il Ducato » quotidiani http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » quotidiani http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Terza pagina: c’è qualcuno che la legge? Le opinioni raccolte a Urbino http://ifg.uniurb.it/2015/04/24/ducato-online/terza-pagina-ce-qualcuno-che-la-legge-le-opinioni-raccolte-a-urbino/71787/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/24/ducato-online/terza-pagina-ce-qualcuno-che-la-legge-le-opinioni-raccolte-a-urbino/71787/#comments Fri, 24 Apr 2015 10:00:08 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71787 VIDEO Dal 1901 sulla carta stampata si parla anche di arte e sapere, nella 'terza pagina'. Ma le persone hanno ancora voglia di sfogliare la sezione culturale dei quotidiani? Lo abbiamo chiesto a sei persone in giro per la città]]> URBINO – C’è chi si informa quasi esclusivamente ascoltando la Radio, chi consulta la timeline di Facebook e chi – ancora – acquista il giornale ogni mattina. E poi c’è la Rete, un punto di riferimento quotidiano per tutti. Almeno, per tutti quelli che abbiamo sentito a Urbino in questi giorni, durante la terza edizione del Festival del giornalismo culturale. Dal cittadino al commerciante, dallo studente al professore universitario, ognuno ci ha raccontato come preferisce informarsi e quanta attenzione ha per la ‘terza pagina’, lo storico spazio che i giornali cartacei dedicano all’arte e al sapere.


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Non più tagli: l’editoria italiana vuole ripartire da un accordo con Google http://ifg.uniurb.it/2013/06/08/ducato-online/non-piu-tagli-leditoria-italiana-vuole-ripartire-da-un-accordo-con-google/50030/ http://ifg.uniurb.it/2013/06/08/ducato-online/non-piu-tagli-leditoria-italiana-vuole-ripartire-da-un-accordo-con-google/50030/#comments Sat, 08 Jun 2013 19:25:44 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=50030

Il Manifesto, uno dei giornali che riceve finanziamenti

Finanziamenti pubblici sì, finanziamenti pubblici no. L’Italia si divide tra i paladini del sostegno pubblico all’editoria e chi la combatte da sempre. Un confronto inevitabile in un periodo in cui Beppe Grillo attacca la stampa quasi ogni giorno, con dure accuse (se non minacce) ai giornalisti e fa della cancellazione dei contributi un suo cavallo di battaglia.

L’Italia e il nuovo governo di Enrico Letta non ha intenzione di chiudere i rubinetti. Il nuovo sottosegretario all’Editoria, Giovanni Legnini, lo ha fatto capire chiaramente. Il suo primo obiettivo è strappare a Google quello che François Hollande ha ottenuto per l’editoria francese. Il colosso di Mountain View verserà nelle casse transalpine 60 milioni di euro ogni anno, che verranno destinati a un fondo, il digital publishing fund, dedicato alla digitalizzazione delle imprese editoriali. Un modello che, se applicato all’Italia, potrebbe coprire i 70 milioni di euro attualmente previsti per le imprese editoriali italiane.

Un’altra idea che Legnini vorrebbe portare avanti è quella di certificare la qualità dei giornali online distinguendo l’informazione professionale dal “marasma” dei blog e dei social network. Con questo provvedimento anche il giornalismo online potrà trarre beneficio dall’accordo con Google che si basa, come in Francia, sul fatto che se l’azienda americana ha dei ricavi economici dall’indicizzazione, buona parte del merito è dei quotidiani online. In questo modo i quotidiani avrebbero tutto l’interesse a investire sull’informazione digitale. In un’intervista al Corriere della sera, il sottosegretario ha detto che “una quantità rilevante di non notizie circolano in rete senza verifiche né controlli” e che “occorre una rigorosa strutturazione della filiera”. Quali saranno i criteri di qualità che certificheranno la qualità dell’informazione online e chi sarà a stabilirlo (un’altra commissione?) non è chiaro.

Legnini ne ha parlato il 3 giugno durante un tavolo tecnico con le associazioni di categoria, alla quale hanno partecipato anche Giulio Anselmi, presidente della Fieg, Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine dei giornalisti, Franco Siddi, segretario generale dell’Fnsi, e Paolo Serventi Longhi dell’Inpgi. “I fondi arriveranno, a patto che il loro stanziamento sia legato a misure per l’innovazione e l’ingresso di giovani”, ha scritto poi su Twitter il sottosegretario.

Vito Crimi, capogruppo del Movimento 5 stelle al Senato, ha presentato un disegno di legge per l’abolizione di quello che resta, circa 70 milioni di euro, dai tagli dell’ultima spending review del governo Monti (si partiva dai quasi 175 milioni del 2012). La battaglia del movimento lanciato da Beppe Grillo per l’abolizione del finanziamento pubblico all’editoria è da far risalire già al 2008. Durante il secondo “Vaffa day”, quando il Movimento 5 stelle ancora non esisteva, Grillo parlò per la prima volta in pubblico di abrogazione di ogni finanziamento pubblico ai giornali.

Ma a chi vanno i soldi? I grossi quotidiani nazionali (come Repubblica, Corriere della sera, La Stampa, Libero, Il Giornale) non ricevono finanziamenti pubblici, destinati per la maggior parte a organi di partito, quotidiani editi da cooperative di giornalisti, pubblicazioni di fondazioni o enti morali,  quotidiani italiani all’estero, stampa periodica e radio generaliste o di organi di partito.

Secondo i dati del 2011 – gli ultimi disponibili, consultabili sul sito del Governo – in testa a tutti c’è Radio Radicale con ben 4 milioni di euro di fondi a suo carico, mentre tra i giornali i più foraggiati sono Avvenire e L’Unità con circa 3,7 milioni a testa.

