Il 'ratto' del Parco delle Sabine » sinistra http://ifg.uniurb.it/network/grifoni Un insediamento nuovo dal nome antico. Ma la storia, invece di riaffiorare, resta sottoterra Wed, 26 Mar 2014 14:45:03 +0000 en-US hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.5.1 Un insediamento nuovo dal nome antico. Ma la storia, invece di riaffiorare, resta sottoterra Il 'ratto' del Parco delle Sabine no Un insediamento nuovo dal nome antico. Ma la storia, invece di riaffiorare, resta sottoterra Il 'ratto' del Parco delle Sabine » sinistra http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/category/sinistra/ Le centralità, presente e futuro dell’edilizia di Roma http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/2012/04/27/le-centralita-urbane-croce-e-delizia-della-capitale/ http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/2012/04/27/le-centralita-urbane-croce-e-delizia-della-capitale/#comments Fri, 27 Apr 2012 17:18:24 +0000 grifoni http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/?p=41 ROMA – Sono la nuova faccia di Roma, quella che si espande in periferia e lascia un centro storico ormai inaccessibile ai più. Sono amate dai grandi costruttori, che edificano su terreni più convenienti e offrono appartamenti a un prezzo più basso rispetto al centro. Sono coccolate anche dal Comune, il loro padre spirituale, che le idea e ne adotta i progetti e le successive varianti. Ma sono contestate dai cittadini, che non vi trovano i servizi promessi e che finiscono per chiamarle semplicemente “colate di cemento”. Sono le 18 centralità urbane – delle mini-città ideate per alleggerire il centro storico spostando in periferia servizi, commerci e residenze – previste dall’ultimo Piano Regolatore Generale di Roma, messo a punto nel corso degli anni ’90 e approvato definitivamente dalla giunta Veltroni nel 2008. Di queste, nove sono già state pianificate e attuate, mentre altre nove sono in corso di programmazione o di definizione.

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LE MODALITA’. L’iter della programmazione è lungo e complesso. Dal piano regolatore viene individuata un’area con precisa destinazione ad attrezzature generali. L’ufficio tecnico preposto ne fa uno schema d’assetto preliminare che passa poi in Consiglio comunale. “Poi si passa a progettazione più tecnica – spiega Ugo Schiavoni, docente di Urbanistica all’Università Tor Vergata di Roma – la classica progettazione attuativa con un precisissimo schema di quantità, zone e viabilità chiamato ‘piano particolareggiato’. E’uno strumento urbanistico sulla base del quale si possano progettare i singoli edifici, ottenere i permessi per costruire e poi costruire”.

GLI ESPROPRI. A prescindere dalla proprietà pubblica o privata, l’area sarà destinata al progetto. “Se la proprietà è pubblica – spiega Schiavoni- la faccenda è più semplice. Se non lo è, prevede l’esproprio e l’acquisizione”.
Secondo quanto sancito dalla legge, gli immobili vengono espropriati dal Comune con una compensazione inferiore rispetto al valore di mercato. In seguito, vengono rivenduti ai costruttori a un prezzo maggiorato ma sempre inferiore al dovuto.

Parallelamente, sulle private aree, è previsto che il proprietario faccia la pianificazione particolareggiata. “Si chiama ‘lottizzazione convenzionata’ – continua Schiavoni – i proprietari di quella zona, riuniti in consorzio, possono proporre al Comune un loro piano attuativo che viene giudicato e adottato. Moltissimo si è fatto attraverso questo sistema, soprattutto da quando si è capito che il Comune da solo non ce la faceva. I privati, spinti dal loro interesse, realizzano opere nelle parti in cui il piano regolatore glielo consente: la viabilità esterna e il potenziamento del trasporto pubblico sono, ad esempio, opere che giovano alla centralità e fanno aumentare la domanda. I privati, previo accordo di programma con il Comune, possono realizzarle. E sicuramente lo fanno in tempi più brevi e a costi inferiori di quelli imposti dal Comune. Molte parti della città sono realizzate in questo modo. E questo riguarda anche la centralità Bufalotta”.

Nelle nuove centralità ci sono degli schemi abbastanza precisi di edificabilità: le cubature vengono divise in percentuali da attribuire al residenziale, commerciale, direzionale, servizi, aree di interesse pubblico e aree a verde. Le stesse cubature, però, vengono cambiate in corso d’opera: le varianti dei progetti vengono sottoposte al vaglio del Comune che, tramite un Accordo di programma che sostituisce il permesso a costruire.

Le infrastrutture sono di esclusiva competenza comunale. “Ma per mancanza di soldi – conclude Schiavoni – arrivano sempre dopo. Il costruttore deve stipulare una convenzione, cioè un contratto nel quale si impegna nei confronti Comune a realizzare le opere di urbanizzazione primaria (come la viabilità) e secondaria (scuole e servizi) previste e a cederle al Comune, inclusa la cessione del suolo sul quale sono edificate”.

