E fu così che uno dei più grandi scandali del mondo, da mediatico, si fece semantico. Come deve essere definito Edward Snowden, l’informatico di 29 anni al centro dello scandalo Datagate e sulle cui tracce c’è l’intelligence di mezzo mondo? Un informatore? Una talpa? Solo fonte? Il dibattito sul tema è piuttosto acceso.
“’Talpa’ non è il termine adatto – scrive su Repubblica.it Stefania Maurizi – perché Snowden non ha acquisito notizie segrete per fornirle a organizzazioni avversarie o nemiche. Lo ha fatto per la democrazia”. Ma mentre i giornali italiani lo definiscono indiffentemente come “talpa”, la “gola profonda” o “fonte” del Guardian, il quotidiano di Londra decide di chiamarlo con lo stesso appellativo con cui definì Bradley Manning, il soldato dei 700mila documenti segreti spifferati a Wikileaks: whistle-blower. La parola – che curiosamente non ha una traduzione italiana – deriva dall’espressione inglese “blow the whistle” (soffiare il fischietto) e qualifica tutte quelle persone che, a un certo punto, decidono di denunciare le attività illecite commesse dall’organizzazione pubblica o privata per cui lavorano, esponendosi così a ritorsioni o minacce.
Negli Stati Uniti numerose leggi statali e federali sono state fatte a tutela dei whistle-blower, questo per non rendere ancora più arduo trovare qualcuno disposto a denunciare la corruzione, gli illeciti e le attività illegali del proprio datore di lavoro. Ma molti sostengono che nessuna di queste azioni, al momento, è imputabile alla Nsa (National Security Agency) né tantomeno al governo Obama. O comunque non ci sono prove schiaccianti di illeciti.
Snowden, infatti, avrebbe “soltanto” annunciato che i servizi di sicurezza americani, con l’alibi della lotta al terrorismo, controllavano sistematicamente le telefonate e le comunicazioni via internet utilizzando i dati di grandi compagnie come Verizon, Google e Facebook. Ma “questo è perfettamente legale – ha affermato Obama – nessuno ascolta le telefonate dei cittadini americani”. In realtà, sebbene il presidente abbia dichiarato che il programma di raccolta dati è stato “più volte autorizzato dal Congresso con un appoggio bipartisan e che il governo ne è stato sempre tenuto al corrente”, la stampa ha accusato Obamae di aver perso ogni credibilità.
È necessario, secondo i media internazionali, operare una distinzione: una cosa è esporre una politica con cui non si è d’accordo, ben altra cosa è rivelare degli illeciti realmente compiuti. Secondo molti, come detto, il caso di Snowden si avvicina di più alla prima ipotesi. Ecco spiegato, allora, perché le testate estere hanno avuto qualche piccola esitazione nel categorizzarlo. Ed ecco perché Tom Kent, responsabile degli standard editoriali dell’Associated Press, ha inviato a tutti i redattori un memo con le linee guida con cui accompagnare d’ora in poi il nome di Snowden. “Per quanto eclatanti, non è stato dimostrato che le azioni compiute dall’Agenzia per la sicurezza nazionale esposte da Snowden siano illegali – ha affermato Kent – perciò non dovremmo chiamarlo whistle-blower. Un termine migliore da usare è leaker oppure source”.
Source in italiano è genericamente tradotto come ‘fonte’, mentre manca una parola per tradurre leaker, che deriva da leak – fuga di notizie – e indica l’individuo che rilascia, attraverso media o organizzazioni, informazioni riservate o coperte da segreto riguardanti il governo o un’azienda. Meglio ancora, continua Kent nel memo, “dire ciò che hanno fatto ed evitare etichette: ha fatto trapelare, o esposto, o rivelato informazioni classificate”
Ecco il memo integrale dell’Ap, rivelato dall’Huffington Post:
Colleagues,
With two secret-spilling stories in the news — NSA/Snowden and Wikileaks/Manning — let’s review our use of the term “whistle-blower” (hyphenated, per the Stylebook).
A whistle-blower is a person who exposes wrongdoing. It’s not a person who simply asserts that what he has uncovered is illegal or immoral. Whether the actions exposed by Snowden and Manning constitute wrongdoing is hotly contested, so we should not call them whistle-blowers on our own at this point. (Of course, we can quote other people who call them whistle-blowers.)
A better term to use on our own is “leakers.” Or, in our general effort to avoid labels and instead describe behavior, we can simply write what they did: they leaked or exposed or revealed classified information.
Sometimes whether a person is a whistle-blower can be established only some time after the revelations, depending on what wrongdoing is confirmed or how public opinion eventually develops.
Tom
Sono in parecchi adesso ad inseguirlo, compresi gli agenti del “Gruppo Q” della Nsa, una sorta di direzione affari interni il cui unico fine è quello di impedire fughe di notizie e, in caso di fallimento, catturare il colpevole. Ma il posto scelto da Snowden per la fuga non è casuale: Hong Kong è controllata dall’intelligence cinese e proprio le autorità cinesi sono le uniche a poter impedire la sua estradizione. Se così non fosse, Snowden ha già in mente il piano B: volare in Islanda e chiedere asilo politico al paese che più si batte per la libertà su internet. Difficile dire se riuscirà a sfuggire al governo Usa. Se così fosse, più che la “talpa” forse dovrebbe essere chiamato la “volpe”.
Qualche altro dettaglio sul significato di whistleblower e sulle traduzioni poco corrette usate dai media italiani in Whistleblower, un concetto poco italiano.