il Ducato » new york times http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » new york times http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it “La storia è l’eroina di un cronista”. Addio a David Carr, editorialista del NY Times http://ifg.uniurb.it/2015/02/16/ducato-online/la-storia-e-leroina-di-un-cronista-addio-a-david-carr-editorialista-del-ny-times/65501/ http://ifg.uniurb.it/2015/02/16/ducato-online/la-storia-e-leroina-di-un-cronista-addio-a-david-carr-editorialista-del-ny-times/65501/#comments Mon, 16 Feb 2015 14:24:21 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=65501 (New York Times)

David Carr (New York Times)

“Il cronista è un eroinomane che si sveglia e sente l’impulso di uscire alla ricerca della droga, poi torna a casa e se le inietta, o inala. Il cronista esce alla ricerca di una storia, poi torna a casa e la scrive, la mette online”. E lui è stato un cronista fino alla fine, all’insegna di questa convinzione: David Carr è morto la sera del 12 febbraio nel suo ufficio del New York Times, dove lavorava dal 2002.

Poco prima aveva partecipato ad un dibattito sul futuro del giornalismo. Poi, tornato nella sua stanza, è caduto a terra, dove lo hanno trovato i colleghi. E’ stato portato al St. Luke’s-Roosevelt Hospital, dove però i medici hanno potuto solo constatare la sua morte, all’età di 58 anni, si ipotizza per un collasso cardiaco.

Le colonne dello storico giornale newyorkese hanno ospitato la sua visione chiara e cristallina di quello che era, e doveva essere il mondo dei mass media. La sua rubrica “The Media Equation” non aveva alcuna pretesa di moralismo, semplicemente raccontava i legami tra l’universo dell’informazione americana e la società, la politica, e l’economia.

Carr ha fatto del suo passato l’inchiesta più bella che potesse scrivere. Nel libro The night of gun, pubblicato nel 2008, il giornalista da intervistatore si è trasformato in intervistato. Nel suo libro, Carr discende nel buio dei suoi ricordi come se raccontasse la storia di una persona estranea, un ‘viaggio’ che lo porta di commissariato in commissariato, tra spacciatori e vittime. La ricerca della verità è il filo conduttore della storia: ha intervistato i suoi pusher, la gente con cui aveva litigato e le donne che aveva picchiato.

La vita privata e quella lavorativa hanno sempre viaggiato sui binari  della ricerca della verità, senza che il treno deragliasse mai verso la presunzione di dire cosa è giusto. David Carr esprimeva la sua opinione sul giornalismo con ironia e con sarcasmo: “Per quel che ne so, il futuro del giornalismo indossa un cartellino e parla su un palco” ha dichiarato poche ore prima di morire durante l’incontro “Citizenfour” con Glenn Greenwald, Laura Poitras, Edward Snowden.

David Carr nasce come cronista in quotidiani locali come il Twin City Reader, o il Washington City Paper. Una propensione innata per le questioni economiche e del mondo dei mass media, che lo portano a trattare di questi temi prima sul The Atlantic Monthly, e poi sul New York Magazine, per poi approdare in pianta stabile nel New York Times dove è diventato un punto di riferimento letto e studiato per chiunque si occupi di media e Internet.

Le immagini di “Page One”, documentario del Times sulla trasformazione delle notizie dalla carta al web, la cui voce narrante era proprio dello stesso Carr, mostrano i segni visibili di malattie e abusi di droga di questo fragile ed esile cinquantenne diventato tuttavia una colonna portante del giornale.

“Questo suo essere schietto a volte lo rendeva brusco, ma era allo stesso tempo spietatamente sincero riguardo se stesso” scrive il New York Times in suo ricordo.

Aveva uno stile spiccio e diretto: famosa la scena in cui, nel documentario, David Carr risponde duramente a Shane Smith, il fondatore di Vice, che aveva parlato superficialmente del lavoro giornalistico del New York Times in Africa. “Prima che a te venisse in mente di andare in Africa quelli del Times erano lì raccontando genocidio dopo genocidio. Metterti un elmetto da safari e filmare un po’ di cacca per terra non ti dà il diritto di insultarci”.

Una penna brillante e un uomo straordinario: così lo ricorda il direttore del Nyt Dean Baquet. “Ci mancherà la sua infinita passione per il giornalismo e per la verità, mancherà ai suoi lettori di tutto il mondo e alle persone che amano il giornalismo”.

In un mondo in continua apnea come quello dell’informazione digitale, le sue riflessioni sul giornalismo erano una boccata d’aria presa a pieni polmoni. Fino al capitolo conclusivo della sua vita.

“Ha capito meglio di chiunque altro quanto il lavoro può essere difficile, solitario, confuso, pieno di tentazioni di cinismo e compromesso”
- Dean Baquet

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La stampa straniera elegge Urbino città ideale… anche se solo per un fine settimana http://ifg.uniurb.it/2014/02/21/ducato-online/la-stampa-straniera-elegge-urbino-citta-ideale-per-un-fine-settimana/57421/ http://ifg.uniurb.it/2014/02/21/ducato-online/la-stampa-straniera-elegge-urbino-citta-ideale-per-un-fine-settimana/57421/#comments Fri, 21 Feb 2014 20:49:36 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=57421 FOTOGALLERIA / La città ducale è tra le mete più consigliate per un week end. Imperdibili il Duomo ma anche i collegi, la casciotta e palazzo Ducale LEGGI IL NUOVO DUCATO IN EDICOLA]]> I Torricini

I Torricini

URBINO – La città ducale “vista” dai giornali stranieri è soprattutto viaggi e arte. Il “The Times” la inserisce nelle “25 vacanze top in Italia” e la descrive come la più perfetta città rinascimentale che può concorrere con la Toscana per le sue campagne verdi e “gorgeous” (magnifiche). Il “The Guardian” la colloca persino nelle “top 5 city”. Quelle città cioè che tutti dovremmo visitare una volta nella vita. Urbino si trova fianco a fianco – secondo il quotidiano inglese – con Dubai, Ponta Delgada, Marrakech e Parigi.

“La sofisticata corte del duca Federico da Montefeltro”, viene descritta come una città di pietra costruita sopra una collina che mette a dura prova i polpacci del turista. Come dargli torto. Scontati i luoghi consigliati: Palazzo Ducale e la casa di Raffaello ma anche l’Oratorio di San Giovanni e qualsiasi viuzza seminascosta. Urbino è – secondo gli inglesi – un vero e proprio “museo vivente” con, in più, uno spirito “cool” e cosmopolita che le deriva dall’essere una città universitaria.