Testata Fondi assegnati (in euro)
Radio Radicale 4.000.000
Ecoradio 1.825.830
Il Foglio 2.251.696
Il Manifesto 2.598.362
Il Denaro 1.261.583
Avvenire 3.769.672
Italia Oggi 3.162.411
Europa 2.343.678
La Padania 2.682.304
Il Secolo d’Italia 1.795.148
L’Unità 3.709.954
Motocross 263.033
Left 268.334
Il Salvagente 367.900
Tempi 354.757
Famiglia Cristiana 208.178

Le sovvenzioni pubbliche all’editoria non sono certo un unicum italiano, anzi. In molti paesi europei alle imprese editoriali arrivano fondi o aiuti sotto altre forme, seppur per cifre molto diminuite negli ultimi anni. La Francia è il paese che in Europa spende più di tutti per la propria stampa, secondo i dati dell’Ocse. In Spagna non ci sono stati aiuti dallo Stato fino ad ora, ma il partito Socialista di Alfredo Perez Rubalcaba (l’erede di Luìs Zapatero) ha presentato una proposta di legge di sovvenzioni dirette al mercato editoriale.

Spagna. Nel 2007 l’industria dell’editoria di quotidiani spagnola aveva fatturato 1461 milioni di euro, nel 2012 la cifra si è esattamente dimezzata. In Spagna non esistono aiuti all’editoria come avviene in Italia, ma qualche comunità autonoma li prevede a sue spese. Una proposta del Psoe (partido socialista obrero espanol) di aiuti alle imprese editoriali, firmata dai deputati Juan Luis Gordo e Ramòn Jaùregui, è arrivata un po’ in tardi ed è stata bocciata dalla Camera bassa spagnola. A pesare i voti contrari del Pp (Partido popular), del premier Mariano Rajoy. Pochi giorni fa il governo ha promesso la creazione di un gruppo di studio con le associazioni professionali e i grandi editori per trovare una soluzione alla crisi. Tra le proposte un accordo con Google sul modello di quello francese. Il Fape (Federazione delle associazioni dei giornalisti spagnoli) ha criticato fortemente il veto posto dal Partito popolare sul disegno di legge di aiuti diretti all’editoria proposto dai socialisti.

Francia. Il presidente della Repubblica François Hollande ha stretto in febbraio l’accordo con Google che, come detto, garantirà 60 milioni di euro ai quotidiani d’oltralpe per la digitalizzazione . Secondo i dati del 2010, riportati nel dossier di Enzo Ghionni e Fabiana Cammarano, edito dal Centro consulenze editoriali, il governo francese, tramite gli aiuti diretti previsti dai programmi 180 “presse” (aiuti alla diffusione, al pluralismo e alla modernizzazione) e 134 “sviluppo delle imprese e dei servizi”, e quelli indiretti (Iva agevolata al 2,1%), versa ogni anno ai quotidiani 1,2 miliardi di euro. Praticamente il paradiso della carta stampata in Europa, che non durerà perché è in fase di studio una riforma che potrebbe mettere fine ai privilegi dell’informazione cartacea, equiparandola a quella online. Lo Spiil (sindacato della stampa online) da anni porta avanti una battaglia per il riconoscimento del regime di Iva agevolata.

Germania. Non sono previsti finanziamenti pubblici diretti ma esistono dei fondi erogati dai lander (i distretti federali della Repubblica tedesca) e un’aliquota sull’ Iva agevolata al 7%.

Gran Bretagna. Non esistono leggi sulla stampa all’ombra del Big Ben: i giornali sono, per lunga tradizione indipendenti e quindi non sono previsti aiuti pubblici all’editoria. Stesso discorso vale per l’Irlanda.

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Picayune e Inquirer: quei giornali che tornano a puntare sull’edicola http://ifg.uniurb.it/2013/05/13/ducato-online/picayune-e-inquirer-quei-giornali-che-tornano-a-puntare-sulledicola/46894/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/13/ducato-online/picayune-e-inquirer-quei-giornali-che-tornano-a-puntare-sulledicola/46894/#comments Mon, 13 May 2013 17:45:22 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=46894 Se la moda del momento è l’esodo dalla carta al digitale, negli Stati Uniti c’è chi va in controtendenza. È il Times Picayune, giornale di New Orleans dal 1837 che un anno fa decise di tagliare le pubblicazioni cartacee riducendo a tre le uscite settimanali per favorire ed espandere il sito online del giornale, provocando il malcontento tra i lettori. Ma l’ex quotidiano, a distanza di un anno, ha deciso di ritornare sui suoi passi affiancando al cartaceo del mercoledì, venerdì e domenica, un nuovo tabloid il TPStreet che uscirà anche il lunedì, martedì e giovedì.

La notizia di poche ore fa è stata commentata sul New York Times che ha giudicato “arrogante e avventata” la scelta dell’anno scorso da parte degli editori di abbandonare il cartaceo pensando che i numerosi “click” del sito portassero alla conquista di nuovi inserzionisti e di conseguenza a nuove fonti di guadagno.

Ma la convinzione che possedere il monopolio di un’area per fare funzionare un giornale si è rivelata ben presto sbagliata e il vecchio quotidiano di New Orleans ha dovuto ammettere di non essere stata in grado di adottare una strategia digitale moderna.

Critiche sono arrivate anche dal Columbia Journalism Review, la rivista della scuola di giornalistmo della Columbia, che ha giudicato la strategia dell’anno scorso come un “rolling disaster”, letteralmente un disastro rotolante.

Il caso del Times Picayune non è l’unico negli Stati Uniti. Qualche settimana fa il Philadelphia Inquirer, giornale di Philadelphia fondato nel 1829 da John R. Walker (terzo giornale più longevo negli Usa) ha fatto un passo indietro annunciando che, dopo due anni di assenza dalle edicole, sarebbe ritornato con l’edizione del sabato.

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Diffusione stampa, ora conta anche il digitale: il Sole primo su tablet e pc http://ifg.uniurb.it/2013/03/14/ducato-online/diffusione-stampa-ora-conta-anche-il-digitale-il-sole-primo-su-tablet-e-pc/38379/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/14/ducato-online/diffusione-stampa-ora-conta-anche-il-digitale-il-sole-primo-su-tablet-e-pc/38379/#comments Thu, 14 Mar 2013 11:43:20 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=38379 Il digitale entra nel conteggio delle vendite e della diffusione dei giornali. E anche se non hanno ancora la forza di rivoluzionare la classifica, le copie acquistate via internet fanno comunque sentire il loro peso. Nelle statistiche sulla diffusione dei quotidiani nazionali, che vedono da sempre sul podio il Corriere della Sera, la Repubblica e l’edizione del lunedì della Gazzetta dello Sport, è Sole24Ore che stacca tutti per copie digitali diffuse su pc, smartphone e tablet.

