il Ducato » Risultati della ricerca » festival del giornalismo di perugia http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » Risultati della ricerca » festival del giornalismo di perugia http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it “Noi e gli strumenti del giornalismo nell’era dei social”, le impressioni degli allievi dal festival di Perugia http://ifg.uniurb.it/2015/04/27/ducato-online/noi-e-gli-strumenti-del-giornalismo-nellera-dei-social-le-impressioni-degli-allievi-dal-festival-di-perugia/71215/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/27/ducato-online/noi-e-gli-strumenti-del-giornalismo-nellera-dei-social-le-impressioni-degli-allievi-dal-festival-di-perugia/71215/#comments Mon, 27 Apr 2015 18:30:43 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71215 TUTTI I SERVIZI DAL #ijf15 LO SPECIALE DEL GRUPPO ESPRESSO Il diario dei volontari 1 | 2 | 3 | 4 | 5]]> Immagine interna

Uno dei panel più affollati del Festival

PERUGIA – Per cinque giorni consecutivi la redazione dell’Ifg di Urbino ha spostato la propria sede a Perugia. I trenta allievi della scuola hanno seguito gli eventi del Festival internazionale del giornalismo, un’ottima occasione per conoscere alcuni dei migliori giornalisti italiani e mondiali, ma anche una prima opportunità di saggiare la realtà del lavoro sul campo. I ragazzi si sono divisi un due gruppi: dieci di loro si sono trasformati in volontari per l’organizzazione dell’evento, mentre gli altri venti hanno fatto la copertura mediatica per il Ducato e le testate locali del gruppo L’Espresso. Twitter, Facebook, Scribble: questi alcuni degli strumenti che hanno usato più frequentemente per raccontare ciò che accadeva a Perugia. Ognuno dei ragazzi ha espresso il proprio pensiero sulla sua esperienza alla manifestazione, ormai nota a loro più come #ijf15 (l’hashtag che ha connotato ogni post dei giornalisti del Ducato sui social network in questi giorni) che come Festival del giornalismo.

TUTTI I SERVIZI DAL FESTIVAL DI PERUGIALO SPECIALE DEL GRUPPO ESPRESSO

In questa quindicesima edizione del Festival ho conosciuto nuovi strumenti digitali utili per il giornalismo come Scribble e Splice. Ho capito anche l’importanza del velocizzare i tempi di consegna per un pezzo online. Serena Santoli

Durante il Festival ho imparato che oggi il giornalismo insegue la grammatica dei social e anche quanto sia importante ritrovare un linguaggio più complesso, inteso come non banalizzazione dei concetti. Andrea Perini

In questa settimana ho imparato che siamo costantemente sotto pressione da parte del potere, ma anche che molti resistono e non si fanno intimidire; che per fare bene il proprio mestiere bisogna dare meno spazio alle opinioni, che in Italia spesso sovrabbondano, e ritornare al giornalismo che parte dai fatti. Martina Nasso

Il Festival mi ha insegnato che basta un cellulare per fare giornalismo. La sforzo da fare è quello di sfruttarne bene le diverse potenzialità per costruire un pezzo crossmediale. Enrico Forzinetti

Ad #ijf15 ho vissuto per la prima volta l’affollata sala stampa di un festival internazionale. Mauro Torresi

Il festival di Perugia per me è stata un’occasione di crescita e di confronto con il mondo. Mi ha fatto capire quanta passione serve per fare questo mestiere e che, nonostante tutto, le opportunità non mancheranno per chi se le merita. Adriano Di Blasi

All’ijf15 ho imparato a fare il live twitting di un evento, a usare Scribble e Storify, a memorizzare quali sono i posti vicino alle prese di corrente, che questo è contemporaneamente il momento migliore e peggiore del giornalismo e che se devi coprire la conferenza in cui interverrà Snowden piazzarsi con due ore di anticipo davanti alla porta non è esagerato. Anna Saccoccio

Partecipare a questa edizione del Festival di Perugia mi ha insegnato che il lavoro che ho sempre sognato di fare è in continua evoluzione ed espansione. Addirittura diverso da quello che credevo. Possono cambiare i media e le tecnologie, ma continuano a essere le idee a scuotere il mondo del giornalismo. E in questo festival ho avuto la fortuna di vederne parecchie. Alessandro Crescentini

Il Festival mi ha fatto capire che il giornalismo non è più quello che fino a ora conoscevamo: cambiano i mezzi e le possibilità. Ho esplorato nuove tecniche per seguire un evento, oltre al classico “pezzo giornalistico” ci sono infiniti modi per raccontare quello che si ha davanti. Inutile dire che i social sono i protagonist,: capaci di rendere tutto in diretta, live: Twitter, Instagram, Scribble, Facebook. Una cosa non cambia però, finché ci saranno storie avremo sempre qualcosa da dire: che sia con un tweet, un post o con la buona vecchia biro. Rita Rapisardi

Il Festival è stata un’occasione per condividere conoscenze, espandere i propri orizzonti, aprirsi a un mondo che non pensavo così stressante ed emozionante allo stesso tempo. Essere circondati da persone che amano le tue stesse passioni è una sensazione impagabile. Da fare, rifare e rifare ancora, senza stancarsi mai. Vincenzo Guarcello

Dall’#ijf15 ho imparato che devo essere la prima a credere in me stessa se voglio fare questo lavoro e che, come ha detto ieri Amedeo Ricucci: “Devo trovare l’idea, è quella che fa la differenza”. Ilenia Inguì

Dall’#ijf15 ho imparato che il caffè non è mai abbastanza e che la vita è come un panel: mettiti in fila e aspetta. Ma se hai il cartellino forse hai qualche vantaggio in più. Daniela Larocca

Durante il Festival ho capito che il giornalismo diventa sempre più digitale, ma spero che la carta non scompaia mai. Giorgio Pinotti

Durante il Festival ho imparato a utilizzare diversi strumenti multimediali utili, per esempio, a creare mappe interattive e rendere più efficaci i tweet. Jacopo Salvadori

Attraverso la mia esperienza e quella dei miei colleghi ho avuto modo di mettere in pratica quello che stiamo imparando a scuola e di provare a entrare nel vivo della professione giornalistica. Gianmarco Murroni

Da Ijf15 ho imparato che è ora di smettere di fare il giornalista “volontario” a vita. Marco Tonelli

Dal Festival ho imparato che scrivere un articolo di più di mille parole è mentalmente devastante. Riccardo Marchetti

