Prima regola: nessun autistico è
uguale ad un altro.
All’Officina dell’Arte ci tengono molto a sottolinearlo.
Per questo ogni ragazzo ha un suo programma, con
le tappe dell’intera giornata di lavoro.
Marco
riordina le tessere per il mosaico, componendo lunghe file
di colori diversi.
Tiziano controlla in silenzio le cornici
da consegnare per un matrimonio, mentre Lorenzo
lavora al piccolo mosaico che ha pensato interamente
da solo.
Luca ripete frasi di cartoni animati
e fiabe. Ad un tratto alza la testa e chiede all’operatrice
che lo segue di cambiare canzone alla radio. Adriano Celentano lo
emoziona troppo. Luca è arrivato per ultimo da Roma e ha
17 anni. Spesso misura le stanze a grandi passi
e se ne sta sprofondato in un mondo cucito intorno alle parole
che ha sentito da piccolo in casa o per strada.
Lì
vicino c’è anche Davide. Ha 23
anni e parla volentieri. Cura la scelta dei termini quando
una cosa lo interessa molto. Il cavallo che monta
due volte alla settimana in un maneggio vicino a casa, non è
semplicemente “forte” ma è “vigoroso”.
E mentre osserva Luca che cammina avanti e indietro, racconta che
per rilassarsi gli piace ridere. E che lo fa anche
di notte.
Tutti
sono autistici, ma hanno capacità di comunicare
molto diverse.
E certamente Tiziano e Lorenzo rappresentano i
due estremi di questa diversità.
Nonostante i suoi 47 anni, Tiziano
a volte dice ancora di sentirsi “come un bimbo”.
Tiene gli occhi bassi.
Vive in punta di piedi, camminando sempre a passi
brevi e lenti, accelerando solo quando deve passare accanto a qualcuno.
Il contatto fisico gli crea ansia e anche
solo la vicinanza di una persona può spingerlo a coprirsi
il viso con le mani o a tirare su il bavero del suo cappotto
blu per nascondersi. Proprio come faceva da bambino
in soggiorno con le tende di casa.
Diversamente, Lorenzo cerca il
contatto con le persone. Soprattutto per parlare.
A 26 anni, vuole sapere perché i suoi coetanei
si divertono quando vanno in discoteca o perché bisogna avere
una fidanzata.
E’ un appassionato di libri di psicologia, etica e
filosofia. Per questo a volte se ne esce con domande complicate:
“Tu preferisci le cose oggettive o soggettive?”.
Spesso ripete: “E’ chiaro cosa
ho detto? Era difficile? Ho paura
di non essere capito, mi è successo in passato
e quindi mi sforzo di spiegare le cose sempre meglio”.
Lorenzo non sopporta la televisione:
“Dice un sacco di cose inutili che non servono, poi quando
guardo la televisione non mi accorgo di essere preso in giro, quando
dicono “scherzi a parte”, perché non
le capisco le loro battute. Io quello che vogliono
loro non lo capisco”.
Per chi è autistico, il nostro mondo è
difficile da comprendere e le conversazioni possono
diventare assurde, soprattutto quando la gente
usa le metafore, illogiche per chi coglie solo
il significato letterale delle parole.
L’autismo è una disabilità
che rende difficile l’interazione sociale.
Le difficoltà variano a seconda:
- delle condizioni di vita;
- del carattere;
- del possibile ritardo mentale;
- di quanto sia arrivata presto la diagnosi.
Gli autistici possono non parlare per tutta la vita
o usare il linguaggio in maniera bizzarra,
alcuni ripetono solo frasi che hanno sentito pronunciare anche dieci
anni prima. Altri non sanno sorridere
perché non ne capiscono il significato.
Tutt’ora non esistono cifre specifiche sul
fenomeno in Italia: il tutto è affidato alla buona volontà
delle Regioni, che spesso contano solo sulle statistiche
internazionali e questi dati riferiscono di un
rapporto di 10-30 casi ogni 10.000 persone.