Secondo i dati di Ads – Accertamento Diffusione Stampa – pubblicati ieri, a gennaio 2013 il Sole24Ore ha venuto più di 46.000 versioni digitali del proprio quotidiano, più del Corriere e Repubblica, che rimangono comunque in testa per diffusione totale (cartacea più digitale).

Il Sole, grazie alla tecnologia, scala quindi la classifica scavalcando la Gazzetta dello Sport e la Stampa. L’edizione digitale, secondo il nuovo regolamento di Ads del 20 dicembre 2012, è “una replica esatta e non riformattata dell’edizione cartacea in tutte le sue pagine, pubblicità inclusa” e deve essere “distribuita elettronicamente come unità inscindibile ed esclusiva”. Requisito per il conteggio è anche il prezzo: la copia di un’edizione digitale deve avere un costo non inferiore al 30% rispetto al prezzo della versione cartacea. L’Ads distingue inoltre la vendita di copie digitali singole, quelle “multiple” (offerte in stock) e quelle “abbinate”, cioè vendute insieme all’edizione cartacea. Il Corriere della Sera detiene il primato per quanto riguarda le copie digitali vendute in forma singola: 40.616. Subito sotto la Repubblica con 40.207. Più in basso, la Gazzetta dello Sport, con 14.525.

Diffusione cartacea Copie digitali singole Copie digitali multiple+ abbinate Totale copie digitali Diffusione cartacea+ digitale
Corriere della sera 411.400 40.612 5.004 45.616 457.016
Repubblica 360.522 40.207 5.789 45.996 406.519
Gazzetta dello sport (lunedì) 261.872 14.525 1.024 15.549 277.420
La Stampa 234.856 6.920 0 6.920 241.776
Sole 24 Ore 233.997 9.621 36.569 46.190 280.187

Il Sole24Ore vende meno di 10.000 copie singole, ma con le oltre 36.000 copie in abbinamento con il cartaceo e in offerta che guadagna il primato e diventa il primo quotidiano a diffusione digitale. Seconda la Repubblica e terzo il Corriere. La Stampa vende meno di 7.000 copie digitali singole, e nessuna multipla o in abbinamento. Stampa e Gazzetta scendono così anche nella classifica della diffusione totale: se in quella cartacea (che considera vendite, abbonamenti e omaggi) erano in quarta e terza posizione, con il conteggio del digitale si ritrovano più in basso di un posto. Nella lista completa dei 65 quotidiani, sono solo cinque quelli che non vendono nessuna edizione digitale: Avvenire, il Giornale, Italia Oggi, la Gazzetta di Parma e l’edizione del sabato del Quotidiano di Sicilia (che però, nell’edizione normale, si distingue per la vendita di 1 copia digitale).

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Tre pagine al posto di due: la stampa si evolve per salvare i giornali http://ifg.uniurb.it/2013/02/16/ducato-online/tre-pagine-al-posto-due-la-tipografia-si-evolve-per-salvare-i-giornali/34935/ http://ifg.uniurb.it/2013/02/16/ducato-online/tre-pagine-al-posto-due-la-tipografia-si-evolve-per-salvare-i-giornali/34935/#comments Sat, 16 Feb 2013 10:43:48 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=34935

I due formati del Columbus Dispatch a confronto

Un’ innovazione d’oltreoceano potrebbe salvare, o quantomeno allungare la vita, al mondo della carta stampata, che giorno dopo giorno è costretta subire i colpi dell’invasione digitale.

Negli Stati Uniti, il Columbus Dispatch, il terzo quotidiano per importanza dell’Ohio, è appena diventato il pioniere di una tecnica di stampa che potrebbe rivoluzionare il settore. Il metodo si chiama 3Volution ed è stato messo a punto dalla mente di Phillip DiGenova. La nuova tecnologia si basa sul  ‘three around printing ’ e rivoluziona il sistema della rotativa.

“Alla base c’è una riduzione del formato del giornale” spiega Ruggero Zuliani, direttore del ‘Poligrafico italiano’, rivista specializzata in tecniche di stampa. “Nella rotativa sono stati sostituiti i cilindri porta lastre in modo tale che nello sviluppo del cilindro ci stiano tre lastre (ovvero tre pagine). Le dimensioni complessive del cilindro sono invariate, solo che prima ci stavano 2 pagine ora 3 (più piccole)”. “Naturalmente – conclude Zuliani – anche l’unità di piega è stata modificata per poter trattare il nuovo formato”.

Nel mercato americano, che ha visto scendere nel 2012 dell’8,2% la vendita dei quotidiani, gli effetti sarebbero dirompenti: un risparmio del 33% sui costi della carta, un formato molto più compatto, un miglioramento del colore fino al 50% e sezioni più flessibili. Senza contare che ciò comporterebbe una maggiore facilità di lettura. Inoltre, grazie a un sensibile aumento della velocità, si passerebbe dalle 50.000 alle 75.000 copie di giornali all’ora.

Clicca qui per vedere il video incorporato.

Il video che mostra  il funzionamento della 3Volution

Benjamin Marrison, editore del Columbus Dispatch, sebbene sia il primo, non è l’unico in America a credere nella 3Volution. A breve anche il Cincinnati Enquirer and Kentucky Enquirer, entrambi di proprietà della Gannett Co.Inc., saranno stampati col nuovo metodo. La famiglia Wolfe, proprietaria del Columbus ha firmato un’intesa con la Garrett Co. che inizialmente utilizzerà la rotativa del Dispatch per stampare i suoi giornali. Questo permetterà al Columbus di ammortizzare i costi per l’acquisto della rotativa e a Garrett di sperimentare la nuova tecnologia.

Durante la presentazione della 3Volution, Marrison ha sottolineato quanto sia importante reinvestire energie in un settore in profonda difficoltà. In un momento in cui gli editori scelgono la filosofia del ‘less to less’, ovvero diminuire la quantità di pagine per risparmiare, la nuova sfida è aumentare l’offerta per incrementare i guadagni.

