Un soffio di integrazione a Torino http://ifg.uniurb.it/network/gerace Molti torinesi cercano un punto di contatto con gli immigrati cinesi, alcuni attraverso le associazioni, altri semplicemente vivendoci, studiandoci e lavorandoci insieme. E molto dipende dai più piccoli Wed, 26 Mar 2014 14:43:30 +0000 en-US hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.5.1 Molti torinesi cercano un punto di contatto con gli immigrati cinesi, alcuni attraverso le associazioni, altri semplicemente vivendoci, studiandoci e lavorandoci insieme. E molto dipende dai più piccoli Un soffio di integrazione a Torino no Molti torinesi cercano un punto di contatto con gli immigrati cinesi, alcuni attraverso le associazioni, altri semplicemente vivendoci, studiandoci e lavorandoci insieme. E molto dipende dai più piccoli Un soffio di integrazione a Torino http://ifg.uniurb.it/network/gerace/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it/network/gerace Associazioni tra Italia e Cina, un ponte tra due culture http://ifg.uniurb.it/network/gerace/2012/04/29/il-successo-delle-associazioni/ http://ifg.uniurb.it/network/gerace/2012/04/29/il-successo-delle-associazioni/#comments Sun, 29 Apr 2012 14:08:45 +0000 gerace http://ifg.uniurb.it/network/gerace/?p=138

TORINO – Per chi vuole avvicinarsi alla comunità cinese non c’è posto migliore di Porta Palazzo. Duemila dei 6000 cinesi residenti a Torino (dati comune di Torino) abitano in questa zona. Vivere e avere un commercio nei dintorni della multiculturale Piazza della Repubblica, dove si trovano studi di avvocati e commercialisti cinesi e la pizzeria più frequentata dagli italiani nella zona (è a gestione familiare cinese) permette a chiunque sia interessato di avvicinarsi. Per chi vive altrove, ci sono le associazioni che offrono un’occasione di incontro. Quelle più votate verso gli italiani sono il Confucio, Avvicina, Amicizia Italia Cina e l’associazione Immigrati Cinesi Uniti in Piemonte, quella che si rapporta di più con le istituzioni torinesi in quanto rappresentante della comunità.

ISTITUTO CONFUCIO – Proprio dalla Cina arrivano, in maniera del tutto priva di fini di lucro, cinesi reclutati dal ministero per l’educazione della Repubblica Popolare Cinese per trasmettere i valori, la cultura e la lingua del loro paese. Un modo per farci apprendere una parte di un mondo che non conosciamo. Negli ultimi anni la Cina e i cinesi sotto la Mole hanno visto crescere l’interesse nei loro confronti. “Questo accade – analizza Stefania Stafutti, direttrice del Confucio – soprattutto da quando la Cina non è più un paese in via di sviluppo, ma è diventato un paese ricco”.

L’Istituto Confucio nasce a Torino nel 2008. Fa parte di una rete mondiale di oltre 300 centri sparsi in 80 stati (10 in Italia) frutto dall’accordo di collaborazione tra l’Università degli Studi di Torino, il Centro di Alti Studi sulla Cina Contemporanea (CASCC), la East China Normal University (ECNU) e lo Hanban, ossia il ministero del’Istruzione cinese. “Perché gli italiani vengono a lezione da noi? Sono incuriositi- spiega la Stafutti – i più giovani pensano soprattutto alla lingua, convinti che possa diventare una competenza in più da giocarsi nel mondo del lavoro. Poi, una volta avvicinati, spesso cominciano a partecipare alla vita dell’associazione. Lezioni ed eventi sono aperti a tutti. Festeggiamo il capodanno cinese e il Natale: l’istituto organizza serate che mescolano ricorrenze italiane e cinesi”.

La cosa più sorprendente è la partecipazione attiva di giovani cinesi della terza generazione, ormai quasi italiani: “Vogliono recuperare la lingua e la cultura di genitori e nonni. Una volta essere cinese era quasi una vergogna. Oggi la Cina è una potenza mondiale. E’ sotto gli occhi di tutti e i giovani sono sempre più orgogliosi della loro appartenenza”.

