Mani di 'fatica' nel rione Sanità http://ifg.uniurb.it/network/siragusa Solidarietà, miseria e ingegno. Il lavoro nel ghetto di Napoli - di Antonio Siragusa Thu, 27 Mar 2014 20:32:41 +0000 en-US hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.5.1 Solidarietà, miseria e ingegno. Il lavoro nel ghetto di Napoli - di Antonio Siragusa Mani di 'fatica' nel rione Sanità no Solidarietà, miseria e ingegno. Il lavoro nel ghetto di Napoli - di Antonio Siragusa Mani di 'fatica' nel rione Sanità http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it/network/siragusa Il cimitero delle Fontanelle raccontato dalla guida Susy http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/04/21/il-cimitero-delle-fontanelle-nel-racconto-di-susy-guida-delle-catacombe-di-napoli/ http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/04/21/il-cimitero-delle-fontanelle-nel-racconto-di-susy-guida-delle-catacombe-di-napoli/#comments Sat, 21 Apr 2012 09:54:37 +0000 siragusa http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/?p=741 [continua a leggere]]]> NAPOLI – “Ci sono persone anziane che ancora pregano sui teschi del cimitero delle Fontanelle. E non è stata abbandonata del tutto la tradizione di prendere una ‘capuzzella’ in adozione”. Susy Galeone è una guida delle catacombe di Napoli e fa parte della cooperativa “La paranza“, nata dalla parrocchia di santa Maria della Sanità. Qui racconta una delle leggende sul teschio del capitano spagnolo, emblematica del rapporto profondo e millenario del rione con la morte.

La cava del cimitero delle Fontanelle fu usata per trasferire i resti dei morti dal 1656, anno della peste che provocò circa trecentomila morti a Napoli, fino all’epidemia di colera del 1836. Poi, a questi resti, si aggiunsero  anche le ossa provenienti dalle chiese bonificate e da altri scavi fino alla seconda guerra mondiale. Oltre a quelli dei morti per le epidemie, molti teschi sono dei poveri che non potevano permettersi una degna sepoltura.

 

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Padre urlatore, figli ‘fruttaioli’ “Il mercato è la nostra casa” http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/04/20/il-mercato-e-la-nostra-casa/ http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/04/20/il-mercato-e-la-nostra-casa/#comments Fri, 20 Apr 2012 14:23:52 +0000 siragusa http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/?p=79 NAPOLI – Il cuore pulsante della Sanità è il mercato rionale, aperto tutti i giorni dall’alba al tramonto nella zona dei Vergini. Quasi tutti i venditori ambulanti si lamentano della crisi, del calo di clienti e dell’aumento dei prezzi della benzina. “Clementine a 1 euro, zucca a 1 euro al kilo, dieci teste di carciofi a 3 euro, tre teste di finocchio a 1 euro, insalata 50 centesimi. I prezzi sono abbordabili – dice Ciro – ma la gente quest’anno sta spendendo la metà della metà rispetto agli anni passati”.

Questo è un mestiere che si tramanda di padre in figlio. “Noi siamo la terza generazione, è da più di 100 anni che siamo qua – dice Gaetano Moccia, che gestisce insieme ai fratelli una bottega ortofrutticola in via Fuori porta san Gennaro – E ce ne sarà pure una quarta: questo lavoro ce l’abbiamo nel sangue, lo facciamo con passione”.

Il padre di Gaetano si chiama Vincenzo e ha 80 anni. Cappellino e benda sull’occhio sinistro, sta sulla porta della bottega e urla, utilizzando il diaframma come un cantaor flamenco. Gli si gonfia anche una vena sul collo quando emette i suoni. Nelle belle giornate, si porta una sedia di legno e inizia a gridare per attirare i clienti, elencando le offerte del giorno. Quello che dice è incomprensibile per chi non è del rione, ma sembra avere grande successo perché decine di persone si fermano a comprare la frutta e gli ortaggi. A gestire l’attività, ora che lui è anziano, sono i figli ma lui continua a dare il suo contributo da urlatore.