Dal ‘less to less’ al ‘more to more’: “Mentre tutti tagliano, noi aggiungiamo”. La scelta di attenzione ai contenuti di Marrison è controcorrente, ma non anacronistica. L’era dell’analogico non è finita; il Columbus Dispatch, così come molti altri quotidiani, dipende per il 90% dal cartaceo. Esiste infatti un pubblico fidelizzato che non vuole rinunciare a sfogliare il giornale della mattina. L’obiettivo è non solo quello di soddisfare i lettori affezionati, ma di conquistarne di nuovi.

In Italia questa tecnica di stampa è ancora sconosciuta, come tante altre innovazioni si dovrà probabilmente aspettare ancora qualche anno. Dal direttore di una rivista del settore, arrivano però segnali di apertura. Quanto detto da Ruggero Zuliani, potrebbe diventare l’emblema di una categoria: “Penso che tutto quanto dia delle chance ai giornali su carta sia benvenuto”.

 

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Anni neri per le edicole italiane. Ma a Urbino boom di copie lette nel 2012 http://ifg.uniurb.it/2013/02/13/ducato-online/anni-neri-per-le-edicole-italiane-ma-a-urbino-boom-di-copie-lette-nel-2012/34586/ http://ifg.uniurb.it/2013/02/13/ducato-online/anni-neri-per-le-edicole-italiane-ma-a-urbino-boom-di-copie-lette-nel-2012/34586/#comments Wed, 13 Feb 2013 11:36:56 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=34586

L’edicola chiusa in via Bramante

URBINO – “Io tutti i giorni compero il giornale, non solo per il cinema e lo sport”, cantava Lucio Battisti nella canzone Monolocale. Fanno davvero così gli italiani? Secondo i dati degli ultimi anni si direbbe il contrario. Dal 2012 una media di sei edicole chiude ogni giorno in tutto il paese, sabato e domenica inclusi. Negli ultimi cinque anni le copie di quotidiani vendute sono diminuite del 25%, e gli edicolanti che hanno detto addio al loro mestiere sono quasi diecimila.

Di fronte al gigante Internet, alla distribuzione gratuita dei quotidiani nelle scuole ed alla “prepotenza dei distributori”, in molti si sono arresi. Anche a Urbino, dove tre giornalai nell’arco di pochi mesi hanno rinunciato a tenere aperta l’edicola (due in via definitiva, uno chiedendo una sospensione dell’attività per sei mesi). Il coro dei pochi “resistenti” è un misto di rassegnazione ed indignazione, anche se a guardare i numeri della distribuzione la situazione non è così disperata. Soprattutto per il 2012.

L’anno appena terminato, dicono i numeri, è stato un anno d’oro per i lettori di Urbino, con la diffusione sul territorio che mediamente è cresciuta di oltre 200 copie rispetto ai due anni precedenti. Nel 2012 in media sono state distribuite 1800 copie (360 di resa), comprese quelle destinate agli istituti scolastici, contro le 1730 (540 di resa) del 2010 e le 1660 (475 di resa) nel 2011. Nei suoi primi 43 giorni, il 2013 urbinate ha invece registrato una distribuzione di 1700 copie ed una resa di 460, tornando verso i valori degli anni precedenti.

Anno Copie distribuite Resi Netto
2013 1700 460 1240
2012 1800 360 1440
2011 1660 475 1185
2010 1730 540 1190

Evidentemente però questi dati non bastano a tenere aperti i punti vendita. Forse anche perché, come lamentano molti negozianti, una parte di quelle copie finisce gratis nelle scuole e agli edicolanti non entra in tasca nulla. Ma sono tanti i fattori che concorrono alla situazione: “La crisi del settore non è determinata solo dalla congiuntura negativa che tutti conosciamo – spiega Amilcare Digiuni, membro della segreteria nazionale del Sinagi (Sindacato Nazionale Giornalai d’Italia) – ma anche da una mancanza di politiche industriali da parte del mondo editoriale, che non ha progetti di salvaguardia, ma punta solo sul web”.

La vendita della carta stampata risente anche del grado di autonomia raggiunto dai distributori locali dopo alcune norme di liberalizzazione. “Sono diventati  – sottolinea Digiuni – gli unici soggetti che determinano chi può vendere i giornali e chi non può più farlo; la cosa peggiore è che potrebbero decidere dove mandare una certa testata e dove no. Si arrogano il diritto di non mandare alcune pubblicazioni nelle zone in cui non lo ritengono conveniente”, e il mantenimento della propria clientela da parte di ogni edicolante diventa uno sforzo quotidiano sempre più arduo.

Nella giungla della carta le edicole lottano non solo con i distributori, ma anche con la concorrenza di ipermercati e supermercati. “Quello che noi contestiamo è che mentre un’edicola ha mediamente 2500 testate da gestire, ai grandi distributori arrivano le 300-400 testate più popolari”, conclude Digiuni.

E se tra gli studenti qualcuno compra ancora il giornale, le scuole non aiutano la professione del giornalaio. Alcuni giornali vengono distribuiti gratuitamente nelle scuole, per educare i giovani alla lettura, e causano  un calo delle vendite. Ma per Digiuni quei “quotidiani non arrivano agli studenti e non sono studiati in classe, ma considerati solo come un benefit messo a disposizione”.

Dalla dimensione nazionale a quella provinciale, la situazione non cambia. La prima ad affiggere il cartello “chiuso” è stata Nadia Clini, giornalaia da 20 anni nella frazione di Trasanni, che ha abbandonato l’attività il 30 settembre. “Ormai i giornali si vendevano solo alle persone di passaggio – spiega – e i distributori non mi fornivano mai tutto ciò che richiedevo. Sono stata costretta più di una volta, per accontentare i clienti, ad andare nelle altre edicole per comprare riviste o enciclopedie”.