Tante le proposte dell’associazione: si va dall’organizzazione eventi ai convegni alle serate all’insegna della musica tradizionale cinese maoista o anche il rock made in Cina, andato in scena più volte all’Hiroshima Mon Amour di Torino. Non mancano corsi e a convegni su vari aspetti della vita culturale integrata. “Cerchiamo di mettere insieme aspetti della cultura alta con gli aspetti della cultura più popolare. Per mettere in contatto gli studenti cinesi che studiano in Italia con gli italiani abbiamo creato ‘la giornata dell’amicizia’ che prevede giochi, gare e buffet rigorosamente italo-cinesi. Ogni anno l’istituto, come tutti gli altri Istituti Confucio italiani partecipa il Chinese Bridge, una competizione internazionale di studenti che gareggiano sia misurandosi in gare linguistiche sia culturali, ed esempio legate al canto o alla riproduzione di brani con strumenti musicali cinesi. I migliori studenti italiani partecipano a una finale che si tiene a Pechino”.

AVVICINA – Far conoscere alle famiglie cinesi la storia di Iorino, la cultura italiana e viceversa agli italiani quella cinese. Ecco lo scopo dell’associazione Avvicina secondo il suo presidente e fondatore, Cheng Ming. “Naturalmente noi diamo solo degli input, ma siamo convinti che sia questa la strada giusta. Cerchiamo di convincere italiani e cinesi che con la reciprocità non si rinuncia alla propria cultura”. Avvicina è un’associazione nuova, di quelle nate da poco a Torino, con un presidente e dei collaboratori giovanissimi. Le iniziative promosse sembrano soddisfare il loro promotore: “Ci sono parecchi risultati positivi – sottolinea Ming – tantissimi italiani sono venuti da noi a imparare il cinese. Secondo me sono soprattutto i ragazzi italiani a potersi avvicinarsi alla cultura cinese. E i ragazzi cinesi della seconda e terza generazione naturalmente, che possono fare da ponte tra gli italiani e i cinesi delle altre generazioni. Noi offriamo buone occasioni per fare il primo passo”. E’ ottimista la visione di Ming per il futuro. Per il presente non ha dubbi: “Da uno a 10 quanto è integrata la comunità cinese a Torino? Io darei al massimo un 5. C’è ancora tanto da fare. Noi sappiamo che tantissimi italiani non ci conoscono, tanto è vero che i politici non ci considerano”.

ASSOCIAZIONE ITALIA-CINA – Non tutte le associazioni riescono a proseguire il loro lavoro senza incappare in problemi economici. Poco fuori Torino, a Barge, dove esiste una nutrita comunità cinese, l’associazione Italia-Cina, ha dovuto interrompere i suoi corsi in via temporanea per mancanza di fondi. E’ un peccato perché l’Italia-Cina ha un sacco di idee nuove ed già rivoluzionaria visto che il suo presidente è una donna, Sandra Guan. L’idea di fondare un’associazione è venuta a un gruppo di amici italo-cinesi 3 anni fa. “Visto che noi conoscevamo bene entrambe le culture – racconta Sandra – e sapendo quali sono le difficoltà per un cinese catapultato in Italia, abbiamo deciso di cercane di dare una mano. Se per esempio un giovane cinese arriva qui a Torino e ha problemi di lingua non riesce a seguire i corsi a scuola. Si scoraggia, lascia l’istruzione e va a fare un lavoro cinese. Le decisioni di un ragazzo a 15-16 anni sono importanti, è a un bivio della sua vita. Noi ci siamo passati e sappiamo benissimo come ci si sente. Avessimo avuto una mano da qualcuno avremmo avuto vita molto più facile”.

ASSOCIAZIONE A.I.C.U.P. – “Oggi come ieri a Torino l’integrazione è molto difficile”. Paolo Hu, presidente dell’Associazione Immigrati Cinesi Uniti in Piemonte, vive da trent’anni in Italia. Sua figlia è vigile presso il comune di Torino. E’ perfettamente integrato eppure è convinto del fatto che “c’è ancora tanta strada da percorrere e le nostre due culture viaggiano ancora binari diversi”. Le associazioni tentano di ridurre questo divario ma “si fanno concorrenza tra loro. Io penso serva un grande luogo di incontro per uno scambio culturale. Uno spazio di circa 3000 metri quadri per l’incontro di cinesi e italiani di tutte le associazioni. Ho già provato a richiederlo al comune ma senza successo, per ora”.