“Non abbiamo risentito molto della crisi perché vendiamo a prezzi ‘di battaglia’ – spiega Gaetano – Guadagniamo sul quantitativo. Con la concorrenza, però, ora dobbiamo lavorare più di un tempo. E inventarci qualcosa che gli altri fruttivendoli non hanno. Mio padre è ormai l’unico vecchio che urla al mercato, è la sua passione e alla gente piace perché molti anni fa ce n’erano tanti come lui. Così ce lo portiamo dietro e lo mettiamo lì a fare un po’ di teatrino. Comunque, anche se la crisi è brutta, riusciamo a difenderci”.

 

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Le due vite di Vittoria: fotografa e donna delle pulizie http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/04/19/vittoria-fotografa-e-donna-delle-pulizie/ http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/04/19/vittoria-fotografa-e-donna-delle-pulizie/#comments Thu, 19 Apr 2012 14:24:38 +0000 siragusa http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/?p=81 NAPOLI – Vittoria Di Giovanniniello sfida la crisi facendo due lavori: la collaboratrice domestica e la fotografa. Racconta la sua storia in un piccolo studio fotografico allestito dalla Rete Sanità al Supportico Lopez. “Facevo le fotografie alle recite di uno dei miei quattro figli. Un’amica le ha viste e se ne è innamorata, così mi ha consigliato di organizzare una mostra con le altre mamme che avevano la mia stessa passione. Abbiamo iniziato a uscire, con la pioggia e il sole, per fotografare la vita del nostro quartiere. Alla fine siamo riuscite ad organizzare la mostra, che è stata un successone.”

“Ormai non posso più separarmi dalla macchina fotografica, ce l’ho sempre con me. Mi chiamano spesso per lavorare alle comunioni, ai compleanni e ai battesimi. E quest’anno vorrei anche dedicarmi ai matrimoni, ma non so se sono pronta. Ho ancora tanto da imparare”.
Eppure Vittoria continua a fare quello che ha sempre fatto da quando, giovanissima, è diventata madre per la prima volta. “Non posso permettermi di fare solo la fotografa, non guadagno abbastanza. Continuo a fare anche la donna delle pulizie: il lavoro nobilita l’uomo e non mi sono affatto montata la testa per il talento artistico che ho scoperto di avere.”

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Padre Antonio: “Le fondazioni ci aiutano a realizzare i sogni” http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/04/12/padre-antonio-le-fondazioni-ci-aiutano-a-realizzare-i-sogni/ http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/04/12/padre-antonio-le-fondazioni-ci-aiutano-a-realizzare-i-sogni/#comments Thu, 12 Apr 2012 08:51:37 +0000 siragusa http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/?p=368 [continua a leggere]]]> NAPOLI – I ragazzi che frequentano la parrocchia di Santa Maria della Sanità,  col sostegno di padre Antonio Loffredo, si sono organizzati in associazioni e cooperative per valorizzare le loro capacità e le  risorse storiche e artistiche del quartiere. “Qui i politici vengono solo per i loro interessi elettorali, quindi non ci potevamo aspettare di avere un aiuto dal pubblico – dice padre Antonio – Allora dei privati, spesso persone che nella società hanno raggiunto livelli molto elevati, ci hanno aiutato a realizzare i nostri sogni e a reperire i bandi delle fondazioni“.

Così è nata la cooperativa “La paranza“, formata da giovani guide delle catacombe di san Gennaro e san Gaudioso, “L’officina dei talenti”, che si occupa dei lavori di restauro del patrimonio ecclesiastico, i doposcuola e altre iniziative in ambito artistico e culturale: un’orchestra per bambini, un gruppo di danza e uno teatrale.  ”Ma prima di tutto li abbiamo fatti viaggiare – continua padre Antonio – per farli uscire dal ‘ghetto’ e aiutarli ad aprire la mente”.  Napoli è stata sempre abituata ad accogliere altri popoli, sin dai tempi antichi, per cui “non c’è nessun rischio che il quartiere perda la sua identità con l’arrivo di persone da altri Paesi, come i cinesi, gli srilankesi e gli arabi”. La mescolanza e la contaminazione sono degli elementi di forza della città.

