Il 'ratto' del Parco delle Sabine » Il parco che non c’è http://ifg.uniurb.it/network/grifoni Un insediamento nuovo dal nome antico. Ma la storia, invece di riaffiorare, resta sottoterra Wed, 26 Mar 2014 14:45:03 +0000 en-US hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.5.1 Un insediamento nuovo dal nome antico. Ma la storia, invece di riaffiorare, resta sottoterra Il 'ratto' del Parco delle Sabine no Un insediamento nuovo dal nome antico. Ma la storia, invece di riaffiorare, resta sottoterra Il 'ratto' del Parco delle Sabine » Il parco che non c’è http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/category/il-parco-che-non-ce/ I reperti nascosti / STORIFY http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/2012/05/14/i-reperti-nascosti-storify/ http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/2012/05/14/i-reperti-nascosti-storify/#comments Mon, 14 May 2012 18:16:12 +0000 grifoni http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/?p=238
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Il parco archeologico, una promessa mancata http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/2012/05/01/tra-palazzine-e-memoria-nel-parco-che-ce-ma-non-si-vede/ http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/2012/05/01/tra-palazzine-e-memoria-nel-parco-che-ce-ma-non-si-vede/#comments Tue, 01 May 2012 17:00:00 +0000 grifoni http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/?p=32

Mappa del progetto "Parco delle Sabine". I pallini indicano i siti archeologici

ROMA – “Ufficio vendite Parco delle Sabine”, recita un cartellone davanti a una serie di palazzine appena costruite. Poi, ancora, “ufficio vendite Intermedia”. A qualche chilometro c’è quello di Porta di Roma. Dall’altro lato della strada, anche quello d’Immobildream. Tutto intorno, un prato sconfinato dove, secondo il progetto di costruzione, dovevano sorgere tutti quei siti archeologici evidenziati nella mappa: un polmone culturale incastonato in mezzo alla trama dei nuovi palazzi. Ma dei percorsi archeologici sbandierati non c’è traccia. Siamo nella centralità Bufalotta: più precisamente, nel Parco delle Sabine. Un nome astutamente scelto dalla Società proprietaria dei terreni, la Porta di Roma s.r.l., che evoca una regione di importanza storica e paesaggistica come la Sabina e un episodio noto ai più: il ratto delle Sabine.

Il parco di 160 ettari, fiore all’occhiello del progetto, corre da via delle Vigne Nuove a Serpentara, da Casale Nei a Colle Salario. Tocca anche Fidene. Prima qui c’era la campagna: quell’Agro Romano suddiviso in tenute, eredità del medioevo, rette da casali. Qua e là, un rudere condiva il paesaggio. A qualche chilometro dal Parco sorge la villa di Faonte, liberto di Nerone, dove alcuni storici pensano sia morto l’imperatore. Via delle Vigne Nuove, secondo alcuni studiosi, si trova più o meno sul tracciato dell’antica via Patinaria, che correva tra Nomentana e Salaria verso Crustumerium. Solo il Grande Raccordo Anulare divide Parco delle Sabine da questo insediamento latino, situato all’interno della riserva naturale della Marcigliana e sottoposto a vincolo totale.

IL POLO COMMERCIALE E I REINTERRI. Una zona ad alta densità archeologica, insomma. Nel 2005 arriva Ikea e nello stesso anno viene rinvenuto un piccolo tesoro sotterrato: sono le testimonianze della città di Fidenae, secondo gli archeologi. Nel 2007 si aggiunge il nuovo svincolo “Bufalotta” sul Grande Raccordo Anulare. Qualche tempo dopo apre la galleria commerciale “Porta di Roma”, la più grande d’Europa. Uno dei reperti trovati nel 2005, il mosaico, finisce nella hall del centro commerciale, protetto da una teca. Poi cominciano a essere ultimate le prime palazzine e il quartiere si popola. Mentre le rovine vengono pian piano reinterrate, nel 2010 durante una riunione tra alcuni rappresentanti del quartiere e il geometra Bassini, gestore dell’area del Parco delle Sabine, quest’ultimo conferma e spiega le motivazioni : non ci sono fondi né interesse per mantenerle.

Fotografie dei siti scattate da un abitante del quartiere nel 2009

A prima vista, sembra che i costruttori siano venuti meno alla convenzione con il Comune di Roma. Nessuna delibera trovata, nessun Accordo di Programma testimonia questo cambiamento di progetto. Alla richiesta di chiarimenti, il Comune non fornisce spiegazione. Stessa storia per la Società Porta di Roma.