Il Festival mi ha insegnato che i giornalisti dormono poco e quando non dormono stanno su Twitter. Antonella Scarcella

In questi cinque giorni ho scoperto strumenti utili per la professione molti dei quali nascono dallo sviluppo tecnologico. Per quanto gli strumenti possano svilupparsi ed essere sensazionali, però, hanno poco effetto se alla base non c’è una notizia. Il giornalista cerca e racconta storie, cambiano gli strumenti, i metodi narrativi, ma il suo ruolo non cambia. Lucia Gabani

Vorrei scrivere qualcosa di positivo, ma le cose buone sono tante e le diranno altri. Io ho avuto conferma che il giornalista, come lavoratore, diventerà sempre più ricattabile nel mercato del lavoro. La collaborazione e la solidarietà di categoria sono il futuro, ma non mi sembra ancora una consapevolezza diffusa.  Libero Red Dolce

All’orizzonte ci sono poche prospettive, soprattutto in Italia, ma questo non ha scoraggiato centinaia di ragazzi che con passione hanno fatto i volontari al Festival, e non scoraggia chi sceglie di frequentare le scuole di giornalismo. Nessuno si illude, siamo tutti consapevoli delle difficoltà, delle incertezze, dei rischi. C’è qualcosa in questo mestiere sempre più complicato e indefinito che però non smette di affascinarci. Nessuno lascia perdere. La strada in salita rende solo più attraente la sfida. Dania Dibitonto

Da questo #ijf15 ho visto che ci sono giornalisti interessati al proprio futuro. Un momento di riflessione su cosa sia oggi il giornalismo, quali sono gli strumenti e cosa vogliono le persone fa ben sperare per il futuro di questa professione. E io ne voglio fare parte. Michele Nardi

Quello che ho imparato a Perugia è che, nonostante la presenza dei social media, i principi del giornalismo, per fortuna, sono sempre gli stessi. Leonardo Grilli

Dal festival internazionale del giornalismo ho imparato che sapere le lingue è fondamentale per fare il giornalista. Altrimenti non riuscirai mai a scrivere un articolo su un panel in spagnolo, con traduzione solo in inglese. Simona Desole

Mappe, live tweeting, scribleLive e storify. Strumenti utilissimi per il giornalismo online. Ho imparato ad usarli per raccontare il festival e non solo. Alessandra Vittori

Ho imparato a tirare fuori la faccia tosta e che “problem solving” è una cosa meno astratta di quel che possa sembrare. Ho imparato che il tesserino da giornalista professionista vale meno di un due di coppe quando comanda bastoni e che la macchina Festival siamo anche noi. Claudio Zago

In questo Festival ho imparato a cogliere le occasioni quando capitano, senza pensarci troppo. E che ogni persona in più che si conosce rappresenta un arricchimento personale. Il Festival e l’esperienza da volontario sono stati un crescendo di emozioni. Valentina Ruggiu

In questo Festival ho imparato che il lavoro è più bello e anzi migliora quando ci si confronta con giornalisti e volontari da tutto il mondo. Le idee si moltiplicano. Isabella Ciotti

Al Festival ho visto voglia di condividere esperienze, idee e speranze per il futuro. Tutti insieme. È quest’astmosfera, resa possibile dal lavoro di speaker e volontari, a rendere unico il Festival del giornalismo. Niccolò Gaetani

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Tedeschini Lalli: “Il giornalismo è digitale. Ha bisogno di integrazione di cervelli” http://ifg.uniurb.it/2015/04/24/ducato-online/tedeschini-lalli-il-giornalismo-e-digitale-ha-bisogno-di-integrazione-di-cervelli/72039/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/24/ducato-online/tedeschini-lalli-il-giornalismo-e-digitale-ha-bisogno-di-integrazione-di-cervelli/72039/#comments Fri, 24 Apr 2015 20:25:12 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=72039 L’Espresso sull'integrazione delle redazioni giornalistiche e sul futuro della carta stampata: "Questione di costi e ricavi. Non si tratta di 'se' ma di 'quando'". "Le aziende editoriali dovrebbero iniziare a pensare se stesse in termini di piattaforma"]]> Mario Tedeschini Lalli, giornalista dell'Espresso

Mario Tedeschini Lalli, giornalista dell’Espresso

URBINO – Parola d’ordine: integrazione. Di strumenti? Di mezzi comunicativi? Non solo. Integrazione di cervelli. Mario Tedeschini Lalli, vice responsabile innovazione e sviluppo del Gruppo Editoriale L’Espresso e docente di Giornalismo digitale all’Ifg di Urbino, ha parlato a margine del panel “Dov’è la cultura oggi” dedicato all’universo del web. Tanti i temi trattati: dal futuro della carta stampata al ruolo del giornalista come “curator” nell’universo digitale.

Dopo l’incontro dedicato alla carta stampata siamo passati al web. Come sono strutturate oggi le redazioni? C’è integrazione tra i diversi mezzi comunicativi?
“Nelle grandi testate non c’è molta integrazione, o comunque ce n’è poca. La parola d’ordine “integrazione” è quasi vecchia ormai, essendo entrata in voga nel 2005-2006. Il problema adesso non è integrare la carta col web o la televisione col web. Il vero problema è di immaginare di integrare i cervelli, immaginare una produzione giornalistica che sia digitale nella testa e che quindi produca materiali digitali fruibili in tutte le diverse forme. I grandi e piccoli giornali internazionali hanno una piccola squadra che si occupa del giornale di carta, come uno dei tanti prodotti. C’è un’unica redazione che si occupa dei contenuti giornalistici di quella testata, poi i diversi gruppi di lavoro adattano quel dato contenuto nelle diverse forme editoriali. Ciò accade, ad esempio, nel Financial Times dove ci sono dieci giornalisti che prendono parte dei materiali e li confezionano in maniera adeguata per il prodotto cartaceo”.