“El Pais” la segnala come meta per il fine settimana o per una breve vacanza, per “Le Monde” Urbino è una “sorte de Florence miniature” e il “New York Times” consiglia di provare la Casciotta magari durante un pic nic in fortezza Albornoz.I Torricini diventano invece le “twin towers” sul quotidiano sudamericano “Lanation.com” che elegge la città ducale a “meta ideale” per una vacanza nella “tipica provincia italiana”.

Per quanto riguarda l’arte il nome di Urbino è sempre associato a quello di Raffaello, Piero della Francesca, Baldassarre Castiglione e  Federico Barocci che secondo gli inglesi è “quel genio italiano dimenticato” a cui, invece, la National Gallery ha dedicato una mostra nel 2013.

Non manca poi Federico da Montefeltro che il “The Times” cita in un articolo sui “misteri del passato” intitolato “The Montefeltro Conspiracy” e che “Le Monde” chiama “Il complotto del Rinascimento”. Il mistero in questione è la congiura dei Pazzi, il complotto contro i fratelli Medici in cui, pare, che il duca fosse coinvolto come mandante “occulto”. Altro enigma che interessa i giornali stranieri – tra cui anche il tedesco “Spiegel” – è la notizia dell’identificazione con il Montefeltro del paesaggio alle spalle della Gioconda.

Guidobaldo II della Rovere viene invece citato dal “The Times of India” che in un altro articolo parla anche della”Urbino european law seminar”: il seminario di diritto europeo che si svolge tutte le estati all’università Carlo Bo dal 1959.

Tra i numerosi consigli su quale bed and breakfast scegliere e le recensioni del miglior ristorante dove mangiare le tagliatelle al tartufo, la stampa straniera da però spazio anche a notizie che fotografano l’Urbino quotidiana. Quella città che non ti aspetteresti di trovare tra pagine di un giornale tanto geograficamente lontano.

Sul “The Guardian” in un pezzo del 2013, firmato da Oliver Wainwright, si parla de “Le dieci migliori residenze per studenti”. Gli alloggi universitari da tutti conosciuti come “i collegi” vengono definiti “una delle migliori architetture al mondo”. “Raggruppati sulla cresta di una bassa collina , a circa un chilometro fuori dalle mura della città vecchia” gli alloggi  – progettati dall’architetto italiano Giancarlo de Carlo – sono ,secondo il quotidiano inglese, un’incredibile reinterpretazione  “del guazzabuglio medievale del centro città”.

“El Pais” in un lungo articolo sull’ondata di gelo del 2012 che stava coinvolgendo tutta Europa, dedicò persino qualche riga all’ormai mitico nevone: “Città come Urbino e decine di paesi sono completamente isolati dopo che nelle ultime ore sono caduti circa sei metri di neve”.

Urbino e freddo deve essere diventata un’equazione per i giornalisti spagnoli che nel 2013 riportano la notizia della scoperta da parte del professor Giorgio Spada dell’Università degli studi di Urbino di un “canion” lungo 750 km sotto la Groenlandia.

Il tedesco “Spiegel” cita invece gli studi del team capitanato dal professor Simone Galeotti dell’università Carlo Bo. Oggetto delle sue ricerche: la teoria secondo cui i dinosauri si estinsero per un freddo improvviso.

Altra eccellenza sfornata dall’università della città ducale è Manuela Malatesta, biologa cellulare a cui “Le Monde” dedicò un pezzo nel 2006 dopo che le furono tolti i fondi per la ricerca che stava conducendo sulle malattie provocate dagli ogm.

Il quotidiano francese ha un rapporto preferenziale anche con un altro urbinate illustre: Ilvo Diamanti. Il politologo è il commentatore per le questioni di politica italiana, su tutte: Silvio Berlusconi e Lega Nord.

“Il Diamante della cucina”. Così viene chiamato il tartufo di Acqualagna dall’americano Chris Warde Jones. Il famoso fotoreporter è – nel 2013 – autore di un articolo per il “New York Times” in cui racconta una giornata alla ricerca dei famosi tartufi marchigiani. Ad accompagnarlo un cercatore professionista conosciuto in un bar di Urbino mentre sorseggiava un aperitivo.

Altra specialità tutta locale è quella raccontata da “El Pais” nell’articolo datato 2010: “L’arte di fumare la pipa”. La città di Cagli viene qui indicata come il luogo migliore dove comprare questi prodotti e vedere ancora all’opera dei veri artigiani.

Infine, di nuovo sul “New York Times” c’è spazio anche per l’annuncio di matrimonio tra un cittadino di Fermignano, Fabrizio Dini, e Hannah Sarah Faich, una project manager di Philadelphia. I due, innamorati delle colline marchigiane, hanno deciso di sposarsi proprio nel municipio di Urbino. A celebrare il matrimonio civile l’assessore (ora candidata sindaco) Maria Clara Muci.

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Umberto Mischi, il talento Isia che arriva al New York Times http://ifg.uniurb.it/2014/01/20/ducato-online/umberto-mischi-il-talento-isia-che-arriva-al-new-york-times/54962/ http://ifg.uniurb.it/2014/01/20/ducato-online/umberto-mischi-il-talento-isia-che-arriva-al-new-york-times/54962/#comments Mon, 20 Jan 2014 17:00:41 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=54962 Umberto Mischi

Umberto Mischi

URBINO – Ha 27 anni, vive a Sabbioneta, in provincia di Mantova, e da più di tre anni realizza illustrazioni per il New York Times, il New Yorker, Le Monde, Il Sole 24 Ore e altre testate Italiane e internazionali. Un successo che passa anche per Urbino.

Umberto Mischi ha incontrato oggi gli studenti dell’Isia (Istituto superiore per le industrie artistiche) di Urbino, dove si è laureato pochi anni fa e dove ha capito che la sua vocazione era quella di raccontare la realtà attraverso il disegno. Il suo talento è cresciuto insieme a lui: il primo traguardo è arrivato all’età di nove anni quando ha vinto un concorso nella sua piccola città.

“Ho sempre saputo che il disegno era la mia vita – racconta Umberto – a Urbino ho capito che volevo fare l’illustratore di libri o rendere graficamente quello che era scritto nei giornali”. In una delle prime collaborazioni con le testate estere si è trovato a dover realizzare un disegno di supporto a una recensione negativa di un libro di cucina. “È stato molto divertente – ha ricordato – ma anche difficile dovermi misurare con questa nuova sfida, così ho disegnato un enorme pentolone con una poltiglia verdognola dalla quale usciva l’angolo di un libro”.

