Mani di 'fatica' nel rione Sanità » Media http://ifg.uniurb.it/network/siragusa Solidarietà, miseria e ingegno. Il lavoro nel ghetto di Napoli - di Antonio Siragusa Thu, 27 Mar 2014 20:32:41 +0000 en-US hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.5.1 Solidarietà, miseria e ingegno. Il lavoro nel ghetto di Napoli - di Antonio Siragusa Mani di 'fatica' nel rione Sanità no Solidarietà, miseria e ingegno. Il lavoro nel ghetto di Napoli - di Antonio Siragusa Mani di 'fatica' nel rione Sanità » Media http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/category/media/ “A noi 2 euro, a Parigi 300” una scarpa dalla fame al lusso http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/04/10/le-cucitrici-di-scarpe/ http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/04/10/le-cucitrici-di-scarpe/#comments Tue, 10 Apr 2012 23:19:27 +0000 siragusa http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/?p=69 NAPOLI – “I don mai fisc sono il nostro problema. E’ per colpa loro che ci è rimasto poco da lavorare e facciamo la fame.” “Signora, chi sono i don mai fisc”? “I don mai fisc sono i cinesi. Così si chiamano qua.”

“Faccia gialla” a Napoli è un modo affettuoso per chiamare san Gennaro. La sua statua più famosa, infatti, è in argento dorato. E forse è per rispetto verso il patrono che i napoletani del rione Sanità hanno inventato il don mai fisc per riferirsi ai cinesi. Così li chiama anche la signora Lucia, un’artigiana delle scarpe.

“Lavorano di notte, non fanno 10-15 paia di scarpe o stivali al giorno come noi. Ne fanno 100-200. E poi sono pagati poco: se a noi danno 2 euro per un paio di scarpe, i cinesi le fanno per 50 centesimi e in poco tempo. E’ ovvio che un fabbricante vada da loro. Ma la differenza è che noi facciamo un prodotto di qualità, mentre loro fanno delle ‘ciabatte’”.

Lucia entra nel ‘basso’di Maria e Raffaelina, due amiche che cuciono come lei scarpe e stivali da donna in via Fontanelle. Qui dormono, mangiano e lavorano per 12-13 ore al giorno in una stanza lunga tre passi e larga quattro, con mura scalcinate piene di scritte tra il sacro e il profano, scarpe e buste appese ai chiodi e telai per la cucitura sui tavoli.

I nostri mariti sono disoccupati - racconta Maria -  e noi non riusciamo a tirare avanti. Prima lavoravamo in fabbrica ed eravamo contente, poi le fabbriche hanno chiuso e ci siamo guadagnate il pane in casa. Ma ora anche qui rischiamo di dover chiudere per la crisi”.

Raffaelina spiega anche chi commissiona loro le scarpe e dove vengono poi vendute: “Arrivano dei passanti dalle fabbriche e ci dicono il tipo e la quantità di paia da realizzare”. Dal suo ‘basso’  le calzature prendono strade impensabili. Il prodotto di questa manifattura se ne va infatti in giro per il mondo, a Parigi, Vienna, ma arriva anche nelle boutique di corso Garibaldi, vicino alla stazione di Napoli: “Le ho viste in una vetrina, non sono sicura ma sembravano proprio quelle fatte da noi. Il fatto è che non sappiamo quale marchio le acquista alla fine delle fabbricazione, dopo la fase di montaggio. L’unica cosa sicura è che arrivano a costare 250-300 euro nei negozi, mentre noi guadagniamo 1-2 euro a paia.

“Facciamo questo mestiere da quando eravamo bambine. Andavamo a scuola e lavoravamo al pomeriggio con i nostri genitori perché questo è un lavoro che si tramanda” spiega Raffaelina.

Le amiche si aiutano a vicenda. Se Lucia non riceve ordinazioni, Maria e Raffaelina la chiamano a lavorare per non lasciarla ‘a spasso’. E viceversa. Si tratta di un modello produttivo sempre più raro in giro per il mondo, ma che al rione Sanità sopravvive.  L’altra faccia della medaglia dell’illegalità.


 

 

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La storia di Napoli nel guanto dell’imprenditore anti-clan http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/04/10/squillace-la-storia-di-napoli-dietro-un-guanto/ http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/04/10/squillace-la-storia-di-napoli-dietro-un-guanto/#comments Tue, 10 Apr 2012 23:13:25 +0000 siragusa http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/?p=11 NAPOLI – Mauro Squillace ha ereditato dal nonno e poi dal padre una delle fabbriche di guanti più importanti del mondo, “Omega”. Una tradizione familiare lunga più di 100 anni, ma per lui all’inizio non è stato facile lavorare: “I grandi magazzini francesi, come La Fayette, mi chiudevano le porte in faccia negli anni ’70 perché ero giovane e napoletano. Ora sono loro a chiamarmi. All’estero esporto circa il 95 % della produzione. In Italia invece i grandi marchi come Versace e Armani passano per intermediari, che comprano prodotti di importazione a prezzi bassi”.

Poco apprezzato dai francesi, Squillace ha trasformato la sua napoletanità in un punto di forza: “La furbizia napoletana è un valore aggiunto se usato positivamente, per  risolvere i problemi. Se uno vuole essere furbo solo per essere furbo, lo fa una volta il commercio, poi si brucia completamente. Noi diamo un servizio prima, durante e dopo la vendita.”

Squillace vende 60 mila paia di guanti all’anno e non risente affatto della crisi. Il suo guanto entra ed esce dall’azienda una ventina di volte prima di essere pronto. Tutti i passaggi, dal taglio alla definizione, sono fatti a domicilio, come da tradizione napoletana. “Mi riempie di orgoglio sentir dire a uno straniero che la visita alla fabbrica è stata più interessante di quelle a chiese e musei. Una volta un canadese, dopo aver comprato un paio di guanti, mi ha detto: ‘Io non sto comprando un guanto, ma la storia di Napoli”.

“Offro lavoro soprattutto a persone che vivono qui alla Sanità. Per questo mi rispettano tutti, anche i camorristi. So benissimo che c’è la camorra qua. Nel post-terremoto vennero a chiedermi una percentuale sui lavori di ristrutturazione del palazzo, ma io li mandai a quel paese. Il parroco di santa Maria alla Sanità, padre Antonio Loffredo, è un mio amico. Lui manda qui dei ragazzi a fare l’apprendistato per imparare  il mestiere. E per togliere manodopera alla criminalità”.


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