Tra il 1966 e il 1997 si è
registrato un aumento annuo della popolazione autistica
del 4% e il rapporto tra maschi e femmine
è di quattro a uno.
Non
avere un censimento degli autistici in Italia non è
l’unico problema. La frammentazione del sistema sanitario
a livello regionale, rende disomogeneo
anche l’accesso a una diagnosi
precoce (fatta entro i tre anni di vita) e a una riabilitazione
efficace.
Lorenzo
ad esempio ha avuto la sua diagnosi a 19 anni.
Di quel periodo sua madre ricorda: “Per
me è stata una liberazione incredibile,
finalmente lui appartiene a una categoria, lui è
qualcuno”. L’unico a non averlo
accettato è stato Lorenzo, e non per colpa sua:
“E’ stato seguito da uno psicologo
per due anni, noi non siamo riusciti a dirglielo in modo sereno
perché il suo psicologo diceva: “tu sei un
extraterrestre, tu non sei autistico”. Lui sa.
Io non sono stata in grado di comunicare questa sua diagnosi con
lui. Lui ascolta, però è distaccato”.
Una difficoltà grave che fa di Lorenzo un ragazzo
in bilico tra due mondi: “Adesso che lui sta
da tre anni all’Officina dell’Arte lo vedo quando torna
qua a casa. Non trova quel mondo e quindi a casa
sta peggiorando molto, non vive più nella
realtà e fa fatica a stare con noi”.
Complicata
anche la situazione di Tiziano, che ha avuto la
sua diagnosi solo a 39 anni. Fino
a sette anni fa nessun medico aveva mai parlato alla sua famiglia
di autismo, così per molti anni in base
alle conoscenze del periodo Tiziano era stato uno schizofrenico
o semplicemente un ragazzotto affetto da “pigrizia
mentale”.
Del resto, solo negli anni Settanta si iniziò
a considerare l’autismo una disabilità grave
diversa da altre malattie mentali.
Franco Nardocci, neuropsichiatra infantile: “Tutt’ora
nei sacri testi l’autismo viene considerato
ancora una patologia puramente infantile. Dopo
i 18 anni praticamente non esiste più la
diagnosi, qualcuno pensava addirittura che non ci fosse
più il problema, in realtà gli studi che
sono stati fatti in alcune Regioni confermano una drammatica
caduta di attenzione e di interventi per quanto riguarda
le persone adulte”.
Per questo esistono poche strutture in Italia che
si occupano specificamente di adulti autistici.
E qui ritorna il problema delle diversità regionali a livello
sanitario.
Da un lato, esistono i centri socio-educativi per disabili,
che spesso non seguono programmi specifici. Dall’altro,
c’è la psichiatrizzazione nelle residenze
sanitarie per disabili.
Donata Vivanti, presidente di Autismo Italia: “Sono
ancora posti in cui non hanno per esempio alcuna privacy, alcuna
libertà di decisione, alcuna possibilità
di avere delle loro proprietà. Si tratta di dormire in camere
di tre-quattro letti, con bagni in comune sempre aperti, senza
attrezzature per passare la giornata, se
non una saletta con la televisione, senza laboratori, senza
nulla, di passare così le giornate una dopo l’altra.
Una sopravvivenza per anni e anni senza
alcuna prospettiva. Queste persone scompaiono,
non hanno alcuna voce, non hanno alcun diritto,
non hanno più nulla”.
E ancor meno sono le possibilità di un inserimento
lavorativo per un diciottenne autistico che abbia finito
la scuola. Ancora la mamma di Lorenzo:
“Non me lo toglie nessuno dalla mente che lui possa
essere inserito nel mondo lavorativo nostro, normale. Mio
figlio non capisce per quale ragione lui non guadagna. Soffre
molto di questa cosa, lui vorrebbe essere come gli altri”.
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