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Padre Zanotelli: le due Napoli che non si vogliono incontrare http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/04/12/padre-zanotelli-il-rischio-di-futuri-conflitti-tra-le-due-napoli/ http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/04/12/padre-zanotelli-il-rischio-di-futuri-conflitti-tra-le-due-napoli/#comments Thu, 12 Apr 2012 07:30:58 +0000 siragusa http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/?p=360 [continua a leggere]]]> NAPOLI – “Ormai in pochi pagano il pizzo nel rione e la camorra ha perso in gran parte il controllo, limitato al traffico di droga”. Per Alex Zanotelli il vero problema è la mentalità mafiosa e il muro che si è creato tra il quartiere e il resto della città.

Padre Zanotelli fa parte della comunità missionaria dei comboniani. Dopo aver vissuto in Sudan e poi in Kenia per dodici anni, ha deciso di tornare in Italia e ha scelto la Sanità per proseguire la sua attività di missionario: “ho scelto il Sud perché è quello che ha pagato il prezzo dello sviluppo del Nord, e ho scelto Napoli perché mi sembrava la città con i problemi più seri. Non sarei riuscito a vivere in un contesto come Scampia, dove si è totalmente isolati, così son venuto in questo quartiere per lavorare in una realtà difficile, ma stando in mezzo alla gente”.

Ascolta l’audio di Alex Zanotelli

 


 

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“A noi 2 euro, a Parigi 300” una scarpa dalla fame al lusso http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/04/10/le-cucitrici-di-scarpe/ http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/04/10/le-cucitrici-di-scarpe/#comments Tue, 10 Apr 2012 23:19:27 +0000 siragusa http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/?p=69 NAPOLI – “I don mai fisc sono il nostro problema. E’ per colpa loro che ci è rimasto poco da lavorare e facciamo la fame.” “Signora, chi sono i don mai fisc”? “I don mai fisc sono i cinesi. Così si chiamano qua.”

“Faccia gialla” a Napoli è un modo affettuoso per chiamare san Gennaro. La sua statua più famosa, infatti, è in argento dorato. E forse è per rispetto verso il patrono che i napoletani del rione Sanità hanno inventato il don mai fisc per riferirsi ai cinesi. Così li chiama anche la signora Lucia, un’artigiana delle scarpe.

“Lavorano di notte, non fanno 10-15 paia di scarpe o stivali al giorno come noi. Ne fanno 100-200. E poi sono pagati poco: se a noi danno 2 euro per un paio di scarpe, i cinesi le fanno per 50 centesimi e in poco tempo. E’ ovvio che un fabbricante vada da loro. Ma la differenza è che noi facciamo un prodotto di qualità, mentre loro fanno delle ‘ciabatte’”.

Lucia entra nel ‘basso’di Maria e Raffaelina, due amiche che cuciono come lei scarpe e stivali da donna in via Fontanelle. Qui dormono, mangiano e lavorano per 12-13 ore al giorno in una stanza lunga tre passi e larga quattro, con mura scalcinate piene di scritte tra il sacro e il profano, scarpe e buste appese ai chiodi e telai per la cucitura sui tavoli.

I nostri mariti sono disoccupati - racconta Maria -  e noi non riusciamo a tirare avanti. Prima lavoravamo in fabbrica ed eravamo contente, poi le fabbriche hanno chiuso e ci siamo guadagnate il pane in casa. Ma ora anche qui rischiamo di dover chiudere per la crisi”.

Raffaelina spiega anche chi commissiona loro le scarpe e dove vengono poi vendute: “Arrivano dei passanti dalle fabbriche e ci dicono il tipo e la quantità di paia da realizzare”. Dal suo ‘basso’  le calzature prendono strade impensabili. Il prodotto di questa manifattura se ne va infatti in giro per il mondo, a Parigi, Vienna, ma arriva anche nelle boutique di corso Garibaldi, vicino alla stazione di Napoli: “Le ho viste in una vetrina, non sono sicura ma sembravano proprio quelle fatte da noi. Il fatto è che non sappiamo quale marchio le acquista alla fine delle fabbricazione, dopo la fase di montaggio. L’unica cosa sicura è che arrivano a costare 250-300 euro nei negozi, mentre noi guadagniamo 1-2 euro a paia.

“Facciamo questo mestiere da quando eravamo bambine. Andavamo a scuola e lavoravamo al pomeriggio con i nostri genitori perché questo è un lavoro che si tramanda” spiega Raffaelina.