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Pascalis: “Le associazioni? Un modo per fare soldi” http://ifg.uniurb.it/network/gerace/2012/04/25/le-associazioni-un-modo-per-vendere-corsi-non-pagare-le-tasse/ http://ifg.uniurb.it/network/gerace/2012/04/25/le-associazioni-un-modo-per-vendere-corsi-non-pagare-le-tasse/#comments Wed, 25 Apr 2012 22:43:07 +0000 gerace http://ifg.uniurb.it/network/gerace/?p=153 TORINO – Non tutti sono convinti della bontà del proliferare delle associazioni di amicizia Italia-Cina. Mauro Pascalis, presidente dell’istituto italo-cinese Centroriente si scaglia contro l’associazionismo che riguarda la cultura cinese. ”Dipende dalle associazioni, ma la maggior parte di loro nasce per proporre corsi a buon mercato e non pagare le tasse”.

Per Pascalis, che nel suo centro offre pressoché gli stessi servizi di un’associazione, seppur senza l’organizzazione di eventi, le associazioni sono concorrenti sleali. ”Per me è difficile vivere in questo modo, in concorrenza con centri che pagano docenti a nero e ricevono finanziamenti solo per il fatto di chiamarsi associazioni”.

Le associazioni, per status, devono essere enti senza fini di lucro, ma secondo il presidente di Centroriente sarebbero solo una facciata dietro la quale nascondere  un’attività commerciale in piena regola.

Il suo centro nato negli anni ’80 è stato uno dei primi a fornire lezioni di lingua sotto la Mole. Pascalis è stato lungimirante. ”Prima d’allora – racconta – lavoravo come microbiologo presso l’Università di Torino. Poi, per curiosità,  ho cominciato a studiare cinese, mi sono appassionato e ho trovato un modo per unire l’utile al dilettevole”.

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“Integrazione è dare le stesse opportunità, non solo regole” http://ifg.uniurb.it/network/gerace/2012/04/25/morozzo-delpiano-integrazione-e-dare-le-stesse-opportunita-non-solo-regole/ http://ifg.uniurb.it/network/gerace/2012/04/25/morozzo-delpiano-integrazione-e-dare-le-stesse-opportunita-non-solo-regole/#comments Wed, 25 Apr 2012 11:38:10 +0000 gerace http://ifg.uniurb.it/network/gerace/?p=110 TORINO – L’integrazione, anche quella cinese, non trova ostacoli solo nella società. Molto dipende da come reagisce la macchina statale alle migrazioni in genere. Fin dagli anni ’70 l’Italia non ha avuto un modello preciso, come invece accadeva negli stessi anni in Germania, Francia e Inghilterra. A tutt’oggi il nostro paese non ha scelto come affrontare l’immigrazione: non la favorisce e non la ostacola. Di fatto tratta i migranti come non esistessero.

La prima difficoltà che un cinese incontra arrivando a Torino, se vuole integrarsi, è affrontare la lingua, che “conta tantissimo, soprattutto quando è così difficile da apprendere – ci spiega Cristina Delpiano, docente di Italiano L2 (ossia per cinesi)  e di tecniche di apprendimento della seconda lingua nel master di Mediazione Interculturale dell’Università di Torino – Se la maggior parte dei cinesi a Torino non conosce l’italiano la colpa è della scuola italiana, che non dà a tutti la possibilità di studiare. Chi viene nel nostro paese non trova un corso di italiano per stranieri, a meno che non vada all’Università di Siena o di Perugia. Ma per arrivarci, deve avere un background cuturale e la possibilità economica di sobbarcarsi un corso del genere”.

Ascolta l’intervista a Cristina Delpiano

Molti cinesi non riescono a rapportarsi con gli italiani per questo motivo e nel tempo libero invece di conoscere coetanei italiani restano in casa a chattare su internet con altri ragazzi che invece parlano la loro lingua. Ma “Succederebbe anche a noi se fossimo immersi in una realtà straniera e non avessimo gli strumenti per affrontare il quotidiano”.

