il Ducato » Freedom of Information Act http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » Freedom of Information Act http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Passi avanti dell’Italia nella corsa agli Open Data http://ifg.uniurb.it/2012/03/21/ducato-online/passi-avanti-dellitalia-nella-corsa-agli-open-data/29054/ http://ifg.uniurb.it/2012/03/21/ducato-online/passi-avanti-dellitalia-nella-corsa-agli-open-data/29054/#comments Wed, 21 Mar 2012 17:37:41 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=29054 URBINO – Gli Open Data conquistano il mondo e l’Italia non ha intenzione di essere seconda a nessuno: si moltiplicano le iniziative nel nostro Paese per avvicinare l’amministrazione pubblica ai cittadini. Una policy di trasparenza che apre le porte dei palazzi: con un click è possibile trovare gli stipendi dei dipendenti pubblici, le proposte di legge, ma anche le assenze in parlamento o fare addirittura il calcolo dei requisiti necessari per andare in pensione.

DA GREZZO A OPEN
Per far diventare ‘aperto’ un dato grezzo serve la possibilità legale e tecnica che ne sia permesso al riuso. Dal punto di vista tecnico un dato non è open quando per ottenerlo dobbiamo fare mille telefonate a dieci amministrazioni diverse, e non quando, grazie ad un sistema di aggregazione e ricerca, un facile click ci porta a lui.

Dal punto di vista legale esistono vari tipi di licenze per rendere queste informazioni accessibili liberamente: Creative Commons, Copyleft, Open Data Commons License, etc. In Italia il Formez, il centro studi e formazione per l’ammodernamento delle Pubbliche amministrazioni, ha creato la Iodl, Italian Open Data License, con lo scopo di promuovere la liberazione dei dati delle Pa italiane.

L’UTILIZZO
Non solo trasparenza e stimolo per un processo democratico più partecipativo: il campo di utilizzo degli open data è molto ampio. Neelie Kroes, Commissaria europea per l’Agenda Digitale, li definisce come “il carburante per la futura economia” perché stimolano “la creazione di grandi contenuti web”.

Per il giornalismo i dati non sono certo una novità, ma la loro progressiva apertura sta contribuendo alla forte diffusione del data journalism: un giornalismo che parte dai dati per arrivare alla notizia. Non solo numeri secondo Simon Rogers, direttore di Datablog, il blog del Guardian dedicato a questo tipo di produzioni, ma anche storie e soprattutto molta fatica: “80% sudore, 10% grandi idee e 10% risultati”, il bravo giornalista deve essere in grado di “fare da ponte tra i dati e le persone che vogliono capire di cosa si sta davvero parlando”.

LE NOVITÀ
Marzo sembra essere il mese open, negli ultimi giorni le iniziative da parte delle istituzioni si stanno moltiplicando. Il Comune di Firenze ha annunciato con un tweet un’estensione del proprio portale opendata.comune.fi.it: un nuovo dataset dedicato tutto ai musei, dove con un colpo di mouse si potranno scoprire quanti sono, dove sono e soprattutto quando sono aperti.

Il 16 marzo il Ministero dell’Istruzione ha lanciato una banca dati che aggrega informazioni su strutture, personale e alunni. Ma è solo il primo passo per il dicastero di Francesco Profumo che vorrebbe far diventare il Miur un esempio di trasparenza.

Di nuovo marzo, questa volta il 10, e in Basilicata arriva una proposta di legge che ribadisce un concetto fondamentale per il mondo open: il diritto di accesso alle informazioni prodotte dalla pubblica amministrazione, sulla base del principio del Freedom of Information Act (Foia).

Ci aveva provato anche Pietro Ichino ai tempi della legge Brunetta sulla semplificazione e digitalizzazione delle Pa, ma successivi emendamenti avevano cercato di smussare la forza del provvedimento.

L’ITALIA
Gli Open Data non nascono all’interno della pubblica amministrazione. Uno dei primi progetti è OpenStreetMap, targato wiki, ed è la creazione di uno stradario mondiale costruito grazie al contributo volontario di collaboratori che lo rendono continuamente modificabile e fruibile.

Il passo avanti a livello governativo lo fa il ministro Renato Brunetta che il 18 ottobre 2011 lancia dati.gov.it che oltre a spiegare cosa sono (e a cosa servono) gli Open Data, aggrega e segnala le iniziative a livello istituzionale in materia: dall’Inps al portale dedicato ad Udine.