Le amiche si aiutano a vicenda. Se Lucia non riceve ordinazioni, Maria e Raffaelina la chiamano a lavorare per non lasciarla ‘a spasso’. E viceversa. Si tratta di un modello produttivo sempre più raro in giro per il mondo, ma che al rione Sanità sopravvive.  L’altra faccia della medaglia dell’illegalità.


 

 

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La storia di Napoli nel guanto dell’imprenditore anti-clan http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/04/10/squillace-la-storia-di-napoli-dietro-un-guanto/ http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/04/10/squillace-la-storia-di-napoli-dietro-un-guanto/#comments Tue, 10 Apr 2012 23:13:25 +0000 siragusa http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/?p=11 NAPOLI – Mauro Squillace ha ereditato dal nonno e poi dal padre una delle fabbriche di guanti più importanti del mondo, “Omega”. Una tradizione familiare lunga più di 100 anni, ma per lui all’inizio non è stato facile lavorare: “I grandi magazzini francesi, come La Fayette, mi chiudevano le porte in faccia negli anni ’70 perché ero giovane e napoletano. Ora sono loro a chiamarmi. All’estero esporto circa il 95 % della produzione. In Italia invece i grandi marchi come Versace e Armani passano per intermediari, che comprano prodotti di importazione a prezzi bassi”.

Poco apprezzato dai francesi, Squillace ha trasformato la sua napoletanità in un punto di forza: “La furbizia napoletana è un valore aggiunto se usato positivamente, per  risolvere i problemi. Se uno vuole essere furbo solo per essere furbo, lo fa una volta il commercio, poi si brucia completamente. Noi diamo un servizio prima, durante e dopo la vendita.”

Squillace vende 60 mila paia di guanti all’anno e non risente affatto della crisi. Il suo guanto entra ed esce dall’azienda una ventina di volte prima di essere pronto. Tutti i passaggi, dal taglio alla definizione, sono fatti a domicilio, come da tradizione napoletana. “Mi riempie di orgoglio sentir dire a uno straniero che la visita alla fabbrica è stata più interessante di quelle a chiese e musei. Una volta un canadese, dopo aver comprato un paio di guanti, mi ha detto: ‘Io non sto comprando un guanto, ma la storia di Napoli”.

“Offro lavoro soprattutto a persone che vivono qui alla Sanità. Per questo mi rispettano tutti, anche i camorristi. So benissimo che c’è la camorra qua. Nel post-terremoto vennero a chiedermi una percentuale sui lavori di ristrutturazione del palazzo, ma io li mandai a quel paese. Il parroco di santa Maria alla Sanità, padre Antonio Loffredo, è un mio amico. Lui manda qui dei ragazzi a fare l’apprendistato per imparare  il mestiere. E per togliere manodopera alla criminalità”.


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B&b di lusso nel vicolo povero: “Questo è un rione-specchio” http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/04/02/bed-and-breakfast-di-lusso/ http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/04/02/bed-and-breakfast-di-lusso/#comments Mon, 02 Apr 2012 18:10:16 +0000 siragusa http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/?p=181

Davide nel suo bed and breakfast "Casa D'Anna"

NAPOLI – Davide è un architetto napoletano. Emigrato per 17 anni a Parigi, è tornato al rione Sanità una decina di anni fa per aprire un bed and breakfast di lusso, “Casa D’Anna“, in un palazzo storico di via dei Cristallini, uno dei vicoli più poveri di Napoli.

Qui si ha la sensazione di trovarsi nel vicolo delle commedie di Eduardo De Filippo: se chiedi un’informazione a una persona, dopo pochi secondi  in tanti si affacciano dalle finestre o escono dai negozi per dire la loro. 

Lo scozzese Ken ci mostra le stanze di "Casa D'anna"

La Sanità è un quartiere specchio. Quando arrivano qui, molti italiani e anche i napoletani dei quartieri alti hanno paura perché hanno fatto la fame fino a poco tempo fa. Qui, a contatto col popolo, è come se si guardassero allo specchio e rivedessero il loro passato. La paura nasce dalla loro povertà d’animo”.

“Io ci vivo qui e ti posso assicurare che ci sono molte persone oneste, gentili, molti lavoratori. Ed è un quartiere originale, come il Bronx a New York, dove le persone vanno per cercare le vibrazioni. Soltanto che la gente del popolo ha la sua maniera di mostrarsi e di relazionarsi e questo fa paura. Sono un po’ come gli africani”.

