Piccoli Adulti Crescono » Centro http://ifg.uniurb.it/network/bagnariol A dodici chilometri dal Campidoglio c'è un altro sindaco, molto più giovane di Alemanno Wed, 26 Mar 2014 13:53:19 +0000 en-US hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.5.1 A dodici chilometri dal Campidoglio c'è un altro sindaco, molto più giovane di Alemanno Piccoli Adulti Crescono no A dodici chilometri dal Campidoglio c'è un altro sindaco, molto più giovane di Alemanno Piccoli Adulti Crescono » Centro http://ifg.uniurb.it/network/bagnariol/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it/network/bagnariol/category/centro/ Nozze d’oro con la Città dei Ragazzi http://ifg.uniurb.it/network/bagnariol/2012/04/16/centro/ http://ifg.uniurb.it/network/bagnariol/2012/04/16/centro/#comments Mon, 16 Apr 2012 16:30:51 +0000 bagnariol http://ifg.uniurb.it/network/bagnariol/?p=50 Porfirio Grazioli è il secondo Presidente della Città dei Ragazzi. Nel 2001 ha preso il posto del Fondatore, Monsignor Caroll - Abbing, ma è arrivato molto prima, nel 1962.
Racconta i cambiamenti della comunità

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Porfirio Grazioli

ROMA – “Tutto è rimasto come prima, non è cambiato niente. Quello che vedete è un tavolo di tante lacrime”. Porfirio Grazioli, il Preisidente della Città dei Ragazzi, apre la porta del suo studio: lo stesso del fondatore, Monsignor Caroll-Abbing

Da quanto tempo lavora qui?

Ho festeggiato proprio quest’anno i miei 50 anni. Sono arrivato nell’ottobre del 1962 e sono Presidente dal 2001, prima lavoravo come Direttore Responsabile ed educatore.

Qual è il ruolo dell’educatore nella Città?

Non sono una guida ideale che aiuta gli altri, non sono dei modelli, sono solo delle persone che mettono la buona volontà e devono scegliere di voler bene, il segreto è tutto nell’amore. Soprattutto non devono avere paura che i ragazzi possano sbagliare. Quando un ragazzo è pronto a consegnarti le chiavi del suo cuore bisogna dargli fiducia, ma anche sfidarlo: tirargli fuori le sue risorse personali e dargli la possibilità di realizzarsi autonomamente. La Città è una palestra di responsabilizzazione, partecipazione, cittadinanza.

Questa palestra di quanto ha bisogno per stare in piedi?

Fortunatamente esiste una fondazione italo-americana che ci aiuta. Dagli Stati Uniti arrivano ogni anno un milione di dollari, per stare bene la Città ha bisogno di due milioni, due milioni e mezzo di euro. Altri soldi arrivano anche dall’Italia: tramite donazioni o con il cinque per mille. Poi ci sono le rette dei comuni. Il Comune di Roma, per esempio, dà per ogni ragazzo poco meno 70 € al giorno, ma non bastano neanche per le stringhe. Ne servirebbero almeno 150, 200. Le rette poi sono giornaliere, quindi se il ragazzo non è presente quel giorno, i soldi ci vengono tolti. Anche se il cuoco, il pranzo, lo ha cucinato anche per lui. Riusciamo a cavarcela perché siamo ben avviati, quindi ammortizziamo con le risorse economiche che abbiamo investito in 50 anni.

Dal Vaticano non arriva nulla?

No, niente fondi, si limitano a controllare che i conti siano in ordine per non avere problemi, Verzè docet.
La Città è un ente morale di diritto privato ed è considerata un’opera di religione perché protetta dalla Congregazione dell’educazione cattolica. Questa formula è stata scelta da Monsignor Abbing e ha portato ad avere oggi nel nostro statuto due condizioni: se la Città dovesse sciogliersi tutto il capitale andrebbe al Vaticano, che ora è proprietario del suolo, in più, ogni anno, dobbiamo presentare il rendiconto delle nostre spese.

Monsignor Abbing ha fondato la città nel 1953. Quante cose sono cambiate in questi anni?

Dalla nascita ad oggi è cambiato il mondo e sono cambiate le condizioni nelle quali lavoriamo. Prima di tutto in Italia non ci sono più ragazzi abbandonati per la strada come nel dopo guerra, oggi la popolazione della città è fatta soprattutto di stranieri che arrivano quando hanno 16, 17, 20 anni. Riescono ad avere un pezzo di carta in cui dicono che ne hanno 16, ma la parte formativa della loro personalità è stata superata ed è più difficile a quel punto inserirsi in una comunità, fare un’azione pedagogica importante. Poi i nostri cari governanti si sono inventati anche il reato di clandestinità e la legge ci obbliga a mandare via i ragazzi stranieri quando diventano maggiorenni.