Nonostante questa iniziativa manca ancora una norma: l’Italia ha recepito la normativa europea del 2003, ma non ha ancora approvato la legge che la traduce in pratica. Il governo Monti si è messo a lavoro. Il presidente del Consiglio ha fatto capire che quella sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione sarebbe stata una priorità del suo governo, tanto da parlare, già nel discorso di insediamento al Senato di “necessità di operare per raggiungere gli obiettivi fissati in sede europea”.

Era il 17 novembre e poco più di due mesi dopo, il 27 gennaio, si è arrivati al Decreto Semplificazioni (pdf), tra un articolo sugli appalti pubblici e uno sugli impianti termici all’articolo 47 appare “l’obiettivo prioritario della modernizzazione dei rapporti tra pubblica amministrazione, cittadini e imprese”. Primo passo l’istituzione di una cabina di regia formata da cinque ministri (Sviluppo economico, Pubblica amministrazione e semplificazione, Coesione territoriale, Istruzione, Economia ) che dovrà coordinare gli interventi degli enti locali. La prima riunione c’è stata il 9 febbraio, all’ordine del giorno proprio gli Open Data.

L’EUROPA
E’ proprio da Bruxelles che arriva la necessità di trasformare buone prassi di trasparenza in leggi. La prima norma (pdf) comunitaria risale al 2003, ma il dibattito non si è mai fermato.

C’è infatti una proposta (pdf) che intende estendere il campo di applicazione della direttiva. Quello degli Open Data è solamente uno degli aspetti della rigida agenda digitale che si è data l’Unione Europea: è possibile vedere il progresso degli obiettivi grazie ad un grafico presente sul portale della Commissione.

IL PIEMONTE
Se il governo nazionale si muove ancora lentamente arrivano spinte importanti da parte delle istituzioni locali. Sul podio c’è sicuramente il Piemonte, unica regione ad aver approvato una legge dedicata esclusivamente alla regolamentazione della trasparenza con gli Open Data. Era il maggio 2010 quando è nato dati.piemonte.it e non ha mai smesso di crescere. Non solo delibere e norme, ma anche stradari e censimenti. Con un click si possono scoprire quanti sono gli uomini di Fossano e le palestre comunali di Verbania.


Visualizza Open Data in Italia in una mappa di dimensioni maggiori

NORME E PRASSI
A seguire l’esempio del Piemonte ci sono solo sette regioni, ma questo non significa che le altre dodici abbiano deciso di lasciare all’oscuro i loro cittadini. Sul sito di ogni ente è possibile fare ricerche sulle leggi approvate e in discussione, in molti casi, tra cui Liguria e Valle D’Aosta, si può anche assistere in alle riunioni del consiglio. Il Veneto e l’Emilia Romagna hanno anche costruito un portale sul modello piemontese, nonostante nessun gruppo si sia mosso per proporre una legge.

Per quanto riguarda le norme attualmente in discussione se si dà uno sguardo ai firmatari ci si accorge presto che gli Open Data non hanno un colore politico: dall’Italia dei Valori (in Umbria) al Popolo della Libertà (in Basilicata) ognuno presenta la sua mossa e c’è anche chi si trova a collaborare: la legge approvata in Piemonte porta in calce le sigle di due partiti che vengono accostati molto raramente: Partito Democratico (con Roberto Placido) e Lega Nord (con Roberto de Magistris). Nel Lazio invece i radicali si sono sdoppiati e di proposte ne hanno presentate addirittura due.

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Freedom of information act: in Italia il principio è già legge http://ifg.uniurb.it/2010/02/10/ducato-online/freedom-of-information-act-in-italia-il-principio-e-gia-legge/877/ http://ifg.uniurb.it/2010/02/10/ducato-online/freedom-of-information-act-in-italia-il-principio-e-gia-legge/877/#comments Wed, 10 Feb 2010 11:29:43 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=877 Il cittadino italiano, da quasi un anno, ha qualche diritto in più nei confronti della Pubblica amministrazione e questa ha qualche obbligo in più di trasparenza. Senza che se ne sia parlato molto, è passato il principio che gli atti ufficiali siano accessibili a tutti. Le norme sono contenute nella cosiddetta Legge Brunetta entrata in vigore a marzo scorso, modificata con un emendamento presentato da un parlamentare dell’opposizione, il senatore Pietro Ichino.