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Le soprintendenze, guardiane a secco http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/2012/04/27/le-soprintendenze-guardiane-a-secco/ http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/2012/04/27/le-soprintendenze-guardiane-a-secco/#comments Fri, 27 Apr 2012 17:17:45 +0000 grifoni http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/?p=49 ROMA – Non ce la fanno, dalla Soprintendenza, a controllare che un monumento alla periferia di Roma venga tutelato in un parco. Non c’è personale a sufficienza per vegliare su aree di cantiere così vaste. “In aree così estese – spiega Walter Grossi, archeologo – ci vanno gruppi di archeologi professionisti, ma loro seguono solo lo scavo al momento. Poi, se ci sono aree musealizzate, spetta tutto alla Soprintendenza”. Figurarsi se per andare a visionare gli scavi i soprintendenti devono pagarsi la benzina da soli.

Questo è stato l’ultimo dei tagli inflitti da un’amministrazione che aveva deciso di ignorare i Beni Culturali. Correva l’anno 2010, e proprio in quel momento crollava la casa dei Gladiatori di Pompei. Parallelamente, era stato lanciato l’allarme per i siti “sorvegliati speciali” capitolini: per curare la manutenzione ordinaria – ed evitare un’altra Pompei -dei monumenti più importanti di Roma, tra cui Fori, Palatino e Appia Antica, il costo è stato di 27 milioni nel 2010. Il malato numero uno, il Colosseo, ha invece un budget a parte: 23 milioni per gli interventi che restano da fare.

LA SITUAZIONE A ROMA. La Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, la più “ricca” tra quelle italiane, è quasi al collasso: ha un bilancio di 40 milioni di euro l’anno e aspetta ancora i 19 milioni di euro dei bilanci dal 2009 in poi, bloccati nelle maglie dell’ approvazione ministeriale. Solo per gli interventi d’emergenza a causa del ghiaccio e della neve del febbraio scorso, ha perso 800.000 euro.

Walter Grossi parla di “tutela a macchia di leopardo”. “Ci sono zone – spiega – in cui ci sono dati del Ministero di 600 interventi, in altre solo 3. Non c’è personale, non ci sono fondi. Gli ispettori sono pochi, un po’ anziani e non ce la fanno a coprire le aree più disparate che vengono loro assegnate. Ci sono anche casi curiosi di ispettori che non hanno la patente”.

“La politica delle assunzioni – continua Grossi -non c’è stata. Nel 2009 c’è stato un concorso per archeologi di 30 posti: nessuno nel Lazio, nemmeno uno in Campania. Solo al nord Italia. Dopo il crollo di Pompei ci hanno mandato 14 di questi 30 funzionari, ma ormai era tardi. Negli ultimi anni, poi, è stato proprio il tracollo per i beni culturali, perché fino al 2007-2008 qualcosa funzionava ancora”.

Conferma la situazione il Soprintendente Francesco Di Gennaro: “Bisogna assicurare un futuro migliore a questa amministrazione. Noi, i sessantenni, siamo i “giovani”. Dopo di noi non viene più nessuno. Dagli anni ’70, quando si pensava che ci fossero tanta occupazione e tanta culture, qui dentro, si è andati scemando. L’archeologia interessa sempre di meno”.

LA SITUAZIONE DEL MIBAC. Il Ministero per i Beni e le Attività culturali negli ultimi anni è diventato un poverello cronico. Viene finanziato annualmente dallo Stato e con i fondi deve pagare a sua volta finanziare tutte le soprintendenze e gli istituti pubblici correlati. Con un “vergognoso 0,2% del bilancio dello Stato – spiega Ilaria Borletti Buitoni, presidente del Fondo Italiano Ambiente, intervistata per il crollo di Pompei – dovrebbe tenere in piedi la più faraonica e prestigiosa rete di Beni culturali al mondo. I prepensionamenti voluti dalla legge Brunetta, poi, hanno costretto molti Soprintendenti ad andarsene nel pieno delle loro forze senza che nuove assunzioni consentano l’enorme lavoro necessario”.

I finanziamenti per l’archeologia di 20 anni fa – 250 miliardi di lire in cinque anni con la legge Biasini – non ci sono più, come spiega un approfondimento di Limen Beni Culturali del 2006. Con la legge nazionale per l’archeologia, nel 2001, il Governo decideva di stanziare 17 miliardi di lire il primo anno e 10 miliardi gli anni successivi. Ma nel 2006 erano diventati 4 milioni. Dopo il tracollo degli ultimi due anni – ed emergenze serie come quella di Pompei o del centro storico dell’Aquila –nel 2011 l’ex-ministro Galan ha messo insieme 400 milioni di euro di giacenze di contabilità speciali per interventi straordinari. La finanziaria del 2011 ha anche inserito i beni culturali tra i destinatari del 5 per mille. Un piccolo passo avanti, per una struttura che rischia di scomparire. E assieme a lei, la tutela del territorio.

