"Ho detto a tutti la verità. L'ho detta a tutti, anche ai giornalisti, ma non mi hanno dato retta..."

La pagina nera del giornalismo alla ricerca della verità

Dal 17 al 22 dicembre 1989 si scatenò la reazione dell'esercito dell'ex dittatore Ceausescu contro la popolazione in rivolta.
Erano giorni di frenetici cambiamenti.
Il 2 maggio era caduta la cortina di ferro tra Austria e Ungheria.
Tra l'8 e il 9 ottobre fu sancita la fine della Repubblica democratica tedesca. Il Muro di Berlino cadde.
Alla fine di novembre insorse - ma fu una rivoluzione pacifica, se la Storia ammette questa definizione - la Cecoslovacchia.

Ora toccava alla Romania.

Due cronisti molto curiosi

Claudio Fracassi, direttore di Avvenimenti - Ultime Notizie, nel suo libro "Sotto la notizia niente, saggio sull'informazione planetaria", racconta:

"A Timisoara si aggiravano tra gli altri, in quei giorni, due cronisti venuti dall'Italia per conto di un quotidiano di provincia: arrivati a spese proprie, per vedere la rivoluzione. Appena lasciate le valige all'hotel Continental i due - Michele Gambino e Sergio Stingo - corsero al cimitero, per osservare dal vivo le immagini ossessivamente ritrasmesse dalla Tv".
Raccontarono poi: "Eravamo in preda ad un misto di oppressione e di curiosità: in una casetta di cemento, una delle camere di tortura della Securitate, c'è il cadavere di un uomo su un tavolaccio di ferro, la pancia squartata e poi grossolanamente ricucita. Poco distante, in fila su un lenzuolo, ancora cadaveri; una ventina, nudi. Uno sembra trattenere le viscere rinsecchite tra le mani. Due metri più avanti la scena più orrenda, il corpicino di un neonato sul ventre di una donna. Ma c'è qualcosa di strano... almeno la metà dei cadaveri sono in avanzato stato di decomposizione, non c'è bisogno di essere degli esperti per stabilire che la morte risale a diverse settimane fa; e ancora: la madre del bambino ha almeno una sessantina di anni, e il suo cadavere è peggio conservato di quello del presunto figlio".

Qualche domanda alla persona giusta

A raccontare tutto non fu un generale dell'esercito. Non il presidente, non il ministro ad hoc.

Fu il custode del cimitero.

"Quei corpi sono di vagabondi, barboni, ubriaconi. Questo è il cimitero dei poveri. Non c'è stata tortura, ma autopsia: perciò i cadaveri sono stati tagliati dal mento all'addome e ricuciti. Ho detto a tutti la verità, anche ai giornalisti ma non mi hanno dato retta".
Raccontarono i due protagonisti: "Al nostro ritorno in Italia confrontammo ciò che avevamo visto con quello che avevano scritto i giornali, e avemmo la buffa impressione di essere stati da qualche altra parte".

Rettifiche? Smentite? Non proprio...

La notizia della "fanta Timisoara" cominciò a circolare nelle redazioni dei giornali.
Qualcuno cominciò a chiedersi come mai a Bucarest e in altre città erano state uccise migliaia di persone,
c'era stata una repressione così sanguinosa, e pochi edifici apparivano distrutti o danneggiati.

24 gennaio 1990. Dalla Germania arrivò la prima voce contro.
Una rete televisiva trasmise alcune testimonianze oculari da Timisoara secondo cui
le immagini di orrore e la scoperta delle fosse comuni erano una messa in scena. Erano false.

La France Presse scrisse: "Le immagini dei cadaveri mutilati mostrati dalle televisioni del mondo intero
in seguito al massacro di Timisoara non osno altro che il risultato di una messa in scena...
Tre medici di Timiosoara hanno affermato che i corpi di persone decedute di morte naturale
sono stati prelevati dall'istituto medico legale e dall'ospedale della città ed esposti alle
telecamere della televisione come vittime della Securitate". Michaele Castex commentò:
"Una menzogna grossa come un secolo".

Liberation dedicò otto pagine e la copertina al falso massacro di Timisoara.

L'editoriale diceva: "Liberation, come altri - ma questa non può essere considerata una scusante -
ha pubblicato una informazione priva di fondamento".

Risultò che madre e figlio assassinati erano rispettivamente:
Zamfira Baintan, una anziana alcolizzata morta a casa sua di cirrosi epatica
l'8 novembre del 1989, e la bimba Christina Steleac, morta per una congestione,
a casa sua, a due mesi e mezzo di età, il 9 dicembre 1989.

 
 
 
 
 
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