LE SPIEGAZIONI. Ci sono degli accordi che vincolano il costruttore a mantenere quello che ha promesso di valorizzare? Ugo Schiavoni, docente di Urbanistica all’università Tor Vergata di Roma, spiega che “spesso ci sono delle ricontrattazioni, delle varianti al piano originario. L’importante è che non vengano toccati i principi fondamentali del progetto. Ma alla fine, se (la conservazione dei reperti, ndr) c’è nelle carte scritte, questa è una cosa che deve essere fatta”.

Ascolta l’urbanista

“Evidentemente – prova a spiegare Walter Grossi, coordinatore dell’associazione nazionale archeologi – lì deve essere successo qualcosa con gli ispettori (della Soprintendenza, ndr). Oppure sono finiti i soldi. L’unico modo di conservare veramente è ricoprire tutto. Se non si prevedono all’inizio né i soldi per la valorizzazione né quelli per gli interventi successivi al post-scavo, l’unico modo è reinterrare”.

Ascolta l’archeologo

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Quelle rovine impossibili da conservare http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/2012/04/30/quelle-rovine-impossibili-da-mantenere/ http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/2012/04/30/quelle-rovine-impossibili-da-mantenere/#comments Mon, 30 Apr 2012 17:10:21 +0000 grifoni http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/?p=47

La villa in fase di reinterro

ROMA – “Nel Parco delle Sabine è stato tutto scavato, fotografato, restaurato e riseppellito. Alcuni manufatti si trovano a Palazzo Massimo (sede della Soprintendenza, ndr). Le rovine, i muri, le necropoli: tutto è stato riseppellito perché tanto chi li tiene in vita?” Questa è la risposta sbrigativa che da’ il soprintendente Roberto Egidi, responsabile degli scavi intorno al centro commerciale Porta di Roma, alla richiesta di spiegazioni sul perché dei siti previsti non ci sia traccia. Egidi, che era presente all’inaugurazione del centro commerciale Porta di Roma, è il funzionario responsabile dello spostamento del mosaico dal luogo di ritrovamento alla hall del centro commerciale. A lui è dovuta anche la musealizzazione dei “doli”, enormi giare conservate in una teca del parcheggio di Ikea ad Anagnina. E’ il responsabile, inoltre, del riposizionamento del mausoleo del Quadraro all’ingresso delle Terme di Diocleziano. Non ha tempo per mostrare i faldoni sui ritrovamenti nel Parco delle Sabine che giacciono negli armadi della Soprintendenza.

Prima di lui, il responsabile per la Soprintendenza dell’area del Parco delle Sabine era Francesco Di Gennaro. A lui si devono gli studi su Crustumerium, insediamento latino che oggi è situato al di là del Grande Raccordo Anulare, all’interno della riserva della Marcigliana. Spiega come i criteri di conservazione delle preesistenze siano a potere discrezionale dei funzionari. “Si assoda – afferma Di Gennaro – che tutto deve essere scavato, rilevato e documentato. Dopo, sulla base di questo, si decide se qualcosa dovrà essere conservato. Le strutture archeologiche, se lasciate fuori terra, hanno un costo enorme. E spesso non hanno alcun ritorno, non solo economico, ma anche culturale. Se la gente dovesse vedere a ogni angolo della strada un muro mal custodito, ci porterebbe a far pipì i cani e basta”. Afferma che le cose è bene che rimangano sotto terra. Ma non entra nel dettaglio dei ritrovamenti e del loro destino, in quanto non ne è più il funzionario responsabile. Eppure lui era presente al rinvenimento delle testimonianze della città di Fidenae sotto il parco delle Sabine. Ed era presente anche quando i costruttori avevano assicurato i mezzi per la musealizzazione.

Anselmo Malizia, assistente della Soprintendenza per il IV Municipio, è convinto che siti del genere non si possano conservare. “Come si fa a salvaguardarli? Ci vogliono decine di persone per controllarli, la vigilanza. Basta guardare il mosaico che abbiamo fatto conservare a Porta di Roma: è diventato il portacenere del centro commerciale. E’ una vergogna: la gente ci butta sopra di tutto. Abbiamo difficoltà a gestire aree come il Foro e il Palatino, figuriamoci quelle alla periferia di Roma”. I costruttori della zona avevano però assicurato la musealizzazione. “A me, che costruttori si impegnano a mantenerli – continua Malizia – non risulta. Non mi risulta che mai sia accaduta una cosa del genere. Non si riescono a mantenere neanche gli spazi verdi. Siamo una società pessima sotto questo punto di vista. In periferia quei pochi monumenti che sono visitabili non li visita nessuno. La comunità ha un totale disinteresse per queste cose. Anzi, quando ci sono i ruderi sono anche malvisti. Gli esempi che ci sono stati in passato sono tutti negativi e non vale la pena lasciarli per la cittadinanza. E comunque, non erano testimonianze di particolare valenza”.