Alberto Bostrenghi, invece,  titolare dell’edicola-cartoleria in via Guido da Montefeltro, se la prende specialmente contro i quotidiani gratuiti nelle scuole. “Gli editori ottengono i finanziamenti dallo stato non in base a quanto stampano ma solo in base a quanto vendono – dice  – e quindi inviano i quotidiani alle scuole, come il Corriere della Sera, il Sole 24Ore, il Resto del Carlino e la Gazzetta dello Sport. Questa non la vendo più, mentre gli alunni mi hanno confermato che non sono previste lezioni o letture collettive in classe”.

Il futuro non è roseo quindi. A Urbino, le edicole rimaste aperte si contano letteralmente sulle dita di una mano: ne sono rimaste cinque. Tante quante ne chiudono ogni giorno in Italia.

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Il Messaggero-Corriere Adriatico: prove di…convergenze parallele http://ifg.uniurb.it/2013/02/07/ducato-online/il-messaggero-corriere-adriatico-prove-di-convergenze-parallele/33840/ http://ifg.uniurb.it/2013/02/07/ducato-online/il-messaggero-corriere-adriatico-prove-di-convergenze-parallele/33840/#comments Thu, 07 Feb 2013 17:28:14 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=33840

Da una settimana chi va in edicola per comprare il Corriere Adriatico, lo storico quotidiano di marchigiano, riceve anche il dorso nazionale del Messaggero. Dal giornalaio come al supermercato: prendi due paghi uno. Per la verità una minima differenza c’è. Il giornale che gli anconetani chiamano affettuosamente “il bugiardò” dal 1 febbraio non costa più cifra tonda (1 euro), ma un euro e 20 centesimi. Per certi aspetti, per chi mastica un po’ le vicende editoriali della nostra regione, la cosa era prevista e prevedibile.

Il Messaggero (quotidiano romano) e il Corriere Adriatico dal 2004 sono di proprietà dello stesso editore, il Gruppo Caltagirone. Semmai c’era da stupirsi per quanto avveniva in precedenza e cioè che le due testate operassero nello stesso territorio facendosi aperta concorrenza. Non solo, ma fino a ieri l’editore applicava una babele di prezzi legata a scelte commerciali che tentavano di far convivere nella stessa casa due fratelli che per carattere, età, modo di pensare e di ragionare andavano d’accordo solo per far piacere al papà.

Facciamo un esempio: un pendolare senigalliese, affezionato lettore del Corriere Adriatico per avere il suo giornale pagava un euro. Ma pochi chilometri più in là (ad esempio a Marotta, provincia di Pesaro), comprando lo stesso giornale avrebbe avuto, a prezzo invariato, anche il Messaggero nazionale. Lo stesso editore, sempre nella piazza pesarese vendeva il Messaggero con la sua cronaca locale, a 50 centesimi. Stessa storia – per fare un altro esempio – anche per un pendolare di Loreto. Se comprava il Corriere nella sua città pagava un euro, ma se andava nell’edicola dall’altra parte della strada (territorio di Recanati) con la stessa moneta portava a casa il Corriere e il Messaggero nazionale. Nel Maceratese il Messaggero con la sua cronaca locale era venduto a 70 centesimi, 20 in più rispetto a Pesaro, Ancona e Ascoli. Insomma, un guazzabuglio che ai più appariva senza senso.

Ora almeno la situazione è più chiara. Il Messaggero con la sua cronaca locale costa 80 centesimi in tutte le Marche, mentre il Corriere Adriatico, distribuito “a panino” assieme alla parte nazionale del Messaggero, costa ovunque un euro e 20 centesimi. Dopo quasi dieci anni l’editore indica una strada nuova che dovrebbe portare a sinergie per dare un prodotto migliore a costi più bassi. Ma è proprio questa parola (sinergia) che preoccupa le redazioni dei due giornali. Il Corriere Adriatico, con la sua storia pluricentenaria, è un patrimonio di questa regione. Grazie alle ampie pagine di cronaca e a una capillare informazione sportiva ha conquistato la fetta di pubblico più popolare. I suoi lettori difficilmente accetterebbero un cambio di identità che significa anche stile, modo di ragionare, di raccontare i fatti. Sarebbe come sradicare una pianta secolare per trapiantarla altrove. Il passaggio avrebbe certamente delle conseguenze. In questo settore, difficile, complesso e profondamente in crisi, quasi mai 2 + 2 ha come somma 4. In altre parole se i due giornali dovessero unirsi, una buona fetta di lettori potrebbe trasmigrare verso il concorrente storico di entrambi, cioè il Resto del Carlino.

L’editore, per ora, ha dato piena assicurazione alle redazioni e al Sindacato dei giornalisti: non cambia nulla nell’organizzazione e negli organici. Il Messaggero mantiene le sue redazioni e piena garanzia anche per il Corriere che, altro controsenso, conserva anche la sua parte di cronaca nazionale e internazionale. Il Messaggero però ha chiesto lo stato di crisi che porterà inevitabilmente a tagli e sacrifici. Ma – secondo fonti dell’editore – i due fatti (stato di crisi e “panino” nelle Marche) non hanno alcuna attinenza o connessione.

I giornalisti non nascondono le loro riserve e le loro preoccupazioni: “Corriere Adriatico e Il Messaggero – ha detto Franco Elisei, responsabile della redazione di Pesaro del giornale romano – hanno sviluppato un percorso parallelo, autonomo e indipendente. Fra i giornalisti c’è sempre stato rispetto, leali rapporti di colleganza, ma anche sana competizione. Un cronista che ha una notizia in esclusiva non la passa di certo all’altro giornale per il solo fatto di appartenere allo stesso Gruppo editoriale”.

La redazione del Corriere Adriatico, dopo la comunicazione del “panino” su scala regionale, si è riunita in assemblea e, tramite i suoi rappresentanti sindacali, ha chiesto e ottenuto un incontro con i vertici del gruppo che dovrebbe essere fissato a breve. Il quotidiano di Ancona ha appena chiuso uno stato di crisi che ha portato alla riduzione dell’organico di sei unità (tre prepensionamenti, due passaggi al Messaggero e una dimissione spontanea).

