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Ossigeno per l’informazione, il censimento dei giornalisti coraggio

di    -    Pubblicato il 11/01/2012                 
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IC sta per intrusione in casa, BC per bomba carta, AVV per avvertimento. Sono queste alcune delle sigle che accompagnano il lungo elenco di nomi dei giornalisti minacciati in Italia e indicati dall’osservatorio “Ossigeno per l’informazione”. Professionisti, pubblicisti e precari che continuano il loro mestiere sotto intimidazioni e aggressioni. Cronisti che si mettono in prima linea e diventano scomodi in situazioni sature di criminalità e malavita. Sono 324 i giornalisti minacciati lo scorso anno, 4 dall’inizio di questo 2012 appena iniziato. Un numero destinato a crescere, se si pensa ai 400 totali tra 2009 e 2010. “Ossigeno” è stato istituito nel 2008 dalla Federazione nazionale stampa italiana e dall’Ordine nazionale dei Giornalisti con la partecipazione di Articolo 21, Liberainformazione, Unione nazionale cronisti italiani. Lo scopo è quello di documentare e analizzare un fenomeno in aumento, stilando un rapporto annuale.

L’INIZIATIVA. Direttore del progetto è Alberto Spampinato, consigliere nazionale FNSI, che sul sito racconta come è nato tutto: “Ci sono idee che faticano ad emergere, ma quando entrano in circolo si propagano in modo inarrestabile. E’ stato così per l’idea che in Italia i giornalisti, per fare un’attività sindacale efficace e credibile, devono occuparsi di più dei  cronisti minacciati, intimiditi, vittime di abusi giudiziari, e devono ricordare ad ogni passo la memoria dei giornalisti italiani uccisi e la lezione che si ricava dalle loro storie”. Oltre a monitorare, l’associazione organizza incontri e seminari con lo scopo di non lasciare solo chi incappa in queste situazioni.

MINACCE DI MORTE. Uno di loro è Ferdinando Piccolo, 25 anni, collabora al Quotidiano della Calabria: “Ho subito finora tre minacce. La prima l’11 settembre 2010, con 5 proiettili e la scritta: Sei un morto che cammina, sei di Bovalino, scrivi di Bovalino”. La seconda lettera arriva a distanza di una settimana con 3 proiettili e la scritta: Non hai ancora capito nulla, sappiamo chi sei, cosa fa tua sorella, che macchina hai, sei un morto che cammina. “L’ultima minatoria risale a dicembre scorso – aggiunge Ferdinando-  hanno bucato tutte le gomme della mia macchina e hanno lasciato una lettera con scritto: Ti uccidiamo il giorno di Natale”. Quando le avvertenze si fanno così pesanti, le autorità prendono provvedimenti: “I carabinieri mi hanno fatto da scorta fino a Marzo. Non ero mai solo, avevo la volante sotto casa, dovevo comunicare tutto, i miei spostamenti, con chi ero, cosa facevo. Sono stato costretto a trascorrere il capodanno fuori, a Messina. Poi non hanno fatto più sapere nulla, nessuna indagine, nessun colpevole”.

NUOVI PERICOLI. Uno dei casi nel mirino da gennaio 2012 è Nicola Lopreiato, caposervizio di Gazzetta Sud a Vibo Valentia. “Non rompere” queste le parole spedite dal boss Leone Soriano, che è in carcere, in una lettera di minacce rivolte al giornalista che con i suoi pezzi racconta dell’attività mafiosa dell’omonima cosca di Filandari. “Invece di rompere ogni giorno con la cosca Soriano, che non esiste e non e’ mai esistita – scrive il boss Soriano – pensa di piu’ alla tua famiglia che e’ meglio per tutti”. La situazione nel vibonese si è fatta più tesa dallo scorso novembre, quando per ordine della DDA di Catanzaro, i carabinieri hanno fermato dieci presunti affiliati alla cosca, accusati di attentati intimidatori a commercianti e imprenditori della zona. Dopo la lettera minatoria, il giornalista ha ricevuto diverse attestazioni di solidarietà. “Non mi son sentito solo – afferma  Nicola- la prefettura ha disposto una vigilanza generica, però una persona che volesse colpirti in queste situazioni, troverebbe comunque il modo di farlo”.

Oltre a lettere e proiettili, ci sono altre modalità di minacce, specie quando si lavora in un territorio dove c’è una diffusa presenza mafiosa: le denunce. “Quando una persona, un colletto bianco, arriva a chiederti un risarcimento succede perché tu hai dato notizia che quella persona è indagata in una certa operazione” conclude Lopreiato, aggiungendo un altro rischio, quello dell’autocensura: quando un cronista evita di andare a fondo su un fatto per paura di azioni legali contro di lui.

AVERE LA SCORTA A MODENA.Un collaboratore della Gazzetta di Modena, Giovanni Tizian, 29 anni, da una quindicina di giorni vive sotto scorta. Le inchieste di Tizian trattano di criminalità organizzata e infiltrazioni mafiose al Nord. Poche settimane fa ha pubblicato un libro chiamato Gotica. “Cerco di trovare il modo – afferma Giovanni – di continuare a fare questo mestiere, e sono sicuro che lo troverò. Non ho quella libertà di movimento che mi servirebbe, ma mica ci rinuncio. Non penso che un giornalista possa cambiare il mondo, ma credo nell’ utilità sociale del mestiere di giornalista”.

LA TRAPPOLA IN AULA. Tra le ultime novità segnalate dall’Osservatorio c’è un incremento di  denunce per diffamazione (che la maggior parte delle volte mandano assolto il cronista), e un aumento di minacce on line da parte di gruppi e profili anonimi, spesso organizzati sui social network.

SI VA AVANTI. Nonostante le ruote della macchina bucate e le missive pericolose, non c’è spazio ai ripensamenti: “Certo che proseguo nel mio lavoro – risponde Ferdinando Piccolo – scrivo sempre di ‘ndrangheta. Come diceva Borsellino, chi ha paura di morire muore ogni giorno, chi non ha paura, muore una sola volta. La paura fa parte della nostra vita. La paura ci fa andare avanti nel nostro lavoro”. Se da una parte c’è la paura dall’altra c’è il coraggio. Il significato dell’osservatorio sta in poche parole postate sul sito. Ossigeno è un nome non casuale: “Richiama un concetto elementare: ogni società libera e democratica ha bisogno vitale di libertà di informazione e di espressione come il corpo umano ha bisogno di ossigeno.”

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