Per insegnare l’italiano in modo rapido la scelta migliore sarebbe predisporre corsi con docenti che conoscano la lingua cinese. Ma mancano i fondi, soprattutto manca una volontà politica. Basti pensare che le cattedre di italiano per stranieri in Italia non esistono. L’unico modo di insegnare l’Italiano L2 per docenti come Delpiano, è avvalersi di una cattedra di sostegno, per svolgere un lavoro ampiamente riconosciuto in realtà integrazioniste come quella francese, ma non nella nostra. Molti minori che migrano a 15, 16 anni a scuola “spesso si trovano con la doppia frustrazione di non avere scelto di vivere in Italia – spesso la scelta è imposta dalla famiglia – e con insuccessi scolastici a cui non erano abituati in Cina, dovuti proprio all’incapacità di assimilare la lingua”.

Il secondo ostacolo sono le leggi: “Dal punto di vista normativo in Cina è tutto più chiaro: tu sai chi regola che cosa. In Italia molti si trovano male quando si tratta di aprire attività commerciali.. Non capiscono il motivo per cui è necessario dare un esame per esercitare una determinata professione ad esempio, nè sanno a chi devono rivolgersi”.

Poi c’è la questione della cittadinanza. “Molti cinesi nascono in Italia. Ci sono giovani che hanno fatto l’asilo, le elementari, le medie e parlano perfettamente italiano con accenti persino inquietanti da Prato a Roma: quale è la differenza con gli altri italiani? – sostiene la Delpiano – Integrazione è poi questo: dare le stesse opportunità, non solo le stesse regole”.

L’unica legge che regola i modi per un minore straniero di diventare italiano, è contenuta all’art. 4 della legge 91/92 e stabilisce che uno straniero nato in Italia e vissuto in Italia con ininterrotta residenza e avendo sempre autorizzazione al soggiorno fino al 18esimo anno di età, al compimento del 18 anno e prima che compia il 19esimo, può decidere di prendere la cittadinanza italiana. “Ma questa regola – spiega l’avvocato Morozzo della Rocca, codirettore della rivista giuridica “gli stranieri – funziona poco e male, perchè esclude tutti i migranti arrivati in Italia a 2 anni, 3 anni, 4 anni, in tenera età, ma non dalla nascita. Inoltre esclude tutti coloro che, pur avendo avuto un permesso di soggiorno regolare, hanno avuto un vuoto di residenza anagrafica. Ricordo – continua Morozzo – la storia di una cittadina cinese nata in Italia, che ha vissuto fino a 15 anni con i suoi genitori in una cittadina del Lazio. Trasferitasi a Roma il padre chiedeva, non appena riuscito ad ottenere un contratto regolare di affitto, sei mesi dopo, la residenza anagrafica. Intanto la ragazza veniva cancellata dall’anagrafe della cittadina Laziale. Questa ragazza al diciottesimo anno aveva un vuoto di sei mesi che le ha impedito di diventare cittadina italiana”.

Vivere in un paese, ma non avere gli stessi diritti di un ragazzo coetaneo, pur essendo nati e vissuti insieme. può disincentivare un giovane cinese, a integrarsi. Si tratta di un’ostacolo ulteriore, dovuto all’inerzia normativa del nostro sistema statale.

In realtà, come sottolinea Morozzo “quando parliamo di stranieri che hanno vissuto in Italia la parte più significativa della loro vita – perchè ci hanno vissuto da bambini e hanno costruito la loro cultura nel nostro paese- noi parliamo di persone che sono già italiane. E’ la legge che non lo riconosce, ma sono cittadini italiani”.

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La certezza della terza generazione: “Siamo italiani” http://ifg.uniurb.it/network/gerace/2012/04/21/la-sicurezza-della-terza-generazione-siamo-italiani/ http://ifg.uniurb.it/network/gerace/2012/04/21/la-sicurezza-della-terza-generazione-siamo-italiani/#comments Sat, 21 Apr 2012 08:53:23 +0000 gerace http://ifg.uniurb.it/network/gerace/?p=73 TORINO – Lui è nato a Torino, vive a Porta Palazzo. Come molti altri ragazzi della sua età di origine cinese, lavora in negozio con la madre. Ha fatto le scuole elementari e medie in Italia e parla perfettamente italiano. Si sente italiano, e anche un po’ cinese. Perché molto difficilmente un cinese rinnegherebbe le proprie origini. Eppure Giovanni, a telecamere spente pare è parte di quella terza generazione di cinesi quasi totalmente italianizzati.