Secondo lei la carta stampata rappresenta un utilizzo di risorse umane ed economiche eccessivo? Che futuro vede per questo prodotto?
“Beh, non sta a noi decidere se tenere o no in vita il prodotto cartaceo. Basta guardare i numeri: i grandi giornali italiani che all’inizio degli anni ’90 vendevano 600/700 mila copie adesso si trovano a venderne poco più di 200mila. Ci sarà un momento in cui la curva dei ricavi incrocerà quella dei costi e il prodotto non sarà più sostenibile. Non è un se, è una questione di quando. Tuttavia resta uno strumento di ricavo forte e va curato, fatto funzionare e tenuto in forze. Ma, come ho già detto in precedenza, quello cartaceo è soltanto uno dei prodotti che la testata produce. È evidente che, in una redazione dagli esteri, i corrispondenti della testata produrranno un prodotto giornalistico completo, da tradurre poi anche per le pagine del giornale. Fino a che non si arriva ad un’idea di questo genere credo che soffriremo. Ritardiamo il momento nel quale redazione e giornalisti prendono coscienza del fatto che tutto il loro materiale è in realtà già materiale digitale”.

Nel suo intervento ha detto chiaramente che il giornalista culturale, in quanto declinazione di quello digitale, deve essere un “curator”. Quali strumenti deve avere il giornalista per svolgere a pieno il suo ruolo?
“Tutti i giornalisti, tutti i giornali da quando il giornalismo è giornalismo, ovvero dal 1830, hanno svolto questa funzione: riferire ed indicare ciò che altri scrivevano o raccontavano. Il giornalista non solo informa correttamente, ma orienta il cittadino tra i molti flussi informativi che ha di fronte. È una funzione storica. Vi è ancora di più nell’universo digitale, dove tutto ciò è ancora più complesso. Quindi è fondamentale indicare dei percorsi di conoscenza diversi: che si tratti di un semplice link fino ad arrivare a percorsi ben più complessi, che servano a mettere insieme temi complessi in maniera ragionata, oppure far riemergere argomenti vecchi in una chiave attuale”.

Quale potrebbe essere un esempio positivo di giornalismo culturale applicato al web?
“Un esempio eccellente è senz’altro l’esperimento culturale di Maria Popova che con il sito Brain Pickings è riuscita a combinare argomenti e temi diversi, anche da diverse discipline, connettendoli insieme e creando nuove idee fruibili alla massa”.

Dopo il keynote speech di Andy Mitchell al Festival internazionale di Perugia si è sviluppato nuovamente il dibattito sulla reale possibilità di un’alleanza tra Facebook e gli editori. Lei crede che il social network di Mark Zuckerberg si sia già impossessato del mercato, divenendo così l’editore principe del web
“Si e no. La questione è che Facebook è diventato ormai un sinonimo di internet per molte persone. Se Facebook è Internet, questo comporta tutta una serie di problemi, anche di tipo economico. Ad esempio la monetizzazione del traffico o dei dati (non scordiamoci che Facebook è la più grande banca dati mondiale). Se diventa il luogo ineludibile del passaggio di contenuti (e in parte già lo è) evidentemente questo è da un lato un’occasione, ma anche un problema abbastanza serio. Questo discorso non vale solo per Facebook, ma per tutte le grandi piattaforme. Ecco perché a mio avviso le aziende editoriali, entro certi limiti, dovrebbero iniziare a pensare se stesse in termini di piattaforma e interfacciarsi così con il mercato”.

Per concludere, in una battuta: cosa consiglierebbe a un’aspirante giornalista che si affaccia per la prima volta in questo mondo?
“Fallo, non aspettare che qualcuno ti assuma. Voi potete, io quando avevo 20 anni no. Cominciate a fare i giornalisti, misuratevi, provate. È l’unico modo per riuscirci”.

Foto di Jacopo Salvadori e Anna Saccoccio

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Volontari al festival di Perugia: dietro le quinte della web tv http://ifg.uniurb.it/2015/04/21/ducato-online/volontari-al-festival-di-perugia-dietro-le-quinte-della-web-tv/71357/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/21/ducato-online/volontari-al-festival-di-perugia-dietro-le-quinte-della-web-tv/71357/#comments Tue, 21 Apr 2015 21:49:31 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71357 VIDEO / IL DIARIO DEI VOLONTARI Tra lo staff dell'Ijf 2015 ci sono anche dieci allievi del Ducato. I ragazzi ci raccontano come funziona "la macchina" del festival attraverso il loro lavoro. Calato il sipario sul Festival, è la volta di raccogliere il racconto e le immagini di una videomaker PUNTATE PRECEDENTI 4 | 3 | 2 | 1 ]]> PERUGIA – L’esemplare di volontario-videomaker al Festival del giornalismo di Perugia si alza presto la mattina e rientra tardi la sera. Il suo occhio è l’obiettivo della telecamera, che porta a spasso per il Festival come la più preziosa delle amiche. Fa avanti e indietro tutto il giorno tra una location e l’altra, con in spalla il suo borsone e ai piedi scarpe sempre più consumate. Il videomaker deve portarsi dietro due batterie di riserva: una per la telecamera, e una per sé. È il più attento degli spettatori, sempre pronto a filmare ciò che ha davanti. Ma le immagini più belle sono sempre quelle che non si aspetta di vedere: il segreto è lasciare che le cose accadano.

E se tutto va bene, deve trovare il tempo e la pazienza di trasformare ciò che ha visto in una storia che qualcuno abbia il piacere di farsi raccontare.

È quando cala il buio, e la sala stampa si svuota, che il povero videomaker trova la pace. È allora che scopre quella meravigliosa sensazione di stanchezza e soddisfazione, quella che si prova quando si fatica per un risultato. Perché il bello di fare video non è sapere che qualcuno li guarderà, ma portarsi a casa una storia che nel frattempo è diventata la tua.


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I giornalisti di oggi lavorano con computer, smartphone e Twitter, ma sanno poco di app http://ifg.uniurb.it/2015/04/21/ducato-online/i-giornalisti-di-oggi-lavorano-con-computer-smartphone-e-twitter-ma-sanno-poco-di-app/71187/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/21/ducato-online/i-giornalisti-di-oggi-lavorano-con-computer-smartphone-e-twitter-ma-sanno-poco-di-app/71187/#comments Tue, 21 Apr 2015 13:50:17 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71187 Tutti i servizi dal festival | Lo speciale del Gruppo Espresso ]]> logo festival

Il logo del Festival

PERUGIA –  Usa pc, cellulari, macchine fotografiche digitali e Twitter. Ma il mondo di applicazioni mobili e programmi pensati per facilitare il giornalismo non lo conosce quasi per nulla. Questo è il profilo medio dello speaker del Festival internazionale del giornalismo di Perugia.

Oggi chi si occupa di informazione non sembra essere un esperto di tecnologia, uno smanettone come verrebbe chiamato in gergo. Semplicemente ha buona famigliarità con i mezzi che comunemente già usa e una conoscenza base del funzionamento dei social network. Ma esistono anche le eccezioni a questa tendenza generale.

