Bombe in mare: 60 anni di dubbi » armi chimiche http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli Ordigni chimici di fronte alla Riviera Adriatica. Il governo rassicura, i testimoni contestano: "Macché bonifiche, pescavamo le bombe all'iprite anche negli anni '70" Wed, 26 Mar 2014 14:08:46 +0000 en-US hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.5.1 Ordigni chimici di fronte alla Riviera Adriatica. Il governo rassicura, i testimoni contestano: "Macché bonifiche, pescavamo le bombe all'iprite anche negli anni '70" Bombe in mare: 60 anni di dubbi no Ordigni chimici di fronte alla Riviera Adriatica. Il governo rassicura, i testimoni contestano: "Macché bonifiche, pescavamo le bombe all'iprite anche negli anni '70" Bombe in mare: 60 anni di dubbi » armi chimiche http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli Mappa/ Le gallerie-deposito della linea Santarcangelo Urbino http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli/2012/04/20/le-gallerie-deposito-della-linea-santarcangelo-urbino/ http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli/2012/04/20/le-gallerie-deposito-della-linea-santarcangelo-urbino/#comments Fri, 20 Apr 2012 12:33:22 +0000 bertuccioli http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli/?p=577 [continua a leggere]]]> La mai ultimata Ferrovia Subappennina realizzata per collegare Santarcangelo di Romagna, Urbino e Fabriano.

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Le gallerie Urbino-Trasanni lunga 3.516,19 metri e quella del Pallino, che collega Trasanni e Schieti, di 3.448,13 metri.



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Mappa/ Le discariche di bombe chimiche http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli/2012/04/20/mappa-le-discariche-di-bombe-chimiche/ http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli/2012/04/20/mappa-le-discariche-di-bombe-chimiche/#comments Fri, 20 Apr 2012 12:22:41 +0000 bertuccioli http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli/?p=571 [continua a leggere]]]> Nel 1951 il sottosegretario Ferdinando Tambroni, rispondendo a un’interrogazione parlamentare dell’onorevole Enzo Capalozza, indicò le discariche di bombe all’iprite segnalate dalla Capitaneria di porto di Cattolica sulla base dei rinvenimenti dei pescatori.

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La galleria del Pallino Urbino-Schieti http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli/2012/04/11/la-galleria-del-pallino-urbino-schieti/ http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli/2012/04/11/la-galleria-del-pallino-urbino-schieti/#comments Wed, 11 Apr 2012 21:27:00 +0000 bertuccioli http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli/?p=305 [continua a leggere]]]> La galleria, conosciuta anche come ‘del Pallino’ collega il centro abitato di Trasanni con Schieti. Fu anch’essa utilizzata come deposito di armi.

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La Galleria Urbino Trasanni http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli/2012/04/11/la-galleria-urbino-trasanni/ http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli/2012/04/11/la-galleria-urbino-trasanni/#comments Wed, 11 Apr 2012 21:15:40 +0000 bertuccioli http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli/?p=303 [continua a leggere]]]> LEGGI Quando Urbino poggiava su una polveriera chimica

Il tour virtuale della Galleria
foto a 360° di Manlio Magnoni (Gruppo Speleologico Urbinate)

    

 

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I livelli di arsenico nella norma. Al via una commissione di monitoraggio http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli/2012/04/09/al-via-una-commissione-arpam-e-universita-di-urbino-per-misurare-larsenico/ http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli/2012/04/09/al-via-una-commissione-arpam-e-universita-di-urbino-per-misurare-larsenico/#comments Mon, 09 Apr 2012 19:50:08 +0000 bertuccioli http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli/?p=249 PESARO –  ”Dopo le risposte del ministero siamo tranquilli, quando un’amministrazione pubblica si assume la responsabilità, bisogna fidarsi”. Luca Ceriscioli sembra un sindaco meno preoccupato rispetto a due anni fa quando scriveva lettere al ministero della Difesa in cui esprimeva paura e una richiesta di chiarimenti sulle discariche di bombe chimiche nel tratto di mare tra Pesaro e Cattolica. Dopo il no da Roma, l’Amministrazione si è mossa per creare una commissione permanente, in collaborazione con Arpam e Università di Urbino, per misurare i livelli di arsenico nei tratti ‘contaminati’.

