“Un uomo colto, un giornalista scrupoloso”. Il ritratto di Mascilli Migliorini, fondatore dell’Ifg

L'incontro a Napoli in ricordo di Enrico Mascilli Migliorini - Foto Biblioteca Tucci da Twitter
di ELISABETTA BARBADORO

URBINO – Il vero giornalista è quello che non ammette ingerenze o pressioni dalla politica. Lo sapeva bene Enrico Mascilli Migliorini, quando, dopo la richiesta di licenziamento di un redattore “scomodo” da parte di un esponente della politica locale, da direttore della sede Rai di Cosenza, ha indicato la porta all’uomo, difendendo, oltre al suo collega, anche un modello integerrimo di informazione, quella mai asservita e sempre indipendente. È uno degli aneddoti, un ricordo caro, raccontato da Ermanno Corsi, giornalista e amico di Mascilli Migliorini. Insieme allo storico e professore all’Università di Napoli Giuseppe Galasso, e Lella Mazzoli, professore ordinario alla Carlo Bo e direttore dell’Istituto per la formazione al Giornalismo di Urbino, ha tenuto un convegno sulla figura del direttore e accademico a un anno e mezzo dalla sua scomparsa, il 23 agosto 2016.

Dalla sala dell’emeroteca Tucci di Napoli è emerso il ritratto di un uomo dedito con rigore e passione all’attività di giornalista e di accademico. Da preside della facoltà di Sociologia all’Università di Urbino, ha dato impulso agli studi su comunicazione e società fino a costituire un polo di prestigio, grazie anche alla collaborazione e all’amicizia che lo legava all’allora rettore Carlo Bo. “Fu un rapporto molto importante – racconta Lella Mazzoli – tra due personaggi che si stimavano e scambiavano riflessioni sulle strategie politiche dell’ateneo”. Da giornalista è ricordato soprattutto per aver fondato e diretto il Messaggero Veneto, ma la sua esperienza non si è limitata alla carta stampata: “È stato capace di convertirsi ai nuovi strumenti della comunicazione di massa – ricorda Ermanno Corsi – era ancora giovane quando è diventato redattore-capo della Rai a Napoli, poi ha fondato la redazione di Cosenza e ha lavorato nelle sedi di Ancona e Firenze”.

“Un pensiero di grande attualità” quello di Mascilli Migliorini secondo Lella Mazzoli, “si è occupato di strategia del consenso e istantaneità dell’informazione, era molto attento agli aspetti teorici, insistendo sull’importanza della verifica delle fonti anche nell’ambito dell’immediatezza dell’informazione; ha insegnato che istantaneità e correttezza sono gli elementi principali per un giornalista”. È stato anche fondatore dell’Istituto per la formazione al Giornalismo di Urbino. “L’idea di definire una scuola professionalizzante – spiega ancora Mazzoli – è nata perché le pratiche interne alle redazioni erano considerate poco formative. La scuola offre una preparazione più teorica che si era resa necessaria in un periodo in cui, grazie alla rete, nascevano media più raffinati”. “Secondo lui – aggiunge Corsi – le scuole erano un modo per liberalizzare l’accesso alla professione, fino a quel momento le pratiche erano interne alle redazioni e vi si accedeva esclusivamente su chiamata diretta dell’editore”.

Era un “liberal-democratico di estrazione crociana – secondo Corsi – perché la filosofia di Benedetto Croce era la cultura dominante nella sua Napoli”. Ma anche “un uomo colto, raffinato e gentile. Aristocratico nei modi e nel pensiero, il rispetto per gli altri era la sua cifra stilistica” nel ricordo di Lella Mazzoli.

A corredo del convegno, il direttore dell’emeroteca Tucci Salvatore Maffei ha allestito una mostra di documenti, articoli e saggi che ripercorrono la lunga carriera di Mascilli Migliorini, dalle prime pubblicazioni, nel 1944, all’articolo di Repubblica uscito per celebrare il suo novantesimo compleanno, il 4 giugno del 2012.

A chi si chiede cosa potrebbe pensare del clima politico di oggi, ha risposto Corsi: “Credo che inorridirebbe, perché quella di oggi è più una rissa che un confronto di idee e programmi. In questo primo mese di campagna elettorale lui saprebbe già chi esce sconfitto: la logica e la lingua. La prima perché si pronunciano slogan senza profondità, la seconda perché la comunicazione di oggi non rispetta le regole della lingua: tra congiuntivi sbagliati ed errori grammaticali anche da parte del ministro dell’istruzione”. Era infatti uno strenuo difensore della lingua italiana: “Da commissario agli esami di abilitazione dell’Ordine dei giornalisti – racconta Corsi – correggeva i candidati che usavano la pronuncia anglosassone per le parole di derivazione latina, rivendicava così l’origine della nostra lingua”.