Gli strumenti più avanzati. Il Festival ha dato spazio anche a coloro che di app sono esperti, organizzando workshop in cui gli speaker hanno insegnato i segreti di alcune di queste al pubblico. Rosa Maria di Natale, giornalista di La Repubblica Palermo, ha elencato in un evento una lunga serie di tools utilizzabili dallo smartphone. Tra i più interessanti Audionote che permette di prendere appunti e registrare contemporaneamente o Mobile Ocr in grado di trasformare in file di testo le scritte catturate con una fotografia. Altro guru del web è Robin Good, grande sperimentatore nel campo dei media. Tra le applicazioni più utili ha citato scoop.it, strumento per selezionare news ed importarle in un proprio sito o blog, e zeef, un motore di ricerca non più basato su algoritmi ma sulla navigazione dell’utente in categorie scelte da lui stesso.

mcadams

Il profilo Twitter di Myndy McAdams

Prima l’idea, poi lo strumento. Ma i relatori che invece non usano questi strumenti più avanzati sono una netta maggioranza. A sorpresa sono gli americani i primi che lo ammettonoMindy McAdams, docente di giornalismo digitale all’Università della Florida, insegna coding ai suoi studenti. Ma alla domanda su quale applicazioni usi più spesso la risposta è stata: “Un semplice lettore di testo è sufficiente se si conosce come funzionano i software. Al limite photoshop nel caso in cui serva lavorare fotografie”.

Marc Cooper, professore all’University of Southern California invece è ancora più netto. Lui stesso ammette di conoscere pochissimo di software e applicazioni. Ma “l’importante è capire come funzionano gli strumenti in modo da sfruttarli al meglio per comunicare il proprio messaggio”. In sostanza non si deve essere sempre aggiornati sull’ultima app uscita ma padroneggiarne la filosofia che le sta dietro.

Gli italiani intervistati sono ancora più diretti. Per fare giornalismo oltre agli immancabili computer e smartphone è indispensabile un buon paio di scarpe. Sia Alessandro Di Maio, giornalista freelance che Leonardo Romei, docente all’Isia di Urbino si rifanno alla vecchia figura del giornalista con le suole consumate.

Tool sì, solo se indispensabili. C’è poi una minoranza delle persone sentite che utilizza strumenti specifici perché il lavoro che fa glielo richiede. E’ il caso di Amalia de Simone, video-reporter di inchiesta per corriere.it. Per lei è necessario il programma di montaggio Final Cut ma anche applicazioni che permettono di fare lo stesso lavoro sul cellulare. Per quanto riguarda le riprese invece, nelle circostanze in cui serve discrezione, utilizza anche microcamere. Parlando di interessi specifici si può citare il caso di Gergo Saling, giornalista investigativo ungherese. Occupandosi di opendata fa ampio uso di strumenti che gli permettano di acquisire gli stessi dati, per esempio Propublica. Ma il giovane ungherese è anche piuttosto bravo nel costruire grafici per esporre il lavoro fatto al grande pubblico. Anche Ignacio Escolar, direttore di eldiario.es, ha raccontato di usare la piattaforma Tableau per poter gestire al meglio i dati raccolti.

Il cinguettio domina. Tra i social network è certamente Twitter il più utilizzato. Ce lo conferma Juan Luis Manfredi, professore di Comunicazione politica all’Università di Castiglia-La Mancia. In pochi minuti si può creare una rete di interazioni con persone che condividono gli stessi interessi o sono presenti a uno stesso evento. Anche Jérome Tomasini, capo del settore news e politica per Twitter Francia, lo ribadisce: “La sua forza sta nel poter raccontare cosa sta succedendo in diretta anche da parte di semplici cittadini presenti in un certo posto”

A Radio1 hanno realizzato anche un programma, Hashtag, condotto da Giulia Blasi. Come ci dice la stessa giornalista, senza Twitter non potrebbe neanche andare in onda. Il social network è la fonte principale per capire quali sono gli argomenti di tendenza da affrontare poi durante la diretta. Di parere simile è Luca Bottura che per condurre Lateral su Radio Capital fa ampio uso di Twitter. Nel flusso si possono infatti trovare numerosi spunti interessanti per la quotidiana rassegna stampa satirica.

Twitter a prima vista sembra molto semplice da usare ma in realtà per poterne sfruttare tutte le potenzialità si dovrebbero padroneggiare anche i numerosi strumenti collegati. Uno di questi è Twitonomy che permette di monitorare e analizzare il proprio account. Ma esiste anche TweetLogix se si vuole migliorare la propria ricerca su Twitter grazie a determinati filtri. Con TweetDeck invece si può organizzare la schermata in modo da poter seguire più flussi contemporaneamente e di programmare i tweet. Infine c’è Periscope, applicazione ora disponibile solo per i prodotti Apple, che permette di riprendere in diretta tramite Twitter un evento. Un’app che aumenta ulteriormente le possibilità di giornalisti e persone comuni nel riportare in tempo reale cosa sta succedendo.

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Indipendenti, scomodi e di successo: i giornalisti spagnoli che si auto-finanziano http://ifg.uniurb.it/2015/04/20/ducato-online/verso-il-giornalismo-indipendente-il-caso-della-spagna/71141/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/20/ducato-online/verso-il-giornalismo-indipendente-il-caso-della-spagna/71141/#comments Mon, 20 Apr 2015 20:26:31 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71141 giornalismo-thumbPERUGIA – Dal 2008 ad oggi in Spagna sono nate 500 testate giornalistiche. Nonostante la grave crisi economica che ha investito il Paese, di queste solo 50 hanno chiuso. Molte di queste realtà emergenti nascono dal crowdfunding o da startup che offrono ai lettori un’informazione indipendente.

“Spiego sempre la differenza tra creatività e innovazione. La creatività è pensare le cose, l’innovazione è realizzarle”, così Juan Luis Manfredi, professore all’università di Castilla-La Mancia ha introdotto il dibattito sull’evoluzione del giornalismo spagnolo nell’ultima giornata del Festival di Perugia.