Davide gestisce l’attività con due amici: il francese Pierre e lo scozzese Ken. L’appartamento, con quattro stanze per gli ospiti, è stipato di opere d’arte. Qui arrivano soprattutto turisti francesi e artisti. “Mi ero stancato di vivere in una zona ricca di Parigi. Sono tornato perché questo è un quartiere attraente. Avevo voglia di cose semplici, di un piccolo paradiso dove poter gestire un’attività mia.

Davide col francese Pierre

Pierre, che è venuto qui per trascorrere la pensione, dice che la Sanità è un un gioiello, ma che non è valorizzato. “Vorremmo che venisse più gente da fuori. Il rione potrebbe diventare come Trastevere a Roma“.

Per loro, comunque, questo non è un business. “E’ più una cosa fatta per passione – continua Davide – Ogni tanto ci piace comprare l’oggetto bello ma si vivicchia, non navighiamo nell’oro”.

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La fabbrica ha chiuso, arriva il “microaiuto” della serenità http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/03/31/microcredito-bomboniere/ http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/03/31/microcredito-bomboniere/#comments Sat, 31 Mar 2012 14:58:23 +0000 siragusa http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/?p=87 NAPOLI – Dopo la chiusura della sua fabbrica, Salvatore Catapano ha dovuto lasciare il lavoro che amava: decorare bomboniere. Ha così deciso di aprire un negozio di bomboniere e di articoli da regalo insieme alla moglie in via Macedonio-Melloni. All’inizio non è stato facile, poi un amico gli ha detto che nel rione Sanità esiste un sistema di microcredito per le piccole attività commerciali. Simile a quello nato nei paesi in via di sviluppo per favorire l’accesso ai servizi finanziari a persone in condizioni di povertà o emarginazione.

Un sistema che in Italia esiste dal 2006 e a Napoli è promosso da una rete di associazioni chiamata Rete Sanità e coordinata dal missionario comboniano Alex Zanotelli. Salvatore e la moglie hanno così ottenuto un finanziamento di 12 mila euro da Banca Popolare Etica. A interessi dell’1% e rimborsabili in sette anni. Una sorta di prestito d’onore.

“E’ stato un aiuto prezioso dopo aver avviato l’attività con le nostre forze. Mia moglie ha pianto per due ore quando ci hanno comunicato di aver ottenuto il finanziamento, che ci ha dato la possibilità di acquistare tutto il materiale per il Natale.”

“Per concedere il prestito, la banca ci richiedeva un locale già avviato con licenza e iscrizione alla camera di commercio. Inoltre non dovevamo avere carichi pendenti: quando abbiamo avuto prestiti in passato, li abbiamo sempre ripagati correttamente. Ha influito molto anche il fatto che io avessi perso il lavoro”.

Ma in un rione come la Sanità resta la diffidenza di molte persone rispetto a questo tipo di aiuto: “Molti non sono informati di questa possibilità, altri non credono che in tempi di crisi ci sia qualcuno che ti può dare davvero una mano. Pensano che non ci si possa fidare. E’ un peccato perché ora noi guardiamo al futuro con più ottimismo.  Anche se io e mia moglie non abbiamo più vita privata, siamo sempre in negozio”.

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Mani libere e mani in nero nel ghetto del made in Italy http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/03/31/il-quartiere-sospeso-tra-i-colori-del-mercato-e-le-capuzzelle-dei-morti/ http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/2012/03/31/il-quartiere-sospeso-tra-i-colori-del-mercato-e-le-capuzzelle-dei-morti/#comments Sat, 31 Mar 2012 07:37:29 +0000 siragusa http://ifg.uniurb.it/network/siragusa/?p=42 NAPOLI – Si fa fatica a pensare che per secoli abbia regnato il silenzio in questo rione. Prima i greci, dal III-IV secolo a. C., poi i cristiani scelsero la Sanità come luogo per la  sepoltura dei morti . La roccia di tufo e la vicinanza con la città greco-romana, infatti, si prestavano allo scavo e alla costruzione di una necropoli.