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Il carteggio tra Ceriscioli inizia nel maggio 2010, poco dopo l’uscita del libro di Gianluca Di Feo. Dopo diversi solleciti arriva la risposta del sottosegretario alla Difesa Francesco Cossiga.

Da alcuni documenti risalenti al mese di luglio 1944 risulta testimoniato l’affondamento di ordigni al largo di Pesaro mediante una chiatta denominata ‘Maria Pia’. Peraltro l’esame della documentazione concernente ‘l’attività di dragaggio e sminamento eseguita dalla Marina Militare’ ha confermato l’attività di bonifica svolta dalla predetta Forza Armata tra il 1945 e il 1950 nei porti e nelle acque interessate dalla presenza di ordigni bellici incluso il tratto di mare di fronte alla costa del Suo Comune: in tale ambito risulta essere stato recuperato e neutralizzato un ingente quantitativo di ‘fusti e bombe ad aggressivi chimici’ per un totale di 9345 ordigni. In tale quadro ulteriori attività per la verifica dei fondali in parola appaiono di dubbia utilità e foriere di ingiustificato allarmismo.

Il sindaco di Pesaro, dopo altre richieste di chiarimento, nel 2011 ha ricevuto l’ultima risposta. “Ci hanno specificato che – racconta Ceriscioli – visto che dalle documentazioni risulta che è il fondale è stato bonificato, qualunque altra operazione deve essere a carico di altri soggetti economicamente parlando”.

Per ora l’amministrazione di Pesaro ha istituito una commissione permanente costituita dall’Arpam (Agenzia Regionale protezione ambiente Marche) e l’Università di Urbino per monitorare due volte l’anno i tratti di costa segnalati come ‘discariche’ di ordigni chimici da Ferdinando Tambroni nel 1951 “così se si verificano anomalie dei livelli di arsenico abbiamo ulteriori elementi per chiedere al Ministero di rivedere le proprie posizioni” conclude Ceriscioli.

GUARDA IL VIDEO Bombe chimiche in mare: dopo 60 anni ancora dubbi

Le rilevazioni Arpam nei punti delle discariche di ordigni chimici

I RILEVAMENTI DELL’ARPAM Durante l’estate 2011 sono stati svolti, su richiesta del sindaco di Pesaro e del Coordinamento nazionale bonifica armi chimiche, rilevamenti sui livelli di arsenico nei sei punti indicati nel 1951. I livelli risultano nella norma, come le analisi su microrganismi. Inoltre è stato prelevato un campione di sedimento di foraminiferi bentonici per vedere se ci sono malformazioni dovuti alla tossicità da iprite: anche qui esito negativo. “In acqua e nei sedimenti non è stato trovato nulla – spiega Claudio Pizzagalli, direttore dell’Arpam di Pesaro – però rimane sempre quel dubbio se le coordinate sono esatte”. Pizzagalli elenca tre fasi di azione, d’accordo con l’amministrazione comunale: “L’individuazione della localizzazione esatta attraverso geo radar in possesso dalla Marina Militare, fare un monitoraggio mirato, vedere in che stato sono le bombe che oltre al sedimento sabbioso c’è anche il fango, potrebbero essere anche a otto metri di profondità – continua Pizzagalli – una volta visto lo stato delle bombe si può intervenire o con la rimozione o con la bonifica”.