“Abbiamo avuto anche la prematura scomparsa del collega Luca Animobono – ci ha detto il Segretario regionale del Sindacato giornalisti, Roberto Mencarini – per cui abbiamo sette redattori in meno. Per il momento non dovremmo avere contraccolpi. La situazione è stabile, ma c’è sempre il timore dietro l’angolo che tra qualche anno si possa tornare attorno a un tavolo a discutere dei bilanci in rosso dopo le attuali scelte dell’editore”.

Di fatto la concorrenza tra i due quotidiani non si è attenuata, considerando anche i prezzi di vendita. Il lettore che vorrà acquistare il Corriere Adriatico dovrà sborsare 1,20 euro, portando a casa anche l’edizione nazionale del Messaggero. Ma la fedeltà dei lettori del quotidiano di Ancona dovrà misurarsi con la convenienza di acquistare il solo Messaggero con l’edizione locale della propria provincia a soli 80 centesimi. Si potrebbero anche comprare, con due euro, entrambi i giornali, con tanto di edizione locale del Messaggero, ma a questo punto si avrebbero due copie del nazionale di dubbia utilità. E in una situazione di crisi come quella che stiamo vivendo sono sempre meno coloro che acquistano stabilmente un quotidiano, figuriamoci due. Anche i 20 centesimi in più, per i lettori del Corriere Adriatico, potrebbero diventare un problema.

La sensazione di molti è che le scelte attuali dell’editore Caltagirone siano solo una fase di passaggio per una sinergia molto più spinta che porterebbe inevitabilmente a chiusure di redazioni e ulteriore ridimensionamento di organici. Con una visione più lungimirante si potrebbe anche ipotizzare una strategia più aggressiva e quindi una espansione territoriale. Il Messaggero garantirebbe un buon fascicolo nazionale, il Corriere Adriatico, potenziato sul territorio, potrebbe specializzarsi nella cronaca locale allargando la sua area di influenza. Lo stesso testata non prende come riferimento le Marche, ma l’Adriatico.

Per ora l’unica preoccupazione dell’editore sembra quella di tagliare i costi. Con lo stato di crisi del Messaggero avrebbe previsto sei prepensionamenti nelle redazioni marchigiane che sono già all’osso. E sono proprio le scelte dell’Azienda, al di là delle astratte assicurazioni, a preoccupare i giornalisti e il Sindacato che li rappresenta.

“L’esperienza – ha detto ancora il Segratario del Sigim, Roberto Mencarini – ci impone di essere diffidenti. Con gli stati crisi il gruppo Caltagirone ha sempre agito solo sulla leva dei costi, tagliando i redattori dipendenti art.1 e quelli più anziani che hanno stipendi più alti. Se allo stato di crisi non seguirà anche un piano di riorganizzazione e sviluppo potremmo avere qualche brutta sorpresa sul destino di alcune redazioni”.

Comitati di redazioni e Sindacato hanno aperto un dialogo e un confronto con l’Azienda. Per ora non sono state prese iniziative sindacali: è un segnale di distensione e di collaborazione, ma con un distinguo critico e un impegno a non abbassare la guardia. C’è preoccupazione e disorientamento anche fra i collaboratori, cioè i tantissimi giornalisti pagati “a pezzo” (sarebbe più giusto dire sottopagati) che sono la vera ossatura dei giornali. Il restyling grafico fatto dal Messaggero nei mesi scorsi ha già portato a una riduzione degli spazi e quindi alle loro opportunità di lavoro. Le scelte attuali non sembrano orientate a invertire la tendenza e – è ormai arcinoto – quando si tratta di tirare la cinghia i primi a doverlo fare sono sempre i più deboli e i meno tutelati.

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Ideogrammi d’Italia: per i giornali cinesi un boom da 115.000 copie http://ifg.uniurb.it/2013/02/05/ducato-online/ideogrammi-ditalia-per-i-giornali-cinesi-un-boom-da-115-000-copie/33595/ http://ifg.uniurb.it/2013/02/05/ducato-online/ideogrammi-ditalia-per-i-giornali-cinesi-un-boom-da-115-000-copie/33595/#comments Tue, 05 Feb 2013 15:25:22 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=33595 Sono oltre 115.000 le copie della stampa cinese in Italia. Un numero che supera nettamente quello dei periodici italiani, se rapportato alla popolazione residente. Una storia che ormai ha quasi 20 anni. A inaugurare le pubblicazioni è stato nel 1996 Il TempoEuropa Cina.

In poco tempo, il quotidiano ha assunto autorevolezza ed è divenuto il primo giornale d’informazione cinese in Italia. Di taglio generalista propone 32 pagine (redatte esclusivamente in cinese) che spaziano dalla politica all’economia ed allo sport, soffermandosi principalmente su fatti di attualità italiana europea e sulle relazioni italo-cinesi. E’ stampato nella capitale in oltre 100.000 copie a settimana, ma la sua diffusione raggiunge le maggiori città italiane. Si può comprare in edicole e negozi gestiti da cinesi, ma copie gratuite sono periodicamente distribuite ad associazioni culturali. Il suo target è variegato, rivolgendosi alle diverse componenti della comunità cinese presenti in Italia.

Nel 1999, sempre a Roma, è stata la volta de La Nuova Cina. Il giornale ha carattere economico ed è legato all’Associazione generale di commercio italo-cinese. Ha una tiratura di circa 3000 copie ed è diffuso a livello nazionale due volte a settimana. Le notizie riguardano la Cina, l’Italia e il resto del mondo, notevole spazio è riservato alla pubblicità e riceve molta attenzione anche dagli italiani interessati a rapporti commerciali con la Cina.

Tre anni più tardi, a gennaio del 2001, alle due pubblicazioni esistenti si aggiunge un nuovo prodotto: nasce il mensile China in Italia. Concepito come autentica guida pratica per gli immigrati cinesi nel nostro paese, propone 72 pagine di articoli equamente ripartiti tra italiano e cinese. Il periodico riporta informazioni di attualità, economia, società con una particolare caratteristica: nella sezione in cinese si riportano testimonianze sulla vita quotidiana dei connazionali in Italia, mentre nella parte italiana si promuove la cultura del paese orientale. La rivista ha una tiratura di oltre 3000 copie al mese, è diffusa in tutta Italia e si rivolge principalmente a studenti e uomini d’affari.

