QUANDO TUTTO INIZIO'...
Alla fine del XIX secolo, quando la storia delle grotte di Ancona ebbe inizio, la pesca era l'attivita' principale praticata dalla popolazione del litorale, alto e roccioso: i pescatori dell'epoca, dopo aver inizialmente creato dei ricoveri in legno per le barche in riva al mare, decisero di scavare veri e propri buchi nella pietra, per proteggerle meglio.
Il lavoro fu durissimo: ci vollero anni per creare grotte sufficientemente ampie da ospitare barche di quattro, cinque metri. Alcune vennero scavate nel monte anche fino a dieci metri di profondita'. Le zone della in cui i ricoveri vennero creati, tutte appartenenti all'area protetta del Parco del Conero, furono cinque: quella del Passetto, proprio sotto la citta', quelle di Pietralacroce e della Vedova (le aree piu' selvagge) e infine quella del parco del Cardeto, attualmente interdetta a causa delle continue frane. La roccia delle rupi anconetane e' infatti estremamente friabile, e tutta la costa e' interessata da fenomeni di questo tipo. L'ultima zona, quella sottostante la piscina comunale, venne scavata solo a partire dagli anni Sessanta.
Per raggiungere le grotte, gli antichi pescatori scavarono anche molti stradelli ripidi e tortuosi lungo le pendici delle rupi cittadine; armati solo di pala e piccone, erano soliti percorrerli avanti e indietro carichi di cemento sulle spalle, usato per rinforzare la struttura in pietra dei ricoveri. La zona del Passetto, oggi dotata di vari comfort e meta di balneazione dei cittadini anconetani, si presentava all'epoca aspra e selvaggia.