L’INTERESSE DEL PARLAMENTO Dopo il convegno del 21 febbraio in Senato organizzato da Legambiente e Coordinamento nazionale bonifica armi chimiche, il presidente Alessandro Lelli era scoraggiato: “Pensavo che tutto fosse rimasto immobile nonostante le promesse fatte durante il convegno”. Invece da Roma l’interesse sembra rimanere costante: “Dopo aver inoltrato a tutti i partecipanti del convegno una lettera di ringraziamento, è arrivata una mail indirizzata al Coordinamento da parte dell’onorevole Roberto Rao che ha assicurato di aver richiesto l’istituzione di una commissione di inchiesta e sta preparando una mozione per attivare il monitoraggio completo dei siti contaminati che arriverà alla Camera ‘nelle prossime settimane’”.

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Per la prima volta inoltre descrivono una ‘usanza’ conosciuta da tutti i pescatori della zona: quella di rigettare gli ordigni in mare in un punto preciso: a tre miglia dalla costa di Santa Marina Alta, a pochi chilometri dal porto di Pesaro.

Intervista a Colombo ‘Topolino’ Gaudenzi


Intervista a Ivo Magi

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Bombe C-500-T all’iprite installate su un velivolo Ca 101. Guerra italo-etiopica. 1935-36. Credit Museo virtuale dell'intolleranza e degli stermini
Bombe C-500-T all’iprite installate su un velivolo Ca 101. Guerra italo-etiopica. 1935-36. Credit Museo virtuale dell’intolleranza e degli stermini

Libia, Etiopia e Somalia. Queste le zone colpite maggiormente dalle bombe chimiche caricate a gas che sono state impiegate per la riconquista delle colonie pre-fasciste. Le stesse custodite nel 14° deposito della Regia Aeronautica di Urbino, che furono gettate in mare tra Pesaro e Cattolica nel 1944 e che ferirono i pescatori dal dopoguerra in poi.

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L’iprite deve il suo nome a Ypres, la città belga in cui venne utilizzata per la prima volta il 12 luglio 1917 durante la prima guerra mondiale dall’esercito tedesco contro quello inglese.

Nel 1923 il governo Mussolini istituì il Servizio chimico militare centrale. L’iprite prodotta dai laboratori chimici italiani aveva un doppio effetto perché arricchita da vescicanti: soffocante e ‘mangia la pelle’. “Sui corpi seminudi dei partigiani libici o dei guerrieri etiopi questa miscela diabolica scava pieghe orribili: è come se flagellasse le persone mentre le strangola” spiega Gianluca Di Feo in Veleni di Stato.

Le prime bombe all’iprite furono lanciate sul finire del 1935 per bloccare l’avanzata dell’armata di ras Immirù Haile Sellassie, che puntava all’Eritrea, e quella di ras Destà Damtèu, che aveva come obiettivo Dolo, in Somalia. Secondo lo storico, durante il conflitto italo-etiopico del 1935-36, furono sganciate su obiettivi militari e civili 1.597 bombe a gas, in prevalenza del tipo C500-T, per un totale di 317 tonnellate. Altre 524 bombe a gas furono lanciate, tra il 1936 e il 1939, durante le operazioni contro i patrioti etiopici.

Il Museo virtuale dell’intolleranza e degli stermini pubblica un documento proveniente dall’Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Aeronautica (Fondo AOI, cart. 176, fasc.1.) in cui viene spiegata in maniera dettagliata la composizione e l’uso delle bombe c500T.

[p.10]
La bomba C-500 T. è stata realizzata con lo scopo di permettere il tiro da alta quota con aggressivo liquido, contro bersagli di vaste dimensioni. Essa è munita della spoletta “T” la quale, è congegnata in modo tale da provocare l’esplosione della bomba prima che questa raggiunga il suolo. L’esplosione genera una pioggia di aggressivo liquido che va a depositarsi sul terreno sotto forma di gocce di varia grandezza (più grosse al centro della zona colpita, più piccole ai bordi). L’area irrorata da ogni singola bomba e la concentrazione dell’aggressivo sull’area stessa, dipendono, come è ovvio, dalla intensità del vento dal suolo e d’altezza di scoppio della bomba.
[...]