Nonostante l’ovvietà della situazione, Di Gennaro appare fiducioso. Non è detto, secondo lui, che il parco archeologico non si farà: i presupposti perché una parte dei ritrovamenti sia valorizzata ci sono, perché nelle aree verdi sono conservati molti resti archeologici. Peccato che, percorrendo il parco in lungo e in largo, non se ne trovi neanche uno. L’ultimo in vista, la villa romana segata e ricomposta, a distanza di due mesi dall’ultima visita appare in fase di reinterro.

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Fidenae risorge nel parco delle Sabine http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/2012/04/30/fidenae-risorge-nel-parco-delle-sabine/ http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/2012/04/30/fidenae-risorge-nel-parco-delle-sabine/#comments Mon, 30 Apr 2012 13:28:07 +0000 grifoni http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/?p=166 [continua a leggere]]]> ROMA – I reperti erano già visibili: resti di ville, dei casali. Ma su quello che è stato trovato durante gli scavi del Parco delle Sabine si è detto poco o niente. La Soprintendenza non ha specificato di cosa si trattasse, e il materiale non è ancora consultabile perché non pubblicato, a detta del soprintendente Roberto Egidi. L’unica cosa certa è che vi è stato ritrovato il mosaico, che abbellisce ora il centro commerciale Porta di Roma.

Un articolo del 2005 del Corriere della Sera, firmato Paolo Brogi, spiega più nel dettaglio cosa è stato trovato nella tenuta Redicicoli, una delle tante in cui era suddivisa l’area e che ora si chiama Parco delle Sabine. “Una necropoli rilevante, quella di Fidene, antica cittadina dei Latini e più tardi «municipio» romano: una necropoli a lungo cercata e oggi finalmente localizzata. E poi una rete di strade romane suburbane che portavano verso Sabina e Castelli, compreso un tratto in basolato lungo cento metri. In più alcune ville romane, di cui una munita di un acquedotto locale sotterraneo lungo un chilometro. E ancora: una «mansio-statio», un’osteria che fungeva anche da lupanare, con tre mosaici policromi e uno bianco; un complesso idraulico, probabilmente un santuario, con resti di vasche e tubature, più alcune statue di età imperiale; un tesoro di 144 monete imperiali; una «stipe votiva», le fosse in cui venivano gettate le offerte per le divinità, che ha restituito 600 oggetti di terracotta”.

Tutto ricoperto e trasportato via, nonostante le dichiarazioni entusiaste della società costruttrice: “Naturalmente – spiegava Claudio Toti, ingegnere responsabile della Lamaro Appalti – ci siamo fatti carico dei lavori per la valorizzazione delle scoperte archeologiche e siamo disponibili ad allestire anche una struttura museale”. Contentezza anche in Soprintendenza, come prova la dichiarazione di Maria Grazia Tomei, funzionaria per il IV municipio: “L’idea su cui lavorare è quella di un parco archeologico vero e proprio. Nel verde e dentro un’area che nasce con una vocazione commerciale e residenziale”. Un parco mai realizzato, benché inserito nel progetto. Peccato che gli abitanti del quartiere non sappiano minimamente quali “meraviglie” nasconda il loro quartiere.

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Il Parco delle Sabine promesso e mai realizzato http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/2012/04/19/prova-primo-piano/ http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/2012/04/19/prova-primo-piano/#comments Thu, 19 Apr 2012 17:04:38 +0000 grifoni http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/?p=15 ROMA – Porta di Roma non è un centro commerciale come gli altri. Dopo aver fatto una passeggiata tra i 220 negozi presenti, ci si può sedere comodamente sui bordi di un’enorme teca e rilassarsi. Dentro la teca, un mosaico di epoca romana molto ben conservato. Risale al terzo secolo d.C., come recitava la targhetta scomparsa da qualche tempo, e raffigura dei soggetti marini: murene, pesci, un polpo, una figura che sembra fare surf su un acquario. Il mosaico non è stato trovato proprio in quel luogo: faceva parte di una mansio, o stazione di posta, rinvenuta nelle vicinanze durante gli scavi, in un punto non specificato dalla Soprintendenza. Non si è scelto di conservare l’ambiente che ospitava i mosaici e nemmeno di deviare i lavori: semplicemente, si è reinterrato il resto e si è spostato il mosaico nella galleria.