Dopo essersi laureato il giovane illustratore è volato oltreoceano per presentare le sue idee e i suoi lavori agli editori. Gli è bastato mandare qualche e-mail con allegati i suoi disegni, le reazioni non si sono fatte attendere. “Il direttore del New York Times mi ha risposto dopo un’ora – ci ha detto – dicendomi che gli interessavo. Un mese dopo mi ha commissionato il primo lavoro”.

Oggi Mischi continua a collaborare con l’estero inviando i suoi lavori dall’Italia. Da qualche mese può anche contare su un agente personale che dagli Stati Uniti gli fa da intermediario presentando i suoi lavori alle diverse realtà editoriali. “Il mercato estero in questo momento offre molto di più – spiega – anche perché hanno una cultura diversa dell’illustrazione. Il mio cuore però resta in Italia e spero di poter continuare a vivere qui”.

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Longform: nuova frontiera del giornalismo multimediale di qualità http://ifg.uniurb.it/2013/12/10/ducato-online/long-form-journalism/53755/ http://ifg.uniurb.it/2013/12/10/ducato-online/long-form-journalism/53755/#comments Tue, 10 Dec 2013 15:35:28 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=53755 Una foto dall'inchiesta del New York Times

Una foto dall’inchiesta Invisible Child del New York Times

Leggereste questo articolo sul vostro computer dalla prima all’ultima riga se fosse lungo oltre tre pagine? La risposta è sì, se questo fosse un racconto che oltre alle parole includesse foto, video e documenti multimediali.

Si chiama longform journalism ed è la ricetta che il New York Times sta portando avanti dall’anno scorso e che, a quanto pare, sta dando grossi frutti.

L’ultima in ordine di tempo è Invisibile Child, un’inchiesta che racconta la storia di Desani, una dei 22.000 bambini senza casa e assistenza sociale che vivono in condizioni disumane nei sobborghi della Grande Mela. Una giornalista e una fotografa hanno vissuto per un intero anno con Desani, 11 anni, e la sua famiglia, sette fratelli e genitori tossicodipendenti, in un asilo per senzatetto di Brooklyn. Il risultato è un fotoracconto lungo oltre 100 cartelle, divise in cinque “capitoli”, con 250 pagine solo di documenti originali. Il lavoro è stato pubblicato integrale online, mentre sulla carta sono uscite ieri e oggi le prime due delle cinque puntate.

Invisibile Child , analizzato per primo in Italia da Mario Tedeschini Lalli nel suo blog “Giornalismo d’altri”, è un racconto di un Dickens postmoderno, forte della base giornalistica dell’inchiesta ma più potente grazie alla comunicazione multimediale e ha capovolto una delle regole auree che gli esperti avevano redatto per il giornalismo online, la brevità. Il suo successo arriva dopo quello ottenuto dallo stesso giornale con A Game of Shark and Minnow e soprattutto con Snow Fall, il primo esperimento a sdoganare il tabù della lunghezza online. Un team di 30 persone ha lavorato per sei mesi consecutivi per realizzarlo, un investimento notevole per un giornale online che indica forse la consapevolezza del NYT che lungo o corto, un lavoro giornalistico di qualità ha la certezza del successo. Nella comunità digitale l’inchiesta ha coniato anche il verbo to snowfall ovvero “un racconto giornalistico multimediale complesso fuori dai modelli classici dei siti dei giornali e a sviluppo prevalentemente verticale”.

In Europa anche il Guardian, che ogni anno fattura una perdita (in sterline) a sei zeri, ha deciso di investire in questo modello con il suo NSA files decoded.

E venerdì scorso la Columbia Journalism School, nella conferenza “The Future of Digital Longform”, aveva rivalutato la lunghezza come elemento ugualmente fruibile online. Secondo il professore Michael Shapiro i lettori riescono a leggere articoli online anche di oltre 8.000 battute senza particolari problemi persino dallo schermo di uno smartphone; lui stesso ha dato vita a The Big Roundtable, un sito solo per lunghi racconti.

Shapiro però sostiene poi che “un articolo di giornale non è definito dalla sua lunghezza ma dallo stile” e proprio qui sta il punto. Non è tanto la lunghezza di un articolo a determinare il suo successo fra i lettori, ma sono il contenuto e la capacità comunicativa. Le proposte del NYT non sono lunghi mattoni di testo scritto alla “Guerra e Pace” ma il prodotto dell’incrocio di uno scritto ottocentesco dalla forte narratività e gli strumenti dei nuovi media. Video e testo, foto e parole, racconto e mappe si uniscono creando un prodotto meta-giornalistico che è sì estremamente lungo ma allo stesso tempo anche semplice da leggere, e il successo di pubblico lo dimostra.

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Picayune e Inquirer: quei giornali che tornano a puntare sull’edicola http://ifg.uniurb.it/2013/05/13/ducato-online/picayune-e-inquirer-quei-giornali-che-tornano-a-puntare-sulledicola/46894/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/13/ducato-online/picayune-e-inquirer-quei-giornali-che-tornano-a-puntare-sulledicola/46894/#comments Mon, 13 May 2013 17:45:22 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=46894 Se la moda del momento è l’esodo dalla carta al digitale, negli Stati Uniti c’è chi va in controtendenza. È il Times Picayune, giornale di New Orleans dal 1837 che un anno fa decise di tagliare le pubblicazioni cartacee riducendo a tre le uscite settimanali per favorire ed espandere il sito online del giornale, provocando il malcontento tra i lettori. Ma l’ex quotidiano, a distanza di un anno, ha deciso di ritornare sui suoi passi affiancando al cartaceo del mercoledì, venerdì e domenica, un nuovo tabloid il TPStreet che uscirà anche il lunedì, martedì e giovedì.

La notizia di poche ore fa è stata commentata sul New York Times che ha giudicato “arrogante e avventata” la scelta dell’anno scorso da parte degli editori di abbandonare il cartaceo pensando che i numerosi “click” del sito portassero alla conquista di nuovi inserzionisti e di conseguenza a nuove fonti di guadagno.

Ma la convinzione che possedere il monopolio di un’area per fare funzionare un giornale si è rivelata ben presto sbagliata e il vecchio quotidiano di New Orleans ha dovuto ammettere di non essere stata in grado di adottare una strategia digitale moderna.

Critiche sono arrivate anche dal Columbia Journalism Review, la rivista della scuola di giornalistmo della Columbia, che ha giudicato la strategia dell’anno scorso come un “rolling disaster”, letteralmente un disastro rotolante.

Il caso del Times Picayune non è l’unico negli Stati Uniti. Qualche settimana fa il Philadelphia Inquirer, giornale di Philadelphia fondato nel 1829 da John R. Walker (terzo giornale più longevo negli Usa) ha fatto un passo indietro annunciando che, dopo due anni di assenza dalle edicole, sarebbe ritornato con l’edizione del sabato.

