Guardian è anche una sfida. Il passaggio dal digitale al materiale è un processo decisamente in controtendenza, considerando che non si fa altro che parlare della crisi del cartaceo. Uno dei motivi alla base di questa scelta è talmente semplice da sembrare banale. Alle volte, come spiega The Newspaper Club, “è davvero piacevole allontanarsi dallo schermo di un computer per leggere quelle storie adatte a un pubblico che ha tempo e voglia di leggerle”.

Se invece di selezionare i più cliccati il robot scegliesse gli articoli in base ai gusti di ciascun utente ci si troverebbe davanti a un ribaltamento del sistema editoriale in cui sarebbe il lettore  a scegliere il contenuto del giornale. Nella realtà questa è la funzione svolta dal caporedattore: decide quali articoli commissionare, quali redattori incaricare, quali argomenti trattare. E ne giudica il valore, mettendo in primo piano quelli che ritiene più importanti. Capita spesso però che l’attenzione degli utenti si concentri a sorpresa su ben altre notizie, spesso traghettate da canali di diffusione secondari come Facebook e Twitter. Preferenza che si trdaducono in mattoncini digitali con cui realizzare un giornale su misura.

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Legnini: “Equo compenso anche senza editori, è il mio dovere” http://ifg.uniurb.it/2013/06/12/ducato-online/legnini-equo-compenso-anche-senza-editori-ma-se-serve-tempo-va-concesso/50786/ http://ifg.uniurb.it/2013/06/12/ducato-online/legnini-equo-compenso-anche-senza-editori-ma-se-serve-tempo-va-concesso/50786/#comments Wed, 12 Jun 2013 07:01:00 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=50786 Ducato: l'importanza dell'accordo sulle tariffe minime per i freelance ("ma se serve più tempo, va concesso"), l'ipotesi di un accordo con Google e l'importanza dell'Ordine dei giornalisti]]>

Il sottosegretario con delega all’editoria Giovanni Legnini

L’equo compenso va attuato con o senza gli editori. Giovanni Legnini, sottosegretario alla Presidenza del consiglio con delega all’editoria, sente pesare sulle spalle il dovere dell’attuazione della legge che dovrebbe garantire dei compensi minimi ai freelance. Una legge approvata a gennaio, che prevedeva entro tre mesi i primi risultati, e ad oggi è ancora inattuata.

Legnini vorrebbe tempi brevi e l’accordo di tutte le parti. Un’utopia? Gli abbiamo chiesto come intende muoversi nel mare di questo e degli altri problemi dell’editoria italiana: contributi pubblici alle testate, accordo con Google, crisi della stampa, controllo dell’informazione online e abolizione dell’Ordine dei giornalisti. Legnini parla della notizia come di una “merce preziosissima” e crede nell’Ordine come la migliore tutela dell’attività giornalistica.

Sottosegretario Legnini, la commissione che dovrebbe definire l’equo compenso per i giornalisti precari non riesce a riunirsi per la mancanza di un delegato unico degli editori. Come pensa di risolvere il problema?
Abbiamo parlato con gli editori per persuaderli a sbloccare questa situazione e abbiamo ricevuto una certa disponibilità. La Commissione è stata riconvocata per giovedì 13 giugno: lì vedremo se questa volontà è concreta. Se dovesse persistere la diserzione, noi andremo avanti ugualmente.

Quindi procederete senza gli editori?
Sono convinto che procederemo con gli editori. Ciò che è certo è che c’è una norma di legge che va attuata. Io sono anche titolare della responsabilità di attuazione del programma di governo: ho il dovere di attuarla. Punto. Se il tema è quello di favorire una più estesa partecipazione degli editori, si possono trovare altre forme, anche di consultazione extra-commissione.

La commissione ha una composizione mista: editori, rappresentanti dell’ordine, sindacati. Quanto tempo ci vorrà per mettere d’accordo tutte le parti?
Fosse per me chiuderei i lavori nel giro di poche settimane. Ma se le parti mi chiedessero più tempo per raggiungere un accordo, io glielo concederei. Ho la ferma intenzione di privilegiare la via negoziale: vorrei che i diversi soggetti si mettessero d’accordo nell’individuare i criteri per l’equo compenso. Se non ci riusciranno, o se non vorranno farlo, o se si creeranno ostacoli, allora individueremo una soluzione che non sia unanime o consensuale.

La norma prevede che le testate che non aderiscono alle tariffe dell’equo compenso perdano i contributi pubblici. Ma il 90% delle testate italiane non li prende. In questo caso, non c’è alcuna sanzione?
Le testate che non accedono ai contributi dovranno applicare la norma comunque. Se non la applicheranno i soggetti eventualmente lesi potranno agire giudizialmente. Il mio timore è che se non si definisce bene la natura giuridica del risultato del lavoro della commissione, possano generarsi dei conflitti: per questo voglio privilegiare il negoziato, così si attenuerebbe il rischio di impugnazione.

