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Tagli alla Sanità: i sindaci in Regione per ribadire il loro “No”

di    -    Pubblicato il 23/04/2013                 
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I sindaci della provincia tornano in Regione per ribadire il “No” al piano d’area vasta che prevederebbe la riconversione e il depotenziamento degli ospedali dell’entroterra e il taglio di numerosi reparti anche nei grandi ospedali.

I primi cittadini di Cagli, Fossombrone, Saltara, Montefelcino, Isola del Piano, Sant’Ippolito e San Giorgio di Pesaro non ci stanno e lo hanno fatto presente stamattina al presidente del consiglio regionale Vittoriano Solazzi e all’assessore alla Sanità Almerino Mezzolani, oltre che alla conferenza dei capigruppo. Una contrarietà unanime quella espressa dai sindaci dell’entroterra, già esternata negli incontri precedenti come quello del 9 aprile scorso a Urbino.

Al centro delle proteste ancora la distribuzione dei posti letto e il generale “abbandono dell’entroterra” che gli amministratori imputano alla Regione che ha redatto il piano sanitario attuando i tagli della Spending review.
Solazzi ha “preso atto” delle proteste e, pur ribadendo la necessità della ristrutturazione, ha aggiunto che “quando si applicano queste misure, non si può prescindere dalla trasparenza nei processi di decisione”: uno dei punti che sindaci e cittadini avevano contestato nei giorni scorsi, infatti, era proprio il metodo di redazione del nuovo piano.

La Regione, a questo punto, potrebbe fare un piccolo passo indietro: questa è l’idea emersa dall’incontro dei sindaci con l’assessore regionale alla Sanità Almerino Mezzolani, che ha annunciato futuri incontri con i primi cittadini per comunicare eventuali modifiche al piano di riorganizzazione. “Vedremo quali saranno i risultati – commenta il sindaco di Cagli Patrizio Catena – terremo conto di quello che ci verrà detto per vedere se c’è vera volontà di ridare ai nostri territori una sanità più equa. Fino a quel momento non possiamo esprimerci. Sappiamo solo che il piano originale non ci piace”.

Secondo alcuni dei sindaci il documento sarebbe stato approvato “sottobanco” negli uffici anconetani, penalizzando la provincia di Pesaro e Urbino e lasciando invariata la situazione delle province più grandi, in particolare quella del capoluogo.

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