Non è ancora chiaro come si tradurrà in concreto, ma è certo che l’articolo 4 della legge stabilisce questi principi:

  • a trasparenza “intesa come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti internet” di tutti i dati e le informazioni sull’organizzazione e l’andamento delle amministrazioni (comma settimo)
  • “le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto a una funzione pubblica e la relativa valutazione non sono oggetto di protezione della riservatezza personale” (comma nono)
  • full disclosure, ossia “accessibilità totale” di tutte le informazioni riguardanti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni

“La norma entrata in vigore con l’art. 4 della legge n. 15/2009 consente a chiunque di accedere e ottenere le informazioni riguardanti l’organizzazione e il funzionamento delle pubbliche amministrazioni – spiega il Senatore Pietro Ichino al Ducato Online – Certo, non è precisa e analitica come il Freedom of Information Act britannico o statunitense, ma sancisce il principio. Altre norme impongono poi a ciascuna amministrazione di promuovere attivamente la conoscibilità di tutti i dati relativi al proprio funzionamento”.

Mentre infatti negli Usa, nel Regno unito, in Svezia e in altri Paesi già da tempo il diritto all’accesso è garantito a tutti, divenendo in tal modo uno strumento di controllo dell’attività amministrativa e di partecipazione dei cittadini, gli italiani devono dimostrare di avere un “interesse legittimo”, se vogliono ottenere in visione dei documenti. Inoltre l’amministrazione si è frequentemente fatta scudo della normativa sulla tutela della privacy per mantenere il segreto sul proprio operato. Queste nuove norme dovrebbero impedirlo per il futuro.

Grazie alla legge Brunetta ora anche il Italia qualcosa potrebbe cambiare.

Per il momento si tratta solo di un principio generale, di cui ancora bisogna studiare la concreta applicazione, ma è pur sempre un inizio cui non è stato semplice arrivare. Le tribolazioni cui è stato sottoposto l’emendamento del senatore Ichino lo testimoniano.

“Poco dopo l’entrata in vigore della legge Brunetta – racconta Ichino – un senatore del Pdl, Filippo Salatamartini, presentò un emendamento al disegno di legge n. 1167 (collegato alla Finanziaria), che aveva sostanzialmente un valore soppressivo del mio emendamento al d.d.l. Brunetta (846/2008). Io denunciai la cosa sul Corriere della Sera; ne seguì un breve dibattito pubblico, all’esito del quale Saltamartini accettò di ritirare l’emendamento e di lavorare insieme a me a un altro emendamento, che migliorasse la formulazione della norma. Abbiamo effettivamente lavorato a questo nuovo emendamento, anche con l’Autorità Garante della Protezione dei Dati Personali, e ne è venuto fuori un emendamento Saltamartini, sempre al d.d.l. n. 1167, assai ben formulato, che è stato approvato all’unanimità in Commissione”.

Nel passaggio dalla Commissione all’Aula però, la formulazione dell’emendamento è stata alterata dagli uffici. Racconta ancora Ichino:

“La frase di cui all’art 15: ‘Le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto a una funzione pubblica e la relativa valutazione sono rese accessibili dalle amministrazioni di appartenenza’, è stata modificata in ‘Le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto a una funzione pubblica e la relativa valutazione sono rese accessibili alle amministrazioni di appartenenza’, col risultato di azzerarne il significato. Per evitare questo risultato, nel novembre scorso ho dovuto presentare in Aula un emendamento per sostituire di nuovo alle con dalle: emendamento che è stato di nuovo approvato all’unanimità”.

Incidenti di percorso che il senatore considera “manifestazioni della sorda resistenza degli apparati ministeriali contro la norma già inserita nella legge Brunetta”, peraltro già in vigore. Resistenza che dovrà essere vinta anche dall’azione della nuova autorità indipendente istituita dalla stessa legge (Commissione per la Trasparenza la Valutazione e l’Integrità delle Amministrazioni).

Intanto il d.d.l. n. 1167, che è stato poi approvato anche alla Camera con qualche cambiamento ma senza che la disposizione sulla full disclosure fosse modificata, è tornato ora al Senato, dove dovrebbe essere discusso e probabilmente approvato entro la fine di febbraio.

Servizi collegati:

Troppi documenti segreti. La Fnsi per la libertà di conoscere (DOSSIER DUCATO ONLINE)



Guida alla rete:

La legge Brunetta (15/2009)

Il d.d.l. 1167

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Troppi documenti segreti: la Fnsi per la libertà di conoscere http://ifg.uniurb.it/2010/01/26/ducato-online/troppi-documenti-segreti-la-fnsi-per-la-liberta-di-conoscere/903/ http://ifg.uniurb.it/2010/01/26/ducato-online/troppi-documenti-segreti-la-fnsi-per-la-liberta-di-conoscere/903/#comments Tue, 26 Jan 2010 12:13:42 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=903

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Libertà di informare, possibilità di conoscere. Conoscere i documenti ufficiali, conoscere i dati. Negli Stati Uniti d’America c’è una legge che lo consente. Si chiama Freedom of Information Act (Foia), è comparso per la prima volta in Svezia e Finlandia dopo la seconda guerra mondiale ed è stato emanato il 4 luglio 1966 dal presidente americano Lyndon Baines Johnson. Si tratta di una legge fondamentale anche per l’attività giornalistica, perché consente l’accesso totale o parziale ai documenti della pubblica amministrazione, permettendo a chiunque di sapere come operano governo, regioni, comune, asl e scuole, solo per fare degli esempi.