Sempre del 2001 è l’ultima esperienza editoriale Europe China news che viene fondata a Milano nei primi mesi dell’anno ed esce in edicola con il primo numero il 17 luglio dello stesso anno. Attualmente il giornale esce due volte a settimana con 24 pagine, di cui la prima e l’ultima a colori, con una tiratura di circa 10.000 copie. E’ distribuito su tutto il territorio nazionale e si rivolge all’intera comunità cinese.

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Morire di crisi: si sgretola il silenzio sui media, ma c’è rischio forzature http://ifg.uniurb.it/2012/04/13/ducato-online/morire-di-crisi-si-sgretola-il-silenzio-sui-media-ma-ce-rischio-forzature/30638/ http://ifg.uniurb.it/2012/04/13/ducato-online/morire-di-crisi-si-sgretola-il-silenzio-sui-media-ma-ce-rischio-forzature/30638/#comments Fri, 13 Apr 2012 09:24:39 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=30638 Fonte: Lacrisiuccide.info

Fonte: Lacrisiuccide.info

C’è chi non riceve da tempo lo stipendio, chi non riesce a far fronte ai debiti o a pagare i propri dipendenti. O quelli che, sempre di più, sono schiacciati dalla burocrazia, dai crediti non concessi dalle banche e da clienti che non pagano, spesso le stesse amministrazioni pubbliche.

Sono piccoli imprenditori, artigiani, commercianti, disoccupati e operai. Si sentono abbandonati, non riescono a pagare il conto della crisi e non vedono altra alternativa che farla finita. Abituati a lavorare in silenzio, così come in silenzio rischiano a volte di passare i loro gesti estremi, soprattutto sui media tradizionali. Ma il trend sembra invertirsi: nelle ultime settimane i quotidiani cominciano a mostrare storie e i numeri dell’emergenza.

VALORI ARBITRARI, RISCHIO CONFUSIONE – Con i dati però occorre prudenza. Sull’onda emotiva degli eventi, il rischio è quello di forzature sui numeri, interpretati in maniera arbitraria dai quotidiani. “Spesso si usano le statistiche solo per rincorrere la notizia”, spiega infatti Fabio Piacenti, dell’EU.RE.S, l’istituto di ricerche economiche e sociali che, rielaborando i dati Istat, realizza dallo scorso anno un rapporto sui “Suicidi al tempo della crisi“.

Dalle ricerche di Eures attingono le differenti testate e le stesse associazioni di categoria: “Abbiamo incrociato i dati con le notizie pubblicate sui giornali locali“, spiegano dalla Cgia Mestre, l’associazione di artigiani e piccole medie imprese che in un comunicato ha mostrato come tra il 2008 e il 2010 i suicidi per motivi economici siano aumentati del 24,6 per cento . Dall’inizio della crisi economica, oltre cinquanta casi si sono registrati nel solo Veneto, tra le regioni con il tasso più alto. Allo stesso modo crescono anche i tentativi di suicidio, sempre legati alle difficoltà economiche (+ 20 per cento).

Non è però un caso, spiega il direttore di Eures, che si sia scelto di paragonare il valore del 2010 a quello del 2008: “Questo perché i casi accertati nel 2010 sarebbero stati inferiori di poche unità rispetto all’anno precedente (187 contro 198)”. Così, per i meno esperti, la notizia avrebbe perso forza giornalistica. “Ma sarebbe più corretto spiegare al lettore come leggere i dati”, ripete Piacenti.
Altrimenti il rischio è quello far confusione con gli stessi risultati che, se analizzati confrontando le serie storiche e non solo le singole differenze annuali, confermano la preoccupante crescita del fenomeno dei suicidi. “Rispetto al centinaio scarso di casi per tutto il decennio 1990-2000, negli ultimi anni il numero dei suicidi per motivi economici è di fatto raddoppiato”, aggiunge il direttore.

immagine da www.dazebaonews.it

LE CRITICHE DEL WEB AI GIORNALI – In rete, invece, diverse associazioni e blog, come Lacrisuccide.info, denunciano una presenza ancora scarsa delle notizie sui suicidi economici all’interno dei quotidiani nazionali. Così la cronaca dei fatti è affidata ai giornali locali, tra i pochi a fornire un censimento quasi esauriente. “I giornali fanno ancora fatica a rompere il silenzio, limitandosi a parlare solo dei casi più eclatanti”, spiega Alessandro Raffa, portavoce del blog Nocensura.com, che in poco più di un anno ha raggiunto quasi 300 mila visitatori.

Così Raffa ha pensato di creare un osservatorio partecipato: “L’obiettivo è quello di censire tutti i casi, attraverso il contributo dei cittadini: ogni giorno riceviamo purtroppo nuove segnalazioni”. Solo negli ultimi dieci giorni, da quando è partito il progetto di Lacrisiuccide.info, sono stati segnalati oltre venti casi: “Se questo fosse il trend, il sospetto è che i numeri mostrati dai ‘dati ufficiali’ siano più bassi dei valori reali”, afferma Raffa. O che nei mesi del 2012 la situazione stia peggiorando, a causa del perdurare della crisi economica e dei nuovi sacrifici richiesti agli italiani. “Molti casi restano quasi nascosti: dai nostri utenti siamo venuti a conoscenza di ben quattro suicidi a Sassari nel giro di sette giorni, tutti dallo stesso ponte“. Notizia poi confermata dal quotidiano locale La Nuova Sardegna.

PICCOLI IMPRENDITORI SI MOBILITANO – Sembra una mattanza quotidiana, senza contare i tentativi per fortuna non riusciti: “Riceviamo ogni giorno telefonate da chi si trova all’improvviso senza attività e pensa di compiere gesti estremi”, rivela Giuseppina Virgili, imprenditrice nel settore dell’abbigliamento, presidente del Co.P.I.I. (Comitato piccoli imprenditori invisibili), un ente no profit nato a gennaio che raccoglie già 300 aderenti. Il Co.P.I.I. sta realizzando in questi giorni un dossier sui suicidi ricollegabili a motivi economici, invitando a raccontare le proprie storie, oltre a offrire servizi di consulenza tecnica e psicologica.