[pp.11-12]  Circa l’efficacia dell’aggressivo liquido si può dire che esso agisce principalmente per contatto delle goccioline sulla pelle degli individui colpiti. Il contatto ha luogo anche attraverso gli indumenti di qualsiasi natura essi siano (lana, tela, cuoio, ecc) (…).

L’effetto dell’aggressivo liquido non è immediato. I primi sintomi si manifestano dalle 6 alle ore 12 dopo che l’individuo è statocolpito. Dopo 12-24 ore si manifestano le prime lesioni che, se la superficie colpita è grande, sono gravissime e che, ad ogni modo sono di lentissima guarigione anche se la superficie colpita è piccola. La persistenza dell’aggressivo sul terreno, varia a seconda della natura di quest’ultimo ed aseconda [sic] della temperatura dell’aria.

Giorgio Rochat ne ‘I gas di Mussolini’ riporta un promemoria destinato a Benito Mussolini del sottosegretario alla guerra, il generale Ubaldo Soddu, del 22 gennaio 1940 in cui spiega che venivano distillate 30 tonnellate al giorno di iprite che nel giro di un anno, secondo il programma di Mussolini, sarebbero diventate 40. Una cifra che sarebbe aumentata in seguito, secondo documenti trovati nei National Archive di Londra e riportati da Di Feo:”Dopo il 1942 con l’occupazione tedesca nelle fabbriche lombarde, la produzione avrebbe avuto un ulteriore incremento”.

Soltanto nel 1996 il ministro della Difesa Domenico Corcione ammise ufficialmente l’utilizzo, rispondendo ad una interrogazione parlamentare, che nel corso del conflitto italo-etiopico del 1935-36  ”furono impiegati bombe d’ aereo e proiettili d’ artiglieria caricati ad iprite ed arsine e che l’ impiego di tali gas era noto al maresciallo Badoglio, che firmò di proprio pugno alcune relazioni e comunicazioni in merito”. L’ ammissione chiuse definitivamente una polemica durata trent’ anni in cui lo storico Angelo Del Boca fu accusato di falso.

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Due convenzioni internazionali per cancellare le armi chimiche http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli/2012/04/07/armi-chimiche-la-legislazione-e-gli-interventi-del-nucleo-difesa-biologico-e-chimico/ http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli/2012/04/07/armi-chimiche-la-legislazione-e-gli-interventi-del-nucleo-difesa-biologico-e-chimico/#comments Sat, 07 Apr 2012 22:14:51 +0000 bertuccioli http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli/?p=194 La convenzione di Ginevra del 1925 e quella di Parigi del 1993 sono i capisaldi della lotta alle armi non convenzionali. Una normativa inernazionale non sempre rispettata. Come per la Libia di Moammar Gheddati, che possedeva armi chimiche nonostante avesse sottoscritto le Convenzioni.

Le armi chimiche furono utilizzate per la prima volta durante il primo conflitto mondale e la comunità internazionale, con la convenzione di Ginevra volle porre un argine al commercio.

Soldati durante la prima guerra mondiale con maschere antigas

Inoltre invocava la ‘proibizione di gas asfissianti, tossici o similari, nonché di tecniche di guerra batteriologiche’. Risultava mancante, però, un punto fondamentale. Non venivano infatti posti divieti allo ‘sviluppo, produzione e immagazzinamento in veri e propri arsenali chimici e biologici’. Questo permise a tutti gli eserciti che combatterono nel secondo conflitto mondiale di doarsi di arsenali chimici, anche se non vennero utilizzati.

LA CONVENZIONE DI PARIGI Dopo gli anni dei blocchi contrapposti durante la Guerra Fredda, con la caduta del muro cambiò l’atteggiamento degli Stati Uniti e della Russia e iniziarono discussioni sulla possibilità di trovare un accordo sul bando delle armi chimiche. Il 13 gennaio del 1993 viene firmata a Parigi la Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione. La Convenzione è entrata in vigore Il 29 aprile 1997, sei mesi dopo che la sessantacinquesima nazione aveva inviato il proprio “strumento di ratifica” al segretariato Generale dell’ONU, (ad oggi sono 188 gli stati che aderiscono alla Convenzione. Quale organo di controllo degli obblighi posti dalla Convenzione viene creato l’OPCW (Organization for the Prohibition of the Chemical Weapons).