Fino al 1985 i giornalisti erano i proprietari dei giornali, poi dalla seconda metà degli anni ’80 le testate sono state quotate in borsa e con la crisi sono state comprate da creditori o investitori. “Per un lettore sapere che un giornale è stato comprato da una banca o da Telefonica (la principale azienda iberica di comunicazione e telefonia ndr) mette in discussione la credibilità di quello che c’è scritto nel giornale stesso” ha spiegato Manfredi. “Con i progetti degli ultimi anni – ha continuato – l’editoria spagnola sta tornando al vecchio modello di gestione dove i giornalisti sono proprietari della testata”.

Al festival di Perugia sono state presentate alcune delle realtà più significative del panorama spagnolo, come Eldiario.es, nata nel 2012, è una testata che si sostiene con gli investimenti dei giornalisti, con gli abbonamenti dei lettori e una parte di pubblicità; El Espanol, ha raggiunto il record di crowdfunding ricevendo tre milioni di euro in 40 giorni; ElConfidencial.es un quotidiano la cui versione web ha investito soldi ed energie nella gestione e analisi dei dati, pubblicando diversi scoop.

Ignacio Escolar è un noto giornalista spagnolo che nel 2012 ha fondato il sito d’informazione Eldiario.es. “La gente è disposta a pagare l’abbonamento a Eldiario perché siamo una redazione indipendente dai poteri politici e finanziari”, ha spiegato. Sono possibili diversi tipi di abbonamento. I più diffusi sono quello da cinque euro al mese o quello da 100 euro all’anno. I soci hanno dei servizi esclusivi: approfondimenti sulle notizie, un’edizione monografica ogni due settimane, una mail che ogni sera viene spedita intorno alle 20 per anticipare ai lettori quali notizie troveranno il giorno successivo nei giornali, infine, i soci non hanno interruzioni pubblicitarie.

Il progetto di Escolar è partito senza richiedere nessun finanziamento alla banche: i giornalisti hanno iniziato con un capitale iniziale di un milione di euro, di cui solo 400 mila erano disponibili. Lo scorso anno El Diario ha chiuso il bilancio in attivo di 300 mila euro, i proventi sono stati reinvestiti all’interno della testata.

Ignacio EscolarLa presenza nelle reti sociali è fondamentale, ha spiegato Escolar, parte del loro successo viene dalla popolarità che i redattori hanno nei social network. Eldiario.es è il settimo sito più visitato in Spagna, ha una media di 4 milioni di visitatori mensili, ma su Twitter è più ritwittato di tanti altri giornali più noti.

Jordi Perez è un giornalista economico finanziario del El Espanol. “Lo scopo dei giornalisti dev’essere la chiarezza – ha detto Perez al Festival – la corruzione che ha invaso le grandi testate ha sviluppato un desiderio di informazione trasparente, per questo sono gli stessi lettori a finanziare i progetti d’informazione indipendente”.

Secondo Perez in Italia e Spagna, la stampa indipendente ha davanti a sé una sfida maggiore. “Un inglese che legge The Economist sa che quel giornale gli ha detto tutto quello che poteva dire è che non c’è altro da sapere sul quell’argomento. In Spagna, come in Italia, il giornalismo indipendente non è ancora affermato: il lettore ha sempre il sospetto che ci sia qualcos’altro da aggiungere, pensa che quelle informazioni siano condizionate o non siano complete. Noi vogliamo seguire il modello inglese: creare una sorta di patto tacito con i lettori: loro ci danno fiducia e ci permettono di essere indipendenti e noi gli proponiamo inchieste e informazioni libere da ogni condizionamento”.

Daniele Grasso ha lasciato l’Italia nel 2009 da neolaureato, poi dopo uno stage al sito de El Confidencial è stato assunto. “Non mi piaceva il giornale dove lavoravo: il digitale era considerato solo un testo con la foto. Potevo scegliere se cercare un altro giornale in cui lavorare o affrontare il direttore e proporgli un vero prodotto digitale. Ho scelto la seconda ed è andata alla grande”.

Un capo permissivo e lungimirante ha permesso a Grosso e ad altri due colleghi di ristrutturare il sito senza imporre condizioni. Anche la versione cartacea ha cambiato volto e oggi ha una delle versioni grafiche più apprezzate in Spagna.

“Sono molto importanti le collaborazioni con altri media e giornalisti – ha continuato Grosso – una grande soddisfazione l’abbiamo avuta di recente: con la Lista Falciani. I giornali come El Mundo ed El País hanno scritto che i documenti di queste due inchieste erano state pubblicate da un sito d’informazione spagnolo. Eravamo noi e il fatto che non ci abbiano citati è stata una soddisfazione: significa che ci temono”.

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Scuole di giornalismo, Iacopino: “Nuovo quadro di indirizzi”. Da maggio più web nei programmi http://ifg.uniurb.it/2015/04/19/ducato-online/scuole-di-giornalismo-iacopino-nuovo-quadro-di-indirizzi-da-maggio-piu-web-nei-programmi/71143/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/19/ducato-online/scuole-di-giornalismo-iacopino-nuovo-quadro-di-indirizzi-da-maggio-piu-web-nei-programmi/71143/#comments Sun, 19 Apr 2015 15:05:45 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71143 INTERVISTA VIDEONel Consiglio nazionale di maggio l’Ordine nazionale modificherà le direttive al quale i corsi riconosciuti devono fare riferimento, potenziando il lavoro sul digitale. ha anticipato al Ducato il presidente dell'Ordine dei giornalisti. Sull'equo compenso bocciato dal Tar del Lazio: "Retribuzioni da fame. Io non sono ottimista però qualche segnale positivo c’è"]]> PERUGIA – Più nozioni di giornalismo digitale nelle scuole di giornalismo: nel Consiglio nazionale di maggio l’Ordine nazionale modificherà il quadro di indirizzi al quale i corsi riconosciuti devono fare riferimento. Lo ha anticipato al Ducato il presidente dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino al Festival di Perugia che ha rassicurato sull’intenzione di potenziare l’insegnamento del giornalismo digitale: “Dobbiamo garantire ai giovani una preparazione che offra loro delle opportunità reali. Gli spazi sono pochi, se dobbiamo lasciare le innovazioni alla buona volontà di qualche master… proveremo a dare delle indicazioni più incisive sulle materie di formazione”.

Equo compenso per i giornalisti. Ad aprile il Tar del Lazio ha accolto il ricorso fatto dall’Ordine contro il tariffario approvato dalla federazione della stampa (Fnsi) in sintonia con la federazione degli editori (Fieg). “Quelle retribuzioni erano da fame – continua Iacopino – e non garantivano ai giornalisti di vivere. Io però non sono ottimista perché credo che la complicità fra Fnsi e Fieg non sia finita”. Ammette però che qualche segnale positivo c’è.