In Italia una legge del genere non esiste, ma qualcosa inizia a smuoversi. Il presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana Roberto Natale ha annunciato al Ducato Online che il sindacato dei giornalisti ha dato il via a un gruppo di lavoro con l’obiettivo di promuovere un’iniziativa pubblica su questo tema.

“C’è un problema di segretezza eccessiva nell’informazione italiana – ha evidenziato Natale – un uso del segreto di stato eccessivo e di tutte le barriere che le amministrazioni frappongono tra il lavoro del cronista e il diritto dei cittadini a essere informati”. “Vogliamo usare l’esempio del Foia da un lato come leva per permettere a noi giornalisti di fare meglio il nostro lavoro, dall’altro come strumento per rendere più interessanti i nostri prodotti per i lettori, dato che in Italia c’è un problema di scarso appeal dei giornali”, ha continuato il presidente.

Secondo Natale è ancora presto per dire se ci sarà bisogno di un intervento di tipo legislativo. In primo luogo, il gruppo di lavoro della Fnsi valuterà la normativa vigente e tenterà di farla applicare con maggiore incisività e sistematicità. Solo in un secondo momento si prenderà in considerazione “la possibilità di chiedere che qualche legge cambi”.

Il principio alla base del Foia è la trasparenza: i cittadini devono essere messi nelle condizioni di conoscere gli atti dell’amministrazione pubblica, di modo da giudicare il suo operato sulla base della verità dei fatti. Il caso più noto di ricorso a questo strumento negli Usa è quello che ha consentito, con l’autorizzazione del presidente Barack Obama, la pubblicazione dei Memorandum governativi sui metodi duri di interrogatorio di sospetti terroristi da parte di agenti della Cia.

Il 10 gennaio scorso, i siti Giornalismo e Democrazia e Lsdi hanno pubblicato la traduzione integrale del Memorandum, poco nota nel nostro paese. Questa è stata l’occasione per parlare del Foia, illustrare le sue potenzialità e avanzare la proposta di introdurlo in Italia.

Lo spunto del dibattito è partito da una tesi di laurea intitolata “Freedom of Information Act (Foia), l’accesso ai documenti del governo federale statunitense alla portata di tutti”, scritta dal giovane ricercatore dell’Università di Padova Fabio Friso.  Lo studioso ha proposto di aprire le porte degli archivi governativi a chiunque sia interessato ad avere conoscenza del modo di operare del governo e di tutte le istituzioni pubbliche. Proposta che è stata subito raccolta e salutata con entusiasmo dalla redazione di Lsdi. Proposta dedicata a tutti quei cittadini che vogliono costruirsi una propria opinione su ciò che accade nel paese.

Per offrire una prima base di discussione in proposito il Ducato Online ha raccolto in un servizio speciale documentazione ed opinioni: la situazione in Italia, negli Stati Uniti e nel resto del mondo, una raccolta di opinioni e una dettagliata guida alla Rete. Basta cliccare sul menu in alto.

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Il servizio è stato curato dalla Redazione del Ducato Online:

Coordinamento redazionale: Francesco Ciaraffo, Fabio Gobbi, Giorgio Mottola

Coordinamento iconografico: Simone Celli, Luca Fabbri, Matteo Finco, Federico Maselli

Informazioni Italia: Claudia Banchelli, Ernesto Pagano, Silvia Saccomanno, Giulia Torbidoni, Veronica Ulivieri

Informazioni Usa: Giulia Agostinelli, Federico Dell’Aquila, Daniele Ferro, Ylenia Mariani

Informazioni resto del mondo: Chiara Battaglia, Alice Cason, Brunella Di Martino, Michele Mastrangelo, Emiliana Pontecorvo, Luca Rossi, Chiara Zappalà

Quarant’anni di inchieste: Lorenzo Allegrini, Giorgio Bernardini, Giovanni Pasimeni, Andrea Tempestini

Interviste: Giorgio Bernardini, Annalice Furfari, Luca Rossi, Silvia Saccomanno

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