LA CENTRALITÀ. La tutela del bene è affidata alla Società che gestisce il polo commerciale, la Galleria Commerciale Porta di Roma S.p.a.: ne è azionista di maggioranza la Porta di Roma s.r.l., nata dalla fusione tra la Silvano Toti S.p.a – Holding finanziaria che fa capo al gruppo Toti – e la Parsitalia s.r.l. dell’imprenditore Luca Parnasi. La Porta di Roma s.r.l. è responsabile anche del “Parco delle Sabine”, polo residenziale che assieme al centro commerciale conta più di 2 milioni di metri cubi. E’ la centralità Bufalotta, una mini-città decisa dal Comune ma costruita dai privati. Ce ne sono 18 sparse per la Capitale: alcune sono in costruzione, altre sono ancora in via di progettazione. Nascono con la legge 396/90 per Roma Capitale e sono il punto di partenza del Piano Regolatore Generale approvato definitivamente nel 2008. Nel caso della Bufalotta, alla maggior parte delle cubature destinate ai servizi è stata cambiata destinazione d’uso nel 2007, tramite un accordo di programma con il Comune. Niente ospedale, né ministeri decentrati, pochi uffici, ma solo case “immerse nel verde”.

LE PREESISTENZE. Proprio nel verde, si legge nel progetto preliminare, dovevano trovare posto circa 20 siti archeologici mappati nelle due campagne di scavi che la Società ha svolto: “La conservazione e la valorizzazione delle preesistenze – si legge per ben due volte nel progetto preliminare – fanno parte integrante del progetto: sull’area è stata effettuata un’intensa campagna di scavi archeologici, sotto la direzione della Soprintendenza. I punti principali dell’insediamento ritrovati (ville, acquedotto, ecc..), sono i punti di riferimento del progetto su cui si aprono le piazze e in cui il nuovo grande “Parco delle Sabine” si insinua nell’ abitato”. Un vero e proprio parco archeologico, dunque.

Passeggiando per il parco, però, di reperti nemmeno l’ombra. Caso unico quanto raro, una villa romana proprio all’inizio del parco vero e proprio, lungo via Carmelo Bene, il “boulevard” che taglia a metà il Parco delle Sabine. Dopo anni di abbandono, anch’essa è in fase di reinterro.

LA LORO TUTELA. La Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, interrogata sulla questione, non fa mistero della sorte dei reperti: tutto è stato scavato, catalogato e riseppellito sotto il prato. Lasciare le cose fuori terra ha un costo enorme e, soprattutto in periferia, non ha alcun ritorno. In più, non c’è abbastanza personale per vegliare su cantieri vasti come quelli di una centralità.

Dalle conversazioni con i funzionari della Soprintendenza e con l’Associazione nazionale archeologi emerge un quadro allarmante: carenza di personale, funzionari senza senza patente, documentazione di scavo persa negli armadi della Soprintendenza. Tagli su tagli al Ministero dei beni culturali che stanno sfiancando gli organi a tutela del patrimonio storico del Paese. E risultati sono ben visibili a Pompei.

URGENZA E PREVENZIONE. Su un terreno privato come quello in questione, la tutela dei beni spetta interamente ai costruttori. Sono loro che destinano dei soldi per i saggi preliminari e che devono mantenere quello che si sceglie di conservare. Ma in corso d’opera i soldi finiscono, e a farne le spese sono i settori considerati più “inutili”, come l’archeologia. E’ una tutela d’emergenza, quella praticata nei cantieri: si scava, si trova qualcosa, si bloccano i lavori e si sotterra tutto. Ma gli archeologi sono d’accordo nel dire che bisogna governare il processo di urbanizzazione con le tecniche di archeologia preventiva: indagini non invasive, basate su ricognizioni e letteratura, per mappare il territorio e sapere prima dove poter scavare. Spesso, infatti, lo scavo d’emergenza può danneggiare il bene stesso.

Alla richiesta di spiegazioni su che fine avesse fatto il parco archeologico, la Società non ha fornito risposta. Stessa storia per il Comune, responsabile della pianificazione della centralità Bufalotta in quell’area, che ha espropriato i terreni e li ha rivenduti ai costruttori in questione. Alla domanda se il Comune avesse firmato un accordo di Programma con i costruttori che li svincolasse anche dalla tutela delle preesistenze, né l’Assessore al Patrimonio Lucia Funari e né quello all’urbanistica, Marco Corsini, hanno risposto.

Una tendenza, quella dei nuovi quartieri in cui la memoria storica si va perdendo, destinata a crescere. E con lei anche quella dei cittadini che, spinti dagli affitti troppo alti nel centro storico, si troveranno a comprare casa in una periferia sempre più snaturata e simile a un quartiere-dormitorio. Ma avranno comunque un centro commerciale, e potranno riposarsi su un rudere che un tempo lontano era un pezzo della loro vera città.

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