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I volti della comunità http://ifg.uniurb.it/network/gerace/2012/04/20/i-volti-della-comunita/ http://ifg.uniurb.it/network/gerace/2012/04/20/i-volti-della-comunita/#comments Fri, 20 Apr 2012 20:18:44 +0000 gerace http://ifg.uniurb.it/network/gerace/?p=64 TORINO – Porta Palazzo, giorno di Mercato, e il Politecnico, dopo le lezioni. Luoghi dove è facile incontrare volti dagli occhi a mandorla. Eccone alcune immagini

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“Vi spiego come trovare un cinese per amico” http://ifg.uniurb.it/network/gerace/2012/04/19/maurizio-boiero-io-ballo-con-i-cinesi/ http://ifg.uniurb.it/network/gerace/2012/04/19/maurizio-boiero-io-ballo-con-i-cinesi/#comments Thu, 19 Apr 2012 21:49:26 +0000 gerace http://ifg.uniurb.it/network/gerace/?p=53 TORINO – Ci sono casi di persone per le quali l’integrazione sembra incredibilmente naturale. Maurizio Boiero, giovane appassionato di Cina, racconta dei suoi amici più cari, tutti di origine cinese.

Maurizio Boiero, come ti sei avvicinato al mondo cinese?
Ho iniziato all’età di 13-14 anni, quando frequentavo la scuola media inferiore, arrivarono due compagni cinesi quell’anno: Hu Wang e Yu Kuai. Da quel momento ho cominciato a condividere le mie esperienze di adolescente con coetanei della stessa età, ma di origine cinese. Insieme abbiamo condiviso i momenti più significativi della nostra giovinezza, dalle serate in discoteca, alle gite scolastiche. Da subito ho cominciato a frequentare le loro case, mi sono immerso nella pura cultura tradizionale cinese, posso ricordare perfettamente le cene e i pranzi del fine settimana, nei quali ci trovavamo insieme. Oggi continuo a frequentare cinesi, amo la Cina e l’Asia Orientale con tutta la mia anima, è il mio presente e sarà il mio futuro, poiché ho ricevuto e continuo a ricevere nuove e continue emozioni dai cinesi che mi circondano.

Come ti sembra la situazione in Piemonte sul fronte integrazione?
La situazione in Piemonte e a Bagnolo e Barge è molto migliorata rispetto agli scorsi anni, in particolare grazie allo sforzo dell’associazione “Amicizia Italia Cina”, di cui faccio parte. Abbiamo attivato corsi di italiano per stranieri, corsi e conferenze riguardanti la Cina e l’immigrazione cinese in Italia per gli italiani, abbiamo contribuito e contribuiamo alla reciproca conoscenza e integrazione tra le diverse comunità.

Pensi che le associazioni siano un buon collante tra culture? Se sì, il loro lavoro è sufficiente?
Le associazioni sono una buona soluzione per l’integrazione, ma un’associazione da sola non basta. Bisogna deve dar vita ad una rete che colleghi le istituzioni locali,la popolazione e le associazioni per fare un buon lavoro.

Tu hai molti amici cinesi. E’ stato semplice entrare in confidenza?
Ci siamo conosciuti a scuola, su internet. Alcuni amici mi hanno presentato loro amici ed è stato facile perché ho aperto me stesso all’influenza culturale cinese

Come definiresti in tre parole la cultura cinese?
Armonia, Potenza, Orgoglio.

Secondo te oggi è semplice per un italiano entrare dentro la comunità cinese? Tu pensi di esserci riuscito?
Io ci sono riuscito. Ma non è semplice se cerchi di avvicinarti con un atteggiamento critico di partenza.

A una persona che volesse conoscere una ragazza/un ragazzo cinese, quale consiglio daresti? Ci sono cose da fare? E da non fare mai?
Bisogna parlare, fare domande sul loro paese, pranzare insieme, bere insieme. Facile no? Non bisogna mai dire frasi offensive citando luoghi comuni. Mai parlare male del loro paese, mai criticare il governo cinese, mai dire che il Tibet deve essere uno stato indipendente, i cinesi sono orgogliosissimi della propria madrepatria e condividono completamente la politica estera che il loro Stato conduce.