Ciascuno Stato Parte sottoporrà all’Organizzazione dichiarazioni circa il possesso di armi chimiche contenenti dati su: quantità, tipologia ed ubicazione delle armi chimiche possedute; presenza di armi chimiche sul proprio territorio appartenenti ad altri Stati parte; eventuali trasferimenti da e per altri Stati di armi chimiche (dal 1946); presenza di impianti destinati alla produzione di armi chimiche. Fornirà un piano generale per la distruzione delle armi chimiche possedute e dei relativi impianti di produzione.

LA RATIFICA DELL’ITALIA Con la Legge 496 del 18 novembre 1995, successivamente modificata con la Legge 93 del 4 aprile 1997, l’Italia ratifica e rende esecutiva la Convenzione. Il Ministero della difesa deve comunicare a quello degli Esteri i dati e le informazioni delle armi chimiche obsolete o abbandonate già raccolte nel centro di stoccaggio che sono in attesa di distruzione e a tutte le armi chimiche obsolete rinvenute in aree sotto il suo diretto controllo. Inoltre si occupa di fornire i dati dei composti chimici degli ordigni.

Attraverso lo Stabilimento Militare dei materiali per la difesa nucleare, biologica e chimica (NBC) si provvede al ”recupero, immagazzinaggio e distruzione delle armi chimiche, secondo le procedure, le modalità e le scadenze previste nelle disposizioni della convenzione e del citato annesso; fornisce su richiesta delle autorità competenti e nell’ambito della propria competenza, concorso alla identificazione, al recupero, all’immagazzinamento e alla distruzione delle armi chimiche, incluse quelle obsolete e abbandonate, rinvenute sul territorio nazionale”.

ARMI CHIMICHE IN LIBIA Nonostante le convenzioni, sono diversi i casi in cui un Paese firmatario possiede armi chimiche non dichiarate. E’ il caso della Libia. Entrata a far parte dell’Organizzazione per la proibizione della armi chimiche nel 2004, dopo la guerra del 2011 e la caduta del regime di Gheddafi, nel gennaio 2012, gli ispettori dell’Opcw, invitati dai rappresentanti del nuovo governo libico, hanno accertato che nel Paese erano presenti armi chimiche non dichiarate.

 

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Armi chimiche, dopo 60 anni ancora dubbi: i pescatori contestano le bonifiche http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli/2012/03/30/le-bombe-ancora-sotto-il-mare-testimoni-smentiscono-le-bonifiche/ http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli/2012/03/30/le-bombe-ancora-sotto-il-mare-testimoni-smentiscono-le-bonifiche/#comments Fri, 30 Mar 2012 15:38:05 +0000 bertuccioli http://ifg.uniurb.it/network/bertuccioli/?p=19 Da quasi settant’anni il fantasma delle bombe chimiche avanzate dalla guerra in Etiopia infesta il mare davanti alla costa tra Pesaro e Cattolica.

La costa da Pesaro a Cattolica. Foto Pedalando in Romagna

Ce le buttarono i tedeschi dopo l’8 settembre, dovrebbero essere state tutte eliminate sin dal 1950, ma racconti di pescatori e alcune foto testimoniano di una preoccupazione che non scema.

GUARDA IL VIDEO “Bombe chimiche in mare: dopo 60 anni ancora dubbi”

I vecchi pescatori di Cattolica ricordano quanto fossero frequenti gli incidenti quando le bombe si impigliavano tra le reti. Di quell’epoca sono rimasti in pochi e quei pochi preferiscono non parlare pubblicamente, ma Colombo Gaudenzi, 97 anni, non sembra aver dubbi: “Io ne ho raccolte quattro di bombe all’iprite: erano a tre miglia dal porto di Pesaro”. Almeno una decina di pescatori di Cattolica nel dopoguerra hanno riportato ustioni agli arti dopo essere venuti a contatto con le bombe all’iprite.