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La cultura al di là delle Alpi? All’estero un giornalismo meno provinciale http://ifg.uniurb.it/2013/04/28/ducato-online/la-cultura-al-di-la-delle-alpi-allestero-un-giornalismo-meno-provinciale/44990/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/28/ducato-online/la-cultura-al-di-la-delle-alpi-allestero-un-giornalismo-meno-provinciale/44990/#comments Sun, 28 Apr 2013 14:46:47 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=44990 IL PROGRAMMA). Nella città ducale anche molti giornalisti internazionali. Che qui discutono del modello italiano: se il mondo anglosassone rimane l'esempio migliore, altri paesi possono ancora imparare qualcosa dall'Italia SFOGLIA IL DUCATO SPECIALE FESTIVAL / IL SITO UFFICIALE / LA PRESENTAZIONE]]> Tutto pronto perla prima edizione del festival del giornalismo culturale (programma). Nella città ducale anche molti giornalisti internazionali. Che qui discutono del modello italiano: se il mondo anglosassone rimane l’esempio migliore, altri paesi possono ancora imparare qualcosa dall’Italia

John Lanchester della London review of books

URBINO – John Lanchester è un giornalista inglese che si occupa di cultura. Scrive per la London review of books, un quindicinale che si occupa di recensioni di libri ma anche di altro. “Non è solo una bella lettura della domenica”, commenta Alberto Notarbartolo, vice direttore di Internazionale, mentre descrive il lavoro di Lanchester e della sua rivista. Recensioni di libri, videogiochi, vini, letteratura sacra. Non c’è limite agli argomenti che può trattare John Lanchester. E’ difficile trovare in Italia un giornalista che si occupi di cultura a questi livelli. “I suoi articoli culturali non sono ‘entertainment'”, spiega Notarbartolo.

SFOGLIA IL DUCATO SPECIALE FESTIVAL

Sui giornali italiani, secondo il vice-direttore di Internazionale, le notizie culturali sono molte meno e sparse in mezzo a cose che rientrano più nel giornalismo di costume. Quello che manca è la fiducia, da parte di chi fa i giornali, in una presenza regolare del giornalismo culturale nei quotidiani. “Si cerca di renderlo più leggero, più pop”, non lo si tratta in maniera seria come fa John Lanchester.
IL SITO UFFICIALE / LA PRESENTAZIONE

In Italia, negli ultimi anni, è esploso il fenomeno degli inserti settimanali di cultura. Ogni domenica il lettore può immergersi in pagine e pagine dei più svariati argomenti. Il fenomeno, che già esisteva da anni (basti pensare a Domenica del Sole24 ore) è stato adottato anche da altri quotidiani, come La Lettura del Corriere della Sera, o Orwell di Pubblico che, anche se ormai non esiste più, aveva avuto un buon successo.

Anche in altri paesi esiste questo. “Rispetto al 2007 – dice Notarbartolo – il numero di pagine dell’inserto culturale di recensioni di libri del New York Times domenicale è un terzo oggi, ma è comunque un qualcosa che non ha un possibile termine di paragone in Italia. Sono solo critiche di libri, recensioni argomentate non “intervistine” o commenti su quello che ha detto l’autore in televisione”. Nelle pagine culturali del New York Times c’è spazio solo per i libri, per quello che dicono e per quello che l’autore vuole trasmettere. Le recensioni non sono scritte dall’oggi al domani, “non si può chiamare un collega e dirgli ‘scrivi una recensione per domani'”. Leggere e pensare prima di scrivere ha un costo economico importante e, secondo Notarbartolo, in Italia non sono costi necessari.

In Spagna molti quotidiani si sono dotati di un inserto culturale come El Paìs, con Babelia e Abc con El Cultural che escono entrambi di sabato. Una grande differenza tra Italia e Spagna, racconta Lucia Magi, è l’attenzione verso quello che succede al di fuori dei confini nazionali. “Una mostra di Vittorio De Sica a Roma o il racconto degli scavi di Pompei – spiega la giornalista, che collabora con El Paìs, e con La Tercera, quotidiano cileno – sono trattati, nei giornali spagnoli, con grande attenzione e cura. Quando un prete di provincia spagnolo commissionò a una sua parrocchiana il restauro di una preziosa opera del XIX secolo, il Cristo de Borja che fu un colossale disastro.La notizia fu al centro del dibattito nazionale su quanto fosse importante adottare politiche per migliorare la conservazione dei beni e patrimoni artistici. A differenza di quello che avviene in Spagna per De Sica o Pompei, in Italia la notizia del Cristo de Borja, fu data solo da Repubblica.it nella colonna destra del portale dove di solito trovano spazio argomenti più leggeri. Un altro aspetto importante, spiega la giornalista, è che la cronaca dell’arte è ben distinta dalla critica, cosa che avvicina, in meglio, il giornalismo culturale spagnolo a quello del mondo anglosassone.

A non essere d’accordo è Irene Hernandez Velasco, corrispondente di El Mundo per l’Italia. “Lo spazio che i giornali spagnoli dedicano alla cultura è più o meno uguale a quello utilizzato dai giornali italiani. Quello che cambia è il concetto. Molto raramente in Spagna si pubblicano pezzi che invitano alla riflessione o al dibattito intellettuale. Un articolo come quello pubblicato dal Corriere della Sera il 22 aprile, sullo scrittore yiddish Israel Joshua Singer, non sarebbe mai pubblicato in Spagna perché sarebbe considerato troppo minoritario”. L’Italia è ancora un paese produttore di cultura e soprattutto ha il più grande patrimonio artistico del mondo quindi è normale che ci sia grande attenzione da parte dei quotidiani spagnoli, secondo la giornalista de El Mundo.

Su cosa succeda al di là delle Alpi non sono tutti d’accordo così come non sono d’accordo su come la cultura venga trattata in Italia. Se ne parlerà il 4 maggio alle 15 a Urbino, durante il festival di giornalismo. I nuovi orizzonti del giornalismo culturale europeo saranno allora meno sfumati.

