Autorizzazioni veloci e guadagni sicuri: i rigassificatori in Italia


Pubblicato il 8/04/2014                          


Salutato da tutti come un miracolo della tecnologia in grado di liberare l’Italia dalla dipendenza dal gas russo e algerino, il rigassificatore di Porto Levante si inserisce nella Strategia Energetica Nazionale che dal 2006 punta molto sul gas. L’Italia – secondo questi progetti – deve diventare non solo un mercato competitivo del gas, ma deve essere un vero e proprio “hub sud europeo”, cioè il crocevia dell’ingresso del gas dal sud del mondo verso l’Europa.

L’Italia – si legge nella “Strategia Energetica Nazionale” (marzo 2013) (Pdf) – vuole ridurre dall’84% al 67% la sua dipendenza energetica dall’esterno e vuole farlo “mantenendo un ruolo chiave del gas”.

La nostra nazione soffre di una “limitata capacità di risposta del sistema gas in condizioni di emergenza”. Significa che quando fa molto freddo e c’è un picco della domanda il gas che attualmente importiamo non ci basta.  O meglio: ci basta per scaldarci ma non per ricavarne un profitto rivendendolo o usandolo per produrre energia elettrica.

Il governo Monti (così come quello Berlusconi nel 2006) ha pensato di risolvere il problema prevedendo “nuove infrastrutture di stoccaggio” tra cui anche terminali GNL. Questi impianti, poiché “strategicamente necessari”, “beneficeranno di iter autorizzativi accelerati”. Non solo: per favorire l’iniziativa privata alla costruzione di nuovi rigassificatori il governo Monti ha assicurato “un sistema regolatorio che consenta un meccanismo di recupero garantito dei costi di investimento a carico del sistema, anche in caso di non pieno utilizzo della capacità, in modo da favorire la bancabilità e quindi la realizzazione anche in un contesto di riduzione dei consumi”. Cioè, se anche  i rigassificatori dovessero rimanere inutilizzati, lo Stato italiano garantirebbe loro il guadagno minimo prestabilito.

 

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