Anche per Virgili i media dovrebbero avere più coraggio: “Dietro il giornalismo italiano si nascondono troppo interessi: così quando si parla di suicidi per insolvenza spesso i quotidiani tendono a minimizzare e non mostrano le colpe delle banche”, accusa. Intanto, in base alle segnalazioni già raccolte, anche Virgili conta ormai circa tre casi al giorno. L’ultimo proprio ieri, vittima un giovane 27enne di Arezzo, probabilmente a causa dei debiti col fisco.

IL PERICOLO EMULAZIONI – Anche Piacenti conferma come l’interesse sia cresciuto solo negli ultimi tempi: “La prima edizione del nostro rapporto non aveva avuto molto successo: dopo i primi casi di cronaca, invece, tutto è cambiato”, spiega. Secondo il direttore di Eu.R.E.S. le notizie presenti sui quotidiani sono sufficienti: “Se i media nazionali non riportano tutti i casi è perché c’è il rischio di spingere altre persone in difficoltà verso l’imitazione di gesti estremi come il suicidio”, aggiunge il ricercatore.

Sui numeri, invece, invita a fare attenzione. Non tutti i casi raccolti dall’Istat (dai verbali delle forze dell’ordine e da fonti sanitarie) possono essere corretti: “Le motivazioni sono spesso molteplici e resta complesso definire con certezza se un suicidio è dovuto a motivi economici“, aggiunge. Anche per questo, sul rapporto dell’istituto, si dà maggiore risalto al record dei suicidi di disoccupati, un dato non arbitrario. Solo nel 2009 sono stati 357 i casi, con una crescita del 37,3 per cento rispetto all’anno precedente (260 casi) e a quelli passati (275 nel 2006 e 281 nel 2005).

Dati che, incrociati con quelli relativi al fallimento delle imprese (11 mila 615 sono gli imprenditori ad aver portato i libri in Tribunale), confermano il difficile periodo per le aziende, oltre alla necessità per gli imprenditori di ottenere risposte dalle istituzioni.

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Biblioteca digitale: e-book, giornali, musica da cliccare e scaricare http://ifg.uniurb.it/2012/03/12/ducato-online/biblioteca-digitale-e-book-giornali-musica-da-cliccare-e-scaricare/27689/ http://ifg.uniurb.it/2012/03/12/ducato-online/biblioteca-digitale-e-book-giornali-musica-da-cliccare-e-scaricare/27689/#comments Mon, 12 Mar 2012 10:22:11 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=27689 URBINO – Con il mouse alla mano è partita la nuova sfida culturale per gli studenti e i cittadini della città ducale. La biblioteca digitale ‘Media Library OnLine’, attiva in Italia dal 2009, è arrivata un mese fa anche nella provincia di Pesaro Urbino. Quotidiani, video, e-book, banche dati, musica e audiolibri: questi alcuni dei contenuti digitali messi in rete a disposizione degli utenti. Il servizio è gratuito per gli universitari, i docenti e il personale tecnico amministrativo dell’Ateneo; per registrarsi è necessario andare in una biblioteca accreditata e ricevere così le credenziali per l’accesso.

All’ iniziativa hanno aderito oltre trenta comuni della provincia, tre comunità montane e due sistemi intercomunali per un totale di 650 iscritti e più di 4000 consultazioni in un mese. “Il valore aggiunto è che ogni cittadino della provincia potrà accedere ai servizi Internet – dice Sebastiano Miccoli, coordinatore provinciale della rete dei servizi bibliotecari di Pesaro Urbino – con una ‘tessera plus’ del costo di appena 5 euro all’anno, che saranno poi reinvestiti nelle biblioteche e garantiranno nuovi contenuti”.

A Urbino sono 210 gli utenti dell’università che usano la biblioteca: i più interattivi sono gli studenti di giurisprudenza e scienze politiche con 52 adesioni. La biblioteca scientifica ha registrato invece 39 iscritti, 38 quella di economia e sociologia, 21 la fondazione Bo e 15 la biblioteca di lingue.

“E’ una scelta strategica, di investimento nel welfare culturale – spiega Davide Rossi, assessore provinciale alle Politiche culturali – perché è un modo di rendere più facile l’accesso alla cultura anche a chi non ha mezzi economici”. Un’iniziativa “democratica” anche secondo l’assessore alla Cultura di Urbino Lucia Pretelli: “Abbiamo aderito perché crediamo che la biblioteca digitale rappresenti un’occasione per connettersi con il resto del mondo, sviluppando un forte contributo democratico da parte dei cittadini che più saranno informati e più saranno attivi nella società”.

L’edicola virtuale è il servizio più visitato: ogni giorno sono disponibili 1746 quotidiani e periodici da tutto il mondo. Per alcuni giornali c’è anche il sintetizzatore vocale che legge gli articoli nelle principali lingue, come ad esempio per Il Sole 24 Ore. Il secondo dei servizi più usati è la banca dati, che dà accesso agli archivi storici, giuridici, musicali e bibliografici.

Innovativo è il ‘prestito digitale’ di e-book: dalla letteratura all’arte, dalla psicologia allo sport, gli utenti possono scaricare un e-book e utilizzarlo per 14 giorni leggendolo sul proprio computer, tablet o smartphone. Con ‘Free Mp3 download’ invece si possono scaricare gratis e legalmente più di quattro milioni di brani su chiavette, computer e lettori mp3 (con il limite di tre tracce alla settimana, cioè un album al mese e dodici all’anno). Nella biblioteca digitale anche video-conferenze, video, audiolibri, film e opere liriche.

Il prossimo passo dell’iniziativa sarà l’adesione delle scuole superiori del territorio, ma le migliaia di pagine digitali non sono pensate solo per gli studenti: “Le modalità di accesso – continua Davide Rossi – privilegiano i giovani e gli universitari, ma 650 iscritti in un mese per noi sono un successo che lascia sperare in una buona diffusione del servizio tra tutti i cittadini”. Una nuova strada virtuale che non può che cominciare con un indirizzo: http://pesarourbino.medialibrary.it/home/home.aspx. Buona lettura!

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