Oggi il rione è un viavai di gente e motorini. Sembra la medina di una città araba per i negozi e le bancarelle di ogni tipo, per le strade strette in cui il sole non penetra mai, mentre ricorda un quartiere di periferia di una grande metropoli per le persone di ogni razza e provenienza che si incontrano.

Qui la vita ruota intorno al lavoro e al bisogno di guadagnarsi la giornata.  Arrivando da via Foria e lasciandosi alle spalle il centro storico, si entra subito nel cuore pulsante del rione:  il mercato. Aperto dall’alba al tramonto, è un’esplosione di voci e colori. Vincenzo Moccia è un vecchio urlatore che invita i clienti a comprare mandarini e insalata alla bottega in cui lavorano i suoi figli, terza generazione di fruttivendoli.  Sembra avere successo perché molti si fermano a comprare la frutta, mentre davanti alle altre botteghe non c’è nessuno.

In ogni vicolo della Sanità c’è  una fabbrica diffusa, in nero ma alla luce del sole. Piccole stanze, scantinati, “bassi” dove si fabbricano tacchi, scarpe, guanti, borse e cinture, che finiscono spesso nei grandi negozi alla moda di Parigi, Milano, o degli Stati Uniti. Ognuna può ospitare fino a 15 operai-artigiani, in gran parte donne. Si lamentano della concorrenza dei cinesi, soprattutto nel settore delle scarpe, perché devono adeguarsi ai loro prezzi per non chiudere.

Raffaelina e Lucia sono amiche e lavorano in due “bassi” di via Fontanelle in cui si fabbricano scarpe. Se una non riceve commissioni, l’altra la chiama a lavorare. Amicizia e solidarietà vengono prima di profitto e concorrenza in questo rione. Un modello produttivo sempre più raro, ma che qui sopravvive. L’altra faccia della medaglia dell’illegalità.

Il consigliere della terza municipalità di Napoli Francesco Ruotolo

“Il lavoro nero è la regola nel quartiere – spiega il consigliere di municipalità Francesco Ruotolo – I controlli sono inesistenti e tutto questo apparato produttivo si regge sulla non legalizzazione. Se le paghe fossero sindacali e se l’imprenditore pagasse le imposte, salterebbero i profitti e l’occupazione. Esiste, perciò, un tacito accordo tra sindacati, che qui non esistono, e artigiani, che sanno che la contrattualizzazione sarebbe la fine del loro lavoro”.

Ogni famiglia è un apparato produttivo che produce tanti piccoli redditi.  Come dice Ruotolo “c’è la pensione sociale dell’anziano, l’accompagnamento di invalidità del nonno sulla sedia a rotelle, i 500 euro al mese del lavoro nero nel settore dell’abbigliamento, il padre che fa il venditore ambulante, la figlia che fa la baby sitter. Quando questi redditi o parte di essi vengono a mancare, ecco che la camorra diventa una facile alternativa col traffico di droga e l’illegalità violenta, delinquenziale, omicida. Perciò il lavoro nero è il male minore”.

Ascolta la testimonianza di Francesco Ruotolo

Camminando nel rione,  si possono però trovare anche esempi di legalità e di eccellenza del lavoro, come Omega, una delle fabbriche del guanto più importanti al mondo, in via Stella. Nata più di 100 anni fa, è gestita ora da Mauro Squillace, imprenditore napoletano che l’ ha ereditata dal nonno e poi dal padre. Vende 60 mila paia di guanti all’anno e non risente affatto della crisi. “C’è bisogno di passione per fare questo mestiere, altrimenti non vale neanche la pena iniziare” dice. Per togliere manodopera alla camorra, invita i ragazzi della Sanità a fare apprendistato nella sua fabbrica e ad imparare l’arte del guanto.

La storia di Squillace è un’eccezione in un rione in cui la crisi economica e l’arrivo di manodopera straniera hanno portato alla chiusura di botteghe e aziende. Così molti si sono ritrovati senza lavoro.

Salvatore Catapano lavorava come decoratore di bomboniere in una fabbrica. Ha perso il posto perché l’azienda ha chiuso e ha deciso di aprire assieme alla moglie un negozio di bomboniere in via Macedonio Melloni. In parte con le proprie forze, in parte grazie a un sistema di microcredito, presente nel rione, che aiuta a finanziare le piccole attività commerciali.