I contributi pubblici all’editoria sono un tema molto dibattuto e c’è chi chiede di abolirli del tutto. Ma perché l’industria editoriale deve essere diversa da altri settori e ha bisogno di sostegno? Non può essere autosufficiente?
La ragione giuridica e costituzionale di questo sostegno è favorire il pluralismo. Negli altri settori non si producono idee o notizie, ma beni o servizi: lì la liberalizzazione fa bene al mercato e ai consumatori. Ma qui la merce è preziosissima: è la notizia, l’informazione che orienta l’opinione pubblica. Quindi il trattamento deve essere necessariamente differente.

Lei ha ipotizzato un accordo con Google sul modello francese per sostituire con quei soldi i fondi per il finanziamento pubblico. Ma non c’è il rischio che – invece di aiutare la digitalizzazione dei giornali italiani – così si sovvenzioni la carta stampata, a ‘fondo perduto’ diciamo?
Non è così, non ho mai ipotizzato che con quelle risorse si debba sostituire il finanziamento pubblico e quindi dare soldi alla carta stampata. Quei fondi eventualmente servono per finanziare l’innovazione dell’editoria, non la conservazione. Progetti innovativi, che consentono di accrescere la quota dell’informazione online e di far entrare in questo comparto i giovani, per rendere l’editoria italiana al passo coi tempi, più dinamica, più attrattiva.
Inoltre le eventuali risorse saranno messe a disposizione come corrispettivo del fatto che Google attinge ai prodotti editoriali che oggi si producono: quindi è anche una sorta di compensazione, diciamo così, del diritto d’autore.

Il giornalismo online oggi è meno regolamentato di quello cartaceo, e le leggi sulla stampa creano una disparità di trattamento tra i giornalisti della carta e dell’online. Ci sono delle proposte per disciplinare anche il mondo dell’online e per livellare la normativa rivolta ai giornalisti?
Il fatto che i giornali online crescano è un bene e da parte mia non c’è la volontà – attraverso una migliore regolamentazione – di “controllare” le notizie, come qualcuno ipotizza. Ci mancherebbe altro: io sono un fermissimo assertore del pluralismo, della totale libertà di espressione del pensiero. Detto questo, che ci sia la necessità di un regolamento più preciso sulla nascita e la vita dei giornali online è pacifico. Il fatto che sulla Rete circolino sistematicamente notizie inventate è un problema serio, che impone la rivisitazione della disciplina relativa, anche quella penalistica.

L’Ordine dei giornalisti, come associazione di categoria, riceve molte critiche. Crede che nel prossimo futuro possano esserci proposte per la sua abolizione?
Personalmente credo che gli ordini debbano essere mantenuti per quelle professioni che hanno un rilievo costituzionale; per gli altri settori, no. L’attività giornalistica ha un indiscutibile rilievo costituzionale, e ha bisogno di una regolamentazione e di una tutela. Ogni tanto invochiamo i modelli di altri paesi, ma non è detto che siano migliori dei nostri.

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Crisi Rcs, dieci periodici a rischio: protestano centinaia di giornalisti http://ifg.uniurb.it/2013/05/06/ducato-online/crisi-rcs-dieci-periodici-a-rischio-chiusura-protestano-centinaia-di-giornalisti/45687/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/06/ducato-online/crisi-rcs-dieci-periodici-a-rischio-chiusura-protestano-centinaia-di-giornalisti/45687/#comments Mon, 06 May 2013 13:54:12 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=45687 LEGGI Crisi Rcs, la sfida dei Cdr per salvare 800 posti di lavoro ]]> Copie dei giornali gettate a terra e un centinaio di persone che inneggia cori di protesta: i giornalisti dei periodici del gruppo Rcs, i cui posti di lavoro sono a rischio, si sono divisi in due grandi ali di fronte l’entrata del teatro Elfo Puccini di Milano per accogliere al grido di ‘Vergogna’ dirigenti e manager del gruppo, come il presidente Angelo Provasoli e Piergaetano Marchetti, impegnati in una riunione per discutere il futuro delle 10 testate che rischiano di chiudere: Novella 2000, A, Visto, Max, Astra, Ok Salute, Brava Casa, l’Europeo, Yatcht&Sail e Il polo dell’enigmistica.

Le pubblicazioni sono state messe in vendita due mesi fa e non è stato ancora trovato un acquirente.  Il problema è proprio questo, ha spiegato il gruppo: se Rcs non riuscirà a trovare singoli compratori per ognuna delle pubblicazioni entro il 30 giugno le testate verranno chiuse dall’azienda.

Un brutto colpo per i 110 dipendenti che vi lavorano, 90 dei quali sono giornalisti. L’ad del gruppo Pietro Scott Jovane, come riportato dall’Ansa, si è detto solidale con i dipendenti: “È una manifestazione corretta e opportuna”, ha dichiarato prima di entrare in riunione.

Delle dieci testate l’unica che non sarebbe a rischio chiusura è Il polo dell’enigmistica, con un bilancio in attivo non dovrebbe avere problemi nel trovare un nuovo acquirente. Il futuro delle altre pubblicazioni è, invece, strettamente legato al nuovo assetto organizzativo attualmente in discussione. Stando a dichiarazioni di fonti sindacali e finanziarie verrà creato un unico comparto editoriale, si chiamerà “Media Pubblishing” e unirà le due divisioni Quotidiani e Periodici. Una nuova business unit guidata da Alessandro Bompiani, oggi direttore della Divisione Quotidiani. Prevista anche la creazione di una divisione dedicata alla gestione dei fornitori, degli stabili del gruppo e delle infrastrutture.