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Settecento morti nel Canale di Sicilia, “La stagione dei barconi non è nemmeno cominciata” http://ifg.uniurb.it/2015/04/19/ducato-online/settecento-morti-nel-canale-di-sicilia-la-stagione-dei-barconi-non-e-nemmeno-cominciata/71144/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/19/ducato-online/settecento-morti-nel-canale-di-sicilia-la-stagione-dei-barconi-non-e-nemmeno-cominciata/71144/#comments Sun, 19 Apr 2015 14:19:29 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71144 VIDEO All'incontro "I volti umani dell'immigrazione" durante il Festival del giornalismo, Tareke Brhane, presidente del Comitato 3 ottobre parla della nuova strage di migranti davanti alla costa libica: "La stagione dei barconi non è ancora cominciata". Assieme a lui anche Suleman Diara, maliano, che il viaggio attraverso il Mediterraneo lo ha vissuto sulla propria pelle]]> Tareke Brhane, presidente del Comitato 3 ottobre per i migranti

Tareke Brhane, presidente del Comitato 3 ottobre per i migranti

PERUGIA – Settecento morti in una sola notte, tra il 18 e il 19 aprile. Siamo all’inizio della primavera, quindi “la stagione dei barconi non è ancora cominciata”. Il naufragio, che si è consumato a 70 chilometri dalle coste della Libia (un peschereccio di 30 metri si sarebbe ribaltato mentre arrivava una nave cargo a soccorrerli) potrebbe essere la più grande tragedia nella storia dell’immigrazione del Mediterraneo. Chi pensava che i 366 morti del 3 ottobre 2013 sarebbero stati impossibili da superare, oggi deve ricredersi.

All’incontro “I volti umani dell’immigrazione” durante l’ultima giornata del Festival del giornalismo di Perugia, era presente anche Tareke Brhane, presidente del comitato 3 ottobre, nato in memoria della tragedia del 2013: “Per loro viaggiare era un sogno per il loro futuro e per quello dei loro figli. A quante vittime vogliamo arrivare per smuovere la nostra umanità? Questa gente ha bisogno di una risposta immediata. Di protezione. Vogliono garanzie di poter uscire di casa domani senza esser rapiti e violentati. Non si può continuare a fare allarmismo su quanta gente stia arrivando e quanta ne sia già morta. Le stagioni vere degli sbarchi non sono ancora iniziate. ”

Su questa nuova tragedia Brhane non risparmia critiche all’Occidente e lancia un messaggio: “Dobbiamo prima preservare la vita delle persone, poi i confini. È una vergogna per tutta la Comunità europea perché parliamo di persone costrette, non hanno una scelta. Dal 3 ottobre a oggi almeno 6000 persone sono morte tentando di arrivare sulle coste italiane. Donne, bambini, uomini con sogni e voglia di sopravvivere. Per questo noi abbiamo proposto la giornata della memoria per i migranti”.

Quello che è successo riguarda anche i sistema di controllo e soccorso nel Canale, come Triton: “Serve un progetto a lungo termine da cui ottenere dei risultati. Non è sempre possibile intervenire nei paesi di provenienza o di transito. Come si può ad esempio intervenire in Siria se ci sono i bombardamenti? Io l’anno prossimo non so se Triton verrà rinnovata o no – conclude Brhane – ma certamente serve una politica di immigrazione comunitaria”.

All’inicontro era stato chiamato a intervenire anche Suleman Diara, in Italia dal 2008, che il viaggio attraverso il Mediterraneo lo ha vissuto sulla propria pelle: “Il fatto che la Comunità Europea investa i soldi in Libia o Algeria non è sufficiente perché in questi paesi c’è una forte corruzione che non indirizza nel modo giusto i fondi occidentali. Quando sono arrivato a Roma, trovandomi in difficoltà ho creato questa cooperativa con cui produciamo lo yogurt e che mi è stata utile per imparare la lingua. La condivisione è fondamentale tra i migranti perché spesso gli italiani non ci aiutano”.

La conferenza. “I volti umani dell’immigrazione” è stato un incontro dedicato all’ascolto di alcune storie di “nuovi italiani” che sono riusciti, non senza fatica, ad integrarsi nella nostra società. Le loro storie sono delle odissee moderne. Testimonianze di un viaggio troppo spesso senza fine, come nel caso di questa notte.

“Pensavamo di favorire la memoria della tragedia del 3 ottobre – spiega Luca Attanasio, giornalista freelance e moderatore dell’incontro – invece dobbiamo rivedere questi numeri in eccesso. E’ una strage che urla il dolore di una parte del mondo e il mondo più ricco deve fare qualcosa per accogliere queste persone. Non si tratta di essere di destra o sinistra ma di applicare delle direttive comunitarie che esistono. “Mare Nostrum – continua Attanasio – è stata un’operazione che ha mostrato il lato umano del nostro paese. Non possiamo però dimenticare che mentre era attivo sono morte comunque 3.400 migranti nel Mediterraneo. Non era quindi sufficiente così come non lo è Triton. Bisogna pensare a delle misure che comprendano canali umanitari e che intervengano direttamente nel paese da cui partono queste persone per vagliarne la richiesta di asilo”.

Durante il convegno è intervenuto anche Michele Cercone, portavoce della Commissione Europea, che ha difeso le azioni messe in atto dalle istituzioni comunitarie: “La legislazione su questo tema esiste ed è anche molto completa, il problema è che in alcuni paesi funziona meglio e in altri di meno. Oggi gli immigrati regolari hanno gli stessi diritti dei cittadini europei e questo è possibile solo grazie ad un percorso di riforme che abbiamo portato avanti nel corso degli anni”. Cercone riconosce le evidenti difficoltà, sopratutto nell’area del Mediterraneo, causate dalle crisi politiche ed economiche nei paesi di provenienza ma allo stesso tempo difende il ruolo dell’UE: “Si parla di un’Italia abbandonata a se stessa dall’Europa, ma la Commissione ha stanziato 530 milioni di euro tra il 2007 e il 2013 e ne concederà altrettanti fino al 2020. Magari non risolvono il problema, ma sono comunque cifre importanti”.