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Gli ordigni erano contenuti in un deposito di Urbino e nel 1944 dal comando generale di Hitler venne l’ordine di gettare in mare tra Pesaro e Cattolica 4.300 bombe all’iprite e 84 tonnellate di arsenico perché non cadessero nelle mani degli alleati. Da quel momento le bombe hanno continuato a infestare quel tratto di Adriatico.

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Nel 1951 l’allora sottosegretario alla Marina mercantile FerdinandoTambroni diede le coordinate delle sei discariche sottolineando la pericolosità delle armi chimiche e i punti esatti dove erano concentrate. Sessant’anni dopo, nel 2010, il suo successore Giuseppe Cossiga, alla richiesta di bonifiche dei fondali, ha sostenuto che il territorio era stato già bonificato tra il 1945 e il 1950.

A Pesaro le risposte del Ministero non soddisfano. Alessandro Lelli del Coordinamento nazionale bonifica armi chimiche chiede un monitoraggio e una bonifica per vedere in che stato sono le bombe davanti alle coste pesaresi. E anche il sindaco, Gianluca Ceriscioli, si è mosso per avere risposte sulle bombe inabissate.

Per ora di certo c’è l’istituzione di una commissione permanente composta dall’Agenzia regionale protezione ambiente di Pesaro e dall’Università di Urbino che si occuperà di controllare i livelli di arsenico presenti nel tratto di mare tra Pesaro e Cattolica.

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Ceriscioli si attiene ai documenti del Ministero della difesa, ma Lelli è sicuro che siano necessari monitoraggio e bonifica. Delle bonifiche citate da Cossiga, in effetti, non ci sono testimonianze e non c’è documentazione, solamente di quelle effettuate tra il 1945 e il 1950. Comunque non sono state effettuate al meglio: il pescatore Ivo Magi racconta di averne raccolte diverse nel 1954 e anche negli anni settanta. E’ del 1969 la fotografia del sub Piero Masi che ritrae una bomba contenente gas tossico.

La bomba di gas tossico recuperata a Gabicce da un sub nel 1969

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Ma i ritrovamenti sono stati più di quelli ufficialmente noti. Il signor Gaudenzi, il vecchio pescatore, ammette per esempio di aver rigettato alcune bombe in mare, forse per paura che la sua imbarcazione venisse sequestrata, e dice che la stessa cosa facevano altri pescatori: “Davanti a Cattolica – racconta – c’è una specie di scogliera che qualcuno diceva fosse stata una città affondata, la città di Valbruna, noi le buttavamo lì, e nessuno ci pescava, almeno non disturbavano nessuno”.

Ma i ritrovamenti sono stati più di quelli ufficialmente noti. Il signor Gaudenzi, il vecchio pescatore, ammette per esempio di aver rigettato alcune bombe in mare, forse per paura che la sua imbarcazione venisse sequestrata, e dice che la stessa cosa facevano altri pescatori: “Davanti a Cattolica – racconta – c’è una specie di scogliera che qualcuno diceva fosse stata una città affondata, la città di Valbruna, noi le buttavamo lì, e nessuno ci pescava, almeno non disturbavano nessuno”.

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Nei primi mesi del 2012 tutta la vicenda delle armi chimiche italiane è tornata di attualità con la pubblicazione di un dossier di Legambiente  che segnala quanto il territorio nazionale sia ‘invaso’ di residui bellici chimici. E la vicenda è tornata anche in Parlamento: “Ci impegniamo affinché si faccia il più presto possibile ad avere un’indagine conoscitiva e mappare il sito per capire dove e in che stato sono le bombe all’iprite di Pesaro”, ha promesso il deputato dell’Italia dei valori, David Favia, mentre il deputato dell’Udc Roberto Rao ha proposto la istituzione di una commissione d’inchiesta.

 

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