Era l’11 febbraio scorso quando l’amministratore delegato Pietro Scott Jovane, insieme al capo del personale, annunciò al Comitato aziendale europeo (Cae) il piano per lo sviluppo 2013-2015: un esubero di 800 dipendenti, di cui 600 in Italia (tra questi 200 sono giornalisti), la vendita o la chiusura di 10 periodici e il trasloco del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport dalla storica sede di via Solferino. Da allora sono seguiti una serie di incontri e tavoli negoziali voluti espressamente dal Cdr Periodici per trovare un’alternativa valida alla vendita in blocco delle dieci pubblicazioni. “La cessione è antisindacale perché viola gli accordi presi, con l’attivazione dello stato di crisi, tra azienda e Cdr” dichiarò Marco Persico, membro del Cdr Periodici, in un’intervista al Ducato.

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Roidi (Metro): “La free press non è in crisi, soffriamo calo pubblicità” http://ifg.uniurb.it/2013/04/10/ducato-online/roidi-metro-il-modello-free-press-non-e-in-crisi-soffriamo-calo-pubblicita/41711/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/10/ducato-online/roidi-metro-il-modello-free-press-non-e-in-crisi-soffriamo-calo-pubblicita/41711/#comments Wed, 10 Apr 2013 00:35:25 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=41711 È la pubblicità, bellezza: se la free press è in crisi, infatti, la colpa è tutta della mancanza di pubblicità. Questo spiega Giampaolo Roidi, direttore di Metro, uno dei tre quotidiani a distribuzione gratuita ancora esistenti in Italia, insieme a Leggo e DNews.

“La crisi è congiunturale e la free press ne soffre più della stampa tradizionale perché non ha altro mezzo al di fuori della pubblicità per finanziarsi”. Non è, dunque, il mezzo – il quotidiano gratuito – di per sé in crisi, ma tutto il sistema editoriale che si basa sulle inserzioni pubblicitarie, che ora scarseggiano. Che si tratti di free press o di quotidiani tradizionali non c’è differenza.

Il problema è sia nazionale che locale. Non ci sono più inserzionisti disposti a finanziare la free press, non solo a tiratura nazionale, ma anche e soprattutto nelle edizioni locali. Lo dimostra la scelta obbligata di Metro, che ha dovuto chiudere le due sedi in Sardegna (a Cagliari e Sassari) per mancanza di fondi, che fino a pochi mesi fa venivano assicurati dalla pubblicità locale.

L’ovvia conseguenza è un calo nel numero assoluto di lettori a livello nazionale. I dati Audipress parlano chiaro: nel terzo quadrimestre del 2012, Metro ha perso 68 mila lettori, un calo del 4,6%. Ma anche gli altri due quotidiani gratuiti hanno visto ridursi il numero di lettori: 72 mila in meno per Leggo (-5,1%) e 26 mila per DNews (-12,9%).

Il trend viene confermato anche dai dati europei pubblicati di recente da Newspaperinnovatio.com: la diffusione è crollata del 9% in un anno, passando dai 17,4 milioni di copie nel 2011 ai 15,8 del 2012. Cala anche il numero di testate: da 82 a 74. I paesi più colpiti dalla  “crisi di copie” sono  la Spagna (per la chiusura di Què!), l’Olanda (De Pers), l’Italia (City) e la Danimarca (Urban).

Eppure Roidi non vede una crisi della free press: “Non sono i lettori a mancare, la diffusione diminuisce solo perché non è possibile stampare un maggior numero di copie per la mancanza dei fondi derivanti dalla pubblicità”. In sostanza, secondo il direttore di Metro, “se la diffusione della free press fosse più ampia, aumenterebbero i lettori, non c’è crisi di lettori”.

Il problema è dunque dove limare i costi nel momento in cui vengono a mancare i soldi. L’unica soluzione, secondo Roidi, è quella di limitare la diffusione per poter risparmiare qualcosa, così come è stato fatto nel caso delle sedi sarde.
A dimostrazione della centralità degli inserzionisti Roidi porta i due casi più lampanti di crisi dovuta alla mancanza di fondi pubblicitari nella free press italiana, quelli di EPolis e City, costretti a chiudere negli ultimi anni.

Cosa riserva il futuro alla free press? La visione di Roidi è moderatamente ottimista: la free press non può morire. È un tipo di giornalismo che può riuscire a intercettare un pubblico trasversale. Va incontro al lettore, non aspetta che sia quest’ultimo ad andare a cercare il giornale. Chiunque, potenzialmente, viene raggiunto dall’informazione. Tutto dipende solo dalla pubblicità. Nel momento in cui il mercato dell’advertising si riprenderà – se e come ciò avverrà è però tutto da vedere – la free press non potrà che giovarne e tornare a essere punto di riferimento per tutti i lettori italiani.

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