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La news agghiacciante che non avete letto: l’autocritica dei media Usa http://ifg.uniurb.it/2013/04/17/ducato-online/la-notizia-agghiacciante-che-non-avete-letto-i-media-usa-fanno-autocritica/43488/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/17/ducato-online/la-notizia-agghiacciante-che-non-avete-letto-i-media-usa-fanno-autocritica/43488/#comments Wed, 17 Apr 2013 10:49:15 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=43488
Kermitt Gosnell praticava aborti dal 1972

C’è una storia agghiacciante negli Stati Uniti di cui in pochissimi avevano parlato fino a poco fa e che ora sta scandalizzando l’America: il dottor Kermit Gosnell è stato scoperto nel 2009 a far abortire illegalmente donne incinta di oltre sei mesi, con attrezzature non sterilizzate, riutilizzando gli stessi strumenti e poi uccidendo i neonati spezzandogli il midollo spinale con le forbici. Nessuno ne aveva parlato sui media americani finché due articoli pubblicati online hanno costretto i media a fare autocritica. 

I fatti, come detto, sono del 2009. Nel 2011, esclusa la stampa locale di Philadelphia, a scrivere di questa storia furono solo il New York Times, l’Huffington Post e pochi altri giornali. Senza seguito: da quel momento in poi niente più, fino alla data d’inizio del processo quando solo il NYT, nelle ultime pagine del giornale, e alcune pubblicazioni femministe o pro o contro l’aborto parlarono della vicenda

Niente sui telegiornali delle tre televisioni nazionali più importanti. Il processo è iniziato il 18 marzo scorso. Gosnell, 72 anni di Philadelphia, è accusato per l’omicidio di 7 bambini apparentemente nati vivi e di una donna di 41 anni.

Solo oggi, a quasi un mese dall’inizio del processo, la notizia è arrivata su tutti i giornali, che la mettono in prima pagina e molti giornalisti stanno  cercando di dare motivazioni plausibili per giustificare la scarsa copertura mediatica.

C’è chi dice che il tema è troppo delicato, altri ci mettono in mezzo la politica e qualcuno invece dice che i protagonisti della storia erano donne povere e spesso di colore provenienti dai sobborghi, quindi poco interessanti per le grandi testate nazionali di Washington e New York.

Al di là dei perché, la morale della favola è un’altra: il giornalismo americano è capace di una sana e costruttiva autocritica. La storia di Gosnell ha cominciato a stuzzicare l’interesse nazionale solo dopo che due giornalisti,  Kirsten Powers di Usa Today e Conor Friedersdorf del The Atlantic, hanno fatto mea culpa e hanno affermato e ribadito come la storia fosse degna di interesse nazionale.

Ha iniziato la Powers con un editoriale: “Decapitazione infantile. Feti buttati nei barattoli. Il pianto di un bambino ancora vivo dopo che è stato prelevato dalla pancia della madre durante un aborto. Avete mai sentito parlare di queste ripugnanti accuse? No e non è colpa vostra. Da quando il caso Gosnell è finito in tribunale […] la copertura mediatica è stata molto scarsa mentre invece la storia sarebbe dovuta essere su tutte le prime pagine dei giornali”.

Per la giornalista “non era necessario essere contro l’aborto per trovarlo ripugnante, soprattutto se praticato oltre la scadenza dei termini (20 settimane negli Usa, ndr) o per considerare il caso Gosnell degno di attenzioni. L’assordante silenzio della stampa, prima una forza di giustizia in America, è una disgrazia“.

Allo stesso modo Friedersdorf scrive: “Fino a giovedì (11 aprile, ndr) non avevo mai sentito parlare di questa storia e io sono un divoratore di notizie. Poi ho letto l’editoriale di Kristen Powers e sono d’accordo con lei, cosi ho deciso di scrivere anche io del caso Gosnell”.

Una vera e propria strigliata di orecchie a tutti i colleghi ciechi e sordi davanti a una storia di indubbio interesse nazionale. Molti giornali si sono giustificati dicendo di essere incapaci di scrivere delle atrocità del caso, troppo violento e disgustoso, altri dicono che la vicenda è stata esagerata e strumentalizzata dalla politica.

La lezione però è che, anche se il mondo del giornalismo è complesso e spesso chiuso alle critiche esterne, in America ha dimostrato di potersi auto-controllare e quindi di correggere i propri errori di valutazione con una puntina di onestà. Non è poi così scontato che all’interno dello stesso sistema si alzino voci fuori dal coro che fanno una critica e poi vengono veramente ascoltate, riportando in carreggiata i colleghi ‘ribelli’.  Chissà se il giornalismo italiano ne sarebbe capace.

Due giorni fa, in risposta alla collega, Glenn Harlan Reynoldsha scritto su USA Today: “Scrivo molti editoriali e come tutti quelli che lo fanno spero che qualcuno li legga e poi possa guardare alle cose in modo differente. Ogni tanto succede, come l’editoriale di Kristen Powers sul caso Gosnell. […] La storia ci ha insegnato che i media fanno errori, non solo per come coprono le storie ma anche, e soprattutto, nella scelta di quali storie coprire. Tenetevelo in mente per il futuro. E sperate che, nel momento cruciale, un altro editoriale scritto dalla persona giusta possa rompere di nuovo il silenzio“.

Sullo stesso argomento:

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Pulitzer, ecco i 21 servizi vincitori http://ifg.uniurb.it/2013/04/16/ducato-online/pulitzer-ecco-i-21-servizi-vincitori/43084/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/16/ducato-online/pulitzer-ecco-i-21-servizi-vincitori/43084/#comments Tue, 16 Apr 2013 17:23:51 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=43084 [continua a leggere]]]> Dai poliziotti a cui non piace rispettare i limiti di velocità (e uccidono 19 persone) alla guerra civile in Siria, da l’inquinamento degli oleodotti in Michigan ai conti segreti dell’ex premier cinese Wen Jiabao: sono questi alcuni degli argomenti trattati dai servizi, dalle inchieste e dai reportage vincitori dei prestigiosi premio Pulitzer, assegnati ieri a New York. Ecco, in dettaglio, i 14 vincitori.

SERVIZIO PUBBLICO
Sun Sentinel, Fort Lauderdale, FL

A tutta velocità, per andare a lavoro o semplicemente per gioco, fino a superare i 200 chilometri all’ora. Oltre 800 poliziotti della Florida, secondo l’inchiesta del Sun Sentinel di Fort Lauderdale, quotidianamente superano i limiti di velocità (circa 90 chilometri orari) “violando in modo evidente la fiducia dei cittadini”. Dal 2004 l’eccesso di velocità ha provocato 320 incidenti e 19 morti. Solo un poliziotto è stato condannato: 60 giorni di carcere.

BREAKING NEWS
La redazione del The Denver Post

Denverpost.com del 20 luglio 2012

 La notte del 20 luglio 2012 centinaia di persone affollavano il multisala “Century 16 Movie Theater” di Aurora per vedere la prima mondiale del film “Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno“. Dodici fra gli spettatori, tra i quali diversi bambini, furono uccisi. Per aver raccontato il “massacro di Aurora” in modo puntuale e preciso, attraverso l’uso di Twitter, Facebook, video e foto, lo staff del The Denver Post vince il Pulitzer sezione Breaking News.  Il giornale ha anche pubblicato l’audio della prima telefonata ricevuta dalla polizia che segnalava gli spari e una timeline interattiva che descrive ogni momento della vicenda.