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Un giornalista a distribuire cuffie e cioccolatini: il festival vissuto tra i volontari della logistica http://ifg.uniurb.it/2015/04/19/ducato-online/un-giornalista-a-distribuire-cuffie-e-cioccolatini-il-festival-vissuto-tra-i-volontari-della-logistica/71108/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/19/ducato-online/un-giornalista-a-distribuire-cuffie-e-cioccolatini-il-festival-vissuto-tra-i-volontari-della-logistica/71108/#comments Sun, 19 Apr 2015 10:14:04 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71108 IL DIARIO DEI VOLONTARI Tra lo staff del Festival del giornalismo di Perugia ci sono anche dieci allievi dell'Ifg di Urbino. Oggi raccontiamo come funziona la logistica. Distribuendo cuffie e microfoni, un giornalista può imparare qualcosa ogni giorno PUNTATE PRECEDENTI 3 | 2 | 1 ]]> Il nostro Claudio intento a sistemare le cuffie per la traduzione simultanea

Il nostro Claudio intento a sistemare le cuffie per la traduzione simultanea

PERUGIA – “Cosa ci vai a fare a logistics, con la ‘s’?”. Me l’avranno chiesto tutti i miei colleghi, da quando ho deciso di vivere l’esperienza del Festival del giornalismo 2015 da addetto ai lavori. Un’attività magari poco intellettuale, ma indispensabile per il buon funzionamento di tutto l’evento.

La mia giornata tipo da volontario ha inizio relativamente presto. Sveglia alle otto, doccia e via all’Hotel Brufani, il quartier generale del festival. L’hotel domina lo spiazzo antistante il belvedere della città di Perugia. È un cinque stelle L, di quegli hotel che difficilmente avrei avuto modo di vivere così intensamente per tanti giorni, non fosse stato per il festival. Ha quell’aria da hotel che vive di occasioni come queste, anzi: che vive davvero solo in occasioni come queste. Alcuni membri dello staff me l’hanno confermato, fra uno sbuffo e l’altro per il carico di lavoro extra cui devono far fronte per rendere possibile un evento così impegnativo.

Nei giorni del Festival internazionale del giornalismo le sale del Brufani si popolano di ragazzi, di giornalisti, di stagisti, turisti e curiosi fin dalla mattina. Le conferenze iniziano infatti alle nove e capita che siano affollate già le prime. Spesso sono in lingua inglese, per cui al volontario di turno toccherà distribuire le cuffie che permetteranno a chi vorrà prendere parte ai vari panel, gli incontri della giornata, di avere la traduzione simultanea dell’evento. A noi il compito di assegnarle, dietro consegna di un documento.

Per me ha significato imparare che il tesserino per i giornalisti, in un festival di giornalismo, non vale come documento di identità; realizzare che in molti sono disposti a lasciarti la carta di credito senza alcun problema, pur di avere la propria cuffia; constatare che la mia vecchia carta d’identità, lisa e stracciata ormai da anni, è come nuova rispetto a quella di tanti; che davvero pochi giornalisti capiscono l’inglese. Che le conferenze sui media in Russia e sulla propaganda dell’Isis tirano più di un carro di buoi, a giudicare da quanti son rimasti senza traduzione perché le cuffie erano finite. E che una bottiglia d’acqua naturale sul tavolo davanti all’ingresso di sala Raffaello è sufficiente perché qualcuno possa pensare di chiederti: “Dell’acqua frizzante, per favore. Magari fredda di frigorifero”.

I panel prevedono spesso il coinvolgimento del pubblico, e spesso mi sono ritrovato a dare il microfono a quanti volevano fare domande. Stefano, il responsabile della sala Raffaello, dice che ho un talento naturale nel dare i microfoni; dice che sembra l’abbia sempre fatto. E io sono soddisfatto, anche se forse non era un complimento.

Ma il crocevia del Brufani è la sala dell’Infopoint, da cui i giornalisti passano per un accredito, gli affamati per un pranzo al sacco, gli speakers per avere i buoni pasto e i rimborsi da Francesca Cimmino, che tutto vede e provvede. Ci ho visto passare moltissimi fra i più noti giornalisti italiani e non solo. Spesso molto disponibili, anche se non tutti. L’impressione è che si conoscano tutti da secoli, e che molti siano anche amici ma come quei parenti che si frequentano solo alle feste comandate. Ho visto Marco Travaglio salutare affettuosamente uno stagista che per il Fatto Quotidiano ha lavorato due mesi, anni fa. Ho dato l’accredito a un giornalista di cui non avevo mai visto il viso, ma il cui nome mi è sempre stato familiare. E ho scoperto che quel nome l’ho sempre pronunciato con l’accento sulla vocale sbagliata: Alberto Puliàfito.

All’info-point ho dispensato chili di Baci Perugina e di Kit Kat, che Fulvio Abbate ha esclamato essere “meglio di una scopata”. Ho messo a durissima prova il mio inglese arrugginito dando indicazioni che in genere consistevano in: “The restrooms are over there, on the left”, che mi esce sempre bene.

Certo, qualcuno potrebbe avermi visto nella hall a caricare il mio smartphone nella -preziosa – colonnina Tim per più del tempo necessario. Ma è perché le batterie del mio cellulare durano il tempo di un panel, non perché effettivamente avessi troppo tempo libero.

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Content e brand curation, cinque strumenti che i giornalisti dovrebbero conoscere (e usare) http://ifg.uniurb.it/2015/04/19/ducato-online/content-e-brand-curation-cinque-strumenti-che-i-giornalisti-dovrebbero-conoscere-e-usare/71070/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/19/ducato-online/content-e-brand-curation-cinque-strumenti-che-i-giornalisti-dovrebbero-conoscere-e-usare/71070/#comments Sat, 18 Apr 2015 22:09:56 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71070 11148882_10205927017682062_855401448_n

PERUGIA – Robin Good è un esperto di content curation, ma è anche un imprenditore ormai specializzato. Da quasi 20 anni il suo business è il web. E dentro il web ha trovato e analizzato centinaia di strumenti, o tool, utili per approfondire gli interessi più diversi: dall’appassionato di un genere particolare di musica all’esperto di design che vogliono tenersi aggiornati. Ha presentato al Festival internazionale del giornalismo di Perugia anche alcuni degli strumenti che secondo i giornalisti dovrebbero conoscere. Per l’intervista al Ducato ne ha selezionati cinque, tra quelli che ritiene indispensabili a ogni reporter che voglia organizzare il proprio materiale online, trovare spunti interessanti e curare il proprio brand.