 

 

 

 


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Dove vive la comunità cinese di Torino http://ifg.uniurb.it/network/gerace/2012/04/19/i-residenti-a-torino/ http://ifg.uniurb.it/network/gerace/2012/04/19/i-residenti-a-torino/#comments Thu, 19 Apr 2012 20:41:32 +0000 gerace http://ifg.uniurb.it/network/gerace/?p=48 TORINO- La comunità cinese a Torino mappata per circoscrizioni.

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I cinesi tra istruzione e imprenditoria http://ifg.uniurb.it/network/gerace/2012/04/19/tabelle/ http://ifg.uniurb.it/network/gerace/2012/04/19/tabelle/#comments Thu, 19 Apr 2012 13:26:12 +0000 gerace http://ifg.uniurb.it/network/gerace/?p=8 [continua a leggere]]]> La comunità cinese è la più numerosa tra le comunità internazionali del Politecnico di Torino rappresentando più del 20% degli studenti stranieri iscritti.

Tra i cinesi che gravitano nell’imprenditoria, il 42,7% si occupa di commercio e il 28,5% di attività dei servizi di alloggio e ristorazione.

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Quell’avanguardia di mille persone che vuole una città multiculturale http://ifg.uniurb.it/network/gerace/2012/02/22/hello-world/ http://ifg.uniurb.it/network/gerace/2012/02/22/hello-world/#comments Wed, 22 Feb 2012 22:36:13 +0000 gerace http://ifg.uniurb.it/network/gerace/?p=1 [continua a leggere]]]>

TORINO – “Sono mille anni avanti a noi, sono veloci, sono pratici, e non danno molta importanza al cuore, ma all’anima”. “Amo la Cina e l’Asia Orientale con tutta la mia anima, è il mio presente e sarà il mio futuro, poiché ho ricevuto e ancora ricevo nuove e continue emozioni dai cinesi che mi circondano”. Luca e Maurizio parlano della loro esperienza di vita, legata a doppio filo a quella cinese. Sentire voci come queste a Torino non capita tutti i giorni. Eppure un germoglio di integrazione tra italiani e cinesi è già nato. Come sempre gli apripista sono i più giovani, in una città ormai multiculturale, dove l’immigrazione cinese è arrivata alla terza generazione.

La maggior parte di loro è sbarcata in Italia negli anni ’80, ma la prima immigrazione è avvenuta molto prima, ai tempi della Prima Guerra Mondiale. Molti li conoscono solo come ristoratori o come venditori di piccoli oggetti, tecnologici e non, nei mercati. Per altri sono compagni di vita, amici. Colpisce scoprire che parte degli abitanti del capoluogo piemontese stia facendo uno sforzo per conoscerli meglio.

Per rispondere a questa domanda, in notevole crescita in questo momento storico, sono sorte decine di associazioni italo-cinesi che insegnano le usanze, i costumi, i modi di vita e organizzano piccoli eventi a cui partecipano sia cinesi che italiani.

Sono 30.000 i residenti cinesi a Torino, 1000 gli italiani che cercano di conoscerli tramite le associazioni. Innanzitutto si imparano i caratteri, poi una cultura millenaria. Chi riesce ad apprendere la lingua, cerca di rapportarsi con le persone. Ma può non bastare. Anche quando l’interesse tra le due culture è reciproco, la distanza di vedute può creare difficoltà di comunicazione insormontabili. “I ragazzi di origine cinese, anche quelli nati e vissuti a Torino – spiega Francesco Davico, insegnante di italiano per cinesi - sono misteriosi: è difficile per un italiano conoscere nel profondo un ragazzo cinese. Anche per chi ha padronanza perfetta della lingua. L’accoglienza è a braccia aperte, ma entrare in intimità, anche impegnandosi è molto molto difficile”.

“La comunità cinese di Torino – spiega Mauro Pascalis, presidente Istituto Italo-Cinese Centroriente – appartiene per lo più è di un livello socio-culturale medio e basso, gli artisti, i letterati come il premio Nobel per la letteratura Gao Xingjian (che vive in Francia, Ndr), i più benestanti cercano altre destinazioni europee. In realtà sognano l’America, o meglio ancora il Canada dove sorge una nutrita collettività cinese”. 