 
GIORNALISMO INVESTIGATIVO
David Barstow e Alejandra Xanic von Bertrab del New York Times

L’inchiesta dei giornalisti David Barstow e Alejandra Xanic von Bertrab sul fenomeno della corruzione nel Wal-Mart, nel settore della grande distribuzione

Come fa una multinazionale nel settore della vendita al dettaglio a sbaragliare la concorrenza e dominare con successo anche il difficile mercato messicano? La domanda se la sono posta due giornalisti del NYT e la risposta è stata tutt’altro che incoraggiante. Dal 2005 infatti i dirigenti di Wal – Mal, multinazionale con oltre 200 dipendenti in Messico, sono riusciti ad ottenere il controllo di Città del Messico corrompendo la pubblica amministrazione per avere permessi e licenze: quasi 20 milioni di euro (24 milioni di dollari) in totale di mazzette.

EXPLANATORY REPORTING (Giornalismo esplicativo)
La redazione del New York Times

I lati oscuri di una delle più potenti società del mondo, dalla paga dei lavoratori alla produzione dei componenti fuori dal continente americano

La “i” revolution, quella degli iPhone, iPad e  iTunes, ha cambiano radicalmente molti aspetti della vita sociale, dall’economia mondiale al modo in cui le persone interagiscono fra di loro. Ma il mondo Apple non è tutto rose e fiori, anzi forse, a guardar bene, quella ‘mela’ è piena di bruchi. Così lo staff del NYT ha voluto scavare a fondo nella “i-produzione”, scoprendo ad esempio che la maggior parte dei componenti elettronici viene prodotta all’estero, in Russia, Cina, Turchia o Repubblica Ceca provocando molte perdite nelle casse americane. In molte fabbriche inoltre i lavoratori fanno turni da più di 60 ore a settimana, 7 giorni su 7, spesso senza avere gli straordinari pagati. Nel 2009 circa 140 persone accusarono ferite provocate dall’uso dell’esano, un elemento tossico usato per pulire gli schermi degli iPhone.

GIORNALISMO LOCALE
Brad Schrade, Jeremy Olson e Glenn Howatt dello Star Tribune, Minneapolis

Poche cure e scarsa igene negli asili di Minneapolis causando la morte di 8 bambini

Asili con un numero di bambini superiore a quello consentito e condizioni che violavano le regole di sicurezza. Secondo l’inchiesta dello Star Tribune di Minneapolis, che ha preso in esame centinaia di atti della polizia contro gli asili non a norma, il numero di bambini morti negli asili si è raddoppiato negli ultimi 5 anni fino ad arrivare a uno al mese. Tra questi c’era anche Blake Fletcher, 3 mesi, lasciato senza controlli per più di due ore in un box per bambini e morto asfissiato.

GIORNALISMO SU QUESTIONI NAZIONALI
Lisa Song, Elizabeth McGowan e David Hasemyer dell’InsideClimate News, Brooklyn, NY

Il lavoro di Lisa Song, Elizabeth McGowan e David Hasemyer sulla scarsità dei controlli sugli oleodotti negli States

Il Pulitzer premia anche la salvaguardia dell’ambiente. E’ il caso dell sito no-profit InsideClimate News di Brooklyn che ha ricevuto il prestigioso premio grazie all’indagine condotta nel 2010 sugli oleodotti della società canadese Enbridge. Sotto accusa alcune delle tubature in Michigan: a causa della scarsa manutenzione e della mancanza di controlli, una perdita di oltre tre milioni di litri di petrolio si è riversata direttamente nei fiumi Talamadge e Kalamazoo. I fiumi confluiscono nel lago Michigan che fornisce acqua potabile a oltre 10 milioni di persone.

GIORNALISMO SU QUESTIONI INTERNAZIONALI
David Barboza del New York Times

Il servizio del NYT sugli affari della famiglia di Wen Jiabao

Almeno 2,7 miliardi di dollari (quasi 2,1 miliardi di euro) è la fortuna della famiglia dell’ex premier cinese Wen Jiabao secondo l’inchiesta di David Barboza. La madre di Wen, Yang Zhiyun, che era un’insegnante del nord della Cina, oggi, a 90 anni, “non solo è uscita dalla povertà, ma è divenuta incontestabilmente ricca”. L’inchiesta la vede soggetto, assieme con figli e cognati, in investimenti che spaziano dalla finanza all’acquisto di gioielli e aziende di telecomunicazione, nonché progetti di infrastrutture. Dall’uscita della notizia i legali della famiglia cinese hanno fatto causa al NYT il quale sito poco dopo è stato anche attaccato da hacker cinesi.

FEATURE (giornalismo d’approfondimento)
John Branch del New York Times

L’infografica interattiva che spiega le dinamiche della valanga che travolse e uccise 16 tra sciatori e snowboarders

“La neve arrivò dirompente senza preavviso tra gli alberi, solo un sibilo all’ultimo secondo, seguito da un muro a due piani di colore bianco e il grido lacerante di Chris Rudolph: ‘Valanga! Elyse!‘. La cosa che più avevano cercato – la fresca e morbida neve – d’improvviso divenne il loro nemico. Da qualche parte sopra, sul prato bianco e intatto della montagna, si era formata una crepa a forma di fulmine che ha ‘affettato’ una lastra di ghiaccio di quasi 200 metri di larghezza e tre metri di profondità. La gravità ha fatto il resto”. E’ la storia dei sopravvissuti alla valanga di Tunnel Creek, sulle Cascade Mountains nello Stato di Washington, che nel febbraio 2012 ha ucciso quattro persone e che il Times ha raccontato con una imponente infografica interattiva.

OPINIONI
Bret Stephens del Wall Street Journal

Uno degli editoriali che hanno valso al giornalista il premio Pulitzer

Bret Louis Stephens, classe 1973, è un giornalista americano nato a New York e vissuto a Città del Messico. La sua carriera al Wall Street Journal inizia nel 1998, prima come editorialista a New York poi a Bruxelles per il Wall Street Journal Europe. Dal 2006 cura l’editoriale del giornale dal titolo “Global View” nel quale si occupa di politica estera e interna americana. Secondo la giuria del premio, i suoi articoli sono “incisivi e spesso animati da colpi di scena “.