SCOOP.IT (gratuito+versioni a pagamento)

Trovare le notizie più interessanti su un argomento, personalizzarle ed aggiungerne un plusvalore. Scoop.it offre la possibilità di selezionare le migliori notizie ed esportarle sul proprio sito o blog attraverso la url della pagina oppure di creare contenuti a partire da zero. Un tool indispensabile per tenersi aggiornati in poco tempo. Qui un breve tutorial su come muovere i primi passi sul portale.

2) PINTEREST (gratuito)

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Non solo foto di dolci, scarpe alla moda e frasi ad effetto. Con una bacheca di più di 70 milioni di utenti, Pinterest è ormai una vetrina indispensabile per chiunque voglia promuovere il proprio “brand” in modo innovativo. Cercare informazioni tra le fonti giuste, condividerle al pubblico e crearsi una nicchia di riferimento. Può un giornalista tralasciare questa fonte di visibilità?

3) PRISMATIC (gratuito)

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Imparare cose nuove ogni giorno, trovando notizie che i media tradizionali non trattano. Ecco cosa permette di fare Prismatic, un contenitore personalizzato di informazioni basato sugli interessi dell’utente. Il flusso di notizie è determinato in base alla connessione con i social network e alla posizione geografica tramite un algoritmo che permettono poi all’utente di scoprire argomenti di interesse affini al proprio profilo. È possibile anche raccomandare una notizia, facendola salire in testa al proprio “news feed” e rendendola visibile a tutti. Da provare.

4) ZEEF (gratuito)

Zeef altro non è che una directory, un catalogo web grazie al quale è possibile effettuare ricerche navigando per categorie predefinite. Una sorta di motore di ricerca “umano”, dove non c’è un algoritmo che decide per noi cosa vedere e cosa no. Fine di Google? Ovviamente no, tuttavia ogni giornalista potrà guadagnarsi la fiducia della nicchia di riferimento, aumentando il proprio brand puntando su una bacheca specializzata. Come si usa? Guardate questo breve tutorial.

5) WORDPRESS (gratuito+vers. a pagamento)

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Vi starete chiedendo: perché una piattaforma per la gestione di un sito internet? Per Robin Good la risposta è semplice: “Con tutti gli strumenti a vostra disposizione le possibilità che avete sono infinite. Foto, video, infografiche, tutto è alla portata di tutti. Ricordate sempre che è quello che avete nella testa che fa la differenza, nient’altro”.

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Gif, video ‘muti’ e poco testo: così i giornali conquistano gli adolescenti http://ifg.uniurb.it/2015/04/18/ducato-online/gif-video-muti-e-poco-testo-cosi-i-giornali-conquistano-gli-adolescenti/71071/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/18/ducato-online/gif-video-muti-e-poco-testo-cosi-i-giornali-conquistano-gli-adolescenti/71071/#comments Sat, 18 Apr 2015 18:32:38 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71071 PERUGIA – Per conquistare i millennial non basta andarli a cercare su social network e app di messaggistica. Alcuni grandi gruppi editoriali – Channel 4 nel Regno Unito e la Repubblica in Italia – stanno sviluppando piattaforme dedicate ai lettori più giovani nati intorno all’anno 2000. La televisione britannica ha creato 4newswallla homepage, pensata per essere fruita da mobile, è totalmente priva di testo: composta da Gif animate nelle quali le parole del titolo si succedono una dopo l’altra. Cliccando sulla Gif si accede a una breve notizia, che spiega il fatto in poco più di dieci righe. I temi coperti sono i più disparati: esteri, politica, alimentazione, curiosità.

Chris Hamiltonil direttore social media della Bbc News , tra gli speaker al Festival internazionale del giornalismo di Perugia per il dibattito “Mobile e Millennial: Chat Apps, Emoji, nuovi format video”, ha parlato anche di Instafax: l’esperimento short video della Bbc. L’idea è quella di produrre video-notizie che possono essere fruite anche in momenti e luoghi ufficialmente “vietati” come le lezioni scolastiche. Cioè senza audio. “È stata una buona idea perché non sempre gli utenti possono ascoltare l’audio – ha commentato – quindi è il testo a illustrare il contesto delle immagini. Non ero convinto della riuscita di questo progetto, al contrario ha riscosso un grande successo”. Attualmente la BBC News produce in media 20 video di questo genere ogni giorno.

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Uno dei post di 3nz.it

A raccontare l’esperimento italiano c’era Alessio Balbi, coordinatore dell’are social del gruppo Espresso. “Nel 2013 un articolo sull’incidente mortale di Paul Walker – l’attore protagonista del film Fast and Furious ndr – condiviso sui social ha generato, da solo, più traffico rispetto a tutta la home page del sito Repubblica.it, abbiamo capito che avremmo dovuto sperimentare nuovi linguaggi. Così abbiamo pensato un nuovo sito web, destinato al mondo virale, trasmesso principalmente tramite Facebook”.

3ndz è nato così: il sito che contiene notizie ed elementi virali. Il 90% dei contenuti è video, il resto è composto da quiz, notizie di costume e classifiche. La piattaforma è nata il primo ottobre del 2014 e su Facebook è seguito da 80mila utenti. Repubblica.it è anche l’unico sito di informazione in Italia, ad ora, a inviare le notizie via Whatsapp. I lettori possono iscriversi scegliendo quali tipi di notizie vogliono ricevere, ma si deve memorizzare il numero della redazione altrimenti la notizia finisce nello spam.

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Il disegno di Chérif Kouachi pubblicato su L’Obs

Il settimanale francese L’Obs ha puntato invece sulle curiosità, così sia la redazione web che cartacea collaborano per trovare storie esclusive. “Su Facebook abbiamo 2,4 milioni di followers, ha Aurelien Viers, direttore digital news – il segreto per avere successo sta in un buon titolo e in una buona preview”. I social network sono importanti, ma non sono tutto. Ciò che più conta è l’integrazione tra cartaceo, sito, social e mobile. Una delle storie più condivise è quella di Chérif Kouachi che tre giorni prima di compiere l’attentato a Charlie Hebdo con suo fratello, ha fatto un viaggio in BlaBlaCar da Remis a Parigi. Le Plusla sezione video del giornale, al momento formata da otto redattori, già conta due milioni di visitatori al giorno.

Nonostante le diverse scelte editoriali e gli esperimenti digitali, tutti i giornalisti presenti al panel hanno infine sostenuto la stessa tesi: “La tecnologia non fa il contenuto editoriale. Se hai una buona storia, hai il 90% del lavoro”.

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