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L’archeologia preventiva l’alternativa ‘sostenibile’ agli scavi di emergenza http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/2012/04/26/larcheologia-preventiva-che-manca-a-roma/ http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/2012/04/26/larcheologia-preventiva-che-manca-a-roma/#comments Thu, 26 Apr 2012 17:14:44 +0000 grifoni http://ifg.uniurb.it/network/grifoni/?p=54 ROMA – “I tempi saranno più lunghi, visto che i sondaggi archeologici ci hanno tenuto fermi per quasi tre anni”. E’ quanto dichiarava Rossella Capri, architetto della Lamaro responsabile del progetto Parco delle Sabine, nella prima metà degli anni 2000. Spiegava perché le case non potessero essere pronte per il 2008, come da convenzione con il Comune. Responsabili: i reperti rinvenuti nell’area. L’architetto Capri parlava dell’apertura di Ikea nel futuro (“tutto dovrebbe essere pronto per marzo 2005”) e quindi è possibile si trattasse degli scavi che hanno riportato alla luce i resti dell’antica Fidenae, pubblicizzati proprio nel 2005.

Eppure, Fidenae non è proprio l’ultimo dei villaggi di epoca romana. Duemila anni fa era un insediamento fiorente, riportato molto spesso in letteratura: difficile non considerarlo sepolto da qualche parte in zona. E ancora: a meno di un chilometro dal Parco delle Sabine c’è la borgata Fidene. La toponomastica non può essere una questione di coincidenze.

GLI SCAVI ORA. “Quella che c’è oggi è tutta archeologia d’emergenza. Invece bisogna riuscire a governare il processo dell’urbanizzazione – spiega Walter Grossi, coordinatore dell’Associazione nazionale archeologi – con l’archeologia preventiva. Permetterebbe di fare dei sondaggi che abbiano una logica: prima ancora di scavare si fanno delle indagini non invasive e in base a queste non si fanno scavi d’emergenza come si fanno adesso. Così facendo, i soldi ci sarebbero da prima, ma non solo per scavare: anche per valorizzare, tenere aperte le strutture e pubblicare. Bisogna mettere l’archeologia al centro della programmazione urbanistica”.

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TUTELA PREVENTIVA. Esiste una legge sull’archeologia preventiva: è la 109 del 2005 che dispone, solo in caso di realizzazione di opere pubbliche, l’obbligo di trasmissione del progetto preliminare al soprintendente competente della zona, il quale può ordinare indagini preventive. Peccato che non si preveda, in genere, per opere private: il costruttore, come spiega Grossi, “prevede dei soldi per l’archeologia dall’inizio. Ma, non essendo obbligato a farsi carico della tutela, cerca di risparmiare proprio lì. L’archeologia preventiva farebbe risparmiare tempo e denaro, perché si saprebbe dove scavare e si potrebbero mettere in conto anche i soldi per la valorizzazione”.

Si procede con il remote sensing e la geofisica, il rilievo topografico, la cartografia storica e archeologica. Queste tecniche sono state utilizzate per lo studio preventivo per la realizzazione del completamento dell’autostrada tirrenica Livorno -Civitavecchia, come spiega Piergiorgio Rosso, ex-consigliere del IV Municipio, riprendendo un articolo comparso sul Sole24ore del 15 maggio 2011. A parlare è la professoressa Andreina Ricci dell’Università Tor Vergata, che afferma che “la mancata previsione (dei reperti, ndr) nuoce non solo all’economia della nuova opera pubblica ma anche alla scienza archeologica che si trova a dover organizzare scavi non programmati con procedure d’urgenza spesso lesivi del bene archeologico stesso”.

Purtroppo, spiega Francesco di Gennaro, “in altre regioni d’Italia funziona, a Roma no. Con questo Governo non ci sono fondi e in un così vasto territorio archeologico non si fanno. I costruttori si preoccupano prima di edificare: l’archeologia e gli spazi verdi vengono lasciati per ultimi. E per globalizzarsi, bisogna scegliere dei metodi”. L’archeologia preventiva potrebbe essere uno di questi.

I BENEFICI. Cosa comporterebbero queste tecniche in zone come quelle del Parco delle Sabine, destinate – per la loro vicinanza al Grande Raccordo Anulare – a diventare centralità pullulanti di cubature? “Oggi trovi per caso la strada: mappando prima, invece, la strada lo sapresti già che c’è e troveresti anche le strutture intorno: te ne accorgeresti già dalla foto aeree e con le antiche carte del territorio. Non vai a caso come vai adesso. Se c’è un sondaggio preventivo, recuperi i soldi prima e lavori con sondaggi mirati. Quanto costa scavare la strada? 10.000 euro. Li metti all’inizio. Non va bene che tu hai un budget di 5000 euro e con quelli devi fare tutto. L’archeologia non sta mai al progetto preliminare, ma in quello esecutivo. E i problemi sorgono dopo: il costruttore dice che queste cose lui non sa neanche se è obbligato a farle e la soprintendenza non sa se ha ragione. Noi stiamo nel paese dove si pensa ci sia il miglior codice dei beni culturali esistente: invece questa è archeologia da disperati”.

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