La Cina a Torino non è solo questo. Quella sotto la Mole è una comunità variegata che si può scindere in estrema sintesi in due parti: quella della zona di Porta Palazzo, ossia quella del commercio, dei proprietari di negozi, i cui appartenenti di generazione in generazione si trasmettono il lavoro, e quella della zona universitaria, dove risiedono i ragazzi cinesi che sono qui per studiare al Politecnico.

Tra i quasi 1.200 che affollano le aule di Corso Merditerraneo, più della metà hanno scelto ingegneria (837). ”I cinesi sono molto pratici, studiano le materie che gli possono portare maggior profitto nel futuro e cercano abitazioni vicinissime ai luoghi di lavoro e studio – racconta Davico – questo fa sì che nella zona della Circoscrizione 7, Porta Palazzo, e nei pressi della zona degli studi, si concentri la maggior parte di loro”.

“In questa loro estrema praticità – ci rivela Anna – le relazioni sociali hanno poco spazio. Sono rare, se non per fini commerciali o di studio. Escono pochissimo, se non per nulla. Alcuni pur essendo istruiti e acculturati dall’Università italiana anche dopo 2-3 anni parlano inglese e non italiano. Di sera si chiudono in casa. E’ incredibile, secondo me bisognerebbe obbligarli”.

Sono persone timide, la loro tradizione millenaria gli ha insegnato a vivere secondo le regole e in questo sono molto diversi da noi. A sentire i proprietari di licenze di Porta Palazzo non mancano un pagamento e sono puntualissimi nel rispettare ogni scadenza.


Secondo la piccola Sabrina, 11 anni, unica alunna italiana in una classe, la 5ªE dell’elementare di Via Fiocchetto, a maggioranza cinese, non arrivano mai in ritardo, sono bravi in tutte le materie, fanno sempre i compiti, e se hanno la febbre vanno lo stesso a scuola. Mia figlia – ci racconta Isabella, mamma di Sabrina – sta crescendo con il rispetto delle regole nel sangue, anche con qualche esagerazione: pensa che quando arriva in ritardo scoppia in lacrime”.

Isabella, tre figli di cui due cresciuti in classi metà italiane metà arabe, proprietaria di un bar nei pressi di Via Goffredo Mameli, nel cuore di Porta Palazzo, apprezza tantissimo i cinesi. “Seppur poverissimi mandano i bambini alla Fiocchetto vestiti in maniera rigorosa, sempre con grembiulino e capelli in ordine. Sono molto diversi dagli arabi, consumisti e sporchi”. Li stimo e sono felice che mia figlia cresca con loro.

Sabrina fa parte di una generazione ormai multietnica. Sono in aumento i ragazzini che sono cresciuti e hanno convissuto con stranieri. A 11 anni macina cinese: lo capisce perfettamente come capisce l’arabo, lingua dei compagni di classe della sorella. Le sue amiche sono cinesi. Con alcune ha un’amicizia  profonda, con altre meno: “Parlano poco della loro famiglia, vengono a trovarmi a casa, ma a casa loro non mi hanno mai invitata”. La sensazione è che la sua esperienza sia tra le più vicine a quell’integrazione che dovrà essere il futuro.

L’immigrazione dalla Cina verso Torino ha radici vecchie di 30 anni ormai e continua ad essere una tra le maggiori nel capoluogo piemontese (assieme a quelle dell’Albania 14%, Romania 8%, Perù e Filippine 3,5%), arrivando in Italia a velocità bassa, ma costante. Le loro posizioni commerciali (tra negozi, ristorazione e industria) crescono a vista d’occhio. Secondo la camera di commercio sono cresciute in un solo anno del 10% passando dalle 1.294 del 2010 alle 1.418 del 2011.

Sono tre le generazioni che hanno vissuto e vivono sul nostro territorio. Ognuna ha un proprio grado di integrazione. La maggior parte dei cinesi di prima generazione parla appena l’italiano, si fa aiutare dalle giovani leve come Giuseppe, ragazzo di origine cinese nato a Torino. Educato in una scuola italiana, a 21 anni sogna di trasferirsi al mare, in Sardegna. I suoi amici sono italiani, ma non solo, provengono da tutte le culture. In questo la sua storia non è molto diversa da quella di Sabrina.

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