Di fronte alle difficoltà economiche, legate anche alla crisi, c’è chi ha saputo sfruttare il proprio talento “inventandosi” un secondo lavoro. Vittoria Di Giovanniniello, madre di quattro bambini, fa la collaboratrice domestica, ma  ha scoperto di avere anche un talento per la fotografia. Ha un piccolo studio al Supportico Lopez, messole a disposizione da una rete di associazioni della Sanità. Fotografa alle comunioni, ai compleanni e ai battesimi : “il lavoro nobilita l’uomo, non mi sono affatto montata la testa per il talento artistico che ho scoperto di avere”.

SGUARDI SUL QUARTIERE – Antonio Caiafa è un filmaker e gestisce un blog che è una voce del rione. Tra 2008 e 2009 i cittadini del rione hanno protestato  contro la trasformazione del vecchio cinema del rione in supermercato e hanno occupato il parco san Gennaro e il cimitero delle Fontanelle per riappropriarsi degli spazi pubblici che erano loro negati. Allora Caiafa  ha realizzato un documentario intitolato “I moti spontanei“.

Via dei Cristallini si trova nella zona più povera del quartiere, a due passi dal mercato dei Vergini. Proprio qui, in uno splendido palazzo storico al civico 138,  Davide ha aperto una decina di anni fa un bed and breakfast di lusso. Per lui,  che di lavoro ha sempre fatto l’architetto di interni, è stato un ritorno a Napoli dopo aver vissuto a lungo in un quartiere borghese di Parigi. Voleva ritrovare una vita semplice e rilassata, a contatto col popolo. Un piccolo paradiso dove poter coltivare i suoi interessi. Così ha convinto due amici, Pierre e Ken, a trasferirsi a Napoli dalla Francia e dalla Scozia e ad avviare con lui questa attività. Da loro arrivano soprattutto turisti francesi e artisti, mentre gli italiani non sono molto graditi “perché non capiscono che questo  è un quartiere originale, come il bronx a New York”.

Attorno alla parrocchia di santa Maria della Sanità sono nate cooperative e associazioni di giovani finanziate da privati e fondazioni, soprattutto grazie all’impegno di padre Antonio Loffredo. Dal suo ‘osservatorio’ speciale sul quartiere, racconta come ha aiutato i ragazzi nella realizzazione dei loro progetti e iniziative.  “Per prima cosa li abbiamo fatti viaggiare perché questo è un ghetto per come è stato concepito dal punto di vista urbanistico e i giovani hanno bisogno di aprire la mente. Poi sono nate tante realtà interessanti in ambito culturale, come l’orchestra dei bambini, il teatro, l’officina dei talenti del restauro, i doposcuola”.

Susy Galeone fa parte della cooperativa “La paranza” e lavora come guida turistica nelle catacombe che attraversano il rione: san Gennaro e san Gaudioso. E’ una dei tanti giovani che, grazie alla parrocchia, è riuscita ad avere un impiego a tempo indeterminato. “Il rapporto del rione con la morte è millenario e ancora oggi si respira nell’aria” racconta.

Anche il missionario comboniano Alex Zanotelli lavora in questo rione da sette anni e coordina la rete di associazioni della Sanità. Per lui, la camorra ha perso molta della sua forza nel rione. Pochi sono i negozianti che pagano il pizzo, ma “quello che preoccupa di più è la mentalità mafiosa, il fatto di far finta di niente”.  La Sanità è un ghetto dalla fine del Settecento, quando fu costruito il ponte che isolò per sempre il quartiere. “Non c’è dialogo tra il rione e il resto della città. Ci sono due città che non vogliono parlarsi: un muro che potrebbe creare futuri conflitti se non viene abbattuto”.  “Eppure  - aggiunge – vedo poveri che aiutano i più poveri e tante associazioni che lavorano insieme  per migliorare le cose”.

Per Zanotelli il rione ha un passato straordinario ed è da queste radici che bisogna partire per guardare al futuro. “Scampia è un posto spaventoso, da abbattere e ricostruire, senza storia né radici, dove ci si sente totalmente isolati. Qui almeno si è in mezzo a gente orgogliosa della sua storia”.

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