CRITICA
Philip Kennicott del Washington Post

Premio sezione “Criticism” a Kennicott per i suoi articoli sull’arte e la società

Philil Kennicott, 47 anni, è il critico d’arte della sezione Style del Washington Post dal 1999. A valergli i premio sono stati, tra gli altri, i suoi articoli sull’esibizione fotografica “A Living Man Declared Dead and Other Chapters I-XVIII” di Taryn Simon alla Corcoran Gallery, la mostra di architettura di Kevin Roche alla National Building Museum e un saggio sulla violenza delle immagini fotografiche online. La giuria ha premiato Kennicott per “i suoi saggi eloquenti e appassionati sull’arte e sulle forze sociali che vi sono alla base, un critico che da sempre si impegna per rendere i suoi argomenti interessanti al pubblico”. Nel 2000 il giornalista era stato finalista per il premio Pulitzer nella sezione “Editoriali”.

EDITORIALI
Tim Nickens e Daniel Ruth del Tampa Bay Times, St. Petersburg, FL

Uno degli articoli che ha permesso di continuare con la fluorizzazione dell’acqua a Pinellas County

La fluorizzazione è una pratica chimica che permette di aggiungere composti di fluoro nell’acqua con lo scopo di prevenire la carie. Il metodo è sicuro e dal 2000 aiuta i cittadini americani a prevenire le visite dal dentista. Nel 2011 a Pinellas Country la commissione della città aveva intenzione di terminare la fluorizzazione affermando che troppo fluoro poteva fare male alla salute.  Tim Nickens e Daniel Ruth, attraverso i loro 10 editoriali sul tema, hanno dimostrato che il fluoro non fa male, battendosi per continuare la fluorizzazione e preservare la salute dentale dei 700.000 abitanti di Pinellas County.

VIGNETTE
Steve Sack dello Star Tribune, Minneapolis

Una vignetta raffigura il leader nord coreano Kim Jong-un

“Una collezione di vignette dallo stile originale e create con l’intelligente intenzione di far capire bene al pubblico il suo inconfondibile punto di vista”. Con questa frase i giudici del Pulitzer hanno premiato Steve Sacks, vignettista dello Star Tribune dal 1981. Sack ha disegnato oltre 7.800 vignette per il giornale, tutte a tema politico-economico,  e nel 2004 è stato finalista per lo stesso premio.

FOTOGRAFIA DI ATTUALITA’
Rodrigo Abd, Manu Brabo, Narciso Contreras, Khalil Hamra e Muhammed Muheisen dell’Associated Press

Un siriano piange stringendo il figlio ucciso dalle truppe militari del regime vicino a Dar El Shifa hospital, Aleppo. Foto di Manu Brabo

Il premio Pulitzer per la fotografia ‘breaking news‘ va a cinque fotografi dell’agenzia internazionale Associated Press per i reportage fatti negli ultimi due anni sulla guerra in Siria. Per la giuria sono “memorabili” e scattati “sotto estremo pericolo”. La guerra civile in Siria tra i ribelli dell’Esercito Siriano Libero e il governo di Bashar al-Assad è una delle più sanguinose di tutto il Medio Oriente: 90.000 morti in due anni secondo l’ultimo bilancio delle Nazioni Unite.

FOTOGRAFIA
Javier Manzano, fotografo free-lance, Agence France-Presse

La foto, distribuita da Agence France-Presse, è stata scattata il 18 ottobre 2012 ad Aleppo

Due soldati ribelli siriani fanno la guardia al loro covo nel quartiere Jabl Karmel di Aleppo. La luce entra timida dietro di loro, trovando spazio da alcuni fori lasciati da colpi di proiettile e schegge vaganti. Nel suo passaggio illumina la polvere di più di cento giorni di bombardamenti, bombe e scontri a fuoco. Il quartiere di Karmel Jabl è un punto strategico per la sua vicinanza alla strada principale che separa alcuni dei principali campi di battaglia della città. Entrambe le parti, l‘Esercito Libero Siriano e il regime, puntano molto sui cecchini in un gioco al gatto e al topo lungo le linee del fronte di Aleppo.

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Pulitzer: 4 premi al New York Times. Al Sun Sentinel il ‘servizio pubblico’ http://ifg.uniurb.it/2013/04/16/ducato-online/pulitzer-quattro-premi-al-new-york-times-per-il-servizio-pubblico-vince-il-sun-sentinel/43060/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/16/ducato-online/pulitzer-quattro-premi-al-new-york-times-per-il-servizio-pubblico-vince-il-sun-sentinel/43060/#comments Tue, 16 Apr 2013 08:05:58 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=43060

L’inchiesta del Sun Sentinel sugli eccessi di velocità dei poliziotti fuori servizio

Trionfo per il New York Times alla premiazione dei premi Pulitzer 2013 . Il giornale ha vinto in quattro delle 21 categorie: giornalismo investigativo, ‘explanatory reporting’ (giornalismo ‘esplicativo’), temi internazionali e feature (che potremmo tradurre ‘di approfondimento’). I premi sono stati annunciati ieri alle 15 ora americana (alle 21 in Italia), alla Columbia University.

Il quotidiano newyorkese si è segnalato per il servizio dedicato all’attività di Wal-Mart, la più grande catena americana di distribuzione al dettaglio, e il suo uso di corruzione e tangenti per dominare il mercato messicano; per quello sulla Apple, al centro di un’inchiesta sulle pratiche di business del colosso americano e sul lato più oscuro dell’economia globale. John Branch ha vinto nella categoria ‘feature’ per la sua narrazione evocativa della morte di alcuni sciatori travolti da una valanga. Il giornalista ha approfondito inoltre la sua analisi spiegando le cause scientifiche di questi disastri naturali.

Infine, il miglior servizio internazionale è stato assegnato a David Barboza per l’indagine sulla corruzione ad alti livelli del governo cinese e tra i parenti dell’ex primo ministro Wen Jiabao. Un riconoscimento che la Cina non ha apprezzato: il portavoce del ministero degli Esteri, Hua Chunying, all’indomani della premiazione, ha dichiarato che secondo Pechino dietro il reportage ci sarebbe una campagna di diffamazione da parte di “voci” contrarie allo sviluppo del Paese asiatico.

foto di Javier Manzano

Come nella passata edizione in cui erano stati premiati anche siti solo online, come l’Huffington Post e Politico.com, anche quest’anno le testate solo online hanno ricevuto riconoscimenti. Inoltre quasi tutte le inchieste vincitrici hanno fatto largo uso di elementi multimediali pubblicati solo online, a conferma che il mondo dell’informazione non può ormai prescindere dal web.