Quali rischi corre se tiene un ragazzo straniero che ha più di 18 anni?

La legge Maroni sostiene che potrei avere i miei interessi a tenerlo oltre i 18 anni. Sono connivente, passibile di denuncia. Con i ragazzi italiani non è molto diverso, loro possono rimanere almeno fino ai 21 anni, ma i fondi dell’assistenza sociale si riducono drasticamente: mi sembra che l’ultima cifra si aggirasse sui 10 € giornalieri. Quindi se rimangono è praticamente tutto a nostre spese. Può immaginare quanto livore ho coltivato nei confronti di questa legislazione negli ultimi 50 anni. E pensare che in Italia a 18 anni non si finiscono neanche le scuole superiori!

C’è qualcuno che riesce ad essere adottato?

L’istituto dell’adozione è un’illusione. La percentuale di ragazzi che vengono adottati, sopratutto quando sono così grandi da arrivare da noi, è scarsissima. Possiamo contare i casi sulle dita di una mano. Tutti gli adolescenti sperimentano una normale “centrifugazione”, per i nostri ragazzi è tutto più complicato e quindi l’inserimento in una famiglia si fa difficile. La Città cerca di essere quella famiglia, di dar loro non solo un tetto e un pasto caldo, ma un posto dove sentirsi sicuri e realizzarsi. E quando raggiunge i suoi obiettivi fa anche un grande lavoro di prevenzione della microcriminalità. I ragazzi se lasciati soli, corrono il rischio di perdersi. Anche lo Stato ci guadagnerebbe: per un ragazzo qui dentro spende 70€, a Casal del Marmo almeno dieci volte di più..

 

 

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Ritratto di Monsignor Caroll-Abbing

ROMA – “La morte del fondatore è stato uno dei miei dolori più grandi, a volte mi azzardo a dire che è il mio primo padre perché mi ha cresciuto e mi ha dato tutto”
Questo è il racconto che Zerai, un ragazzo eritreo arrivato alla Città nel 1983, fa di Monsignor Caroll Abbing. Le parole sono le sue, ma potrebbero essere state pronunciate da molte delle persone che hanno lo hanno conosciuto. Tra le strade della Città dei ragazzi si sente il profondo legame che quest’uomo ha instaurato con il villaggio dei piccoli adulti. Un villaggio che ha voluto fortemente e nel quale ha scelto di rimanere. Chi ha vissuto con lui ci tiene a sottolineare che la tomba è proprio lì, fuori dalla Chiesa, a pochi passi da quella che oggi è Città Giardino e 60 anni fa era solo una pietra, la prima.

La nascita della città è strettamente legata alla vita del suo fondatore.
Abbing nasce nel 1912 vicino a Manchester, ma guai a chiamarlo inglese “gli ha sempre dato fastidio” confessa l’attuale presidente Grazioli, riferendosi alle origini irlandesi. A 18 anni arriva a Roma per intraprendere la carriera ecclesiastica e diventa presto un minutante di segreteria, un impiegato del Papa, Pio XII al tempo. E’ il 1936, l’Italia sarà presto una nazione in guerra e Caroll Abbing cambierà idea sul suo futuro: prima in Sicilia, poi a Salerno, organizza i soccorsi per le popolazioni, ed è in Campania, a Pozzuoli, che salva il primo ragazzo di strada: Michelangelo.

Anche Roma diventa presto teatro di battaglie: San Lorenzo viene distrutta dai bombardamenti. Quella che oggi è una delle zone preferite della movida universitaria romana, nel 1943 era un quartiere popolare a pochi passi dalla “casa” degli sciuscià: la Stazione termini. Sono questi i primi ragazzi a cui Monsignor Abbing cerca di dare un tetto: nello scantinato messogli a disposizione dai padri salesiani, a Via Varese, a pochi metri dalla Stazione. Il giorno al Vaticano e la sera con gli sciuscià per far diventare uno scantinato umido una casa.

La scintilla che porta alla nascita della Città è raccontata in un quadro e dalle parole di Grazioli.

Grazioli racconta Abbing by Gloria Bagnariol

Dalla piccola della chiesa di San Pietro e gli sciuscià della Stazione Termini nasce la Città dei Ragazzi. Un luogo dove i giovani in stato di bisogno possono trovare un tetto, sul principio che fu del poeta Giovenale: maxima debetur puero reverentia: al ragazzo si deve il massimo rispetto. “Perché è la creatura umana più debole” aggiunge Grazioli.

 

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