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Non più tagli: l’editoria italiana vuole ripartire da un accordo con Google

Il Manifesto, uno dei giornali che riceve finanziamenti

Finanziamenti pubblici sì, finanziamenti pubblici no. L’Italia si divide tra i paladini del sostegno pubblico all’editoria e chi la combatte da sempre. Un confronto inevitabile in un periodo in cui Beppe Grillo attacca la stampa quasi ogni giorno, con dure accuse (se non minacce) ai giornalisti e fa della cancellazione dei contributi un suo cavallo di battaglia.

L’Italia e il nuovo governo di Enrico Letta non ha intenzione di chiudere i rubinetti. Il nuovo sottosegretario all’Editoria, Giovanni Legnini, lo ha fatto capire chiaramente. Il suo primo obiettivo è strappare a Google quello che François Hollande ha ottenuto per l’editoria francese. Il colosso di Mountain View verserà nelle casse transalpine 60 milioni di euro ogni anno, che verranno destinati a un fondo, il digital publishing fund, dedicato alla digitalizzazione delle imprese editoriali. Un modello che, se applicato all’Italia, potrebbe coprire i 70 milioni di euro attualmente previsti per le imprese editoriali italiane.

Un’altra idea che Legnini vorrebbe portare avanti è quella di certificare la qualità dei giornali online distinguendo l’informazione professionale dal “marasma” dei blog e dei social network. Con questo provvedimento anche il giornalismo online potrà trarre beneficio dall’accordo con Google che si basa, come in Francia, sul fatto che se l’azienda americana ha dei ricavi economici dall’indicizzazione, buona parte del merito è dei quotidiani online. In questo modo i quotidiani avrebbero tutto l’interesse a investire sull’informazione digitale. In un’intervista al Corriere della sera, il sottosegretario ha detto che “una quantità rilevante di non notizie circolano in rete senza verifiche né controlli” e che “occorre una rigorosa strutturazione della filiera”. Quali saranno i criteri di qualità che certificheranno la qualità dell’informazione online e chi sarà a stabilirlo (un’altra commissione?) non è chiaro.

Legnini ne ha parlato il 3 giugno durante un tavolo tecnico con le associazioni di categoria, alla quale hanno partecipato anche Giulio Anselmi, presidente della Fieg, Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine dei giornalisti, Franco Siddi, segretario generale dell’Fnsi, e Paolo Serventi Longhi dell’Inpgi. “I fondi arriveranno, a patto che il loro stanziamento sia legato a misure per l’innovazione e l’ingresso di giovani”, ha scritto poi su Twitter il sottosegretario.

Vito Crimi, capogruppo del Movimento 5 stelle al Senato, ha presentato un disegno di legge per l’abolizione di quello che resta, circa 70 milioni di euro, dai tagli dell’ultima spending review del governo Monti (si partiva dai quasi 175 milioni del 2012). La battaglia del movimento lanciato da Beppe Grillo per l’abolizione del finanziamento pubblico all’editoria è da far risalire già al 2008. Durante il secondo “Vaffa day”, quando il Movimento 5 stelle ancora non esisteva, Grillo parlò per la prima volta in pubblico di abrogazione di ogni finanziamento pubblico ai giornali.

Ma a chi vanno i soldi? I grossi quotidiani nazionali (come Repubblica, Corriere della sera, La Stampa, Libero, Il Giornale) non ricevono finanziamenti pubblici, destinati per la maggior parte a organi di partito, quotidiani editi da cooperative di giornalisti, pubblicazioni di fondazioni o enti morali,  quotidiani italiani all’estero, stampa periodica e radio generaliste o di organi di partito.

Secondo i dati del 2011 – gli ultimi disponibili, consultabili sul sito del Governo – in testa a tutti c’è Radio Radicale con ben 4 milioni di euro di fondi a suo carico, mentre tra i giornali i più foraggiati sono Avvenire e L’Unità con circa 3,7 milioni a testa.

Testata Fondi assegnati (in euro)
Radio Radicale 4.000.000
Ecoradio 1.825.830
Il Foglio 2.251.696
Il Manifesto 2.598.362
Il Denaro 1.261.583
Avvenire 3.769.672
Italia Oggi 3.162.411
Europa 2.343.678
La Padania 2.682.304
Il Secolo d’Italia 1.795.148
L’Unità 3.709.954
Motocross 263.033
Left 268.334
Il Salvagente 367.900
Tempi 354.757
Famiglia Cristiana 208.178

Le sovvenzioni pubbliche all’editoria non sono certo un unicum italiano, anzi. In molti paesi europei alle imprese editoriali arrivano fondi o aiuti sotto altre forme, seppur per cifre molto diminuite negli ultimi anni. La Francia è il paese che in Europa spende più di tutti per la propria stampa, secondo i dati dell’Ocse. In Spagna non ci sono stati aiuti dallo Stato fino ad ora, ma il partito Socialista di Alfredo Perez Rubalcaba (l’erede di Luìs Zapatero) ha presentato una proposta di legge di sovvenzioni dirette al mercato editoriale.

Spagna. Nel 2007 l’industria dell’editoria di quotidiani spagnola aveva fatturato 1461 milioni di euro, nel 2012 la cifra si è esattamente dimezzata. In Spagna non esistono aiuti all’editoria come avviene in Italia, ma qualche comunità autonoma li prevede a sue spese. Una proposta del Psoe (partido socialista obrero espanol) di aiuti alle imprese editoriali, firmata dai deputati Juan Luis Gordo e Ramòn Jaùregui, è arrivata un po’ in tardi ed è stata bocciata dalla Camera bassa spagnola. A pesare i voti contrari del Pp (Partido popular), del premier Mariano Rajoy. Pochi giorni fa il governo ha promesso la creazione di un gruppo di studio con le associazioni professionali e i grandi editori per trovare una soluzione alla crisi. Tra le proposte un accordo con Google sul modello di quello francese. Il Fape (Federazione delle associazioni dei giornalisti spagnoli) ha criticato fortemente il veto posto dal Partito popolare sul disegno di legge di aiuti diretti all’editoria proposto dai socialisti.

Francia. Il presidente della Repubblica François Hollande ha stretto in febbraio l’accordo con Google che, come detto, garantirà 60 milioni di euro ai quotidiani d’oltralpe per la digitalizzazione . Secondo i dati del 2010, riportati nel dossier di Enzo Ghionni e Fabiana Cammarano, edito dal Centro consulenze editoriali, il governo francese, tramite gli aiuti diretti previsti dai programmi 180 “presse” (aiuti alla diffusione, al pluralismo e alla modernizzazione) e 134 “sviluppo delle imprese e dei servizi”, e quelli indiretti (Iva agevolata al 2,1%), versa ogni anno ai quotidiani 1,2 miliardi di euro. Praticamente il paradiso della carta stampata in Europa, che non durerà perché è in fase di studio una riforma che potrebbe mettere fine ai privilegi dell’informazione cartacea, equiparandola a quella online. Lo Spiil (sindacato della stampa online) da anni porta avanti una battaglia per il riconoscimento del regime di Iva agevolata.

Germania. Non sono previsti finanziamenti pubblici diretti ma esistono dei fondi erogati dai lander (i distretti federali della Repubblica tedesca) e un’aliquota sull’ Iva agevolata al 7%.

Gran Bretagna. Non esistono leggi sulla stampa all’ombra del Big Ben: i giornali sono, per lunga tradizione indipendenti e quindi non sono previsti aiuti pubblici all’editoria. Stesso discorso vale per l’Irlanda.

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