Il premio per le notizie di carattere nazionale è andato all’associazione non profit InsideClimate News, che ha seguito i danni ambientali causati dagli oleodotti, concentrandosi sulla pericolosità del bitume diluito. Lo staff del sito di news ha festeggiato la vittoria con una videoconferenza perché -come ha dichiarato il fondatore ed editore David Sasoon- “lavoriamo tutti dalle nostre case”. Per le breaking news è stata premiata la redazione del Denver Post che ha raccontato la strage di Aurora, in Colorado, dove sono state uccise 12 persone.

Una delle foto del reportage dell’Associated press

Per la fotografia sono state premiate nella categoria ‘attualità’ le immagini di Rodrigo Abd, Manu Brabo, Narciso Contreras, Khalil Hamra e Muhammed Muheisen dell’ Associated Press che hanno raccontato la guerra civile in Siria; mentre nella categoria ‘feature photography’ è stato premiato il fotografo free-lance, Javier Manzano, per l’immagine di due soldati ribelli siriani che sorvegliano una sentinella dentro una stanza illuminata dalla luce che filtra dai fori prodotti da proiettili sulla serranda alle loro spalle.

Ecco l’elenco completo dei vincitori:

  • Giornalismo localeBrad Schrade, Jeremy Olson e Glenn Howatt dello Star Tribune, Minneapolis
  • Feature John Branch del New York Times
  • Opinioni Bret Stephens del Wall Street Journal
  • CriticaPhilip Kennicott del Washington Post
  • EditorialiTim Nickens e Daniel Ruth del Tampa Bay Times, St. Petersburg, FL
  • VignetteSteve Sack dello Star Tribune, Minneapolis
  • Fotografia di attualitàRodrigo Abd, Manu Brabo, Narciso Contreras, Khalil Hamra e Muhammed Muheisen dell’Associated Press
  • FotografiaJavier Manzano, fotografo free-lance, Agence France-Presse

Vincitori 2013 nella sezione letteratura, teatro, musica

  • Romanzi “The Orphan Master’s Son” di Adam Johnson
  • Teatro“Disgraced” di Ayad Akhtar
  • Scrittura di saggi storici“Embers of War: The Fall of an Empire and the Making of America’s Vietnam” di Fredrik Logevall (Random House),
  • Biografie“The Black Count: Glory, Revolution, Betrayal, and the Real Count of Monte Cristo” di Tom Reiss (Crown)
  • Poesia“Stag’s Leap” di Sharon Olds
  • Saggistica“Devil in the Grove: Thurgood Marshall, the Groveland Boys, and the Dawn of a New America” di Gilbert King (Harper)
  • Musica“Partita for 8 Voices” di Caroline Shaw (New Amsterdam Records)

Il Pulitzer è il riconoscimento giornalistico più antico e prestigioso del mondo. Istituito nel 1917 dall’editore Joseph Pulitzer, è gestito dalla Columbia University di New York a cui il magnate lasciò tutti i suoi averi. Il premio, diviso in 21 categorie, assegna ai vincitori una ricompensa di diecimila dollari. Al vincitore della categoria ‘servizio pubblico’, al posto dei soldi, viene, invece, conferita una medaglia d’oro. Oltre ai premi per il giornalismo la giuria –composta da 19 personalità del mondo dell’informazione – assegna anche sette premi per le arti, la musica e la letteratura.

Nella categoria narrativa -in cui l’anno scorso nessun romanzo era stato considerato all’altezza si ricevere il Pulitzer- è stato premiato lo scrittore Adam Johnson, autore di The Orphan Master’s Son, pubblicato in Italia da Marsilio con il titolo ‘Il signore degli orfani’.c’è stato anche un vincitore nella sezione narrativa.

 

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Le Ong informano meglio del Nyt: la sfida del giornalismo ibrido http://ifg.uniurb.it/2013/03/28/ducato-online/le-ong-informano-meglio-del-nyt-la-sfida-del-giornalismo-ibrido/40625/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/28/ducato-online/le-ong-informano-meglio-del-nyt-la-sfida-del-giornalismo-ibrido/40625/#comments Thu, 28 Mar 2013 07:30:43 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=40625

L’informazione delle Ong a volte ‘batte’ quella della stampa tradizionale. E’ questa una delle principali conclusioni di uno studio dell’Università di Denver sul contributo di quotidiani come il New York Times e Usa Today e alcune Ong ( 350.org, OneClimate, Campagna Globale per l’Azione Climatica) alla diffusione delle informazioni circa la conferenza sui cambiamenti climatici delle Nazioni unite a Durban.

Che i nuovi mezzi di comunicazione siano da tempo entrati in una nuova dimensione è cosa ormai accertata. La convergenza tra social network, informazione tradizionale e pratiche di cittadini “reporter” è stata infatti alla base delle primavere arabe, diffondendo notizie e portando alla luce situazioni altrimenti impossibili da sottrarre alla censura di regime.

Ma lo studio dell’università di Denver si concentra appunto sul ruolo/rapporto tra stampe e Ong, rapporto che ridefinisce gli orizzonti della consueta ‘oggettività’ giornalistica, fondendosi con l’informazione ‘di parte’ di queste organizzazioni.

Secondo i risultati della ricerca i quotidiani perderebbero la loro consueta attitudine a informare in modo esaustivo, lasciando spazio alle organizzazioni non governative, che di fatto si trasformerebbero in una sorta di “piattaforma informativa”, nettamente più efficiente di tradizionali colossi editoriali. Questa indiscussa ‘superiorità’ si basa sulla possibilità delle Ong di fornire un’enorme quantità di materiale (video-foto-commenti) ai media tradizionali, che non riuscirebbero a produrre in proprio, associata ad un’altra fondamentale proprietà: quella di permettere l’interattività del pubblico nella formulazione della notizia.

A Durban, infatti, il ruolo delle Ong nel raccontare la conferenza si è avvalso della collaborazione tra attivisti e social media, in modo molto più robusto e dinamico – dice lo studio – rispetto a quello che il New York Times può offrire ai suoi lettori.

In questo modo le Organizzazioni non governative non si limitano soltanto a manifestare la loro posizione su determinate questioni, attraverso manifestazioni o proteste, ma possono aggiungere alle loro funzioni anche quella di “cane da guardia della democrazia” da sempre funzione esclusiva dei giornali.

L’esperienza di Durban ha così potuto dimostrare che la possibilità di interazione tra giornalisti e attivisti delle organizzazioni, interpretando oggettivamente le situazioni attraverso commenti interattivi, contribuisce al progresso del giornalismo, capace di svincolarsi di reinventarsi in nuove e molteplici forme. Pur lasciando irrisolti alcuni problemi di oggettività.

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